IL BLOG DI SIMEU

 

Archive for agosto, 2021

Come Atlante, a fatica a sorreggere il peso

lunedì, agosto 30th, 2021

di Mimosa Milocco – Rappresentante Giovani SIMEU Lazio

Riceviamo dal Presidente Regionale SIMEU Lazio dott. Giulio Maria Ricciuto e pubblichiamo

456 contratti di formazione NON assegnati per la specializzazione in medicina d’emergenza – urgenza. Chi si stupisce?

Di certo non noi giovani MEU.

Noi specializzandi che ogni giorno vediamo i nostri strutturati che, come Atlante, a fatica sorreggono il peso, abusato, dell’emergenza extra e intraospedaliera.

Noi neo specialisti che proviamo a fare del nostro meglio per prendere quel testimone, sapendo che la strada da percorrere è comunque solo in salita: notti, festivi e super festivi, monte ore al doppio del dovuto e, ancora, violenze verbali e aggressioni fisiche, rischi medico legali.

Noi che vediamo colleghi che scelgono una seconda specialità, o la libero professione, con il dubbio che, tutto sommato, forse la strada che abbiamo intrapreso non sia la più saggia.

Per quanto per noi rimanga la più bella.

Chi si stupisce? Di noi, NESSUNO.

Però basta!

Pretendiamo di essere ascoltati, di avere modo di valorizzare la nostra professionalità, di avere i diritti lavorativi che ci spettano, così come già ci prendiamo tutti i doveri.

Pretendiamo che l’emergenza-urgenza sia un servizio usato responsabilmente.

Altrimenti, nessuno si stupisca quando avrà necessità di un servizio di Emergenza e non troverà nessuno di noi che se ne prenderà cura.

Carenza di medici e cooperative

mercoledì, agosto 11th, 2021

di Beniamino Susi

Si valuta che oggi in Italia manchi circa il 30% dei medici di emergenza rispetto alle reali necessità.

Prima era un fenomeno evidente solo nelle Regioni in piano di rientro (taglio di posti letto e/o non sostituzione del personale dimesso o pensionato), poi si è manifestato in maniera drammatica dovunque con l’evidenza di concorsi per assunzioni a tempo indeterminato praticamente privi di candidati.

Tuttavia, pensare di risolvere il problema utilizzando le prestazioni di medici provenienti da Cooperative, coprendo completamente o in parte i turni dei Pronto Soccorso, è una soluzione apparente, percepita dai management delle ASL o delle aziende ospedaliere come efficace in tempi brevi e soprattutto in un certo senso “pratica” in quanto di facile attuazione.

Da molto tempo ho preso una posizione molto critica nei riguardi di questa “soluzione”in quanto, dal mio punto di vista, è purtroppo una scelta colma di negatività: economiche, organizzative, cliniche e soprattutto di sicurezza. Ne ho parlato anche su RAI 3 nella puntata del 31 gennaio 2021 di REPORT dedicata ad un inchiesta su questo delicato argomento.

Le cooperative di cui parliamo sono società di intermediazione o meglio di fornitura di servizi molto simili a quelle delle agenzie cui ci si rivolge per poter usufruire delle prestazioni professionali di baby sitter, domestiche o badanti. In questo caso si assicura la copertura del turno in PS ma con quale professionista, con quali competenze non sembra essere il centro dell’interesse della struttura economica che gestisce il servizio.

Risolvere la copertura del turno con questa modalità, può essere tranquillizzante negli uffici del management aziendale, ma certamente non lo è per il Direttore del Pronto Soccorso che, oltre ad avere la responsabilità diretta su quanto accade all’interno della sua unità operativa, non ha il controllo della qualità del servizio ai pazienti.

Ogni struttura ha una propria organizzazione interna (presenza o assenza di specialità e consulenti), funzionalità del laboratorio analisi e della radiologia, DEA di riferimento, modalità di trasferimento, presenza di eliporto, sistemi informatici diversi, determinate procedure e protocolli, etc.

La prima domanda molto semplice è: come è possibile trasferire questo insieme di conoscenze complesse ad un professionista – anche se molto valido – che presta servizio occasionalmente in una struttura, non ne conosce gli spazi, il team, le modalità di lavoro?

Da un punto di vista del rischio clinico inoltre và sottolineato che non è possibile in alcun modo prevedere e predisporre un percorso formativo o di affiancamento perché, proprio per caratteristica della modalità di impiego, non si ha la conoscenza del professionista di riferimento.

