IL BLOG DI SIMEU

 

Archive for the ‘formazione’ Category

Cochrane Corner: I corticosteroidi nel trattamento dei pazienti affetti da sepsi

giovedì, aprile 7th, 2016

Dott. Paolo Balzaretti, redazione Blog SIMEU

Su Twitter: @P_Balzaretti

 

Conoscenze attuali

L’impiego di steroidi nella sepsi ha una lunga storia. Inizialmente furono proposti trattamenti con alte dosi per brevi periodi, la cui è efficacia è stata smentita da alcune revisioni alla metà degli anni’90 (1). Per questo motivo sono stati proposti regimi terapeutici a basati su dosi più basse, ma le evidenze a riguardo risultano tutt’ora contraddittorie con i due più importanti trial randomizzati che riportano conclusioni conflittuali (Annane 2002 e Sprung 2008).

Secondo le linee guida della Surviving Sepsis Campaing, i corticosteroidi non andrebbero impiegati nei pazienti con sepsi. Nel caso di pazienti con shock settico, la somministrazione andrebbe riservata a coloro i quali permangono ipotesi dopo adeguato riempimento volemico e introduzione di vasopressori. Qualora indicato, viene consigliato l’impiego di idrocortisone con dose massima giornaliera di 200 mg. Il trattamento andrebbe scalato quando non vi è più necessità di supporto aminico (2).

La revisione sistematica che andremo a vedere affronta nuovamente il tema, proponendosi di sintetizzare le evidenze fin qui pubblicate.

 

La Revisione Cochrane (3)

Titolo: Corticosteroids for treating sepsis.

Autori: Annane D, Bellissant E, Bollaert PE, Briegel J, Keh, Kupfer Y.

Citazione bibliografica: Cochrane Database Syst Rev 2015; 12: CD002243.

Link: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/2663326

Obiettivo: Esaminare gli effetti dei corticosteroidi sulla mortalità ad un mese e valutare se la dose e la durata del trattamento influenzano la risposta al trattamento.

Studi inclusi: trial randomizzati controllati, in cieco o meno.

Outcome primario: mortalità totale a 28 giorni

Outcome secondari: mortalità in Terapia Intensiva, mortalità intra-ospedaliera, regressione dello shock a 7 e 28 giorni, entità della disfunzione d’organo, durata della degenza in Terapia Intensiva, durata della degenza ospedaliera, eventi avversi.

N°. di studi inclusi: 33

N° di pazienti: 4268

Risultati:

 

 

Parametro

Risultato

N° di pazienti

Mortalità a 28 giorni

Corticosteroidi vs. controllo*

Risk ratio

0,87 (I.C. 95% 0,76 – 1,00)

3176

Corticosteroidi (basse dosi, lunga durata) vs. controllo

Risk ratio

0,87 (I.C. 95% 0,78 – 0,97)

2266

Corticosteroidi (alte dosi, breve durata) vs. controllo

Risk ratio

0,96 (I.C. 95% 0,80 – 1,16)

910

Corticosteroidi vs. controllo (solo studi con doppio cieco adeguato)

Risk ratio

0,95 (I.C. 95% 0,84 – 1,08)

2259

Corticosteroidi vs. controllo (solo pazienti con shock settico)

Risk ratio

0,88 (I.C. 95% 0,78 – 0,99)

1444

Mortalità intra-ospedaliera

Corticosteroidi vs. controllo

Risk ratio

0,85 (I.C. 95% 0,73 – 0,98)

2014

Corticosteroidi (basse dosi, lunga durata) vs. controllo

Risk ratio

0,91 (I.C. 95% 0,82 – 1,01)

1708

Differenza del SOFA score a 7 giorni

Corticosteroidi vs. controllo

Differenza delle medie

-1,53 (I.C. 95% -2,04 – 1,03)

1132

Eventi avversi

Sovrainfezioni

Risk ratio

1,02 (I.C. 95% 0,87 – 1,20)

2567

Iperglicemia

Risk ratio

1,26 (I.C. 95% 1,16 – 1,37)

2081

Emorragia digestiva

Risk ratio

1,24 (I.C. 95% 0,92 – 1,67)

2382

 

Tabella 1. Riassunto dei principali risultati. * solo due studi non prevedevano placebo. Basse dosi sono definite come dosi inferiori a 400 mg al giorno di idrocortisone o dosaggi equivalenti; se la durata del trattamento è ≥ a 3 giorni è definita lunga.

