IL BLOG DI SIMEU

 

Archive for the ‘politica sanitaria’ Category

Accesso alle Scuole di Specialità: la posizione del ministro Carrozza e la lettera del presidente Carbone

mercoledì, dicembre 4th, 2013

Buone notizie dal ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, in tema di accesso all’Università, in particolare alla Facoltà di medicina e chirurgia e alle Scuole di specialità. In un’intervista rilasciata al Sole24ore lo scorso 28 novembre, il ministro ha affermato: “Ho trovato una situazione catastrofica sia sui test di ammissione, che nel 2014 saranno ad aprile, sia sulla formazione e la specializzazione dei medici. Abbiamo test di accesso per 10mila studenti di medicina e borse di studio per 2.500 specializzandi. Sto provando a trovare risorse nel campo del Fondo sociale europeo per sostenere la spesa per la specializzazione dei medici”. Nel testo dell’intervista il ministro ha poi annunciato l’impegno affinché nella legge di stabilità alla Camera vengano recuperati i 41 milioni per gli atenei.

Queste informazioni sono state accolte con favore dal mondo della formazione universitaria in medicina, settore in sofferenza continua a causa della carenza di specialisti. In particolare, per quanto riguarda la Medicina di emergenza, il presidente nazionale Simeu, Giorgio Carbone, in una lettera inviata al ministro lo scorso ottobre, aveva sottolineato come si tratti di una disciplina in particolare difficoltà.

“La rilevanza della formazione in tale specialità – scriveva Carbone – è sottolineata dai numerosi contratti finanziati in autonomia da alcune Regioni e dall’elevato numero di candidati che si presentano agli esami di ammissione (rapporto candidati/contratti, il più alto tra le specialità mediche). A fronte di queste evidenze, peraltro, i contratti a carico della nostra Specialità hanno subito un taglio dell’8% (passando da 50 posti a 46). Questa percentuale è certamente in linea con la riduzione generale del 10%, ma sottovaluta gravemente le priorità di sistema e, di conseguenza, la ricaduta sul SSN”.

Intanto per il prossimo 12 dicembre è prevista una giornata di mobilitazione nazionale non sindacale  organizzata dai Giovani Medici contro il maxi-emendamento governativo al ddl Stabilità, approvato lo scorso 26 novembre: il testo non include i provvedimenti richiesti dal Sigm (Segretariato Italiano dei Giovani Medici) per l’implementazione del capitolo di spesa per la formazione specialistica dei laureati in medicina e chirurgia ed in altre discipline di area sanitaria.

Alt ai divieti prescrittivi in Pronto Soccorso

mercoledì, novembre 20th, 2013

L’APPELLO SIMEU SU SANITA’ DEL SOLE24ORE

@SilviAlparone

 

Sul numero di questa settimana di Sanità, la guida del Sole24ore dedicata al management sanitario, Giorgio Carbone, presidente nazionale uscente di Simeu, lancia l’allarme sulla questione prescrivibilità dei nuovi farmaci anticoagulanti. I medici di emergenza-urgenza non sono stati inclusi fra gli specialisti prescrittori dei medicinali immessi sul mercato negli ultimi mesi e che sono usati in particolare nel trattamento della fibrillazione atriale.

Nell’articolo del Sole Sanità Giorgio Carbone spiega le conseguenze di questa esclusione per i pazienti e per la gestione delle cure, e chiede a nome della Società scientifica che la normativa venga cambiata.

E’ possibile ricevere un aggiornamento delle notizie pubblicate su Il Sole Sanità iscrivendosi gratuitamente alla newsletter del settimanale all’indirizzo http://www.sanita.ilsole24ore.com/newsletter/

 

Insufficienti i posti per la specialità di emergenza-urgenza: l’allarme di Simeu su Doctor33

giovedì, giugno 20th, 2013

di @SilviaAlparone

 

A proposito della questione relativa alla questione degli specializzandi in Medicina e Chirurgia su cui è recentemente tornata anche Beatrice Lorenzin, ministro della Salute, Giorgio Carbone, presidente nazionale Simeu, lancia l’allarme sulla scarsità di posti disponibili per l’emergenza-urgenza. La sua posizione è stata ripresa da Doctornews 33 di giovedì 20 giugno.

