IL BLOG DI SIMEU

 

Archive for gennaio, 2014

Nuovi anticoagulanti orali: l’Aifa cambia la prescrivibilità

mercoledì, gennaio 29th, 2014

Il Pradaxa (Dabigatran), farmaco della famiglia dei nuovi anticoagulanti orali, è diventato prescrivibile anche dai Centri ospedalieri, cancellando così la discriminazione fra gli specialisti prescrittori presente nelle precedenti determine, specialisti tra cui non comparivano i medici dell’emergenza-urgenza: lo ha deciso l’Aifa, Agenzia italiana del farmaco, con determina del 2 dicembre 2013, pubblicata in Gazzetta ufficiale n.300 del 23.12.2013, che rettifica la precedente del 15 marzo 2010 e che si immagina estensibile anche agli altri nuovi anticoagulanti orali,

Si tratta di farmaci fondamentali nella profilassi dell’ictus in pazienti affetti da fibrillazione atriale.

Saranno quindi le direzioni sanitarie delle aziende ospedaliere, sotto il controllo delle Regioni, ad attribuire la funzione prescrittiva di questi farmaci. Si riapre perciò la possibilità per i medici dell’emergenza di essere inclusi nei singoli elenchi regionali di prescrittori del Dabigatran. “I colleghi della medicina di emergenza-urgenza – commenta Giorgio Carbone, past president di Simeu e promotore dell’impegno della Società sul tema – sono invitati a chiedere l’attibuzione della prescrivibilità presso le proprie direzioni sanitarie aziendali”.

Di fatto si tratta di un successo per Simeu, che si è costantemente impegnata nei mesi scorsi perché la Medicina di emergenza-urgenza fosse tra le specialità autorizzate a prescrivere il farmaco, in forza del fatto che in un mese sono oltre 5.700 i pazienti con fibrillazione atriale che si rivolgono al pronto soccorso (dati dello studio Fire, atrial Fibrillation Italian REgistry, dell’Anmco che prende in considerazione circa 200 strutture ospedaliere sulle 700 ca. dotate di dipartimento di emergenza su tutto il territorio nazionale) e di questi il 75% completa l’iter diagnostico-terapeutico proprio in dipartimento di emergenza.

La rivendicazione Simeu della prescrivibilità dei nuovi anticoagulanti orali per i medici dell’emergenza-urgenza era anche comparsa su Sanità – Il Sole 24 Ore: Appello Simeu contro divieti prescrittivi in pronto soccorso del 19-26 novembre 2013.

COCHRANE CORNER: La terapia antibiotica combinata con aminoglicosidi nei pazienti con sepsi

martedì, gennaio 28th, 2014

 

Dott. Paolo Balzaretti, redazione Blog SIMEU

@P_Balzaretti

Nei pazienti con sepsi è necessario avviare tempestivamente una corretta terapia antibiotica, la quale sarà, nella maggior parte dei casi, empirica, a causa dell’impossibilità di sapere in tempi brevi quali siano i micro-organismi responsabili. La scelta degli antibiotici da impiegare deve basarsi sulla sospetta sede di infezione, l’ambito in cui si è sviluppata (per esempio a casa, in sede ospedaliera), l’anamnesi del paziente e i profili locali di sensibilità agli antibiotici dei micro-organismi isolati (1). Un terapia antibiotica empirica non corretta si correla con un incremento della mortalità.

Gli aminoglicosidi hanno fatto parte per lungo tempo delle terapie antibiotiche combinate per diverse sindromi infettive. Sono progressivamente emerse, però, evidenze di letteratura secondo cui la loro introduzione in schemi di terapia combinata non avrebbe alcuna utilità. Quest’ultimo tema è quello della revisione sistematica Cochrane di cui ci occuperemo in questo post.

Evidenze attuali

Proviamo a sintetizzare le indicazioni attuali all’impiego degli aminoglicosidi:

