IL BLOG DI SIMEU

 

Archive for agosto, 2023

Il pronto soccorso ed i libri. Leggere crea indipendenza.

martedì, agosto 29th, 2023

di Marina Civita

 

Il pronto soccorso è una fonte incredibile di storie.

Spesso penso che chi lavora nell’ambito della nostra disciplina potrebbe, se tempo avesse, scriverle per narrarle.

 

Le storie che viviamo quotidianamente non vengono lasciate sul posto di lavoro, diventano parte integrante delle nostre giornate, i racconti che portiamo a casa. Noi stessi siamo parte di queste storie e credo, che al di là delle innegabili difficoltà, “siamo le persone che siamo” grazie al nostro lavoro che, ogni giorno, ci insegna quanto queste storie ci possano ricordare quali sono davvero le cose importanti e quanto siamo fortunati rispetto ad altri ad avere l’occasione di ricordarlo.

 

Ci sono molti libri che si possono legare a questi concetti, ma forse uno di quelli principali, che staziona sul mio comodino e mi aiuta nei momenti di sconforto, è quello di Randy Pasch – L’ultima lezione. Me lo ha fatto leggere una persona che è stata per me e per molti di noi una guida professionale fondamentale: Gian Alfonso Cibinel.

 

Sempre sul mio comodino, da anni, non può mancare un libro che molti di noi hanno letto, che rimane in qualche modo il mantra della nostra professione: “mi chiamo Pierluigi Tunesi ma per molti semplicemente il letto 7”, un reparto di sub-intensiva visto con gli occhi del malato. Ricordarsi il punto di vista del paziente e il suo nome fa parte della nostra storia.

Cosa sognano i pesci rossi – Marco Venturino

 

La medicina d’emergenza urgenza da’ una risposta a tanti bisogni di salute e a tante persone che si recano in pronto soccorso con storie di abusi, disagi o malattie psichiatriche. Queste situazioni sono purtroppo in incremento esponenziale e potremmo narrarne tutti i giorni di diverse. Le vite difficili delle persone che incontriamo ci colpiscono nel profondo e ci capita spesso di ritrovarle raccontate da altri:

Una vita come tante – Hanya Yanagihara

Donne che amano troppo – Robin Norwood

Il ballo delle pazze – Victoria Mas

Tutto chiede salvezza – Daniele Mencarelli

 

Un altro dato interessante.

Una recente survey effettuata in Piemonte nell’ambito della medicina d’emergenza – urgenza ha messo in evidenza che il 70% dei medici è donna, per gli infermieri la quota rosa arriva fino al 90%.

 

Una riflessione, che faccio ormai ogni giorno, mi conferma la centralità di ruolo delle donne e mi porta alle tante incredibili donne che lavorano in questo ambito di fatto così faticoso. Credo sia fondamentale che possano realizzarsi come professioniste ma ritengo indispensabile che continuino a dover avere il loro giusto spazio come donne e come madri per poter essere interamente felici oltre che liberate da ogni discriminazione e senso di colpa. Mi pare che oggi, causa le carenze di organico dei pronto soccorso, si sia persa la giusta attenzione e la dovuta sensibilità nei loro confronti.

 

Eppure quante donne hanno cambiato con il loro operato la storia, quante si prendono cura delle persone sia all’interno del nostro sistema sanitario che in ambito famigliare e quanto spesso nell’ambito del team group si intrecciano le loro vite. Penso alle letture Come il vento cucito alla terra di Ilaria Tuti o a La treccia di Laetitia Colombani.

 

Detto ciò, mi ritengo fortunata.

Ho l’onore di guidare un gruppo di cui sono molto orgogliosa. Da parte mia provo ogni giorno a migliorare il benessere organizzativo di tutti loro che ritengo anime speciali.

Ho anche un’altra fortuna particolare, quella di trarre insegnamento dalle donne del mio passato, in particolare da Giulia Civita Franceschi, la mia bis-nonna, che ha fondato a Napoli la Nave Caracciolo, salvando dalla strada oltre 700 “scugnizzi”. Un esperimento educativo raccontato da Antonella Ossorio ne I bambini del maestrale. Mio papà mi dice che le somiglio tanto, questa cosa mi riempie il cuore di orgoglio.

