IL BLOG DI SIMEU

 

Archive for marzo, 2014

Frattura emodinamicamente instabile di bacino: ecco le linee guida anche a firma Simeu

venerdì, marzo 28th, 2014

di Paolo Balzaretti, redazione blog Simeu

@P_Balzaretti


Il problema della frattura pelvica emodinamicamente instabile è uno dei più rilevanti nell’emergenza-urgenza sia dal punto di vista clinico, per la necessità di agire tempestivamente per fermare il sanguinamento, sia dal punto di vista organizzativo, in quanto la sua gestione richiede la collaborazione di diversi specialisti, dal medico d’urgenza al radiologo, dal chirurgo generale all’ortopedico.

Nel corso del tempo non è mai stato raggiunto un consenso definitivo, quantomeno in Italia, su quale possa essere la migliore strategia di trattamento. Per questo, su iniziativa di un gruppo di chirurghi generali dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, è stata indetta una Consensus Conference per giungere alla redazione di linee guida condivise sulla materia, che sono state infine pubblicate pochi giorni fa’ sul World Journal of Emergency Surgery (link). Sono state coinvolte le principali Società Scientifiche italiane interessate, tra cui la SIC (Società Italiana di Chirurgia), la SIAARTI (Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva), la SIRM (Società Italiana di Radiologia Medica) e SIMEU, rappresentata dal dott. Andrea Fabbri, primario del Pronto Soccorso – Medicina d’Urgenza – 118 dell’Ospedale Morgagni – Pierantoni di Forlì e Coordinatore del Centro Studi della Società.

Il documento è frutto di un processo rigoroso: innanzitutto l’acquisizione delle evidenze, commissionato dal Comitato Organizzatore a due documentaristi, volto a rispondere a tre chiari quesiti: quali pazienti emodinamicamente instabili necessitano di una stabilizzazione pelvica pre-peritoneale? Quali pazienti emodinamicamente instabili necessitano di fissazione esterna? Quali pazienti emodinamicamente instabili necessitano di angiografia urgente? A partire dalle evidenze di letteratura sono state formulate una serie di raccomandazioni, con indicazione per ognuna della relativa forza e del grado di evidenza sottostante, secondo l’approccio del CeVEAS di Modena. Le raccomandazioni sono state integrate da un algoritmo che sintetizza, in maniera chiara, i passi che si debbono affrontare per gestire il paziente al meglio, in accordo con le evidenze attuali.

Vi consigliamo dunque di leggere questo importante documento per poter interagire al meglio con gli altri specialisti coinvolti nel trattamento di questi pazienti particolarmente complessi.

Intervento Simeu allo Speciale Tg1 “Alla Salute!” Con oltre un milione di spettatori

lunedì, marzo 24th, 2014

@SilviaAlparone

 

Lo Speciale Tg1 della scorsa domenica 23 marzo, dal titolo “Alla Salute!” si è occupato di criticità ed eccellenze del sistema sanitario nazionale. In un viaggio attraverso quattro regioni, Lazio, Toscana, Sicilia e Veneto, la trasmissione ha raccontato situazioni particolarmente problematiche come quella legata al cantiere aperto del Policlinico di Palermo, ma anche esempi di ottima sanità come il caso della struttura di ostetricia e ginecologia dell’ospedale Garibaldi-Nesima di Catania.

Una particolare attenzione è stata rivolta ai pronto soccorso e al problema del sovraffollamento. L’intervento di Gian Alfonso Cibinel, presidente nazionale Simeu e di Maria Antonietta Bressan, presidente Siemu Lombardia ha contribuito a chiarire i motivi e la natura delle difficoltà delle strutture di emergenza ospedaliera, legate al taglio dei posti letto che, in tutta Italia, è fra i principali ostacoli per  i pronto soccorso che spesso non riescono a smaltire in tempi accettabili i casi che vi si rivolgono.