  • Polmonite: le lineeguida IDSA/ATS del 2007 riservano un ruolo agli aminoglicosidi unicamente come terza scelta in pazienti ricoverati in UTI con sospetta infezione da Pseudomonas Aeruginosa, in associazione a un beta lattamico e all’azitromicina o a un fluorochinolone respiratorio.
  • Infezione delle vie biliari: le lineeguida IDSA non prevedono l’impiego degli aminoglicosidi.
  • Infezione addominali escluse quelle delle vie biliari: per le già citate lineeguida IDSA, “gli aminoglicosidi non sono raccomandati per l’impiego di routine in adulti con infezioni intraddominali acquisite in comunità (B-II)”; lo stesso vale per le infezioni gravi, se non in casi selezionati (A-1).
  • Pielonefriti: secondo l’IDSA, gli aminoglicosidi hanno un ruolo nelle donne con pielonefrite che richiedono il ricovero ospedaliero come terapia di seconda scelta, in associazione a derivati beta-lattamici ad ampio spettro.
  • Endocardite: in questo caso, l’indicazione all’impiego di amino glicosidi nel trattamento empirico è confermata sia nelle linee guida ESC che in quelle della British Society of Antimicrobial Therapy.
  • Meningite: non indicazioni secondo le lineeguida IDSA del 2004.
  • Febbre nel paziente neutropenico: gli aminoglicosidi possono essere presi in considerazione in pazienti ricoverati, ad alto rischio, nel caso di insorgenza di complicanze (ipotensione, polmonite) o nel caso sia sospettata o accertata un resistenza a derivati beta-lattamici anti-pseudomonas (IDSA 2011).

Sintesi dello studio (2)

Obiettivo: Confrontare l’efficacia della monoterapia con beta-lattamico rispetto alla combinazione tra beta-lattamico e aminoglicoside in pazienti con sepsi e il rischio di eventi avversi, incluso lo sviluppo di resistenze batteriche.

Studi inclusi: RCT o trial quasi-randomizzati che confrontano i due regimi terapeutici; sono esclusi gli studi che includono neonati e bambini pre-termine.

Outcome primario: Mortalità al termine del follow up (durata media 30 giorni).

Outcome secondari: fallimento del trattamento, durata del ricovero, superinfezione, colonizzazione da parte di batteri resistenti, eventi avversi.

N°. di studi inclusi: 69

Qualità degli studi inclusi: la principale fonte di bias riguarda la mancanza cecità, sia per i pazienti che per il personale e gli aggiudicatori degli out come.

N° di pazienti: 7863

Risultati: i risultati sono sintetizzati nella tabella

Risk ratio

N° di pazienti

Qualità dell’evidenza

Mortalità (stesso derivato beta lattamico)

0,97 (0,73 – 1,3)

1431

Bassa

Mortalità (diverso derivato beta lattamico)

0,85 (0,71 – 1,01)

4146

Bassa

Fallimento clinico (stesso derivato beta lattamico)

1,11 (0,95 – 1,29)

1870

Molto bassa

Fallimento clinico (stesso derivato beta lattamico)

0,75 (0,67 – 0,84)

4933

Molto bassa

Tab. Risultati della meta-analisi. Sono stati separati i risultati degli studi in cui veniva impiegato lo stesso beta lattamico sia nel gruppo di controllo che in quello di trattamento da quelli in cui venivano impiegati due derivati beta lattamici diversi. Per fallimento clinico si intende: morte, persistenza, recidiva o peggioramento dei segni e dei sintomi dell’infezione; qualsiasi modificazione al trattamento antibiotico empirico assegnato; qualsiasi intervento terapeutico invasivo impiegato e non definito nel protocollo. RR < 1 sono a favore della monoterapia.

Commento

Questa revisione lascia aperti molti interrogativi. Nel complesso l’evidenza fornita per i due outcome è da considerarsi di bassa qualità, in particolare per l’assenza di blinding nella maggior parte degli studi, che, mentre potrebbe aver avuto un impatto tutto sommato modesto per quanto riguarda l’outcome mortalità, per il quale la determinazione non può essere troppo soggettiva, potrebbe aver avuto un peso più rilevante sull’outcome “fallimento clinico”, la cui interpretazione è maggiormente soggettiva. Anche l’elevata imprecisione dei risultati (l’intervallo di confidenza per i dati di mortalità oscilla tra 0,73 e 1,30), costituisce un motivo di scarsa rilevanza dei dati.

La revisione sistematica manca di una sinossi che sintetizzi quali siano le principali cause di sepsi dei pazienti arruolati. In particolare non è chiaro quale sia l’incidenza dei pazienti con endocardite infettiva. Nel complesso, per quanto riguarda questa patologia, l’indicazione a impiegare gli amino glicosidi, come consigliato nelle linee guida internazionali, non può essere messa in discussione.

La decisione se introdurre o meno gli amino glicosidi non può non prendere in considerazione i potenziali rischi ad essa correlati, in particolare quello della nefrotossicità: nei pazienti trattati con beta lattamici in monoterapia, questo sarebbe del 70% inferiore rispetto a quello dei pazienti trattati anche con l’aminoglicoside (2). Tale rischio potrebbe essere sovrastimato, tenendo conto che nella maggior parte degli studi la somministrazione di questi ultimi è in multiple dosi giornaliere e non in monosomministrazione, regime che si associa ad un minor rischio di nefrotossicità.