 

Interpretazione – conclusioni

Anche questa revisione evidenzia come l’impiego di corticosteroidi abbia un’efficacia molto scarsa nel trattamento del paziente con sepsi, anche nel caso si impieghino basse dosi per periodi prolungati. Parte dell’efficacia registrata potrebbe essere legata puramente alle limitazioni metodologiche degli studi primari, come dimostrato dalle analisi per sottogruppi: qualora vengano presi in considerazione solo gli studi di migliore qualità, l’impatto sulla sopravvivenza a 28 giorni viene completamente vanificato.

Anche l’impiego nei soli pazienti con shock settico, suggerito dalla Surviving Sepsis Campaign, sembrerebbe avere un impatto modesto, ai limiti della significatività statistica. Tali effetti devono essere considerati alla luce di un aumento del rischio di iperglicemia pari al 26%.

Questi dati potrebbero essere in qualche modo in accordo con la visione proposta recentemente nelle nuove definizione di sepsi e shock settico proposte dalla Society for Critical Care Medicine e l’European Society for Intensive Care Medicine secondo cui l’elemento con il maggior impatto sulla sopravvivenza del paziente con infezione e sepsi non è l’entità della risposta infiammatoria (la cui riduzione è l’obiettivo del trattamento con corticosteroidi) ma l’insorgenza di disfunzione d’organo. A questo riguardo, comunque, l’impiego di steroidi sembrerebbe avere un effetto benefico, garantendo la riduzione del SOFA score di circa 1,5 punti: questo dato potrebbe portare a riconsiderarne le indicazioni nei pazienti a maggiore rischio.

 

Bibliografia

  1. Lefering R, Neugebauer EAM. Steroid controversy in sepsis and septic shock: a meta-analysis. Crit Care Med 1995;23(7):1294–303. Link

  2. Dellinger RP, et al. Surviving Sepsis Campaign: International Guidelines for Management of Severe Sepsis and Septic Shock: 2012. Crit Care Med 2013; 41:580–637. Link

  3. Annane D, Bellissant E, Bollaert PE, Briegel J, Keh D, Kupfer Y. Corticosteroids for treating sepsis. Cochrane Database Syst Rev 2015; 12: CD002243. Link

  4. Singer M, et al. The Third International Consensus Definitions for Sepsis and Septic Shock (Sepsis-3). JAMA 2016;315(8):801-810. Link

Il ragionamento clinico: incertezza, decisione, trappole cognitive

sabato, febbraio 20th, 2016

@SilviaAlparone


Seconda edizione del corso, Firenze, 14-15 marzo 2016

Seconda puntata per il corso sull’errore cognitivo in medicina d’urgenza: prosegue il percorso iniziato insieme oltre un anno fa dalla Società italiana di medicina di emergenza-urgenza insieme all’Agenzia regionale di sanità della Regione Toscana per indagare le dinamiche dell’errore in medicina, attenuare lo stress nella prestazione sanitaria e migliorare le cure al paziente.

Dopo la prima edizione dedicata ai medici, che si è tenuta lo scorso 30 settembre a Firenze e che aveva registrato un forte interesse da professionisti di tutta Italia, ben al di sopra dei posti disponibili, si è deciso di replicare, allargando questa volta anche alla professione infermieristica. La decisione di organizzare una seconda edizione del corso è stata conseguenza anche dell’ottima valutazione espressa dai partecipanti tramite il questionario di gradimento finale.

Promuovere la cultura della sicurezza delle cure attraverso la formazione per la prevenzione, la rilevazione e la gestione degli errori nei sistemi e nelle procedure tecnico professionali: è questo lo scopo del corso, che tratta del ragionamento clinico dal punto di vista dei processi cognitivi che ne determinano l’efficacia, i limiti e le opportunità di miglioramento.

“Lo studio scientifico della cognizione umana – sottolineano gli ideatori – ha infatti prodotto negli ultimi anni illuminanti elementi di conoscenza e utili strumenti di intervento che in gran parte attendono ancora un’adeguata integrazione nella formazione e nell’attività dei medici. Le valutazioni e le decisioni dei clinici sono spesso elaborate in condizioni di incertezza e di rischio. In tali condizioni, i vincoli per giudicare, scegliere e agire razionalmente – cioè in modo da massimizzare accuratezza ed efficacia – sono fissati da alcuni ben noti principi formali del ragionamento (per es. la teoria della probabilità). Per contro, lo studio descrittivo dei processi che effettivamente presiedono alle decisioni mostra, che tanto gli esperti quanto le persone comuni spesso semplificano problemi complessi, affidandosi a ‘scorciatoie cognitive, dette euristiche. Le euristiche appartengono a modalità di pensiero veloci, intuitive ed economiche che risultano imprescindibili per la mente umana, specie quando le risorse di tempo e di attenzione sono limitate. Il pensiero veloce è quindi uno strumento potente, ma anche imperfetto: le euristiche producono talvolta errori sistematici, prevedibili e ben documentati, con conseguenze rilevanti in compiti fondamentali quali l’elaborazione di una diagnosi, la ricerca delle informazioni cliniche rilevanti e la scelta fra diverse opzioni di intervento”.

