IL BLOG DI SIMEU

 

Il caso sociale.

febbraio 27th, 2023 | NO COMMENTS

di Erika Poggiali

Si presenta ogni sera, poche ore dopo l’inizio del turno della notte e si mette a dormire silenzioso sulle sedie.

Barelle per dormire non ce ne sono.

Sembra di stare in aeroporto il 15 di agosto nella boarding area in attesa di un posto letto per essere ricoverati. Tutto full anche oggi. E allora viaggia in economy lui, si accontenta.

 

È ormai un “frequent flyer” del nostro Pronto Soccorso e ha imparato a non infastidire chi sta lavorando, medici, infermieri e OSS.

 

All’inizio si faceva inserire in triage con sintomi così fantasiosi da far impazzire qualsiasi giovane medico alle prime esperienze in Pronto Soccorso, proprio come il povero dottor Gerard Galvan nella sua lunga notte raccontata dalle parole di Daniel Pennac.

Infastidiva la sua insistenza nell’aggiungere nuovi sintomi ad ogni diagnosi raggiunta per la dimissione, ancorandosi con forza alla barella.

 

Poi è diventato sincero, o meglio, abbiamo compreso il suo reale bisogno, che non ha nulla a che vedere con le cure mediche, ma con un più pragmatico istinto di sopravvivenza, che si traduce in un posto dove dormire la notte, quando fuori è tutto chiuso e si va sottozero.

 

Non ha una casa né una famiglia.

Non ha nemmeno un amico.

 

Ha una storia tutta sua, come tutte quelle persone che vivono per strada, per scelta, necessità, casualità. Secondo le stime ISTAT sono 100mila i senza tetto in Italia, il 38% stranieri, il resto italiani. Hanno un’età media di 41,6 anni e si concentrano principalmente in 6 comuni: Roma (nel 23% dei casi), Milano (9%), Napoli (7%), Torino (4,6%), Genova (3%) e Foggia (3,7%)1. Ma sono dati fittizi, aggiornati al 31 dicembre 2021, che sottostimano i dati reali e non considerano tutte quelle persone non iscritte all’anagrafe.

 

Qualcuno li chiama elegantemente “clochard”, qualcun altro preferisce l’anglosassone “homeless”, in italiano li abbiamo sempre chiamati “barboni” in una accezione negativa e stigmatizzante, poi sostituita da “senza fissa dimora” o “senzatetto”. Ma alla fine sono tutti “poveri diavoli”, emarginati dalla società, invisibili alle istituzioni.

 

È vero, è sporco e puzza, tanto.

Ed è vero, non siamo la Caritas né un dormitorio.  

“Verrà ancora se lo trattiamo così!”

“Ma così come? Come un essere umano in difficoltà?”

Avete ragione, la soluzione non siamo noi e non dovremmo esserla.

 

E allora provo a cercare una soluzione nella politica italiana e mi imbatto nel disegno di legge n.1448 del Senato, il cui articolo 15 “individua le misure volte a tutelare le persone senza tetto o senza fissa dimora, al fine di agevolarne l’accesso al beneficio, tramite programmi annuali di assistenza da parte dei comuni, che devono essere comunicati, con cadenza semestrale, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali”2. Ma poi quando cerco di avere un approccio pragmatico al problema, scopro che “per accedere alle strutture di accoglienza è necessario interfacciarsi con il Centro Aiuto, Ufficio del Comune di …. che risponde al numero ….”, come  si legge su un sito internet di un comune italiano del Nord. E ancora “il contributo è di 1,50 euro per posto letto e di 1,50 euro per il pasto serale”. Nulla penserete voi, un’eredità per chi non ha un euro in tasca. E ancora, “…. è un dormitorio per uomini, dai 18 ai 65 anni, senza fissa dimora e in situazione di bisogno per l’accoglienza notturna. L’accesso al servizio è diretto, se ci sono posti disponibili”, con quel “se” che non è sinonimo di garanzia.

 

La Costituzione Italiana, che di anni ne ha 75, parla chiaro. Secondo l’articolo 3 “…È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”3

 

Ma di nuovo, non trovo nemmeno qui una soluzione, che eppure deve esserci e dovrebbe essere semplice e veloce, ad opera delle istituzioni politiche e non del medico di Pronto Soccorso.

 

Ci provano allora i servizi sociali ai quali facciamo riferimento in questo percorso umano di “problem solving” che non ha nulla a che vedere con competenze mediche ed expertise, ed è così che vengo a conoscenza dei tempi infiniti delle liste di attesa per un “ricovero sociale”.

 

“La realtà non è come ci appare” scrive Carlo Rovelli (2014, Raffaello Cortina Editore) nel tentativo di spiegare al lettore la teoria della relatività generale e della meccanica quantistica.

 

E la verità è che è stato più facile capire l’indeterminismo ontologico e l’estensione dell’aspetto relazionale delle leggi fisiche a spazio e tempo piuttosto che risolvere “il caso sociale del Pronto Soccorso”, che ancora oggi è senza soluzione come un “cold case” della politica italiana.

 

  1. https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/pmi/2023/01/05/-in-italia-100mila-senzatetto-bene-rilevazione-istat-_0bf6418a-c521-458d-b8be-4e6893aa39d7.html
  2. https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/0/814007/index.html?part=ddlpres_ddlpres1-articolato_articolato1-articolo_articolo15
  3. https://www.senato.it/sites/default/files/media-documents/ROSSA_Costituzione_testo%20vigente_agg_7_11_2022.pdf

 

Il meccanico del tempo. Favola autobiografica?

febbraio 17th, 2023 | NO COMMENTS

di Mario Rugna

C’era una volta, in un tempo lontano, un ragazzo che aveva tanta voglia di lavorare e tanta  fretta d’imparare.

Invero non era lo studio che lo intimoriva, al contrario, era curioso, divorava libri e riviste fin da quando era bambino, si informava su tutto ed ascoltava avido i racconti degli anziani in piazza.

 

Quello che invece lo spaventava era il dover andare a bottega per imparare un mestiere.

Lui nel chiuso di quattro mura, con un “mastro” che lo comandava a bacchetta facendogli fare i lavori più umili per poi ripagarlo con due soldi, proprio non ci voleva stare.

 

Invero ci aveva provato a fare il garzone, ed anche più volte e con tanti maestri delle arti e dei mestieri più disparati.

Falegname, meccanico, idraulico, giardiniere, anche dall’amico di famiglia che voleva fargli fare il soldato. Per un po’ andava tutto bene, veniva apprezzato da padroni ed aiutanti dovunque andasse, ma dopo poco, niente da fare.

Sempre la stessa storia, si annoiava e scappava.

 

Una gran perdita di TEMPO insomma.

Era ora di rimboccarsi le maniche e darsi da fare.

Ma COSA fare!?

 

In effetti sapeva fare un po’ di tutto, ed anche abbastanza bene, ma onestamente niente così ad arte da aprire una bottega tutta sua.

E poi di stare rinchiuso in una “gabbia” tutto il giorno proprio non gli andava.

E se invece di aprire bottega pensò, “andassi per strada ed a casa della gente ad accomodare tutto e subito senza far aspettare ore, giorni o mesi per una riparazione?

IL TEMPO.

Per la roba da sistemare era importante, perché le cose rotte e non accomodate dopo un po’ sono da buttare via.

E più sono rotte più IL TEMPO è importante.

 

Allora comprò un carretto da uno straccivendolo e lo attrezzò con arnesi essenziali, di fortuna, ma ancora efficienti, ed iniziò a girare per le strade della città urlando:

Accomodo tutto a regola d’arte, a casa vostra subito e senza grossa spesa”.