Infine, la mortalità dei pazienti inclusi negli studi analizzati oscilla tra l’8,5% dei pazienti con sepsi gravi, sospette sepsi da gram negativi e polmoniti e l’1,7% per la sepsi a partenza dalle vie biliari. Le conclusioni di questa meta-analisi non possono per tanto applicarsi ai pazienti più critici che vengono ricoverati nelle reparti di Terapia Intensiva o Subintensiva. Per questi pazienti bisogna probabilmente tenere maggiormente in considerazione le indicazioni provenienti dalle analisi di pazienti ricoverati in UTI per sepsi grave e shock settico di Kumar e colleghi e Diaz-Martin e colleghi secondo i quali l’avvio tempestivo di un terapia combinata ridurrebbee la mortalità. Tra le associazioni vagliate e dimostratesi efficaci da Kumar et al., anche quella di beta lattamici e aminoglicosidi.

Bibliografia

  1. Angus DC, Van der Poll T. Severe sepsis and septic shock. NEJM 2013; 369: 840-851. Link

  2. Paul M, Lador A, Grozinsky-Glasberg S, Leibovici L. Beta lactam antibiotic monotherapy versus beta lactam-aminoglycoside antibiotic combination therapy for sepsis. Cochrane Database of Systematic Reviews 2014, Issue 1. Art. No.: CD003344. DOI: 10.1002/14651858.CD007999.pub3. Link

Sicilia: il sovraffollamento dei pronto soccorso e il pericolo di una nuova riduzione dei posti letto

martedì, gennaio 21st, 2014

@SilviaAlparone

 

Non è l’influenza stagionale che affolla i pronto soccorso, ma un sistema di cure che soffre soprattutto di un problema organizzativo: il taglio dei posti letto provoca la saturazione dei reparti e il collasso dei pronto soccorso. E’ questa la necessità urgente su cui bisogna intervenire.

A questo si aggiunge un problema culturale, di accessi impropri in pronto, di casi a bassa complessità che dovrebbero rivolgersi alle cure territoriali. Un fenomeno che si può risolvere prevalentemente con la diffusione di una migliore educazione fra la popolazione a un corretto uso dei servizi sanitari.

Se ne è parlato nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta martedì 21 gennaio a Palermo presso la sede dell’Ordine dei Medici, organizzata da Simeu Sicilia.

Quali sono le cause delle lunghe attese in pronto soccorso

I tempi di attesa in triage: una questione culturale

I dati di attività relativi a tutti i pronto soccorso siciliani riferiti al 2012 mostrano che:

  • Solo il 10% degli accessi è indirizzato verso l’emergenza ospedaliera dal 118
  • Il 7-8% è veicolato dalla medicina specialistica, dalla continuità assistenziale o dalla rete ospedaliera (trasferimenti tra ospedali)
  • Solo una percentuale compresa tra l’1 e il 2% è formalmente indirizzata al pronto soccorso dal medico di base.
  • L’80% dei casi che si presentano in pronto soccorso arriva su propria iniziativa personale.

Di questi, la gran parte (70% e l’80%) presenta problemi di bassa complessità (codici bianchi e verdi) e non ha bisogno di ricovero dopo le cure del pronto soccorso. Questi pazienti in realtà dovrebbero rivolgersi alle cure territoriali e non ai pronto soccorso che, invece, dovrebbero costituire il punto di riferimento esclusivamente per i problemi di urgenza ed emergenza. Anche i casi con bassa complessità trovano comunque risposta in pronto soccorso, con attese, prima della visita in pronto, per quanto riguarda le aree di emergenza con maggiori volumi di attività, fra i 23 e i 26 minuti per i codici gialli e fra i 55 e i 70 minuti per i codici verdi, che però nelle ore di punta si protraggono fino a due ore per i primi e fino a sei ore per i secondi.

IL VERO PROBLEMA: I tempi di attesa per il ricovero: l’overcrowding (sovraffollamento)

Altra cosa è l’attesa per il ricovero in reparto, per i casi che, concluso l’iter di cura in pronto soccorso devono essere ricoverati (soltanto circa il 15% del totale degli accessi, secondo uno studio Simeu sui dati della Regione Sicilia).

Qui si registrano le attese più lunghe. Attese dovute alla saturazione dei reparti che, già al completo e con un numero di posti letto insufficiente rispetto alla domanda, non riescono più a ricoverare i pazienti in arrivo dal pronto soccorso, che quindi spesso restano in stand by nei locali del pronto. Questi, aumentando giorno dopo giorno, creano un sovraffollamento che assorbe risorse e non consente più di prendere in carico in tempi accettabili i nuovi casi che si presentano.