Lo studio dei processi di ragionamento e decisione in medicina – argomento centrale del corso – offre così indicazioni essenziali per interpretare il tema dell’errore medico in un’ottica inedita e più costruttiva. Allo stesso tempo, è in grado di aiutare i clinici a far fronte all’incertezza con una maggiore consapevolezza dei trabocchetti più insidiosi del pensiero intuitivo, imparando così a decidere meglio.

Il corso è stato ideato e organizzato da Alessandro Rosselli, già direttore del Dipartimento di emergenza-urgenza dell’Azienda Sanitaria di Firenze e oggi collaboratore scientifico presso l’Agenzia regionale di Sanità e il dipartimento di Diritto alla Salute della regione Toscana sui problemi organizzativi, epidemiologici e gestionali del Pronto Soccorso e da Franco Aprà, direttore della Medicina d’Urgenza dell’Ospedale Giovanni Bosco di Torino, presidente regionale Simeu Piemonte.

Sede del corso: Formas, Villa La Quiete alle Montalve, via Pietro Dazzi n. 1, cap. 50141 Firenze.

Il corso è accreditato con 11 crediti ECM. L’iscrizione al corso è a pagamento. Tutte le informazioni per procedere all’iscrizione sul sito di Formas.

Esercizi di benessere per l’Emergenza-urgenza

martedì, gennaio 26th, 2016

Una campagna internazionale di Acep, American college of emergency medicine

 

@SilviaAlparone

Una settimana per il benessere dell’emergenza-urgenza. Questa volta i beneficiari non sono però i pazienti, almeno non direttamente. L’Acep, American college of emergency physicians, ha lanciato in questi giorni, dal 24 al 30 gennaio, una settimana dedicata a promuovere il benessere psicofisico di chi lavora nell’emergenza sanitaria. La campagna parte dalla considerazione secondo cui spesso chi si prende cura degli altri per impegno professionale, trascura poi, a volte del tutto, di prendersi cura di se stesso, rischiando di andare incontro a problemi di salute e di disagio personale e certamente peggiorando le performance con i pazienti.

Utilizzando gli strumenti on line e i social network, la Wellness Week dell’Acep si rivolge alla comunità internazionale dell’emergenza, stimolando l’attenzione su una serie di buone pratiche in tre ambiti principali, quello della cura della salute fisica, delle relazioni e delle dinamiche professionali, incoraggiando a seguire una dieta e a praticare attività fisica, ma anche a ristabilire un contatto con persone o luoghi importanti ma che non si ha mai tempo di frequentare, scrivere una nota di ringraziamento a qualcuno che ci ha dato concretamente una mano su qualche aspetto della nostra vita, dedicare tempo ad attività di meditazione e mindfulness, o ancora impegnarsi per sviluppare capacità e tecniche di negoziazione da utilizzare sul luogo di lavoro.

Sono molti i consigli e gli spunti di riflessione per una Settimana che, si dice nella campagna, vuole essere un’occasione svolta per dare inizio a comportamenti che dovrebbero poi diventare abitudini costanti. E sul sito dell’iniziativa si trovano anche link di approfondimento e suggerimenti bibliografici.

COCHRANE CORNER: Sostituzione degli accessi venosi periferici: meglio a intervalli regolari o quando indicato clinicamente?

mercoledì, dicembre 9th, 2015

Dott. Paolo Balzaretti, redazione Blog SIMEU

Su Twitter: @P_Balzaretti

 

Conoscenze attuali.

I cateteri venosi periferici (CVP) sono il metodo più comune e semplice per ottenere un  accesso endovenoso per la somministrazione di fluidi e farmaci. Il posizionamento di un dispositivo intravascolare che consenta l’accesso venoso periferico è una delle procedure più utilizzate nel Pronto Soccorso: secondo una rilevazione del 2010 negli Stati Uniti, venivano somministrati farmaci per via endovenosa nel 27% circa dei pazienti che accedono al Pronto Soccorso (1).
Con il progressivo prolungarsi della permanenza dei pazienti nelle Aree di Emergenza (in parte a causa della scarsità dei posti letto in ospedale, in parte per l’istituzione di Aree di Terapia Subintensiva e Osservazione Breve Intensiva all’interno dei Dipartimenti di Emergenza), uno dei problemi che si pone sempre più frequentemente riguarda il timing della sostituzione degli accessi venosi periferici.
Due sono le strategie possibili: la prima consiste nel sostituire gli accessi a intervalli regolari, ogni 72-96 ore circa, mentre la seconda prevede il riposizionamento della cannula periferica quando indicato clinicamente, in base al suo mancato funzionamento o alla presenza di segni di flogosi o infezione.