 

Le persone incuriosite iniziarono a fermarlo per affidargli piccole riparazioni; chi per la porta che cigolava, chi per la finestra che aveva gli spifferi, chi per la seggiola con un “zampa” rotta.

E lui una soluzione la trovava per tutto dai piccoli problemi a quelli più seri.

Dalle cose quasi da buttare che miracolosamente riusciva a “salvare” a quelle che in fondo non avevano tanto bisogno di essere riparate. Certo le sue riparazioni d’EMERGENZA non erano di gran fattura ma funzionavano bene, a volte anche meglio di quelle degli artigiani più famosi.

E la gente era contenta, perché vedeva in lui cortesia, impegno e passione, anche quelle volte che alla fine doveva dire: mi spiace non c’è niente da fare.

 

SI, per quel mestiere ci era proprio portato.

 

E poi a quegli oggetti in fondo ci si era affezionato veramente, nuovi o vecchi che fossero, per tutti trovava un motivo d’interesse ed un moto di soddisfazione quando alla fine riusciva ad accomodarli.

Certo non era facile tenere il passo coi tempi perché più girava e più incontrava cose nuove da riparare ed il progresso poi portava sempre nuovi “aggeggi” da accomodare.

 

Ma lui non si scoraggiava e studiava, studiava e lavorava, tutti i giorni.

 

Aveva imparato a capire meglio la gente delle diverse specie, abbienti e meno abbienti, istruiti e non. Aveva imparato la cortesia e la pazienza oltre che la semplice perizia tecnica.

Perché quel mestiere così faticoso, che non conosceva né giorni né notti né feriali né festivi era diventato la sua passione.

 

Ed iniziò ad andare in giro per il mondo, ad insegnare ed a trasmettere il suo entusiasmo ai giovani che cominciavano oramai numerosi a fare il suo lavoro.

Amava spiegare ai suoi allievi che più che diventare bravi “tecnici” dovevano essere delle brave persone ed amare quello che facevano.

Ognuno di quegli oggetti che riparavano andava rispettato, non importa se nuovo o vecchio e consunto, perché aveva in sè una storia, a modo suo unica ed interessante ed era comunque speciale per coloro che lo amavano.

 

Lo chiamavano il MECCANICO DEL TEMPO. Qualcuno pensa perché era sempre disponibile a tutte le ora del giorno e della notte ma a lui piaceva pensare che fosse perché riusciva, col sorriso, a riportare indietro l’orologio della vita delle cose. 

 

Dedicata a tutti medici d’urgenza, di strada e non.

Anche a quelli che come me hanno cominciato un po’ per sbaglio ma col TEMPO hanno capito di aver fatto il MIGLIOR SBAGLIO della loro vita.

Essere parte della grande famiglia dei DEA

gennaio 30th, 2023 | NO COMMENTS

di Domenica Vangeli

 

Dicembre 2018, il telefono suona.

Sul display un numero fisso: Bologna.

 

Dal 2011 contratti a termine e poi in libera professione. Avevo fatto vari concorsi con tanto di preselezioni tra l’Emilia e la Toscana. Ai tempi la chiamata dalle graduatorie non arrivava mai e non l’aspettavo di certo allora.

 

“Dott.ssa Vangeli?!

Ufficio del personale dell’AUSL di Bologna.

È stata assegnata al dipartimento di emergenza urgenza, pronto soccorso, hub dell’Ospedale Maggiore”.

 

WOW! L’emergenza urgenza non l’avevo mai vissuta se non durante il tirocinio.

Ne avevo conservato il ricordo ma più che altro portavo con me l’esempio dei colleghi incontrati allora, in ogni emergenza vissuta ed affrontata in lungo degenza e post acuti.

 

I pazienti che avevo assistito fino a quel giorno avevano già una diagnosi.

Erano stabili, sapevano cosa avevano superato, sapevano perché dovevano affrontare il ricovero. Io, cosi come i miei colleghi, potevo interloquire con loro: avevamo tempo e modo di instaurare un rapporto.

 

Dopo quella telefonata, sarei entrata a far parte del mondo dell’assistenza infermieristica che precede il ricovero dove il cittadino si trova a chiedere aiuto, spesso purtroppo senza conoscerne la causa né il perché.

Alle volte capita altrove rispetto casa: al mare, in montagna, in vacanza, nel praticare un hobby ed essere nella condizione di chiedere assistenza è l’ultima cosa che può immaginare. E con lui, anche i suoi caregiver e/o la famiglia tutta.

 

Le domande che mi ponevo erano molteplici:

sarò in grado di supportare e sopportare emotivamente i pazienti in quella fase dell’assistenza?!?

Sarò in grado di essere precisa e veloce?!?

Di essere un passo avanti cosi come spesso serve?!?

Di fatto non ci credevo.

Dopo 30 giorni avrei iniziato a fare parte anch’io del DEA lavorando fianco a fianco con professionisti di cui avevo sempre nutrito grande stima.

 

Arrivata a Bologna, prendo finalmente atto che a tutti gli effetti facevo parte anche io della grande famiglia del DEA. Una famiglia sì.

Perché come in essa ognuno ha un suo specifico ruolo.

Con la propria professionalità e le proprie skills ciascuno contribuisce a mantenere quello speciale equilibrio affinché l’assistenza erogata superi quella richiesta, nonostante le circostanze e le condizioni esterne che troppo spesso interferiscono con le prestazioni.

 

È un meccanismo perfetto che si muove ad unisono.

 

Chi ne fa parte gioca un ruolo fondamentale, perché il paziente deve farcela sempre e le sue funzioni vitali devono essere conservate al meglio.

Tutti i i componenti, definiti “attori della scena”, sono ugualmente importanti.

Dal lavoro di ognuno dipendente quello dell’altro.

 

Il collega della CCO che riceve la chiamata da una conversazione deve decidere quale equipe sia più idonea al trattamento del cittadino bisognoso di aiuto.

L’equipe che lo raggiunge per prima – sia essa ambulanza o auto medica – a sua volta definisce il percorso e la destinazione finale migliore, affinché le cure di cui necessita vengano erogate in tempi e modi consoni.

E poi l’equipe che riceve la persona nella mia realtà: l’HUB, uno spazio esiguo, pieno di monitor, fili, farmaci, device di ogni tipo e colleghi di ogni categoria.

 

E’ particolare il silenzio che si crea nei minuti di attesa a “riempire” il tempo stimato di arrivo. Ci si prepara!

 

Obbiettivo del team prendere in carico, stabilizzare e trattare il cittadino – ormai diventato nostro paziente – che necessità di una rapida diagnosi corretta e del relativo trattamento.

 

Tutti, dico tutti, si muovono armoniosamente sulla stessa melodia affinché il paziente sia stabilizzato, le sue funzioni vitali siano sotto controllo e che da lì in poi possa intraprendere il migliore percorso di cura possibile.

 

Non scordiamoci di un elemento importante con il quale ci confrontiamo: il tempo.

Il tempo nel DEA ha un ruolo chiave.

È come un collega aggiuntivo con cui ci troviamo a lavorare. Non sempre è simpatico ed empatico, non sempre ci è amico. Ma nonostante tutto è il primo da includere nel gruppo, da tenere in considerazione, da valutare, importante tanto quanto le reali condizioni del paziente.

Ed è spesso l’antagonista con cui facciamo i conti per poter salvare una vita.