“Oggi circa la metà dei laureati in medicina non riesce a entrare in specialità dopo la laurea per mancanza di posti nelle diverse discipline – ha dichiarato Carbone – e rischia di rimanere ferma almeno un anno.
In particolare, per quanto riguarda la medicina di emergenza-urgenza, i posti disponibili sono oggi solamente 46 su tutto il territorio nazionale a fronte di gravissime carenze denunciate ogni giorno dalle regioni. Quest’anno i contratti a carico della nostra specialità hanno subito un taglio dell’8% in linea con una riduzione generale del 10%, che però non tiene conto delle caratteristiche di ogni singola specialità e della possibile ricaduta negativa sull’offerta sanitaria alla popolazione. In particolare, la medicina di emergenza-urgenza rappresenta un settore di vitale e strategica importanza per il Servizio sanitario nazionale: poco meno di 30 milioni di cittadini afferiscono ogni anno alle strutture di pronto soccorso e quasi 15 mila medici vi prestano la loro opera. E la frequenza del ricorso dei cittadini alle strutture di emergenza ospedaliera non accenna a diminuire, anche in relazione a una perdurante assenza di risposta ad esigenze sanitarie che dovrebbero trovare soluzione sul territorio.
L’importanza della formazione in tale specialità è anche costantemente sottolineata dai numerosi contratti finanziati in autonomia dalle regioni oltre il numero previsto dal Ministero e dall’elevato numero di candidati che si presentano agli esami di ammissione: la nostra specialità ha infatti il rapporto più alto in assoluto tra il numero dei candidati e quello dei posti disponibili.
Inoltre lamentiamo il non inserimento della nostra specialità nelle 10 scuole considerate di carattere generale e di maggiore impatto per il SSN che dovranno in un prossimo futuro rappresentare la base delle nostre scuole di Medicina (nota del 19/10/2009 prot.4010 del Dip. Dell’Università)”.

Il calo degli accessi in Pronto soccorso per il 2012 non significa che l’Emergenza abbia risolto i suoi problemi

giovedì, giugno 13th, 2013

 

di @SilviaAlparone

 

Nel 2012 i Pronto soccorso italiani hanno registrato un milione di accessi in meno rispetto all’anno precedente. Lo ha sottolineato l’Agenas, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Secondo quanto scrive l’agenzia di stampa Ansa,  “stando ai dati trasmessi dalle Regioni al sistema informativo Emur del ministero della Salute per il 2012, si e’ passati da 14.479.595 del 2011 a 13.433.427 del 2012”.  Giovanni Bissoni, nell’editoriale al nuovo Quaderno di Monitor, collana supplementi della rivista dell’Agenas, attribuisce il dato in parte alla crisi economica in seguito alal quale i cittadini rinunciano sempre di più alle cure sanitarie, e in parte all’efficacia delle cure territoriali. “L’Agenas – scrive ancora l’Ansa – ha effettuato un monitoraggio in varie Regioni, dal quale è emerso come sia riconosciuto un ruolo centrale, nel contenimento degli accessi impropri al Pronto soccorso, ai medici del territorio, siano essi il medico di continuità Assistenziale, la guardia medica o il medico di medicina generale. Queste figure professionali, infatti, vengono coinvolte nel 92,9% dei casi, seppur con diverse modalità collaborative.

Su quest’ultimo punto in particolare è intervenuto Giorgio Carbone, presidente nazionale Simeu, in una nota diffusa ai giornali:

Il dato recentemente reso pubblico da Giovanni Bissoni, presidente Agenas, sul milione di accessi in meno nei Pronto soccorso italiani nel 2012 non è assolutamente indice del fatto che i problemi cronici dell’emergenza sanitaria, e in particolare di quella ospedaliera, siano risolti o anche solo migliorati.

Innazitutto il problema principale dei Pronto soccorso non è l’elevato numero di accessi, ma il boarding, cioè lo stazionamento dei pazienti, che dopo aver ricevuto, quasi sempre rapidamente la visita del medico dell’emergenza, poi restano spesso in barella nei corridoi del Pronto soccorso, perché la carenza di letti per acuti nei reparti per i ricoveri ordinari spesso non permette di concludere il loro percorso di cura ospedaliero in tempi ragionevoli. E a seguito dei tagli sulla sanità pubblica, che riguardano tutte le regioni, i letti disponibili negli ospedali sono sempre meno a fronte di un insufficiente incremento del numero di posti letto per la post-acuzie e soprattutto la mancanza della rete di sostegno sociale, il tutto con conseguente e progressivo aggravamento del boarding.