 

Penso che la vita di chi fa il nostro lavoro sia piena e arricchente, quasi da letteratura, anche se troppo spesso è molto faticosa e penso che ciascuno di noi, proprio per questa ragione, meriti un tempo di qualità da dedicare a se stesso. Il tempo è molto più importante di tante altre cose che abbiamo.

 

Il nostro lavoro è delicato e coinvolgente – siamo formati per salvare vite – ma a volte, almeno per 10 minuti, dobbiamo ricordarci di pensare solo a noi stessi.

Per dieci minuti – Chiara Gambarale.

 

Lo avete capito!

Leggere: i miei preziosi dieci minuti.

 

 

Nota: Dedico questo scritto a tutti i miei colleghi MEU, in particolare al mio gruppo che è famiglia.

 

 

 

Consiglio la visione del video > Randy Pasch, L’ultima lezione.

https://www.youtube.com/watch?v=hgk9ksoyjWw > speech originale con sottotitoli in italiano

Vivere la tua vita attraverso la vita degli altri

lunedì, agosto 21st, 2023

di Alessia Lipardi

 

Chiunque decida di fare l’infermiere, o lo sia già diventato, dovrebbe essere stato paziente prima di ogni altra cosa.

 

Se sei “dall’altra parte” pesi bene la gravità del bisogno dell’altro ed il valore di quel qualcuno che si prenda cura di te, dall’inizio al termine del tuo percorso di cure.

 

Come paziente sei dipendente, non puoi muoverti … hai bisogno di essere spronato a mettere i piedi sul pavimento, a provare a sollevarti nonostante tu sia sfinito dal dolore.

Aspetti che qualcuno ad ogni cambio turno venga a chiederti come stai, se hai bisogno di antidolorifici, che controlli se la tua sacca di drenaggio debba essere svuotata.

 

Aspetti di suonare il campanello dietro la tua testa pensi … “potrò disturbare!?“

Stringi i denti, speri tanto che quel forte dolore possa passare, tossisci in silenzio e con paura, la paura che i punti – che tirano – possano saltar via!

 

Ed ecco quando arriva il tuo turno, quello delle medicazioni, della visita giornaliera, vorresti che quel momento durasse per tutta la degenza; ti senti coccolato, preso in considerazione, sei tu il protagonista del momento, tutti hanno occhi solo per te.

Ti dicono che tutto va bene anche se sai bene che in quel momento tutto va male ma sei determinato e sai che prima o poi ne uscirai.

 

Tutti gli infermieri dovrebbero essere prima di tutto pazienti.

 

Capisci cosa significa aspettare il tuo turno, l’attesa della colazione, del pranzo e della cena che scandiscono il ritmo delle giornate.

La tv è sincronizzata sullo stesso canale, ma non chiedi di cambiare o fare zapping perché ti conservi quella “chiamata” per un motivo davvero valido!

 

Sopraggiunge la notte, quando speri di poter chiudere gli occhi e riposare anche solo per qualche ora … ma ti accorgi che quelle sono le ore più lunghe della giornata e attendi che qualcuno pronunci il tuo nome perché una punturina o i prelievi di controllo sono finalmente lì ad attenderti alle prime luci dell’alba. Saluti gli addetti alle pulizie e il nuovo turno del giorno che è appena iniziato.

 

Essere stato paziente da infermiere è capire meglio il saper fare e il saper essere nel proprio quotidiano; esci dallo spogliatoio con la tua divisa e hai la grinta, la forza e la dedizione di correre dai tuoi pazienti, dal neonato all’anziano, con consapevolezza.

 

Essere infermiere dopo essere stato paziente ti cambia.

E come se ricominciassi una nuova vita.

 

Nel bene e nel male hai compreso e conosciuto un nuovo mondo nel tuo stesso mondo, quello in cui sei tu che scegli a chi “affidare le tue cure.”

 

Sei felice perché sai che al tuo pronti, partenza e via … salirai sul trampolino di lancio con una voglia pazzesca di amare, aiutare l’altro e continuare il cammino della tua straordinaria missione.

La missione che non hai scelto tu, ma che ti ha scelto.

 

È vivere la vita attraverso la vita degli altri!

 





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