E’ l’overcrowding, un fenomeno noto e strutturale in tutti i i pronto soccorso italiani.

Nei reparti di emergenza delle grandi aree metropolitane, dove questo fenomeno è maggiormente rappresentato (circa una decina di strutture), nell’anno 2012, sono stati oltre 2500 i pazienti che hanno atteso il ricovero per un periodo compreso tra le 24 e le 60 ore.

Il pericolo di un ulteriore tagli di posti letto in Sicilia

Se dovesse andare in porto il proposito di tagliare 438 posti letto di medicina (i più utilizzati per i ricoveri dal pronto soccorso) così come si legge nella proposta di rimodulazione della rete ospedaliera regionale, i problemi legati alle attese in pronto soccorso di un posto letto, è destinato ad acuirsi ulteriormente. Tanto più che i tagli previsti riguardano i posti letto dei grandi ospedali delle aree metropolitane, cioè quelli i cui pronto soccorso sono maggiormente in sofferenza. Nella sola città di Palermo verrebbero meno 102 posti letto di medicina, 17 di geriatria, 6 di neurologiae 17 di malattie respiratorie.

La soluzione possibile e necessaria – conclude Clemente Giuffrida, presidente Simeu Sicilia e direttore della Medicina e Chirurgia di emergenza e accettazione dell’azienda ospedaliera Ospedali riuniti Papardo Piemonte – sta in una più razionale politica dei tagli che non sacrifichi posti letto necessari al funzionamento del sistema, in una maggiore integrazione dei servizi di emergenza ospedaliera con la medicina del territorio, che permetta al pronto soccorso di rispondere al suo naturale ruolo di “cerniera” fra ospedale e territorio, e una maggiore diffusione della corretta cultura di accesso ai differenti servizi sanitari da parte della popolazione”.

Solidale con le istanze di Simeu Sicilia è anche Cittadinanzattiva, movimento civico in prima linea nella tutela e difesa dei diritti dei pazienti. È a tutti noto il ruolo e l’attività dei numerosi Tdm, Tribunali dei diritti dei malati, presenti nelle aziende sanitarie siciliane, ma anche la presenza e la rappresentanza presso i principali tavoli tecnici istituzionali centrali e periferici che governano la sanità in Sicilia.

Cittadinanzattiva Sicilia onlus – afferma Vincenzo Camarda, segretario provinciale di Palermo di Cittadinanzattivanon ignora i problemi e i disagi che caratterizzano l’erogazione di questo nevralgico e importante ganglio delle strutture ospedaliere e condivide pienamente le analisi di Simeu Sicilia, sia in relazione all’esigenza di una maggiore integrazione dei servizi di emergenza ospedaliera con la medicina del territorio, che consenta al pronto soccorso di concentrarsi sulle reali emergenze/urgenze sanitarie, sia sulla necessità di sensibilizzare/educare il cittadino a un corretto utilizzo dei servizi erogati dal Ssr, ricorrendo maggiormente ai Pta e Pte. Ma soprattutto Cittadinanzattiva Sicilia onlus, condividendo le preoccupazioni in merito ai tagli dei posti letto previsti in Sicilia dal piano di rimodulazione della rete ospedaliera regionale, che determinerebbero, a causa dell’ulteriore diminuzione della disponibilità di posti letto per i ricoveri, il sovraffollamento e il collasso del pronto soccorso, si rende disponibile a proseguire in quelle azioni che consentano alle Istituzioni sanitarie regionali e a quelle nazionali di procedere a una rimodulazione della rete ospedaliera regionale che tenga maggiormente conto delle esigenze di salute dei cittadini siciliani”.

La situazione critica dei pronto soccorso italiani

venerdì, gennaio 17th, 2014

Il sovraffollamento dovuto all’impossibilità di ricoverare i pazienti nei reparti di destinazione

Gian Cibinel, presidente nazionale Simeu

Sulla questione riportata da alcuni organi di stampa nelle ultime ore relativa al sovraffollamento dei pronto soccorso italiani e alla mortalità nei reparti di emergenza ospedaliera, Gian Alfonso Cibinel, presidente nazionale Simeu, Società italiana della Medicina di emergenza-urgenza, commenta:

L’aumento della mortalità in pronto soccorso negli ultimi 10 anni è un fenomeno multifattoriale.