 

 

Immagine di repertorio non riferita al DEA descritto.

Credits foto @FrancescaMangiatordi.

Il medico di Emergenza Urgenza tra informazione, formazione e narrazione.

gennaio 13th, 2023 | NO COMMENTS

di Geminiano Bandiera

 

In questo tremendo momento storico per tutta la sanità italiana la società civile sembra essersi finalmente accorta che esiste un manipolo di professionisti che garantiscono un servizio essenziale con difficoltà rapidamente crescenti, dal peso ormai insostenibile.

 

Siamo indubbiamente sempre meno scontati.

Si chiama informazione.

 

Era ed è giusto che tutti ne siano informati, dai colleghi di altri reparti ospedalieri piuttosto che di altre discipline di impegno “territoriale”, ai vertici organizzativi, alla popolazione civile per finire alla politica.

 

E’ ormai chiaro a tutti che noi medici di emergenza urgenza siamo una “specie in via di estinzione”, ma credo peraltro che sia molto più evidente anche l’essenzialità e l’insostituibilità dei servizi che eroghiamo.

 

Ben vengano quindi le campagne di informazione alla popolazione e soprattutto i tentativi di individuazione di validi percorsi per la cronicità e la patologia non urgente o comunque differibile, che troppo spesso finisce per essere vissuta come urgente solo per mancanza appunto di percorsi alternativi.

 

Inoltre, in una società sempre più destrutturata in cui una scienza medica specialistica d’organo tende costantemente a frammentare l’approccio al paziente rappresentiamo, insieme a pochi altri, gli ultimi tutori dell’approccio all’essere umano malato nella sua interezza e complessità.

 

Anche su questo aspetto, per nulla banale nelle sue quotidiane conseguenze pratiche, ritengo sia doveroso fare informazione.

Fino ad oggi, pur avendo mille interfaccia sociali e sanitarie, sembravamo invisibili e di sicuro eravamo quantomeno scontati.

Oggi probabilmente molto meno. Grazie anche all’informazione appunto.

 

Attenzione però ad una narrazione eccessivamente drammatizzata e catastrofistica, soprattutto nei confronti dei colleghi più giovani ed in particolare di quelli che dimostrino interesse verso la nostra meravigliosa disciplina.

 

Non siamo scontati, siamo ottimi professionisti, rivestiamo un ruolo strategico ed insostituibile per la risposta ai bisogni di salute emergenti (vitali ma fortunatamente di numero contenuto) ma anche di quelli urgenti (nelle varie sfumature dell’accezione, con un impatto molto maggiore in termini di volumi).

 

I primi si prestano benissimo ad una narrazione “eroica” che certamente dà fulgore alla disciplina, i secondi devono invece essere oggetto di una più corretta informazione sia ai colleghi specialisti di altre discipline che ai pazienti.

 

Non intendo aprire una discussione, peraltro molto interessante, sul significato della parola urgenza ma ritengo fondamentale riflettere, tutti, sulla necessità di non incorrere in un ennesimo errore di frammentazione, ricordando quanto sia spesso labile il confine tra emergenza ed urgenza e sdrucciolevole il terreno sul quale spesso ci troviamo in questo ambito, insieme ai nostri malati.

 

Narrazione dicevamo.

Non siamo eroi, tantopiù che aneliamo ad una vita fuori dal lavoro il più possibile “normale”, secondo i bisogni di un qualunque altro essere umano.

Abbiamo del resto dalla nostra la possibilità di praticare una professione molto gratificante per i suoi contenuti tecnici ed umani.

E’ l’organizzazione che spesso tende a renderla inaccettabile, la cronica carenza di risorse.

 

Informiamo ancora ed ancora, qualora ce ne fosse bisogno, ma non dimentichiamo una narrazione positiva di quanto riceviamo tutti i giorni e certamente diamo ai nostri pazienti ed alla società.

 

Sono convinto che occorra, da parte nostra, una presa di coscienza forte del fatto che, al di là della aspetti comunicativi, sia utile una riflessione importante anche da parte nostra sulla determinante relazione che intercorre appunto tra l’informazione al resto della società, la narrazione circa la nostra attività professionale e la formazione degli specialisti nella disciplina di emergenza urgenza, universitaria (anche su questa ci sarebbe molto da discutere e porterebbe via certamente troppo tempo e spazio) e postuniversitaria.

 

Ora ci conoscono tutti, sanno che siamo sempre più rari e che probabilmente svolgiamo una professione durissima ma è chiaro a tutti quel tantissimo che di buono facciamo?

 

Siamo riusciti a far capire al resto della società che tipo di competenze possediamo, che percorso formativo, anche e soprattutto postuniversitario, seguiamo?

E’ chiaro a tutti che siamo tra coloro che dopo la fine del percorso universitario specialistico seguiamo un ulteriore percorso formativo molto composito e continuamente in evoluzione, sul campo?

Ne siamo consapevoli noi stessi per primi e sappiamo valorizzare la nostra formazione?

 

Tutto ciò proprio mentre ci stiamo estinguendo e nonostante questo.

Perché uno non vale uno, almeno non sempre e di certo non in emergenza urgenza.

 

Non nutro sentimenti polemici né verso le nostre organizzazioni sanitarie né, tantomeno, verso quelle sindacali ma sento la orgogliosa necessità di informarne il resto della società civile e narrarlo ai colleghi che continuano a credere nel sogno MEU.

 

Siamo professionisti di qualità, informiamo e narriamo questa nostra caratteristica irrinunciabile, mentre continuiamo a formarci.

 

Descriviamo minuziosamente tutte le difficoltà che ci impediscono spesso di essere formati come o quanto rapidamente vorremmo ma non accontentiamoci di fare il possibile con gli scarsi mezzi che abbiamo a disposizione. Continuiamo a pretendere il meglio, da noi stessi e dalle organizzazioni sanitarie, per il bene dei pazienti anch’esso non sempre, purtroppo, scontato.

 

Uno non può e non deve valere uno in emergenza urgenza, anche perchè così si finisce inevitabilmente a tendere alla zero, sia quantitativamente che qualitativamente.

 

Mi sento di chiudere con un augurio sincero a tutti noi medici di emergenza urgenza: che il 2023 possa portare a tutti un po’ di sana normalità in modo che possiamo continuare a fare cose straordinarie per il bene dei nostri pazienti.

 

 

I Social Media e la FOAMed: come salvare più vite e vivere felici

dicembre 26th, 2022 | NO COMMENTS

di Roberto Cosentini

 

Un caso clinico

 

48 aa dol tor tipico (20’, regredito), vado al triage, ECG negativo, strano …

Eppure

Lo porto in sala visita e sospiro: ci fosse un aiutino online …

C’E’!!!

Digito sul cell LITFL —> OMI criteria (ecg senza il quadro tipico dello STEMI); onde T iperacute. (https://litfl.com/omi-replacing-the-stemi-misnomer/)

Riguardo l’ECG, queste onde T ci sono!!!

All’eco ipocinesia anteriore, chiamo il cardiologo ed è gia in emodinamica.

 

LITFL è solo una delle tantissime fonti online gratuite che possono aiutare il medico d’urgenza, anche al letto del malato e sempre aggiornate!

 

E’ un mondo affascinante che si chiama FOAMed il cui simbolo è la schiuma (foam) della birra, sfondo della chiacchierata tra amici che ha dato il via al movimento. Le risorse sono sparse nel web, blog post podcast video letture a congressi. A fare da ponte tra tutti sono i social Media (SoMe), in particolare Twitter.