Al momento non vi sono, nelle linee guida ufficiali, indicazioni uniformi su come procedere. Mentre da un lato le raccomandazioni della Infusion Nurses Society (2) e del progetto epic3 del Servizio Sanitario Nazionale inglese (3) raccomandano di sostituire l’accesso quando clinicamente indicato, le linee guida per la prevenzione delle infezioni ospedaliere del CDC di Atalanta consigliano di sostituire l’accesso ogni 72 – 96 ore, ritenendo quella della sostituzione su base clinica una questione “ancora non risolta”.
La revisione sistematica di cui andremo a parlare in questo post si inserisce proprio in questo dibattito, tentando di fornire delle evidenze solide a sostegno dell’una o dell’altra strategia.

La Revisione Cochrane

Titolo: Clinically-indicated replacement versus routine replacement of peripheral venous catheters

Autori: Webster J, Osborne S, Rickard CM, New K

Citazione bibliografica: Cochrane Database Syst Rev 2015; 8: CD007798
Link: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26272489
Obiettivo: valutare gli effetti di rimuovere gli accessi venosi periferici in base all’indicazione clinica piuttosto che rimuoverli e riposizionarli routinariamente.

Studi inclusi: trial randomizzati e controllati

Outcome primario: incidenza di infezioni del torrente circolatorio associate al catetere venoso periferico (definite come: emocoltura positiva raccolta da accesso venoso periferico + segni clinici di infezione + non altre evidenti fonti di infezione del torrente circolatorio + riscontro del medesimo micro-organismo nell’emocoltura e nell’esame colturale della punta dell’accesso venoso); tromboflebiti; infezioni del torrente circolatorio di qualsiasi origine (definite come: qualsiasi emocoltura positiva raccolta da accesso periferico mentre è posizionato un accesso venoso o entro le prime 48 dalla sua rimozione); costi (in termini di materiali e lavoro associato al posizionamento di un accesso venoso periferico).

Outcome secondari: stravaso, occlusione o malfunzionamento dell’accesso, infezione locale, mortalità.

N° di studi inclusi: 7 trial randomizzati, di cui 5 nella meta-analisi

Qualità degli studi inclusi: il bias principale riguarda l’assenza di blinding in tutti gli studi. In altri termini, sia il paziente che l’operatore erano a conoscenza del trattamento cui veniva sottoposto il paziente.

N° di pazienti: 4895.

Risultati:


Interpretazione – conclusioni

I limiti principali di questa revisione sistematica riguardano che i trial considerati non erano in cieco e la discreta dipendenza dei risultati da un singolo studio, da cui provengono i 2/3 di tutti i pazienti arruolati. Inoltre, in considerazione dei pochissimi eventi verificatisi, le conclusioni riguardanti le infezioni del torrente circolatorio totali e accesso-correlate non sono affidabili, così come per le infezioni locali.

In base ai risultati di questa revisioni sistematica, non vi sono chiare evidenze a supporto del riposizionamento degli accessi venosi ogni 72-96 ore piuttosto che quando indicato clinicamente. Bisogna però tenere conto che, sebbene non vi siano dati a riguardo in questo lavoro, è stato ipotizzato che quest’ultima strategia possa ridurre il numero di accessi effettivamente posizionati garantendo una riduzione del dolore e del discomfort associato alla procedura così come i relativi costi, sia in termini monetari che di impegno lavorativo.

Si ringrazia per la supervisione del post Vincenzo Peloponneso, infermiere presso il Dipartimento di Emergenza e Urgenza ASO S. Croce e Carle – Cuneo (@vinpel su Twitter).