Attualmente, rispetto agli anni passati, è più frequente che pazienti con patologie croniche gravi non curabili siano trasportati in pronto soccorso in fase di peggioramento, invece di essere seguiti a domicilio; si tratta di un problema culturale, prima ancora che organizzativo.

I dati del problema

In Italia non disponiamo di dati certi sul rapporto causa-effetto tra la permanenza in pronto soccorso e l’aumento di mortalità; in molti casi i decessi si verificano in pronto soccorso semplicemente perché i pazienti sono in pronto soccorso e non in un reparto di degenza, ma la causa della morte sta nella gravità della compromissione funzionale, non nella sede di collocazione.

Peraltro molte evidenze da studi internazionali hanno dimostrato che:

  • la mortalità effettivamente aumenta di circa il 30% quando i dipartimenti di emergenza e gli ospedali sono affollati;
  • gli eventi sentinella in pronto soccorso (morti inattese, incidenti, errori) sono correlati in 1/3 dei casi a situazioni di affollamento;
  • l’affollamento dei pronto soccorso è associato a ritardi nel riconoscimento e nel trattamento di condizioni a elevato rischio evolutivo (infarto miocardico, ictus cerebrale, polmoniti, sepronto soccorsoi, traumi, patologie addominali acute);
  • l’affollamento dei pronto soccorso è associato a ritardi nel controllo dei sintomi (dolore, ansia).

L’affollamento dei pronto soccorso determina inoltre conseguenze negative sugli aspetti personali e relazionali:

  • impossibilità a garantire un controllo adeguato dell’ambiente fisico (violazione della privacy);
  • limitazione delle possibilità di comunicazione tra il personale e i pazienti.

Cause dell’affollamento dei pronto soccorso

Le cause dell’affollamento dei pronto soccorso non sono tanto e solo collegate agli accessi impropri, che negli ultimi anni sono diminuiti, e pesano solo per un 20-30% sul problema; la causa principale dell’affollamento dei pronto soccorso è invece l’impossibilità di inviare nei reparti i pazienti che necessitano di ricovero.

In pronto soccorso arrivano molteplici richieste di aiuto da parte dei cittadini e di altri soggetti pubblici e privati: oltre a quelle sanitarie anche domande preventive, personali, sociali, giudiziarie, assicurative, amministrative. Le strutture di pronto soccorso e di Medicina d’Urgenza si sono attrezzate per rispondere al meglio alle nuove domande, ma è necessaria una risposta globale da parte delle aziende e del sistema sanitario.

Il monitoraggio dell’adeguatezza dei servizi non può limitarsi a valutare quanto si deve attendere per una prestazione non urgente ambulatoriale (come un’ecografia) oppure ospedaliera (come un intervento chirurgico elettivo); è indispensabile valutare il sistema anche per come risponde nelle emergenze e urgenze (quanto si attende in pronto soccorso prima di essere valutati da un medico e soprattutto quanto si resta in barella in pronto soccorso dopo che è stato deciso il ricovero).

Nella valutazione dei problemi e delle possibili soluzioni devono essere coinvolti i medici e gli infermieri impegnati dell’emergenza e urgenza, per una maggiore efficacia degli interventi; perché le risorse siano impiegate in base alla criticità della domanda sanitaria; per la sostenibilità del sistema, riguardo alle condizioni di lavoro degli operatori.

Influenza: l’inizio dell’epidemia stagionale e i dati Simeu sui pronto soccorso italiani

giovedì, gennaio 16th, 2014

@SilviaAlparone

 

Con l’influenza stagionale i mezzi di comunicazione segnalano l’aumento di afflusso di pubblico nei pronto soccorso degli ospedali italiani.

L’agenzia di stampa Ansa in particolare segnala che “Nella settimana tra il 6 e 12 gennaio, il livello dell’incidenza delle sindromi influenzali è stato di 3,61 casi per mille assistiti, per un totale di circa 215mila casi stimati, e 1.086.000 dall’inizio della sorveglianza InfluNet, che fa capo all’Istituto superiore di sanità (Iss). Secondo l’ultimo bollettino pubblicato, i più colpiti sono i bambini tra i 0 e 4 anni con circa 6 casi ogni 1000 assistiti. Segue la fascia tra i 15 e 64 anni con 3,93 casi, i bambini tra i 5 e 14 anni con 3,72 casi, e gli over 65 anni con 1,92 casi per mille assistiti. Dopo la lieve flessione, più evidente nelle fasce di età pediatrica, dovuta alla chiusura delle scuole durante le vacanze di Natale, il valore di incidenza è tornato dunque a crescere, ma è inferiore a quello registrato nella maggior parte delle precedenti stagioni influenzali”.