 

A condividere questa preziosa conoscenza online sono i migliori medici d’urgenza del mondo.

Ci distinguiamo anche in questo: il movimento FOAMed è stato creato da medici d’urgenza e – anche se c’è qualche risorsa in medicina interna, cardiologia e nefrologia – la conoscenza condivisa più vasta riguarda sicuramente la nostra disciplina.

 

Le risorse della FOAMed

 

Come orientarsi per navigare se le acque sono sconosciute?

Per rispondere a questa domanda e aiutare i nostri studenti a Bergamo, abbiamo classificato le principali risorse FOAMed censite sulla base di visualizzazioni e ricerca. Abbiamo cosi’ individuato 11 aree tematiche: (https://rebelem.com/focused-foamed-the-learners-lens/)

Le 11 aree sono:

  1. EM: i fondamental
  2. Critical care/Resus/trauma
  3. Vie aeree e acute respiratory failure
  4. Ecg
  5. Eco
  6. Procedure
  7. Pediatria
  8. Tossicologia
  9. Ebm
  10. Education
  11. Mindset & Wellness

 

Per ogni area vengono descritte le principali risorse con le caratteristiche (blog, podcast, video, frequenza di pubblicazione etc.)

 

 

Il grande Joe Lex dice che se ti aggiorni sui libri sei indietro di 4 anni, sugli articoli di uno sui congressi di 1, ma con la FOAmed sei aggiornato in diretta …

 

 

Il consiglio per chi inizia è semplice.

> Scegli una piattaforma educazionale tra quelle esistenti

> Individua le tue aree di interesse specifico secondo lo schema

> Quello che devo sapere (per essere più bravo)

> Quello che amo studiare (e che potrò insegnare)

 

Quindi:

  1. Scegli la tua piattaforma educational (EM:RAP, ALIEM, St Emlyn’s, EM Cases)
  2. Orientati e scegli le fonti interessanti per te
  3. Iscriviti a Twitter e segui i tuoi mentori

 

I Social Media_Twitter

 

15 marzo 2020

Nel pieno dell’apocalisse COVID19, con i malati infilati anche nelle sale d’attesa, sovrastand oil, rumore continuo delle CPAP dico a Carlo, MEU II anno: ‘Carlo, stiamo vivendo il world worst case scenario. Dobbiamo avvertire gli altri perchè si preparino.’ E scrivo il tweet includendo i guru della Medicina d’Urgenza mondiali.

 

“Sharing #COVID19 italian experience. 

  1. Massive stress test —> 500 pneumonias in 2 wks
  2. Profound ED & hospital reorganization
  3. Preparedness crucial

@davidcarr333 @srrezaie @EMCases @EMSwami @First10EM @ALiEMteam @LITFLblog @stemlyns @MelHerbert @EmCrit @jeremyfaust @LWestafer”

 

Il giorno dopo vengo intervistato in podcast su St Emlyn’s di Manchester (uno dei più’ popolari al mondo) che viene scaricato 100.000 volte in una notte e così avviene per altri nostri colleghi di Bergamo con gli USA.

Organizziamo chat e zoom conf con GB, USA, Australia, Francia, Danimarca … i nostri colleghi.

La notizia e soprattutto la nostra risposta organizzativa, iniziata a Lodi da Stefano Paglia, fa il giro del mondo.

La chiave e’ prepararsi, fare scorte (caschi, CPAP etc.) e svuotare gli ospedali per non essere sopraffatti.

E gli altri si preparano …

Un oceano di ringraziamenti ci arriva da tutto il mondo …  e le pizze dal PS di San Francisco …

Riceviamo ancora ringraziamenti per le vite che abbiamo salvato in ogni parte del mondo.

 

“Locarno, 15.3.20.

Ciao amica, qui in Svizzera ancora tutto tace ma la cosa assurda è che ci sono due fazioni: chi crede che sia tutta una montatura, chi crede che stia per accadere qualcosa di terribile. Ho deciso di far ascoltare il tuo vocale al mio primario che a sua volta l’ha inviato al medico cantonale. Così il nostro ospedale a Locarno è diventato Centro Covid, e oggi abbiamo già i primi 3 intubati.”

 

Questa è la Medicina d’Urgenza.

Considerazione finale

Credo che il sottofondo della nostra disciplina sia essenzialmente la gratitudo.

> Di avere studiato

> Di aiutare i malati

> Di imparare ogni giorno

> Di aiutare la EM community

> Di poter lavorare in equipe (senza infermieri non siamo nulla)

e, come come dice Hanna Arendt,

> Di essere venuti al mondo.

 

di seguito alcune testimonianze 

 

BIBLIOGRAFIA

 

Grazie a tutto il mio team.

 

REFLUSSO DI COSCIENZA

dicembre 17th, 2022 | NO COMMENTS

di Un MEU Qualunque

 

*biip*

La timbratrice segna 19:56, sono in ritardo.

Stasera ho mangiato poco e velocemente.

Vabbè.

Questa divisa comincia a puzzare, non ho il ricambio, che palle.

C’è un brusio in lontananza.

Temo che la sala d’attesa sia piena; 25 in totale, dice lo schermo. Di cui 3 rossi, come i capelli di Paola.

Mi dà le consegne, “pensavo peggio” dice – letteralmente 19 persone.

Vabbè, solito disagio.

“Ma sono tutti sistemati”, aggiunge, ma le si vuole bene comunque.

Sono in ambulatorio con Mass e mi rendo conto di quanto io sia fortunato ad avere un infermiere scattante.

Chiamo, visito, chiedo, concludo and repeat.

Sono le 22:10 e tutto scorre, in qualche modo.

 

*driiiiiiin*

“Arriva un rosso cardiaco, uno STEMI, già allertato il cardiologo” ok, che te devo dì, we are ready.

C’è tanto rumore in questo posto.

Il collega di stasera, Luca, è simpatico, non si lamenta mai, è collaborativo, lavora tanto.

“Dopo ci facciamo un caffè, Mattì” ma per forza dico io, qua è ancora lunga la notte.

Polmonite, calcoli renali, pancreatite acuta da colelitiasi – tante storie, tante vite su un barella.

Di già 00:35.

Inizia a diminuire la coda, iniziano a diminuire le forze.

Caffè, è ora.

 

*tump tump, tump – toc toc*

Col suo solito passo pesante arriva Piero, 57 anni, un passato da muratore, un amore sregolato per il Gin.

Un nostro abitué, chiaramente.

Ma stavolta è più strano del solito, “ho un dolore forte e improvviso, come una trave che BAM trapassa la schiena, mi fa male dottò”.

Sono solo le 2:40 e la situazione non mi piace.

Ne parlo con Luca, “Piero non si è mai controllato a fondo, non ha alito alcolico, l’alcolemia è negativa, attendo gli esami”, “fammi sapere Mattì”.

Nel mentre un ragazzo con distorsione di caviglia mi racconta delle sue imprese a calcetto, un gol clamoroso dice, la scivolata un po’ meno aggiungo – e la fila si svuota.

Le 3:45, vabbè, ho fame.

Solito disagio.

C’è tanto rumore però, tutto nella mia testa.

Piero ha un dimero altissimo, mi serve una TC con contrasto.

Sta male, troppo.

Piero comunque scherza sempre, ma nei suoi occhi corvini brilla il brivido del terrore notturno.

“Senti Luca, io temo una dissecazione, la radice aortica mi pare larghetta, quel versamento pericardico non mi piace, aspetto che sia pronto il radiologo”.