Bibliografia

1. CDC. National Hospital Ambulatory Medical Care Survey: 2010 Emergency Department Summary Tables. link

2. Infusion Nurses Society. Infusion Nurses standards of practice. J Infus Nurs 2011; 34: S1 – S109. Link

3. Loveday HP, Wilson JA, Pratt RJ, Golsorkhi M, Tingle A, Bak A, Browne J, Prieto J, Wilcox M, UK Department of Health. epic3: national evidence-based guidelines for preventing healthcare-associated infections in NHS hospitals in England. J Hosp Infect. 2014;86 Suppl 1:S1-70. Link

4. O’Grady NP, Alexander M, Burns LA, Dellinger EP, Garland J, Heard SO, Lipsett PA, Masur H, Mermel LA, Pearson ML, Raad II, Randolph AG, Rupp ME, Saint S; Healthcare Infection Control Practices Advisory Committee. 2011 Guidelines for the prevention of intravascular catheter-related infections. Link

Simeu lancia la formazione a distanza

martedì, ottobre 6th, 2015

Prima tappa, Il trattamento del dolore nella colica renale, solo per i soci, gratuito fino a fine anno

 @SilviaAlparone

 

Nuovo capitolo per l’attività formativa della Società italiana di emergenza-urgenza, che parte con il primo progetto di formazione a distanza. Il tema del primo corso, organizzato dalla Faculty Sau, Sedazione e analgesia in urgenza, è Il trattamento del dolore nella colica renale.

Si tratta della prima uscita per un’attività nuova per la Società scientifica, che consentirà di aumentare l’accessibilità ai corsi Simeu di tutte le diverse faculty oggi esistenti e, in prospettiva, anche i temi dell’offerta formativa, con una modalità che annulla le distanze fra discenti e docenti. “Gli specialisti della Medicina d’emergenza hanno bisogno di una formazione continua, forte culturalmente e con una parte pratica accuratissima – sottolinea Roberto Cosentini, responsabile Area Formazione della Società – e la nuova piattaforma Fad offre la possibilità di rafforzare la capillarità della proposta formativa sulla parte teorica, mentre i corsi residenziali continueranno a offrire percorsi che contemplino anche l’attività pratica”.

Simeu potenzia così ulteriormente il canale della Formazione, che è uno dei principali ambiti di attività della Società scientifica e che si distingue nel panorama nazionale per il numero dei corsi offerti e per la risposta di gradimento degli iscritti.

Il primo corso Fad Simeu Il trattamento del dolore nella colica renale, accreditato Ecm, sarà disponibile a partire dal 9 ottobre sul sito Simeu, nella sezione CORSI. Fino a fine 2015 sarà riservato a soci SIMEU, gratuito per i soci regolarmente iscritti per il 2015 e per tutti coloro che aderiranno alla Società scientifica entro il 31 dicembre 2015 per l’anno 2016.

Il ragionamento clinico: incertezza, decisione, trappole cognitive – Firenze, mercoledì 30 settembre

martedì, settembre 29th, 2015

Tutto esaurito per il corso  programmato domani a Firenze e organizzato da Ars, Agenzia regionale di Sanità della Regione Toscana, Simeu e Università di Torino. I partecipanti effettivi e le richieste sono arrivate da tutta Italia, dimostrando un vivo interesse della comunità scientifica per il tema proposto.

Pubblichiamo qui di seguito un breve intervento di Franco Aprà, presidente Simeu Piemonte che ha partecipato per Simeu all’organizzazione della giornata.

“Come sostiene Daniel Kahneman, uno dei padri del cognitivismo e premio Nobel per l’economia nel 2002, la Psicologia cognitiva ha aperto una nuova visione sui meccanismi del pensiero: accanto al pensiero logico, rigoroso ma lento e faticoso, esiste infatti un pensiero rapido e immediato, che dà risposte standardizzate (euristiche) per risolvere la maggior parte delle situazioni in cui bisogna prendere decisioni. Quando però queste risposte non sono appropriate, si va incontro a errori. Per evitarli occorre ricorrere al pensiero lento, ma se non si è più che attenti i pensieri veloci prendono il sopravvento. Nella loro attività i medici prendono continuamente delle decisioni, utilizzando i pensieri veloci ed intuitivi in base alla loro preparazione professionale e alle esperienze – professionali e personali.  In Medicina d’urgenza la decisione è particolarmente critica, soprattutto perché è legata al fattore tempo. Per questo l’ Agenzia Regionale di Sanità della Regione Toscana , la Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza (SIMEU)  e l’Università di Torino hanno organizzato il corso “Il ragionamento clinico: incertezza, decisione, trappole cognitive” a Firenze il 30 settembre 201″

Il corso è dedicato ai medici che vogliono riflettere sul ragionamento clinico, le sue difficoltà e le sue trappole insieme a colleghi ma anche a esperti del ragionamento umano che provengono da altre discipline. Un approccio nuovo e originale che vuole trasformare un argomento, di cui di solito non si vuole neanche discutere per timore di finire nei guai, in uno strumento della pratica clinica quotidiana.

Maggiori informazioni riguardo al programma sul sito Simeu nelal parte dedicata ai Corsi.