Nelle due settimane comprese fra il 25 dicembre 2013 e il 7 gennaio 2014, rispetto alle due settimane precedenti si è registrato ovunque un aumento significativo degli accessi in pronto soccorso, dovuto prevalentemente all’aumento dei casi di influenza complicata, con un incremento degli accessi in pronto soccorso più rilevante per quanto riguarda i casi più gravi (codici gialli e rossi), cioè quelli che presentano più serie complicanze respiratorie della patologia influenzale.

Sul tema sono stati divulgati i dati raccolti da Simeu su tre città campione:

(aumento percentuale tra il periodo 25 dic/7 gennaio in confronto con le due settimane precedenti 11 dic/22 dic):
Torino
+14% accessi totali in pronto soccorso (aumento quasi interamente dovuto a complicanze influenzali)
+23% codici gialli
+13% codici rossi
Roma
+7% accessi totali in pronto soccorso (aumento quasi interamente dovuto a complicanze influenzali)
+10% codici gialli
+9% codici rossi

Foggia
+8% accessi totali in pronto soccorso (aumento quasi interamente dovuto a complicanze influenzali)

+15% codici gialli
+6 % codici rossi

 

“L’aumento percentuale degli accessi in pronto soccorso per influenza – commenta Gian Alfonso Cibinel, presidente nazionale Simeu – è determinato anche dal periodo di vacanze di fine anno: in tale frangente i pronto soccorso sono più facilmente accessibili per il pubblico rispetto alle cure territoriali”.

MUBEE#10: Trip Database

martedì, gennaio 7th, 2014

di Paolo Balzaretti, redazione blog Simeu

@P_Balzaretti


Com’è noto, il secondo passaggio dei cinque che costituiscono il processo di miglioramento della pratica clinica secondo la classica definizione dell’EBM è quello di cercare le evidenze (CEBM). Abbiamo già parlato diffusamente di questo argomento in un post precedente. Tra le opzioni possibili abbiamo parlato di MEDLINE® e Google Scholar. Ma in Rete esiste anche un altro ottimo strumento di ricerca: TRIP (Turn Research into Practice) database, di cui ci occuperemo in questo post.

Cos’è Trip Database?

Trip Database, diversamente da quanto farebbe supporre il suo nome, non è un archivio di citazioni bibliografiche bensì un motore di ricerca clinico che permette di rintracciare documenti clinici direttamente su Internet a partire da molteplici fonti. Queste citazioni corrispondono sia ad articoli pubblicati su riviste biomediche sia materiale che rientra nell’ambito dellacosiddetta Grey Literature. Il servizio fornito da questo sito, che viene aggiornato mensilmente, è gratuito.

Fig. 1. L’home page di Trip database

Come effettuare le ricerche

Esistono 3 modi differenti per eseguire le ricerche: la prima, più immediata, consiste nell’inserire i termini liberi nel box di ricerca nella home page (Fig. 1). Esiste poi la possibilità di una ricerca avanzata, la quale permette di effettuare alcune rifiniture alla stringa di ricerca come la definizione dell’intervallo di tempo dove eseguire la ricerca, la limitazione della ricerca ad alcune parti dell’articolo (come ad esempio il titolo), la ricerca della stringa come frase intera, etc.

Infine, l’opportunità più innovativa riguarda la possibiltà di inserire il nostro quesito di ricerca rispettando il formato PICO (per approfondimenti si veda il post relativo) (Fig. 2). Come sempre, gli obiettivi modellano il quesito di ricerca: più termini verrano inseriti, maggiore sarà la specificità dei risultati e minore il numero di articoli ottenuti, con la possibilità però di perdere qualche articolo interessante.

Fig. 2. La maschera di ricerca basata sul formato PICO

Orientarsi tra i risultati

I risultati delle ricerche in Trip Database sono liste di citazioni bibliografiche, ognuna delle quali è essenzialmente costituita dal titolo del documento (cliccando sul quale è possibile accedere allo stesso), la fonte da cui proviene e l’anno di pubblicazione (fig. 3). Come succede per Google Scholar, in caso di articoli a pagamento, i link di Trip Database non permetteranno di visualizzare il lavoro, a patto che già non si possiedano le credenziali per potervi accedere.

I risultati vengono ordinati nella lista in base a un algoritmo che tiene conto di tre parametri: la presenza del termine di ricerca nel titolo dell’articolo, un “pubblication score”, basato sulla qualità della fonte, così come valutata dagli amministratori del sito, e la data di pubblicazione (il punteggio aumenta quanto più recente è l’articolo).