Il settimanale di approfondimento del Tg1 ha avuto, questa domenica, un milione e 100 spettatori. Si può vedere su internet all’indirizzo http://www.rai.tv/dl/replaytv/replaytv.html?day=2014-03-23&ch=1&v=342550&vd=2014-03-23&vc=1#day=2014-03-23&ch=1&v=342550&vd=2014-03-23&vc=1. Gli interventi Simeu si trovano nella parte relativa alla situazione della Lombardia e partono dal minuto 00.58.46.

L’affidabilità delle linee guida: un’intervista al dottor Primiano Iannone

mercoledì, marzo 19th, 2014

di Paolo Balzaretti, redazione blog Simeu

@P_Balzaretti


Le linee guida rappresentano da sempre una tipologia di lavoro scientifico molto discussa. Tra i limiti che da sempre ne hanno ostacolato la diffusione ci sono le difficoltà di adottare indicazioni diagnostico-terapeutiche create in altri contesti geografici e culturali, l’eccessiva rigidità e complessità di alcuni documenti e i dubbi riguardo all’affidabilità del processo che conduce alla loro pubblicazione.

A proposito di quest’ultimo punto, il dott. Iannone, primario della Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso dell’Ospedale di Chiavari, ha recentemente pubblicato su JAMA Internal Medicine un’interessante analisi del grado di evidenze che sta alla base delle linee guida pubblicate da importanti società scientifiche internazionali. Abbiamo colto l’occasione per intervistarlo e approfondire ulteriormente questi temi.

Dott. Iannone, potrebbe sintetizzarci gli obiettivi e risultati del vostro lavoro?

L’obiettivo principale è stato – attraverso un case study – valutare i limiti degli attuali strumenti e metodi utilizzati per giudicare l’affidabilità delle raccomandazioni presentate dalle linee guida. Finora, l’aderenza a griglie valutative predefinite come l’AGREE e la concordanza delle raccomandazioni fra linee guida sullo stesso argomento emanate da fonti diverse erano ritenute sufficienti per ritenerle credibili. Noi abbiamo dimostrato il contrario, poiché ben tre linee guida nominalmente “evidence based” di rinomate società scientifiche fornivano raccomandazioni erronee sull’uso del dronedarone, se misurate col metro del sistema GRADE, il più sofisticato, rigoroso ed esplicito sistema di produzione di raccomandazioni, messo a punto, tra gli altri, dal mio grande e compianto maestro Alessandro Liberati. Ciò invita i lettori ad una maggiore cautela nell’interpretare le raccomandazioni delle linee guida soprattutto in presenza di conflitto d’interessi dichiarato o sospetto e evidenti difetti metodologici, e stimola le società scientifiche a produrre linee guida di maggiore qualità. Questo non vuol dire che le linee guida, soprattutto quelle prodotte da organismi governativi come NICE, SIGN o l’OMS, in assenza di conflitto d’interessi, con solide basi metodologiche, e con la partecipazione di tutti gli stakeholders – non solo degli specialisti, quindi- non debbano essere prese in seria considerazione. Purtroppo, invece, le linee guida delle società scientifiche erano poco affidabili vent’anni fa e lo rimangono spesso tuttora.

Parte del vostro lavoro di analisi si è concentrato sui potenziali conflitti di interesse degli estensori dei documenti, derivanti dai loro legami con le industrie farmaceutiche. Secondo Lei questi rapporti possono influenzare significativamente il processo di preparazione delle linee guida?

Il conflitto d’interessi non basta dichiararlo: bisogna gestirlo e neutralizzarlo e, come dice Lisa Bero, esiste un limite oltre il quale è inaccettabile.