“Eccomi sono pronto, fallo venire con l’infermiere ” – passano 2 minuti, la diagnosi è implacabile – Stanford A.

 

*beep*

Mi sfugge tra i denti un’imprecazione necessaria, grazie a Dio non mi ha visto nessuno, grazie a Dio non mi ha sentito nessuno.

Piero torna in sala, mi vede al telefono, lo fisso negli occhi, il suo sguardo è sempre più assente – ha sonno, è debole.

Sono le 5:00 e il cardiochirurgo mi fa storie.

Le solite storie, il solito disagio.

Lo stomaco inizia a bruciare, dannato caffè.

Piero inizia ad essere poco stabile, ma regge, è la tempra di tanti anni difficili.

“Senti, prepara la sala ché ti mando Piero”.

Piero mi sorride, “grazie dottò”, “sei una roccia ” gli dico.

C’è sempre tanto rumore, persino in questo raro momento di silenzio (assordante).

Luca mi dice di riposare un attimo, sono le 6:30 e devo ancora far pipì.

Luca ha sempre la parola giusta, non so come faccia.

Appoggio la nuca contro il muro, mi levo la dannata mascherina, espiro.

Piero è tanto solo, Piero mi preoccupa, dovrebbe riallacciare con suo figlio – ma non ha voluto che gli dicessi nulla, ché “non voglio essere un peso per lui”.

Spero che cambi idea.

 

*Vrooom vrooom*

Tante auto si avvicinano, il turno sta finendo.

Ogni notte finisce – e va bene così, pur rimanendo legato a questo gomitolo di storie.

È la mia libertà, mi sento a mio agio in questo disagio.

Sono solo un MEU qualunque, d’altronde.

 

dalla Sum_School SIMEU 2022

P.A. Buonaccorsi, P.Canepa, A.P. D’Ambrosio, S. Di Gregorio, E. Di Pietro, F. Farolfi, A. Filipponi, A. Foci, G. Gabassi, A. Monti, D. Padula, F. Russo, M. Scarponi, M. Sperandio, I. Trapin, C.I. Trotta, M. Valenzano, P.I. Virdis

 

 

PUNTI DI VISTA

novembre 28th, 2022 | NO COMMENTS

di Paolo Pinna Parpaglia

 

“Ti giuro che ha rifiutato il ricovero! La moglie ed almeno altri 3-4 operatori presenti lo possono testimoniare”. Esordisce così l’incredula invocazione-sfogo del collega dopo che gli viene notificato dal GUP il rinvio a giudizio per omicidio colposo. La motivazione: non avrebbe adeguatamente informato il paziente, poi deceduto, dei gravi rischi cui sarebbe potuto andare incontro rifiutando, appunto, il ricovero.

 

Il nostro lavoro ci presenta quotidianamente occasioni nelle quali ci troviamo a dover persuadere, o quantomeno incoraggiare, i pazienti ad accettare le cure che noi stessi proponiamo; forse, però, non sempre lo facciamo nei modi corretti. E poi, siamo veramente sicuri che la nostra proposta sia anche la scelta migliore per quel paziente, dal suo punto di vista?

Ecco, probabilmente siamo lacunosi proprio nel dare il giusto valore al “punto di vista” dei nostri pazienti!

 

La legge 219 del 2017 (GU n.12 del 16-1-2018) ha stabilito in maniera chiara che è il paziente a decidere sulle cure a cui sottoporsi, mentre il medico (e l’operatore sanitario in generale, con livelli di responsabilità differenti) deve stabilire una “relazione di cura” con il paziente e metterlo nelle condizioni di operare una scelta consapevole.

 

Va da sé che il medico possa e debba mettere in campo tutta la competenza e l’autorevolezza di cui dispone, per ricercare il giusto equilibrio fra l’evidenza scientifica e la valorizzazione dell’autonomia decisionale del paziente; ma nulla di più!

>>> Per i dettagli in tema di consenso informato in emergenza-urgenza, si rimanda al documento di consenso intersocietario (SIMEU, SIMLA, GIBCE), pubblicato sul sito SIMEU (www.simeu.it) alla pagina del centro studi.

Non essendo un esperto di bioetica clinica né tantomeno di giurisprudenza sanitaria, mi guardo bene dall’approfondire la questione sotto questi profili, ma da medico urgentista mi limito ad alcune considerazioni di ordinaria quotidianità.

 

Sappiamo, da un’indagine condotta da SIMEU nel 2019, che l’89% dei medici d’urgenza Italiani (in maggioranza di PS) è convinto che la volontà del paziente debba essere valorizzata; dato sicuramente pregevole, se non fosse che quasi la metà di essi la colloca comunque in secondo piano rispetto all’obiettivo terapeutico stabilito dal medico stesso.

 

Vittime di un retaggio culturale duro a morire, noi medici siamo tendenzialmente inclini verso un atteggiamento paternalistico e fortemente asimmetrico nei confronti dei pazienti, spesso, va detto, sollecitato dal paziente stesso, che in talune circostanze – quantunque rare – rischia di degenerare in vera e propria “arroganza epistemica”, in virtù della quale pretendiamo di conoscere con assoluta certezza cosa è meglio per il paziente.

 

Quando poi il tempo da dedicare al paziente – quindi anche il tempo per riflettere – viene pericolosamente compresso dalle circostanze, da un legittimo rifiuto della scelta (unilaterale) che dovesse stuzzicare la personalità narcisistica del medico (quale medico non lo è almeno un po’?), potrebbe scaturire la preclusione per eventuali ipotesi alternative di cura.

In contesti operativi in affanno, qual è il PS, come è possibile riuscire a conciliare il pieno diritto all’autodeterminazione del paziente (da valorizzare, a rigore, per ogni singolo esame o trattamento) con la vitale necessità di semplificare e velocizzare i percorsi clinici?

 

Tralasciando le situazioni di reale emergenza per le quali può essere invocato lo stato di necessità (art. 54 CP ed art. 35 codice deontologia medica) e le situazioni in cui il paziente non può per varie ragioni esprimere un consenso, ovvero esista una disposizione anticipata di trattamento (a proposito, siamo sicuri di considerare sempre questa eventualità?) su ogni singolo paziente siamo chiamati ad effettuare due prestazioni combinate e distinte: garantire il diritto alla salute e garantire il diritto all’autodeterminazione.

 

Su questo aspetto il punto di vista del giudice è piuttosto chiaro, l’omissione informativa si deve considerare come “astratta capacità plurioffensiva” (Corte di Cassazione, sezione III civile. N. 28985/2019), laddove da una non corretta informazione (lesione del diritto di autodeterminazione) ne derivasse anche un danno alla salute (lesione del diritto alla salute).

 

Se dunque il consenso ad una proposta di cure presuppone un’informazione puntuale ed esaustiva su vantaggi e rischi potenziali, il suo rifiuto, data la più alta probabilità di un conseguente danno alla salute (d’altronde, se il medico l’ha proposta …) richiede ancora maggiore chiarezza ed impegno, in altri termini: più tempo da dedicarvi.

 

Tanto ciò è vero che il legislatore ha previsto che la comunicazione fra medico e paziente sia da considerarsi tempo di cura a tutti gli effetti e non fa niente se, dal nostro punto di vista, il tempo per le cure oramai manca proprio … trovarlo sarà, come sempre, un nostro problema.