Fig. 3. Pagina dei risultati.

Solitamente, Trip Database fornisce molti risultati per ogni ricerca; fortunatamente garantisce anche alcuni strumenti per filtrare tutte queste citazioni. Innanzitutto permette di selezionare i risultati in base alla natura del lavoro, distinguendo tra revisioni sistematiche, lineeguida, sinossi, studi primari, capitoli di libri, etc. Per chi volesse approfondire le differenze tra gli uni e gli altri, ne abbiamo parlato in un vecchio post.

Nel caso delle linee guida, permette un’ulteriore selezione in base alla provenienza geografica, molto utile se si tiene conto del fatto che questi documenti sono più utili se fanno riferimento a contesti organizzativi simili a quello dove le applicheremo (come nel nostro caso potrebbe essere le linee guida prodotte in altri paesi europei o nel Regno Unito). Per quanto riguarda revisioni sistematiche e trial clinici, è possibile selezionare la fonte di provenienza (dato molto spesso correlato alla sua qualità).

Per mezzo di Trip Database è possibile reperire non solo documenti scritti ma anche altri tipi di materiale informativo quali immagini, video e informazioni per i pazienti semplicemente cliccando sulla barra sopra la lista dei risultati.

L’iscrizione al sito garantisce alcuni servizi aggiuntivi: aggiornamenti mensili via mail riguardanti nuove evidenze nel proprio ambito di interesse, possibilità di mantenere traccia dei documenti che abbiamo cercato sul database in passato, in modo tale da poterli consultare più facilmente in seguito.

Quale impatto?

Viene spontaneo chiedersi se l’impiego di uno strumento come Trip Database garantisca effettivamente un vantaggio nel reperire le informazioni di cui abbiamo bisogno. Sembrerebbe di sì, come risulta da uno studio canadese (1). In una piccola popolazione di specializzandi in Medicina di Famiglia, l’impiego di Trip Database permetteva di incrementare la probabilità di risposta corretta a un quesito clinico dal 24% al 63%.

In conclusione, la prossima volta che avete bisogno di trovare rapidamente la risposta ad un quesito clinico, ricordatevi anche di Trip Database quale alternativa a Google Scholar e Clinical Queries di PubMed.

Bibliografia

  1. Labrecque M, Ratté S, Frémont P, et al. Decision making in family medicine: randomized trial of the effects of the InfoClinique and Trip database search engines. Can Fam Physician. 2013; 59(10):1084-94.

Buon Anno dalla Sau, Faculty di Sedazione e analgesia in urgenza Simeu, alla fine della “Campagna d’Italia”

giovedì, gennaio 2nd, 2014

di Fabio De Iaco

Responsabile Faculty Sau Simeu

@fabiodeiaco

 

Pochi giorni fa a Viareggio abbiamo finito un’avventura lunga un anno, quella del corso “Sedazione ed Analgesia in Urgenza”: quasi 900 discenti (che brutta parola!) tra medici ed infermieri, circa 150 ore di lezioni, più o meno 100.000 km percorsi dalla faculty.

Diciotto edizioni, dalla “prima” di Torino (il neo-presidente tra gli iscritti, e tante cose da correggere) agli appuntamenti di Messina, di Aosta, di Gallipoli, di Oristano, passando per Milano, Roma, Cagliari, Bologna, Savona, Genova, Pavia, Napoli, Pistoia (forse ne dimentico qualcuna…). Scherzando l’abbiamo battezzata la “Campagna d’Italia”.

Aule sempre piene. A Gallipoli anche un cane… educato e attentissimo!

Un’esperienza irripetibile per noi del gruppo, che ci ha insegnato moltissimo.

Abbiamo imparato il valore dei messaggi chiari e forti, rafforzato la convinzione delle nostre idee, scoperto la forza comunicativa dei concetti semplici e pratici, dei video che mostrano le urgenze di tutti i giorni, dei sorrisi (talvolta una risata) che sdrammatizzano ma lasciano il segno.

 

Soprattutto abbiamo scoperto la formidabile voglia di miglioramento che c’è tra i nostri colleghi, la sensibilità rispetto alle esigenze dei nostri pazienti spesso soffocata tra priorità malintese e abitudini invalse.

Abbiamo capito che una Medicina d’Emergenza Urgenza “centrata sul paziente” è possibile, anche tra le decine di barelle del Pronto Soccorso.