Un’ampia gamma di evidenze suggerisce che il conflitto d’interessi sia in grado di influenzare significativamente l’affidabilità delle linee guida. Nel case study che abbiamo analizzato, quello del dronedarone, vi era una presenza pervasiva di esperti con forti legami con la casa produttrice del farmaco. Addirittura le Linee Guida europee, le più sbilanciate a favore del dronedarone, avevano nel panel il prinicipal investigator di uno dei maggiori trials – sponsorizzati- su quel farmaco. Si badi bene che il conflitto d’interessi non è solo di natura economica. Può essere anche di natura intellettuale, come nel caso succitato, e del tutto in buona fede. L’importante è riconoscerlo, ammetterlo e controllarlo. C’è anche chi sostiene che le linee guida debbano essere fatte da persone prive del tutto di conflitto d’interessi. Soprattutto se le evidenze sono oggettive, come quelle scaturite dai trials, non c’è alcun bisogno di esperti “conflicted” per decidere se una determinata raccomandazione possa essere sostenuta o no ma buon senso clinico, onestà scientifica e, magari, maggiore attenzione ai genuini interessi dei pazienti e della società nel suo complesso.

C’è una crescente consapevolezza del fatto che in letteratura c’è una maggiore disponibilità di informazioni riguardanti l’efficacia dei nuovi farmaci piuttosto che la loro sicurezza: è d’accordo? Ciò può influire sulle raccomandazioni pubblicate?

Certamente. Si è spesso propensi a dimenticare che i trials possono – se ben condotti – dare informazioni affidabili sulla efficacia dei trattamenti. Gli effetti collaterali, invece, soprattutto se rari e inattesi, sono molto meno rilevabili con questo strumento di indagine, ed è per questo che occorre moltissima cautela prima di raccomandare nuovi trattamenti che magari conferiscono vantaggi clinici marginali – quando ci sono – e poi si scopre che sono dannosi. Le raccomandazioni cliniche dovrebbero incorporare questo principio di cautela, ma spesso non lo fanno.

Quali sono i passi più importanti che possono essere intrapresi per aumentare l’affidabilità delle linee guida?

Innanzitutto, sarebbe bene che le società scientifiche specialistiche che sono le maggiori indiziate di produrre raccomandazioni fallaci si aprissero di più all’apporto di metodologi privi di conflitti di interesse, richiedendo il supporto e il know – how di organizzazioni governative (NICE, OMS, SIGN) con esperienze solide in questo ambito, per convertirsi a un maggiore rigore. Di fatto ancora oggi molte Linee Guida che si dichiarano evidence based in realtà sono basate sul consenso di esperti (spesso in conflitto d’interessi). Il metodo GRADE è lo strumento più idoneo per produrre raccomandazioni evidence based, ma anche qui non basta dichiararlo nei metodi della linea guida (come nel nostro case study hanno fatto i canadesi): bisogna dimostrare di aver seguito passo passo gli step previsti dal GRADE. Attenzione: il GRADE non elimina la soggettività insita in qualunque raccomandazione clinica, ma rende esplicite e chiare le dimensioni valutative che inducono il panel a decidere sulla forza (forte o debole) della raccomandazione e sulla sua direzione: rilevanza degli outcomes, precisione delle stime, congruenza dei risultati fra studi diversi, difetti metodologici degli studi primari, bilancio complessivo fra vantaggi e svantaggi, preferenze dei pazienti, costi e risorse. Solo e soltanto le raccomandazioni che tengono conto di tutti questi fattori si possono realmente considerare credibili.

In secondo luogo, non si vede proprio il bisogno che ogni società scientifica produca la sua linea guida su un argomento trito e ritrito. Nel caso della fibrillazione atriale, ne abbiamo analizzate ben tre, tutte rilasciate in un breve lasso di tempo e praticamente sulle stesse evidenze. Erano proprio necessarie o ne bastava una? Una maggiore coordinazione fra le medical specialty societies sarebbe quindi auspicabile.

Del conflitto d’interessi si è già detto, ma certamente le relazioni fra case farmaceutiche e società scientifiche specialistiche vanno riviste, per evitare che le loro linee guida non finiscano per diventare (sempre più) strumento di marketing surrettizio, invece che di orientamento clinico.

Vi è inoltre l’importante aspetto legato alla composizione del panel degli esperti ed estensori delle linee guida: medici generalisti, metodologi, pazienti dovrebbero affiancare in proporzione adeguata gli “esperti” per evitare il cosiddetto “good intention bias”. E’ noto che gli specialisti sovrastimano i benefici e sottostimano i rischi dei trattamenti e forniscono raccomandazioni tendenzialmente sbilanciate, pur se animati dalle migliori buone intenzioni.