 

Avvio delle attività del Centro Studi SIMEU, biennio 22-23

novembre 13th, 2022 | NO COMMENTS

di Simone Vanni

 

La ricerca è colonna portante di una società scientifica e produrre evidenze è missione fondamentale soprattutto per una disciplina emergente come l’emergenza urgenza. Molta strada dobbiamo percorrere in Italia perché la nostra disciplina sia scientificamente riconosciuta una specialità al pari delle altre (come lo è) e credo che per raggiungere la meta sia percorso indispensabile quello di portare alla luce nuove strategie di trattamento, nuove e più efficienti modalità di diagnosi e di gestione delle problematiche organizzative, delle patologie, e soprattutto dei pazienti che ci troviamo a gestire quotidianamente nella nostra pratica clinica in emergenza-urgenza.

 

Troppo spesso ci basiamo su raccomandazioni, spesso deboli e basate su consenso di ‘altri esperti’, che provengono da linee guida prodotte da altre specialità. Troppo spesso non siamo attori principali nella ricerca scientifica delle patologie acute. Data la relativa recente nascita della nostra specialità credo che ci sia bisogno anche di un nuovo e consistente impulso per una ricerca che si occupi non solo di “diagnosi” e terapie” ma anche di problemi organizzativi cruciali delle nostre unità operative, penso a studi simili a quelli che ormai molti anni fa hanno portato alla nascita e al riconoscimento del ruolo delle UTIC e delle Stroke unit.

 

Penso che l’obiettivo fondamentale del centro Studi SIMEU debba essere proprio quello di fornire e stimolare la produzione e la pubblicazione di dati consistenti, multicentrici, trasversali che riguardino:

 

  • I diversi modelli organizzativi che popolano i vari sistemi di emergenza-urgenza a livello nazionale. Questo permetterebbe da una parte di avere solide basi numeriche per portare alla luce in modo chiaro sia l’efficienza in termine di salute del nostro lavoro sia la prevalenza e il peso delle problematiche organizzative che ancora restano irrisolte come il fenomeno del ‘boarding’, del sovraffollamento o del rispetto dei percorsi delle patologie tempo-dipendenti e dall’altra conoscere quali siano nelle nostre diverse realtà i maggiori determinanti di questi fenomeni, quali le interazioni con le carenze di organico, strutturali, di tecnologia, e quindi fornire basi oggettive per ideare, prevedere e validare possibili soluzioni.

 

 

  • Problematiche cliniche specifiche della nostra pratica quotidiana che tuttora non hanno risposta e che possono determinare innovazione concreta specialmente se dimostrate in studi multicentrici, osservazionali o di intervento.

 

Solo grazie alla produzione scientifica interna, la società potrà e dovrà partecipare alla stesura di linee guida condivise a livello nazionale ma anche internazionale da pari con altre società, apportando contributi innovativi e peculiari, fondati su dati scientifici originali, evitando la mera riproduzione di linee guida già esistenti.

 

Il Centro Studi dovrebbe avere un ruolo fondamentale per SIMEU. Non solo produrre “articoli” scientifici firmati dai vertici della società, ma anche e soprattutto di cercare di stimolare, diffondere e sostenere la “fame” di domande e di risposte cliniche basate sui dati, valorizzando da una parte il lavoro di gruppi di ricerca già avviati e dall’altro cercando di ampliare la partecipazione attiva di altri gruppi “nascenti”, con adeguato riconoscimento anche in termini di visibilità dei singoli investigatori.

 

Un fondo economico a sostegno della ricerca scientifica di interesse societario è a mio giudizio essenziale per poter portare a compimento progetti di studio su problematiche organizzative fondamentali come il boarding o i diversi modelli delle reti tempo dipendenti, che spesso non ricevono un interesse diretto e sostanzioso da parte di “enti economici” privati.

 

L’utilizzo di piattaforme web per la corretta raccolta di dati sono ormai strumenti insostituibili per la ricerca scientifica multicentrica di livello internazionale.

Il supporto informatico ha però necessità di aggiornamento e manutenzione. Inoltre trattandosi di beni a supporto della società scientifica, non legati al direttore o al tecnico di turno, si dovrà prevedere ad individuare una opportuna ‘sede’, considerando anche la semplificazione dei contatti e degli incontri che i vari attori potranno svolgere facilmente tramite la rete.

 

La ricerca scientifica seria non si fa da soli.

Abbiamo costituito un Board composto da senior scientist e da giovani ricercatori della componente medica e infermieristica della società che è di ottimo livello.

Insieme a me dirigono il Centro Studi il Dott. Andrea Fabbri, Direttore uscente e il Prof Mauro Giordano, colleghi che condividono con me la passione per la ricerca clinica e che danno continuità, incisività e dimensione nazionale all’operato del centro studi SIMEU.

 

Ringrazio tutto il board per l’entusiasmo e l’impegno fattivo che hanno già dimostrato dalle prime riunioni.

 

Di seguito l’organigramma relativo al mandato 2022>23

 

CENTRO STUDI SIMEU
Direttore Operativo Simone Vanni
Direttore Scientifico Mauro Giordano
Past Director Andrea Fabbri
Senior Scientists Antonio Voza
Lorenzo Malatino
Francesco Franceschi
Cecilia Becattini
Maria Cristina Vedovati
Peiman Nazerian
Fulvio Morello
Claudia Cicchini
Bartolomeo Lorenzati
Rodolfo Ferrari
Francesca Innocenti
Roberto Cosentini
Emmanuele Tafuri
Giovani Ricercatori Gabriele Savioli
Giulia Mormando
Michele Spampinato
Federico Schettini
Marcello Covino
Alessandro Coppa
Federica Stella
Davide Lison
Maria Luisa Ralli
Nucleo Studi Infermieristici Antonio Del Prete
Antonella Cocorocchio
Silvia Musci
Roberta Ridolfi
Pasquale Di Fronzo
Andrea Di Blasio
Michele Milatino
Francesco Barbero
Daniele Privitera

 

Al momento sono in corso studi che riguardano

  • La parte organizzativa – studio dei flussi all’interno dei nostri DEA durante la pandemia e nell’attuale fase post-emergenziale
  • le differenze di età e di genere nell’accesso ai servizi di emergenza-urgenza,
  • un focus sul momento critico del passaggio di consegna.

Per quanto concerne i filoni per patologie è in corso

  • uno studio multicentrico sulla gestione dei pazienti con emottisi,
  • sulla analgosedazione periprocedurale in DEA,
  • sulla ossigenoterapia in corso di polmonite.

Altri numerosi progetti sono in corso di valutazione da parte del Board.

 

Chi fosse interessato a presentare un progetto o a partecipare ad uno degli studi già avviati è pregato di contattare il Direttivo del Centro Sudi – composto dai Direttori Vanni, Giordano e Fabbri. Chi più in generale volesse comunicare con il Centro Studi o approfondire temi o avere informazioni lo può fare attraverso una e-mail dedicata: centro.studi@simeu.it

Grazie per sostenerci attraverso la vostra adesione alla società scientifica.

 

 

 

CRONACA DI UNA SUM_SCHOOL: “Ma come fate ad essere così felici?”

ottobre 26th, 2022 | NO COMMENTS

di Mario Guarino

 

Alto, magro,  con un accento tipicamente lombardo che ne tradisce le origini, Matteo esordisce a voce bassa al termine dell’intervento di Rodolfo Sbrojavacca; una lezione che va ben oltre la medicina d’urgenza.

“Ma come fate ad essere così felici?”

 

La Summer School 22 inizia cosi’, in un uggioso pomeriggio del 28 settembre: con un interrogativo inevaso.

 

Le possibili risposte si materializzano ora dopo ora.