COCHRANE CORNER: Farmaci non oppiacei per il trattamento della colica renale

lunedì, luglio 27th, 2015


Dott. Paolo Balzaretti, redazione Blog SIMEU

Su Twitter: @P_Balzaretti

 

Conoscenze attuali.

La colica renale è una sindrome caratterizzata dall’insorgenza acuta di intenso dolore al fianco, eventualmente irradiato anteriormente fino alla sede pubica, associato frequentemente a nausea e vomito. Questa è dovuta più spesso legato all’ostruzione acuta dell’uretere provocata dalla presenza di calcoli e dal relativo spasmo della muscolatura liscia ureterale adiacente. Cause diverse dall’ureterolitiasi sono possibili ma meno frequenti (1).

Dato che il dolore della colica renale è solitamente molto intenso, un tempestivo trattamento analgesico è il primo passo della gestione del paziente, una volta terminata la valutazione diagnostica iniziale.

Le due opzioni iniziali sono la somministrazione endovenosa di oppiacei o di anti-infiammatori non steroidei (FANS), la cui efficacia è stata confrontata in una revisione sistematica della Cochrane Collaboration del 2005 (2). I farmaci più efficaci risultavano essere i FANS, i quali, proprio sulla base di questo lavoro, vengono raccomandati con terapia di prima scelta, in assenza di controindicazioni, sia dalle linee guida dell’Associazione Urologica Europea (3) che da Bultitude e Rees (1).

 

La Revisione Cochrane (4)

Titolo: Nonsteroidal anti-inflammatory drugs (NSAIDs) and non-opioids for acute renal colic.

Autori: Afshar K, Jafari S, Marks AJ, Eftekhari A, MacNeily AE.

Citazione bibliografica:Cochrane Database Syst Rev 2015 Jun 29;6:CD006027.

Link: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26120804

Obiettivo: valutare rischi e benefici dei FANS e di farmaci non oppioidi nel trattamento di pazienti adulti con colica renale e se possibile individuare quale farmaco (o classe di farmaci) sia più indicato in questo ambito.

Studi inclusi: trial randomizzati o trial quasi-randomizzati.

Outcome primario: variazioni dell’intensità del dolore al termine della prima ora, proporzione di pazienti con significativa riduzione del dolore; proporzione di pazienti che necessitano di un trattamento analgesico “di salvataggio” entro le prime 6 ore di trattamento; tasso di recidiva del dolore.

Outcome secondari: incidenza di effetti avversi.

N°. di studi inclusi: 50 nella revisione sistematica e 37 nella meta-analisi

Qualità degli studi inclusi: i dubbi più rilevanti riguardano la randomizzazione e il blinding.

N° di pazienti: 5734 nella revisione sistematica, 4483 nella meta-analisi

Risultati:

 

Riduzione del dolore Pazienti con riduzione del dolore ≥ 50% Necessità di analgesico di salvataggio
Pazienti inclusi nell’analisi Differenza media della VAS* (I.C. 95%) Pazienti inclusi nell’analisi RR (I.C. 95%) Pazienti inclusi nell’analisi RR (I.C. 95%)
FANS vs. spasmolitici 303 -12.97 (-21,80 – -4,14) 196 2.44** (1.61 – 3.70) 299 0.34 (0.14 – 0.84)
FANS + spasmolitici vs. FANS 310 -1.99 (-2.58 – -1.40) 906 1.00 (0.89 – 1.13) 589 0.99 (0.62 – 1.57)

Tabella 1. Sintesi dei principali risultati della meta-analisi. *: calcolata in mm, su una scala di 100; **: analisi che prende in considerazione solo lo spasmolitico ioscina.

 

Interpretazione – conclusioni

Tra le molteplici analisi portate a termine, mi sono concentrato su quelle che ho ritenuto più significative, tralasciando il confronto fra due FANS diversi, tra FANS e farmaci non-oppiodi non spasmolitici, non oppiodi vs. placebo e non oppiodi vs. non oppioidi.

Questa revisione sistematica non fornisce risultati particolarmente solidi, essendo tutti basati su piccoli campioni e con analisi caratterizzate da ampia eterogeneità.

Per quanto riguarda il confronto tra FANS e spasmolitici, la riduzione della VAS è significativa dal punto di vista statistico mentre la significatività clinica è dubbia: infatti, secondo precedenti studi, una riduzione della VAS che si associa a un cambiamento effettivamente percepito dal paziente dell’intensità del dolore è pari ad almeno 13 mm (Todd 1996, Gallagher 2001). In altri termini, sebbene sia possibile rilevare una differente efficacia con l’inferenza statistica, è probabile che questa sia appena percepita dal paziente (per ulteriori approfondimenti sulla differenza tra significatività statistica e clinica vi segnaliamo questo articolo di Sedgwick su BMJ). E’ possibile però supporre una superiorità dei FANS rispetto agli spasmolitici guardando alla maggiore prevalenza di pazienti con una riduzione del dolore ≥ 50% e alla minore necessità di ricorso all’analgesico “di salvataggio”.