Allo stesso modo non è dato sapere da quali e quanti turni lavorativi il medico della cooperativa è reduce, da quante ore lavorative consecutive, se ha beneficiato del giusto tempo di recupero e riposo.

Essendo anche interregionali, spesso i professionisti sono costretti a pesanti trasferte che potrebbero aggravare il loro stato di lucidità. Se un medico della cooperativa fa un errore dovuto a stanchezza, non conoscenza dei percorsi o incompetenza, chi ne risponde?

Non dimentichiamo che un Primario ospedaliero è responsabile penalmente, in vigilando ed in eligendo, dei suoi collaboratori, quindi in punto di diritto in quel Pronto Soccorso è ”corresponsabile” delle azioni di quel medico (che non ha scelto, non conosce, non ha formato) in quel turno coperto da altri “a tavolino” da un ufficio con questa discutibile modalità.

Nella puntata di Report cui ho partecipato la giornalista dell’inchiesta si è presentata ad un colloquio presso una Cooperativa, ha ottenuto la credibilità dell’interlocutore che non ha verificato il suo CV ed è stata collocata in un turno di un Pronto Soccorso del Nord Italia. Questo fatto gravissimo dovrebbe far molto riflettere sulla pericolosità di questa modalità di risolvere un problema serio con cui dovremmo confrontarci ancora per anni a causa della cattiva programmazione del passato.

In un Pronto Soccorso dovrebbero esserci gli specialisti in medicina di Emergenza-Urgenza o equipollente (chirurgia, medicina interna, gastroenterologia, etc) ma, come è stato dimostrato durante l’inchiesta, questo non sempre succede. Non si valuta e certifica l’esperienza, i titoli, la competenza o l’esperienza sul campo del medico incaricato.

Il concetto che – visto che allo stato attuale mancano gli specialisti MEU – chiunque possa prestare servizio in PS è a mio avviso un errore molto pericoloso.

Credo che nessuno vorrebbe esser addormentato in sala operatoria da un neo laureato oppure operato al femore da un oculista o al cuore da un dermatologo per cui non si capisce perché si possa accettare che un politraumatizzato stradale o un infartuato in arresto cardiaco, un paziente in emergenza a rischio di vita possa essere gestito da un medico non specialista in MEU e privo di esperienza.

A questo riguardo mi duole constatare il silenzio assordante di sindacati, organismi di tutela dei cittadini e troppo spesso anche dei mezzi di comunicazione. Soprattutto in quest’ultimo anno, ma anche in passato, SIMEU si è fatta portavoce di questa istanza e non ha perso occasione per denunciare la propria posizione sui tavoli istituzionali e spesso anche attraverso gli organi di stampa.

Faccio un’altra riflessione.

Con i contratti di libero-professione la tipologia di medici è del tutto sovrapponibile: medici non specialisti che per scelta o per necessità o condizione non sono entrati in specialità oppure specialisti che preferiscono essere battitori liberi magari per guadagnare più denaro, per non essere dipendenti e/o potersi programmare la vita secondo le proprie necessità, senza gli obblighi del personale di reparto. E poi il costo.

I costi per le aziende ruotano all’incirca intorno ai  100 euro/ora/medico perché, oltre alla quota riconosciuta per la prestazione del professionista, c’è il tornaconto della cooperativa.

Ovviamente non sono in grado di fornire dati precisi ma dalle testimonianze raccolte in maniera informale, è possibile ipotizzare che quest’ultimo valore possa aggirarsi fra il 40 e il 60% dell’intera cifra.

Il proliferare in tutta Italia di queste organizzazioni economiche fa immaginare che la richiesta sia piuttosto alta e dal momento che le tariffe non sono regolate da appalti o contratti nazionali ma dal mercato stesso, è possibile che la libera contrattazione porti ad una corsa al rialzo delle tariffe (legge domanda-offerta) e che le aziende sanitarie prese dalla necessità accettano, non trovando altre soluzioni. Il risultato è che i costi sostenuti non possono che essere molto alti e le stesse cifre di spesa, investite con criterio e una visione costruttiva rispetto al problema, potrebbero generare risultati concreti di crescita.

Tutte queste riflessioni mi portano ad affermare convintamente che quella delle cooperative non può che essere una non soluzione costosa, pericolosa ed inefficace da un punto di vista del livello qualitativo del servizio e duole constatare come non ci si rivolga mai a chi in Pronto Soccorso ci lavora da anni con passione e dedizione per ascoltare quale potrebbe essere concretamente una possibile alternativa in salvaguardia della qualità e della sicurezza delle cure.

 

 

 





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