I percorsi di cura sul territorio, a cui Giovanni Bissoni attribuisce in parte il minor numero di accessi in Dea e che sarebbero davvero una fondamentale e concreta risposta al problema del sovraffollamento dei pronto soccorso, ancora non esistono: quasi tutte le regioni sono ancora sguarnite di Cap e Case della salute funzionanti e seriamente integrate con i percorsi dell’assistenza ospedaliera.

In conclusione il calo di accessi al Pronto soccorso non può essere inteso come segnale della soluzione di un problema, quanto piuttosto è interpretabile come risultato delle campagne di dissuasione dall’abuso delle strutture di emergenza ospedaliera da parte di casi clinici più lievi, che in alcune regioni, con l’introduzione del ticket sui codici bianchi, si vedono oggi attribuire interamente il costo delle prestazioni mediche eseguite. Un fattore che, in tempi di grave recessione economica, può incidere effettivamente sulla decisione di rivolgersi alla struttura di emergenza ospedaliera”.

“Pronto soccorso: codice rosso” Il servizio di Tv7, settimanale del TG1

sabato, maggio 11th, 2013

 

@SilviaAlparone

 

La puntata di venerdì 10 maggio di Tv7, il settimanale di approfondimento del TG1 ha dedicato un ampio servizio al tema del sovraffollamento dei Pronto Soccorso, con particolare attenzione alla situazione del Lazio e della città di Roma.

La redazione, anche attraverso un’articolata intervista con Massimo Magnanti, segretario generale di Spes,il Sindacato dei professionisti dell’emergenza sanitaria, ha raccontato le attese dei pazienti e il disagio degli operatori, mettendo in relazione esplicita il sovraffollamento con i tagli previsti dal piano di rientro della Regione Lazio e con la mancata attivazione dei servizi territoriali per le cure che non sono competenza dell’ospedale.

Il servizio integrale è visibile sul sito della Rai, cliccando su questo link (a partire dal minuto 00.23.35)

Nel servizio si affrontano anche altri punti critici dell’emergenza sanitaria romana, come la difficile gestione del servizio del 118 del Lazio e il caso del Policlinico Umberto I, dalla riorganizzazione degli spazi e dell’attività dedicati all’emergenza alle condizioni generali della struttura ospedaliera, e ancora il caso dei posti letti pronto ma inutilizzati in una delle torri di degenza del Policlinico di Tor Vergata. Come spiega nel servizio Enrico Bollero, direttore generale del Policlinico, la manacata attivazione dipende dal blocco delle risorse che non consente di investire nelle risorse umane necessarie per utilizzare i servizi.

 

 

Chi è Beatrice Lorenzin, il nuovo ministro della Salute

lunedì, aprile 29th, 2013

Cambio della guardia al ministero della Salute, con l’insediamento del nuovo Consiglio dei Ministri del Governo Letta: Renato Balduzzi ha ceduto il posto a Beatrice Lorenzin.

Sul sito del ministero si legge:

L’On. Beatrice Lorenzin è il Ministro della salute nel Governo presieduto dall’On. Enrico Letta.

Ha giurato nelle mani del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 28 aprile 2013.

E’ il quinto Ministro della sanità-salute donna dopo Tina Anselmi, Mariapia Garavaglia, Rosy Bindi, Livia Turco.

Nata a Roma il 14 ottobre 1971, diploma di liceo classico, intraprende la sua carriera politica nell’ottobre 1997 con l’elezione, nella lista di Forza Italia, al Consiglio del XIII Municipio di Roma.

Nell’aprile 1999 è Coordinatore Regionale del Lazio del movimento giovanile di Forza Italia. Nel maggio 2001 è eletta Consigliere comunale di Roma. Unica donna nella coalizione di centrodestra, è Vicepresidente della commissione Donne Elette e Vicepresidente del Gruppo consiliare di Forza Italia.