Il Professor Agnelli descrive luci ed ombre delle scuole di specialità, immaginando futuri migliori grazie al costante lavoro della SIMEU. Il PEIMAF illustrato da Geminiano Bandiera ed Andrea Fabbri e lo speech dei vigili del fuoco di Forlì, aprono scenari nuovi. Carlo d’Apuzzo, Giuseppe Sfuncia e Mario Rugna sono autentici miti che prendono forma, volto e voce dietro EMpills, ecomania e MEDEST. Scrigni preziosi per la formazione smart tanto amata dai giovani MEU. La storia della medicina d’urgenza prende la voce di Rodolfo Sbrojavacca che, in una sessione totalmente interattiva, ha risposto ai dubbi e alle incertezze di chi ha deciso di intraprendere la vita dell’urgenza.

 

I megacode caratterizzano la seconda giornata.

Stazioni di simulazione di patologie tempo-dipendenti in cui Matteo salta tra uno stroke ed uno shock settico, una sindrome coronarica acuta ed un trauma maggiore in un bambino. La formazione passa attraverso il gioco con la challenge: domande sui singoli casi con risposte che devono essere date in 10 secondi dopo aver schiacciato un campanello.

 

La “gamification” esplode nella competizione tra i gruppi di giovani medici ed infermieri d’emergenza-urgenza  che stringono rapporti di amicizia. Inizia il lavoro sul photo e story contest in cui il vissuto e l’esperienza di ciascuno viene condiviso negli scatti e negli scritti. Claudia Cimmino interpreta una perfetta paziente con stroke nello scenario condotto da Antonio Voza e Maria Rita Taliani.

 

La faculty sepsi, guidata da Fabio Causin e Silvia Musci, espone gli step d’azione e le possibili strategie di monitoraggio che Gian Cibinel completa con la magia dell’eco bedside.

 

In un altro setting Marcello Montomoli e Francesca Cortellaro passano dal dolore toracico all’arresto facendosi compagnia con il manichino ALS e il defibrillatore. E’ovvio che anche qui l’eco la fa da padrona assoluta.

 

Un bambolotto di pezza, bruciacchiato e truccato a dovere, accentra la scenografia del trauma maggiore nel bambino.

Idanna Sforzi, Costanza Traversie Irene Raffaldi sono autentiche maestre nel simulare uno scenario complesso e drammatico anche nei risvolti relazionali e di comunicazione. La giornata si conclude a mezzanotte circa con l’invito di Enzo Mandola (insostituibile organizzatore di tutto)  a lasciare l’aula dopo la lezione di Giovanna Guiotto sull’emogasanalisi come esame salvavita e di Mauro Giordano sulle iponatremie che ci passano sotto il naso, sotto mentite spoglie, ogni giorno.

 

La colonna sonora di questa edizione è “Ciao ciao” de La Rappresentante di Lista e “con le mani” si lavora il terzo giorno.

 

Procedure invasive quali pericardiocentesi, drenaggi toracici e crico d’urgenza, vedono Giuseppe Pepe alla consolle, mentre Mario Rugna e la Cimmino si divertono tra vie aeree difficili e REBOA. Giovanni del Rio procede con la simulazione dei presidi sovraglottici. Ventilatori, caschi e maschere di ogni foggia sono come clavette nelle mani di un giocoliere della NIV: Rodolfo Ferrari. Gli accessi venosi per adulti e bambini non sono un problema se hai un eco, un’intraossea e Gian, Idanna e Maria Luisa Ralli a fare la simulazione. Alessandro Riccardi conclude la serata, ben oltre la mezzanotte, discutendo sul dolore per “colpa nostra” e dell’indispensabile sedazione procedurale.

 

La giornata clou inizia alle 6.00 in punto con attivazione del PEIMAF per una maxiemergenza da incidente su strada provinciale.

 

7 veicoli coinvolti di cui 1 pulmino. 28 persone coinvolte di cui 2 deceduti sul posto.

 

Un PMA messo su nei tempi stabiliti dal PEIMAF. Un ospedale HUB di 250 posti letto dotato di neurochirurgia, e radiologia interventistica viene simulato nel teatro, nel fojer e nella sala ristoro della foresteria del CEUB di Bertinoro.

Un ospedale spoke di 120 posti letto con poche specialità ed un solo apparecchio TAC, prende posto nei locali del Rivellino, ai piedi della rocca medioevale. Quattro ambulanze ed un’automedica vengono dirette dal PMA ai diversi ospedali secondo criteri che medici ed infermieri d’urgenza dettano dall’unità di crisi impostata sul terrazzo della rocca.

 

Uno scenario ben oltre il verosimile che viene ripreso da un drone, un fotografo ed un cineoperatore.

I video e le immagini serviranno nel debriefing della sera ad opera di Geminiano Bandiera ed Andrea Fabbri.

 

Sossio Serra fa il contraltare ad Alessandro Riccardi parlando del dolore spontaneo e dell’analgesia precoce ed adeguata anche con i blocchi ecoguidati nella splendida dissertazione di Gian Cibinel.

La Sedazione palliativa ed il fine vita è una sorta di storytelling a più voci che il nostro presidente Fabio de Iaco conduce stimolando il racconto di molti.

 

Qualcuno non trattiene le lacrime e Matteo porta a casa un altro pezzo.

 

Dopo cena la premiazione del photo contest che ha visto la giuria presieduta dal famoso regista Alessandro D’Alatri.

Uno scatto costruito sapientemente ed in linea con il tema “sguardi” dal gruppo “piedi” che si aggiudica anche un premio speciale per lo story-contest grazie ad una parodia della canzone “ciao-ciao” declinata al mondo dell’urgenza.

 

Maurizio de Giovanni premia la storia “reflusso di coscienza” sempre ad opera del gruppo “piedi”.

Il premio è il libro di sedoanalgesia del gruppo SAU.

 

E’ ormai notte e nell’unico bar aperto di Bertinoro, davanti ad un calice di sangiovese, Matteo mi sorride senza parlare, come se stesse trovando i pezzi cercati.

 

E’ il 2 ottobre e la Summer si conclude con il TED dei giovani medici ed infermieri.

Il palco a disposizione per giudicare l’evento e formulare proposte, vomitare desideri e sogni.

 

La consegna degli attestati con relativa foto segna la fine di questa emozionante esperienza, ma non senza chiedere a Matteo di fare la stessa domanda. La risposta, o meglio le risposte, non ci sono se non negli sguardi emozionati di tutti, grandi e piccini.

Si torna il prossimo anno con nuove follie!

 

 

 

La perenne sfida a costruire un futuro possibile

ottobre 15th, 2022 | NO COMMENTS

di Anna Maria Ferrari

 

Da un po’ di tempo, in ogni evento ufficiale a cui partecipo, mi capita di ripetere la stessa frase “ Nei mei lunghi anni di lavoro nel SSN e nell’emergenza urgenza non ho mai vissuto un momento più difficile di questo” e non mi riferisco alla sola disciplina di Medicina d’Emergenza Urgenza ma a tutta la Sanità pubblica.

 

Stiamo vivendo il momento della decadenza del Servizio sanitario pubblico, nato con un atto di coraggio della politica nel 1978, ma mai portato veramente a compimento per essere il gioiello di una società davvero civile e solidaristica. La vera riforma non è mai decollata veramente ed ora le forze che l’hanno osteggiata fin dall’inizio possono dire di stare vincendo la loro sfida, con un sistema sanitario costantemente sotto finanziato, utilizzato come fonte di stanziamento per altri scopi, mai amato e rispettato e neppure capito da chi istituzionalmente era responsabile delle scelte, a tutti i livelli.