Ce lo hanno insegnato i nostri iscritti, tutte le volte in cui con un po’ di imbarazzo abbiamo parlato di “presa in carico”, di “vissuto del paziente”, di dolore e sofferenza, ed in cambio abbiamo ottenuto attenzione e partecipazione. Tutte le volte in cui li abbiamo invitati a “mettersi dall’altra parte” e abbiamo scoperto che lo avevano già fatto mille volte.

A Viareggio si è avvicinato uno dei nostri giovani (scusa se non ricordo il nome), uno di quelli bravi e determinati (ce ne sono tanti, per fortuna), un “summerista” dell’anno scorso, che mi ha detto: “Quattro anni fa, quando parlavi di queste cose al congresso di Rimini, sembravano arrivare da un altro mondo. Guarda adesso…”.

È vero: abbiamo fatto un sacco di strada. Soprattutto nella consapevolezza di tutti noi. Ma ne abbiamo ancora tanta davanti.

Presto rivisiteremo il corso, cercando di migliorarlo: nuovi casi, messaggi più incisivi, qualche farmaco in più.

Presto (speriamo) proporremo un altro corso: ce l’hanno chiesto in tanti un corso avanzato sulla sedazione.

Presto verranno pubblicate le linee guida intersocietarie sulla gestione del dolore acuto (tenete d’occhio il nostro giornale, aspettiamo solo la pubblicazione ufficiale in inglese per rilasciare anche la versione italiana).

Presto avremo delle novità per quanto riguarda il trattamento in urgenza del dolore nel paziente oncologico ed il fine vita: un argomento che abbiamo gettato sul tavolo con un po’ di pudore, ma che abbiamo scoperto costituire un vero nervo scoperto del nostro mondo.

Presto (o quasi) uscirà il manuale del corso.

È evidente che il viaggio appena iniziato non si può fermare: lo capiamo dal numero di iscritti ai corsi, dalla loro partecipazione entusiasta, dalle richieste che continuiamo a ricevere, dalla splendida esperienza di una joint-venture etica (passatemi l’espressione) con l’industria.

L’aiuto e il sostegno di Angelini sono stati preziosi per la Società, indispensabili per molti Soci, utilissimi (ne sono convinto) per i nostri pazienti: abbiamo potuto lavorare in assoluta libertà, senza condizionamenti, esattamente come, con grande onestà, c’eravamo detti prima di cominciare. “L’importante è sollevare il problema del dolore acuto”, c’eravamo detti.

Il bilancio, dunque, è assolutamente positivo.

Mi chiedo se si possano mettere a bilancio i concetti. Se così fosse, quali? Alcune semplici parole: appropriatezza, monitoraggio, oppiacei, competenze, consapevolezza. E poi, forse più di tutto, identità. Credo proprio che questi messaggi siano passati.

Ma il vero bilancio positivo lo daranno, ancora una volta, i numeri: misurando la quantità di FANS somministrata in PS, di paracetamolo, di morfina e fentanyl.

Questo sta a tutti noi, che abbiamo o no seguito il corso.

È stato un anno speciale: tutti, da un lato e dall’altro della cattedra (ma abbiamo cercato di non usarla mai, la cattedra), ne usciamo un po’ cresciuti.

Ci arrivano segnalazioni di miglioramenti, di cambiamenti in intere strutture di Pronto Soccorso: sono in molti a essersi rimboccati le maniche, ad aver contagiato con qualche concetto i loro colleghi. Questa è la soddisfazione più grande.

Ed è anche la miglior consolazione per chi, come me, ha dovuto sperimentare amaramente sulla propria pelle l’attualità dei messaggi che proviamo a trasmettere: la splendida sensazione di fare qualcosa di utile. È proprio in questo che troviamo la più profonda ragione di appartenenza alla Società.

Per me, per noi tutti, l’immagine conclusiva di quest’anno dovrebbe essere una lunga sfilata di primi piani: un sacco di belle facce oneste e attente, sorridenti e orgogliose, qualcuna giovane qualcun’altra un po’ meno. Le facce della nostra gente, quella che abbiamo incontrato per tutto l’anno.

Queste immagini non le abbiamo: fatevela da voi la vostra immagine di fine anno. Scegliete un paziente e fissatevi in testa il suo volto, dopo che lo avrete trattato con tutta la vostra umanità e la vostra competenza.

E scusate se, ancora una volta, sembro proprio un po’ retorico.

Buon anno a tutti noi.

 

BUON ANNO!!!!

Fabio De Iaco

e tutti i componenti della faculty SAU, come sempre in rigoroso ordine alfabetico:

Gaetano Diricatti

Enrico Gandolfo

Mario Guarino

Alessandro Riccardi

Maria Paola Saggese

e l’insostituibile Silvia Aghittino






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