Tra la fine del 2004 e la metà del 2006 è Capo della Segreteria Tecnica di Paolo Bonaiuti, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri per l’informazione e l’editoria nel governo Berlusconi III. Nel maggio del 2005 è nominata Coordinatore Regionale di Forza Italia per il Lazio.

Dal settembre 2006 al marzo 2008 ha ricoperto il ruolo di Coordinatore Nazionale di Forza Italia – Giovani per la Libertà. Eletta alla Camera dei deputati nelle elezioni politiche del 2008 nella lista PdL, per la XVI Legislatura. Membro del Consiglio Direttivo del gruppo PdL alla Camera e della commissione Affari Costituzionali della Camera, della Commissione Bicamerale per l’Attuazione del Federalismo Fiscale, della Commissione Parlamentare per l’Infanzia.

Alle elezioni politiche del 24-25 febbraio 2013 viene riconfermata deputata alla Camera dei Deputati nelle liste del PDL.

In rete, e non solo, la sua nomina è stata accolta da felicitazioni, ma anche da critiche, concentrate sul fatto che non si sia mai occupata prima di sanità e sul suo titolo di studio, un diploma di maturità classica seguito dall’iscrizione a Giusrisprudenza, facoltà però mai conclusa.

Dice il Corriere della Sera: “Prima della politica, aveva lavorato al quotidiano ‘il Giornale di Ostia’. Poi l’iscrizione a Forza Italia dove ha scalato rapidamente gli incarichi nel partito: nel 1999 è coordinatore regionale del movimento giovanile e nel 2004 è a capo della segreteria di Paolo Bonaiuti, portavoce della Presidenza del Consiglio. Un’ascesa continua: nel 2005 la nomina a coordinatrice regionale e l’anno successivo l’incarico di coordinatore nazionale dei giovani del partito”.

Nel 2013 è stata candidata alla presidenza della regione Lazio con il PdL, ma poi la candidatura è passata a Francesco Storace.

 

Le prime parole del neo ministro, a margine di un incontro con i direttori generali del ministero in occasione del passaggio di consegne dall’ex ministro Renato Balduzzi, sono state: “Voglio lavorare tanto e anche voi – ha detto rivolgendosi ai suoi collaboratori – lavorerete tanto con me. I cittadini aspettano risposte. Già nei prossimi giorni apriremo alcuni tavoli sulle questioni da affrontare. Tra queste: il decreto staminali – approvato al Senato e ora fermo alla Camera – la questione dei ticket e i piani di rientro.

Beatrice Lorenzin è presente sui principali social network, con un profilo twitter, @bealorenzin, e una pagina facebook.

Chiusi gli ambulatori Med del Lazio: un’operazione di maquillage sanitario

mercoledì, aprile 24th, 2013

di @SilviaAlparone

Si è concluso in Lazio il periodo di sperimentazione del progetto Ambulatori MED “percorso veloce codici bianchi e verdi”.

Gli ambulatori erano stati attivati apartire dall’ 15 aprile dello scorso anno in 11 ospedali di Roma e provincia. Il progetto prevedeva la presenza dalle ore 8 alle 20, per tutto l’arco della settimana, in un ambiente prossimo al pronto soccorso, di un medico di medicina generale, che doveva farsi carico dei pazienti con codici più bassi, attribuiti in fase di triage dal personale dell’emergenza: i codici bianchi e parte dei codici verdi.

Gli AmbuMed sono considerati eredi degli Ambulatori Blu, attivati per l’emergenza influenzale del 2012, fra il 16 gennaio e il 16 marzo dell’anno passato. I dati dei flussi dei pazienti negli ambulatori del percorso blu già non erano statisticamente significativi: per il periodo 17 gennaio/13 marzo 2012, in sette strutture di PS del Lazio – di cui due Dea di primo livello e 3 Dea di secondo a Roma e tre PS/Dea in provincia – risulta che ogni ambulatorio abbia visto transitare in media 2-3 pazienti al giorno.

La sperimentazione degli AmbuMED ha confermato questa tendenza.

La chiusura degli Ambulatori Med – afferma Francesco Pugliese, presidente Simeu Lazio – non provoca alcun disagio nella gestione dell’emergenza ospedaliera.