 

Perché questa prefazione per parlare di noi, dei medici dell’emergenza urgenza?

 

Perché la nostra sorte e la nostra condizione è strettamente legata ad un Servizio sanitario tradito ed attualmente ai limiti della sopravvivenza.

In questo momento la sopravvivenza gli viene garantita da quel piccolo grande esercito di medici ed infermieri che ci hanno creduto e che si sentono orgogliosi di fare parte di un sistema sanitario che garantisce la gratuità di cure, anche avanzate, per tutti e che svolge la propria professione prendendosi cura fino in fondo dei pazienti che gli sono stati affidati, rinunciando a tanto della propria vita privata.

 

Ebbene, nel nostro settore c’è sempre stata un’alta concentrazione di questi strani soggetti, legati a doppio filo alle loro responsabilità nei confronti dei pazienti, dei colleghi, e dei loro ideali.

La scuola di specializzazione è stata conquistata da questi strani soggetti, che ci hanno creduto, contro ogni previsione e contro nemici molto agguerriti.

E ancora questi strani soggetti hanno dato forma alle Strutture dove esercitare la Medicina d’Emergenza Urgenza, non solo in Pronto Soccorso, ma anche in Medicina d’Urgenza e sui Mezzi di Soccorso Avanzato.

 

Poteva ormai sembrare una strada in discesa ma non è andata così.

 

I risparmi sul personale operati negli anni scorsi a causa di leggi finanziarie sempre più restrittive, a commissariamenti regionali, a errate valutazioni sui reali fabbisogni di personale, aggiunti ai  gravi errori sulla formazione specialistica che hanno portato ad una carenza assurda di specialisti e ad una grande sacca di medici destinati alla sottoccupazione, perché impossibilitati ad entrare in specializzazione.

 

Ebbene queste scelte hanno ridotto all’osso il personale medico degli ospedali, rendendo sempre più gravoso il lavoro per i pochi rimasti, soprattutto nella nostra disciplina.

 

Esistono poi le tempeste perfette e arrivarci con gravi carenze d’organico non è il miglior modo per affrontarle: parliamo di una pandemia Covid che non finisce più, e nella quale ci siamo distinti per abnegazione, di una medicina territoriale che ne è stata travolta e che fatica a ritrovare l’efficienza utile a trattenere i pazienti fuori dai Pronto Soccorso, del mondo delle prestazioni ambulatoriali specialistiche e diagnostiche che non riescono a riprendere tempi di attesa accettabili, favorendo il ricorso ai PS e al privato.

 

Parliamo poi degli Ospedali che, a corto di personale medico nelle discipline di base (medici d’emergenza urgenza, internisti, geriatri, anestesisti, ortopedici, etc), strangolati dai pareggi di bilancio e dalla scarsità di posti letto per acuti e cronici, non riescono a garantire quel minimo di posti letto che farebbero respirare i Pronto Soccorso.

 

Tutto ciò rende la nostra vita lavorativa molto difficile e favorisce l’abbandono della disciplina, facilitato dalla carenza di medici specialisti quasi in ogni branca.

 

Tutti ci stiamo interrogando sulle possibili soluzioni per riportare in equilibrio il sistema e rendere il lavoro in Emergenza Urgenza di nuovo sostenibile e quindi desiderabile, così come lo è stato per la maggior parte di noi.

 

E’ ancora possibile?

Penso che sì, sia ancora possibile!

 

E’ la sfida dei medici d’emergenza urgenza dell’oggi e del futuro, che debbono capire che in questi pochi anni si decide la qualità del sistema in cui dovranno lavorare o dal quale fuggiranno.

Il ritorno alla rotazione nei PS?

La rinuncia alla Medicina d’Urgenza e ai Mezzi di soccorso avanzato?

La resa al sistema privato?

 

O la resistenza e l’alleanza di coloro che credono ancora di potersi dedicare a ciò che li appassiona, senza dovere rinunciare ad una vita di qualità? 

 

Questa è la sfida che attende tutti noi!

 


Post di Facebook

❗️ #SIMEU denuncia da sempre la necessità di urgenti misure che possano delineare gli scenari futuri dell’#emergenza #urgenza e del suo ruolo senza incertezze all’interno del #SSN.🔴 Accanto alla richiesta di provvedimenti non si è mancato di indicare le possibili soluzioni affinché gli #specialisti #MEU, impegnati nelle strutture di #prontosoccorso e 118, abbiano le giuste tutele #professionali e siano incentivati a scegliere o continuare a scegliere la disciplina.👉 Ne parla il Past President, dott. Fabio De Iaco, in un’intervista pubblicata su Tecnica Ospedaliera di luglio.#GOLDENdoctors #GOLDENmedicine #fieridivoi #medici #infermieri #specializzandi #fieridiMEU ... Vedi altroVedi meno
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Chi manda avanti il mondoMichele Serra1 agosto 2025Come capita a molti, mi sono fatto male (caduta in scooter) e sono finito in #ambulanza al #prontosoccorso. Milano, ospedale Fatebenefratelli. E come capita a molti, anche se non a tutti, sono stato prima soccorso, poi visitato, medicato, radiografato, suturato, disinfettato, incerottato come una mummia, infine dimesso perché non avevo niente di rotto.I pronto soccorso non sono luoghi facili. C’è il #dolore e lo spavento, c’è quello che urla, quella che piange, quello che non vuole aspettare, ci sono il #sangue, il pallore, lo sgomento, l’attesa e la #paura. Ci si sente più indifesi, più guardinghi, più irascibili. In questo mare procelloso, mi è sembrato che #soccorritori e #barellieri, #infermieri e #medici, fossero forti e tranquilli, e non so se sarei capace di altrettanto. Ho avuto la fortuna (il caso a volte parla molto chiaro) di essere accolto e assistito da una specie di pool di sole #donne, con l’eccezione dell’infermiere siciliano — di Licata — che mi ha portato in radiologia. Attorno alla mia #barella insanguinata c’erano tre giovani #dottoresse e una giovanissima #infermiera che, se il mondo funzionasse per il verso giusto, dovrebbe essere nominata #primario entro una settimana.Ho pensato che il mondo funziona, incredibilmente, e a dispetto delle sue spaventose tare, per merito delle #persone. Che sono le persone, una per una, a impedire che prevalga il caos. Il mondo sembra disfarsi fino a che qualcuno, in fin dei conti non per obbligo ma per senso del dovere, provvede a rammendarlo. Voglio ringraziare le innominate donne in #camice che mi hanno #soccorso, sopportato e #curato. Le ho sentite mie simili, e mi è sembrato che anche loro mi trattassero come un loro simile. Per il #serviziosanitarionazionale: hip hip hurrà! E guai a chi non lo premia, non lo aiuta, non lo porta in palmo di mano. ... Vedi altroVedi meno
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❗️ Torniamo sul tema scadenza dei contratti dei #medici a chiamata con il Vicepresidente nazionale #SIMEU Dott. Mario Guarino che, in una intervista recentemente passata su RTL 102.5, commenta anche il provvedimento che avrebbe dovuto rendere strutturale lo “scudo penale” per i #professionisti #sanitari attraverso un disegno di legge delega presentato dal #MinistrodellaSalute.#GOLDENmedicine #GOLDENdoctors #infermieri #specializzandi #emergenza #urgenza #prontosoccorso #prontosoccorsoinprimalinea #fieridivoi #fieridiMEU #MEU ... Vedi altroVedi meno
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