L’aggiunta degli spasmolitici ai FANS non sembrerebbe avere alcun impatto: di nuovo, la riduzione della VAS di 1,99 mm non ha alcuna rilevanza clinica e non vi è alcuna riduzione della necessità di ricorrere ad ulteriori analgesici.

Infine, dati riguardanti i potenziali eventi avversi sono del tutto insufficienti, in parte per la mancata registrazione, in parte per scarsa numerosità campionaria.

 

Bibliografia

  1. Bultitude M, Rees J. Management of renal colic. BMJ 2012;345:e5499. Link

  2. Holdgate A, Pollock T. Nonsteroidal anti-inflammatory drugs (NSAIDS) versus opioids for acute renal colic. Cochrane Database Syst Rev 2005; 1: CD004137. Link

  3. Turk C, et al. Guidelines on urolithiasis 2014. Link

  4. Afshar K, Jafari S, Marks AJ, Eftekhari A, MacNeily AE. Nonsteroidal anti-inflammatory drugs (NSAIDs) and non-opioids for acute renal colic. Cochrane Database Syst Rev 2015 Jun 29;6:CD006027. Link

Nel 2015 più borse per la specializzazione Meu

giovedì, maggio 28th, 2015

@SilviaAlparone

Aperto il bando per i contratti di specializzazione nelle discipline mediche: è di ieri la firma del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini e da oggi il testo integrale è disponibile sul sito del Miur. Le borse a disposizione quest’anno sono in tutto 6.364, di cui 6.000 messe a disposizione dallo Stato, 335 dalle Regioni e 29 da altri Enti, in aumento rispetto alle 5.000 del 2014. Per la medicina di emergenza-urgenza le borse statali sono in sensibile crescita rispetto allo scorso anno, 31 in più, 129 in tutto, di cui 101 messe a disposizione dallo Stato e le rimanenti dalle Regioni.

Sulla necessità di aumentare le borse di specializzazione per i giovani medici è stata condotta nell’ultimo anno e mezzo una serrata battaglia da parte di diverse associazioni in rappresentanza delle diverse specialità, a cui Simeu ha partecipato in primo piano per la Medicina di emergenza-urgenza insieme a Cosmeu, in particolare con la campagna realizzata nella giornata del 5 marzo 2014, seguita da una lettera co firmata da Simeu e Cosmeu alle ministre della Salute e dell’Istruzione sulla necessità di più posti per la specializzazione in meu, ancora ribadita in occasione dei primi diplomati alla Scuola in medicina di emergenza-urgenza nel giugno 2014. Il risultato del 2015 è stato accolto con soddisfazione da tutti coloro che hanno partecipato a quella campagna, anche se il fabbisogno delle regioni resta ancora lontano dall’essere soddisfatto.

Le selezioni quest’anno si svolgeranno dal 28 al 31 luglio. Le iscrizioni alle prove dal 3 al 23 giugno. Fra le novità del bando: ogni candidato, all’atto di iscrizione, potrà scegliere un massimo di tre Scuole e indicare l’ordine di preferenza delle sedi. Le domande restano 110 come lo scorso anno: 70 comuni a tutti i candidati, 30 comuni a ciascuna Area, 10 comuni per tipologia di Scuola. Ridotto il tempo di svolgimento dei quiz.

I dettagli del bando sul sito del Miur.

 

 

 

COCHRANE CORNER: La manovra di Epley per la vertigine parossistica posturale benigna

mercoledì, aprile 1st, 2015


Dott. Paolo Balzaretti, redazione Blog SIMEU

Su Twitter: @P_Balzaretti

 

Conoscenze attuali

La vertigine parossistica posturale benigna (VPPB) viene definita come una disturbo caratterizzato dal susseguirsi di brevi episodi di vertigini, della durata inferiore ad un minuto, generalmente indotti da cambiamenti di posizione del capo (1, 2) come può succedere quando ci si gira nel letto, si oscilla la testa all’indietro o ci si china in avanti (1). E’ un quadro di riscontro piuttosto frequente in Pronto Soccorso (circa il 9% dei casi di vertigine secondo Navi e colleghi (3)) con massima incidenza d’esordio tra i 60 e 70 anni; nella maggior parte non è possibile trovare una chiara causa scatenante. Questa diagnosi dovrebbe essere presa in considerazione solo nel momento in cui siano escluse cause centrali di vertigini, come per esempio ischemie del circolo posteriore, decisamente più rilevanti dal punto di vista prognostico.