I dati diffusi in questi giorni su alcuni quotidiani parlano di 33 mila pazienti visitati nelle 11 strutture ospedaliere della regione Lazio in cui la sperimentazione è stata condotta, nell’arco di poco meno di un anno: significa 3.000 pazienti in media per ogni struttura, e quindi 8 pazienti visitati in 12 ore in ciascun ospedale.

“Non sono questi i numeri di un’attività che possa seriamente alleviare i problemi del Pronto Soccorso – commenta Pugliese – e ancora una volta abbiamo assistito a un’operazione di maquillage, che non incide sul problema del sovraffollamento. La sua sospensione non genera “caos”, come denunciato in questi giorni: il problema dei servizi di emergenza ospedaliera è lo stazionamento dei pazienti in attesa di ricovero nei reparti, problema articolato, la cui soluzione implica una riorganizzazione dei percorsi all’interno dell’ospedale e sul territorio. L’attività degli ambulatori Med non incideva affatto sui flussi di questi pazienti, che sono i casi più gravi, quelli che risultano avere necessità di ricovero ospedaliero e a cui, in fase di triage, viene attribuito un codice di priorità più alto, dal verde al rosso: i pazienti visti dai medici di Medicina generale negli ambulatori della sperimentazione erano prevalentemente codici bianchi, tutti casi cioè che si rivolgono impropriamente ai pronto soccorso e che dovrebbero invece trovare risposta alle loro richieste sul territorio. Ed è lì quindi che gli ambulatori di Medicina generale dovrebbero essere aperti, nell’ambito dei distretti territoriali, non negli ospedali dove si rischia piuttosto di duplicare un servizio già esistente – quello dei servizi territoriali – con una conseguente duplicazione anche dei costi.

Dell’argomento si sono occupati prevalentemente i quotidiani di Roma città e i periodici di settore. Tra questi:
Il Messaggero, http://www.ilmessaggero.it/roma/roma_ambulatori_anti_caos_chusi_medici_base/notizie/272313.shtml

Quotidiano sanità, http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=14535

e, con la posizione di Simeu: http://www.quotidianosanita.it/regioni-e-asl/articolo.php?articolo_id=14596

 

Triage: un sistema in divenire

mercoledì, marzo 27th, 2013

Il Congresso nazionale di Riccione e le linee d’indirizzo all’analisi del Tavolo ministeriale su Triage e Obi

 

di Silvia Alparone

 

Una partecipata e vivacissima due giorni dedicata al triage: il Congresso nazionale di Riccione del 21 e 22 marzo scorsi è stato l’occasione per fare il punto su come migliorare il sistema di accesso al pronto soccorso, per rispondere in maniera più efficace alle richieste dei pazienti e ottimizzare l’organizzazione del lavoro degli operatori.

 

A dodici anni dalle prime linee guida ufficiali sul Triage (2001), il Congresso di Riccione ha scattato un’istantanea della situazione così com’è oggi e su quali sono i primi sviluppi necessari.

 

Se nel 2001 le linee guida del Ministero della Salute indicavano la necessità per tutti i pronto soccorso con più di 25 mila accessi all’anno di dotarsi di un Triage, oggi il sistema triage è diffuso in oltre l’85% delle strutture ospedaliere su tutto il territorio nazionale e la necessità principale è di omogeneizzare le procedure nelle diverse regioni. A tale scopo nel 2010 è nato il Coordinamento nazionale triage, promotore del congresso di Riccione, che riunisce rappresentanti di alcune regioni italiane, in cui si erano creati gruppi organizzati di professionisti per curare il miglioramento e l’implementazione della metodica, e le società scientifiche Aniarti, Simeu e Gft.

 

Il coordinamento ha elaborato le linee di indirizzo sul triage (già pubblicate sulla rivista Agenas, Monitor n.29), uno dei documenti da cui parte il lavoro del Tavolo ministeriale su Triage e Obi che produrrà le nuove linee guida ufficiali.