Ma soprattutto, tenuto conto che gli strumenti di valutazione formale della qualità delle linee guida (come l’AGREE) non catturano adeguatamente la questione essenziale – cioè se le loro singole raccomandazioni sono affidabili o no e i nuovi criteri IOM sono forse troppo restrittivi per un loro utilizzo routinario, lo spirito critico degli utilizzatori rimane la migliore misura per favorire il miglioramento di questi strumenti decisionali. Un cosiddetto “public marketplace” delle Linee Guida, con “quotazioni” stabilite da un dibattito sul web, moderato, ospitato da una organizzazione autorevole, spassionato e pubblico del loro valore, come è stato suggerito, potrebbe essere un grande strumento a favore dei medici, pazienti e decisori. Oltre che degli estensori delle linee guida stesse, ovviamente.

Lettera di Simeu e specializzandi Cosmeu ai ministri dell’Istruzione e della Sanità

martedì, marzo 18th, 2014

IN DIFESA DELLA SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN MEDICINA DI EMERGENZA-URGENZA

 

@SilviaAlparone

 

Più borse per la Scuola di specializzazione in medicina di emergenza-urgenza in accordo con le necessità espresse dalle Regioni: è la richiesta della lettera inviata a Stefania Giannini, ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca e a Beatrice Lorenzin, ministro della Salute dagli specializzandi Meu e da Gian Alfonso Cibinel, presidente nazionale Simeu, per dare un seguito alla manifestazione nazionale dello scorso 5 marzo.

Nella lettera si ribadiscono ancora i contenuti del flash mob che si è tenuto davanti al Miur e della lettera-appello affissa nei pronto soccorso italiani:

Oggi ci sono in Italia 20 milioni di accessi all’anno in pronto soccorso. Per l’anno accademico 2012/2013 le borse finanziate sono state 46 contro il fabbisogno espresso dalle Regioni di 241 specialisti dell’emergenza in tutta Italia. E per quanto riguarda il 2013/2014, “i tagli preannunciati – si dice nella lettera firmata da Gian Alfonso Cibinel e dagli specializzandi – non lasciano sperare in un incremento dei contratti e fanno temere una loro riduzione; se ciò avvenisse si metterebbe a rischio la funzionalità del nostro sistema sanitario che, a fronte della progressiva riduzione dei posti letto, ha bisogno per sopravvivere di una rete di emergenza territoriale e ospedaliera di alta qualità gestita da professionisti competenti e motivati”.

La campagna a favore della Scuola di specializzazione in Medicina di emergenza-urgenza ancora su Sanità del Sole 24 ore

martedì, marzo 11th, 2014

 

L’iniziativa di martedì scorso 5 marzo in difesa della Scuola di Specializzazione in Medicina di emergenza-urgenza, contro la riduzione del numero di borse di studio per gli aspiranti urgentisti compare ancora su Sanità del Sole 24 ore di oggi, martedì 11 marzo. Sul numero in distribuzione questa settimana Valeria Donati, in qualità di rappresentante Giovani Simeu e specializzanda Meu racconta i motivi del flash mob che si è tenuto a Roma davanti al Ministero dell’Istruzione.

 

Cronaca della giornata di mobilitazione contro i tagli alla Scuola di specializzazione in Medicina di emergenza-urgenza

mercoledì, marzo 5th, 2014

 

@SilviaAlparone

Successo per la giornata di mobilitazione dell’emergenza sanitaria contro il taglio di posti alla scuola di specializzazione in emergenza-urgenza.

Mercoledì 5 marzo, davanti al ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca sono stati circa 60 gli specializzandi che hanno partecipato al flash mob per dire NO alla riduzione del numero delle borse di studio.