 

Nel documento si parla in particolare di:

  • Portare da quattro a cinque i codici di priorità del triage, distinguendo due categorie all’interno del codice verde, che oggi rappresenta oltre il 60% dei casi del pronto soccorso e che comprende casi molto diversi tra loro per patologia e gravità, nell’ottica della riduzione del rischio clinico
  • Ripensare il ruolo dell’infermiere, aumentandone l’autonomia, mettendolo nelle condizioni di valutare il paziente e impostarne il percorso assistenziale
  • Ridefinire i percorsi in pronto soccorso in base all’intensità di cure necessarie per ciascun caso: per i codici a bassa priorità, sono in corso fasi avanzate di sperimentazione per invio autonomo del triagista ad alcuni specialisti (fast track) o addirittura un percorso completamente gestito dall’infermiere (See and Treat in Toscana)
  • Individuare un sistema di valutazione per attività e outcome del triage

 

Sullo stesso tema in un recente articolo di Quotidiano Sanità, Beniamino Susi, responsabile area Triage di Simeu, ha commentato la Raccomandazione numero 15 del Ministero della Salute, elaborata lo scorso febbraio e intitolata “Morte o grave danno conseguente a non corretta attribuzione del codice triage nella Centrale operativa 118 o all’interno del Pronto Soccorso”. Il documento evidenzia cinque pilastri su cui devono sempre basarsi le procedure al fine di evitare problemi: l’individuazione certa dei protocolli; l’identificazione certa del paziente; la rivalutazione dell’utente in attesa; la formazione del personale addetto al triage; l’attenzione all’ambito logistico-strutturale.

 

La discussione su come migliorare il sistema resta aperta insieme ai lavori del Tavolo ministeriale su Triage e Obi.

 

Sanità e promesse elettorali: una carrellata dei candidati su Twitter

venerdì, febbraio 22nd, 2013

A pochi giorni dal voto per le politiche 2013, che si tengono domenica 24 e lunedì 25 febbraio, i candidati premier lanciano messaggi sempre più forti e provocatori all’elettorato sui temi più importanti del dibattito politico. Uno dei principali è la sanità. Lo scambio di battute è fitto su tutti i mezzi di comunicazione e, per la prima volta, anche sui social network, dove tutti i candidati sono presenti e impegnati per la prima campagna elettorale social della storia italiana, con twitter in testa. Vediamo in una rapida carrellata alcune dichiarazioni che hanno provocato più commenti negli ultimi giorni. (Per i programmi dettagliati si rimanda ai siti internet dei diversi partiti, movimenti, candidati).
Si parte dal dibattito che si è scatenato sulla proposta di Pierluigi Bersani di abolire il ticket, che varrebbe secondo il candidato 834 milioni di euro all’anno. Cifra che il candidato Pd propone di recuperare in gran parte dal taglio delle consulenze. La proposta è ripresa sul profilo twitter di Bersani

 

Rilancia Berlusconi, promettendo “Assolutamente nessun taglio in sanità. E’ un settore molto importante e bisogna tutelare la salute dei cittadini”. Anche se il Pdl – come riferisce Adnkronos Salute – non ha un punto esclusivamente dedicato alla sanità nel suo programma elettorale.

 

 

Meno stato e più innovazione è la ricetta per la sanità nazionale di Oscar Giannino, candidato con Fare per Fermare il declino e ultimamente impegnato in ben altre faccende, dopo lo scandalo sui titoli del suo curriculum. Tema che occupa ultimamente quasi del tutto i  post sui social, i suoi e quelli su di lui.

Per Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle i problemi della sanità sono la devolution, con il potere dato alle Regioni,  e la deriva del pubblico verso la sanità privata (vedi anche AdnKronos Salute)

 

 

Si arriva a Rivoluzione civile, che con Antonio Ingroia candidato premier, vuole “migliorare la sanità pubblica – si dice sul loro sito ufficiale – logorata da corruzione e da anni di mala gestione”.

 

 

 

E per concludere il Presidente del Consiglio uscente, l’uomo che passerà alla storia per aver risanato i disastrati conti pubblici nazionali e aver stretto di parecchi buchi la cintura degli italiani, Mario Monti, fra i candidati più attivi sui social, parla spesso di salute proponendo di continuare la lotta agli sprechi nell’ottica di una sempre maggiore trasparenza

 

Questo nelle promesse sui social. I fatti dopo l’apertura delle urne…

Buon voto a tutti!

 





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