 

Nella stessa giornata in tutti i pronto soccorso e sedi 118 d’Italia è stato distribuito l’appello/manifesto promosso da Simeu e Sis 118 e sottoscritto anche da Acemc e Fimeuc e rivolto al Governo per denunciare l’insostenibilità di un sistema che a fronte di 20 milioni di pazienti che ogni anno si rivolgono ai pronto soccorso apre le porte della specialità annualmente a un numero di nuovi medici che rischia da quest’anno di essere inferiore a 50.

Della giornata di mobilitazione si sono occupati i mezzi di comunicazione, da quelli di settore (Sanità del Sole 24 ore che ha poi riservato uno spazio anche a un intervento a firma di Valeria Donati, rappresentante Giovani Simeu, Quotidiano Sanità, anche in questo caso con un articolo aggiuntivo dedicato al flashmob davanti al Miur, e Doctornews) alle agenzie di stampa come AgenParl,e poi ancora il Corriere della sera, La Stampa e Rai news24 e il TG3 nazionale e per finire il Corriere Mercantile e Repubblica Genova.

E i motivi della giornata erano già stati anticipati qualche giorno fa su Primocanale con un’intervista a Ombretta Cutuli e da La Provincia Pavese che ha seguito in diretta twitter la giornata del 5 marzo di Roma.

Il racconto della giornata è su twitter sotto #piuborseMEU. Qui di seguito un estratto dei tweet:

 

 


“E questo – commentano gli specializzandi – speriamo sia solo l’inizio”.

No al taglio dei posti della scuola di specializzazione in Medicina di emergenza-urgenza

lunedì, marzo 3rd, 2014

Mercoledì 5 marzo un flash mob degli specializzandi a Roma e una lettera/appello delle Società dell’emergenza al ministro dell’Istruzione in tutti i pronto soccorso e sedi 118 d’Italia

 

@SilviaAlparone

 

Su twitter è attivo l’hashatg #piuborseMEU e su facebook è aperto il gruppo Flash mob degli specializzandi in medicina di emergenza-urgenza.

Così i social si preparano a seguire l’iniziativa degli specializzandi MEU di mercoledì 5 marzo: alle 12 davanti al Miur, il ministero dell’Istruzione università e ricerca ci sarà un flash mob organizzato per sensibilizzare l’opinione pubblica sul pericolo di riduzione posti in specialità per la scuola di medicina di emergenza-urgenza che rischia di chiudere a soli quattro anni dalla sua creazione.

Sempre mercoledì 5 marzo in tutti i pronto soccorso e sedi dell’emergenza territoriale d’Italia verrà affissa una lettera/appello al ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, e al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin per una più equa distribuzione dei posti in specialità. L’appello è lanciato dalle società scientifiche Simeu, Sis-118, Acemc e Fimeuc e sarà firmato da medici e infermieri di ogni struttura sanitaria.

La situazione

In tutta Italia potrebbero essere meno di 50 i contratti di formazione per la specializzazione in Medicina d’urgenza finanziati dal Governo per l’anno 2013/2014, mentre la Conferenza Stato-Regioni denuncia un fabbisogno di circa 300nuovi contratti di specialità all’anno per l’emergenza sanitaria e a fronte di una richiesta di accesso alla scuola che, negli anni scorsi, ha quasi sempre superato le 400 domande di medici appena laureati.

Questo su un totale di 3.200/3.300 borse di specializzazione post lauream di discipline mediche previste per l’anno accademico 2013/2014, contro la richiesta della Conferenza Stato-Regioni di circa 7.000 posti complessivi.

In attesa del nuovo decreto che definirà la disponibilità totale di fondi ministeriali e il numero di posti per ciascuna specialità medica, il mondo dell’emergenza-urgenza si solleva contro il taglio previsto alla formazione specialistica che deve preparare nuovi medici ad affrontare la complessa attività di pronto soccorso, tanto spesso oggetto dell’attenzione dei media nazionali per le sue criticità.

In questo contesto, la Scuola di specializzazione in Medicina di Emergenza-Urgenza in Italia è nata solo nel 2009 e i primi specialisti in questa disciplina, in numero di 82, saranno diplomati nel prossimo giugno. Ma con i tagli previsti la Scuola ora rischia la chiusura.

 





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