La spiegazione fisiopatologica più accreditata chiama in causa la dislocazione all’interno dei canali semicircolari di piccoli otoliti (cristalli di carbonato di calcio), normalmente posizionati in corrispondenza della macula dell’utricolo. Essendo in posizione più declive rispetto all’utricolo, il canale semicircolare posteriore è quello più frequentemente coinvolto (1, 2).

Per il trattamento della VPPB del canale posteriore si è progressivamente diffuso l’impiego della manovra di Epley (o di riposizionamento dei canaliti), la cui base razionale risiede proprio nella mobilizzazione degli otoliti dal canale semicircolare posteriore nuovamente nell’utricolo, dove non provocano disturbi (2).

Al momento sono disponibili in letteratura due importanti linee guida relative al trattamento della VPPB. La prima, rilasciata dall’American Academy of Otolaryngology – Head and Neck Surgery Foundation, raccomanda di sottoporre il paziente con BPPV del canale posteriore a manovre di riposizionamento degli otoliti, tra le quali segnalano la manovra di Epley e quella di Semont (Bhattacharyya 2008). Il secondo documento, pubblicato dall’American Academy of Neurology, raccomanda più direttamente la prima (Fife 2008).

La revisione sistematica di cui parleremo (2) è l’aggiornamento di precedente versione del 2010 e si pone come obiettivo quello di valutare l’efficacia della manovra di Epley nel trattamento dei pazienti con VPPB.

 

La Revisione Cochrane

Titolo: The Epley (canalith repositioning) manoeuvre for benign paroxymal positional vertigo

Autori: Hilton MP, Pinder DK.

Obiettivo: valutare l’efficacia della manovra di Epley nel trattamento della VPPB.

Outcome primario: risoluzione completa della vertigine

Outcome secondari: negativizzazione del test di Dix-Hallpike, effetti avversi.

N°. di studi inclusi: 11 trial controllati e randomizzati, 10 dei quali inseriti nella meta-analisi

Qualità degli studi inclusi: mediamente bassa; i problemi principali riguardano le procedure di blinding.

N° di pazienti: 745 (tra 60 e 100 pazienti per studio)

Risultati:

 

Parametro

Risultato

N° di pazienti

Manovra di Epley vs. placebo

Risoluzione completa della vertigine

Odds Ratio

4,42 (I.C. 95%: 2,62 – 7,44)

273 (5 studi)

Negativizzazione del test di Dix-Hallpike

Odds Ratio

9,62 (I.C. 95%: 6 – 15,42)

507 (8 studi)

 

Tab. 1. Risultati della meta-analisi. Non è stata condotta la metanalisi per il confronto tra la manovra di Epley e altri trattamenti.

Gli eventi avversi sono stati pochi e non è stata riportata una sintesi. I principali sono stati l’insorgenza di nausea e vomito durante la procedura e l’intolleranza alla manovra legata alla presenza di problemi della colonna cervicale.

 

Interpretazione – conclusioni

In base a risultati di questa meta-analisi, la manovra di Epley è più efficace del placebo (nella maggior parte dei casi si trattava di manovre verosimili ma prive di rilevanza terapeutica) per la completa risoluzione della vertigine in pazienti affetti da VPPB; la decisione di trattare il paziente dovrebbe essere presa tenendo comunque conto della tendenza alla risoluzione spontanea del disturbo (1).

Il principale aspetto positivo di questo lavoro è la capacità di dimostrare un’efficacia terapeutica consistente (il trattamento quadruplica di fatto la probabilità di risoluzione del disturbo) a fronte di effetti avversi quasi trascurabili. Per altro verso, la portata di questo risultato positivo è in parte ridimensionata da alcuni problemi metodologici. In primo luogo, l’eterogeneità tra i singoli studi è alta (I2 tra 68% e 72%) e gli Autori non provano neanche ad ipotizzarne le potenziali cause (tra le quali, si possono annoverare, secondo me, il differente setting in cui sono stati eseguiti gli studi e alcune differenze nelle manovre eseguite). Inoltre, i lavori erano mediamente di bassa qualità, cosa che potrebbe aver comportato una sovrastima dei benefici stimati. Infine, un ultimo problema è legato alla natura “soft” dell’outcome principale, il quale è esposto ad una certa soggettività nell’attribuzione. Per garantire una’analisi più oggettiva è stata valutata la negativizzazione del test di Dix-Hallpike, la quale sembrerebbe anch’essa assai più probabile nei pazienti trattati.

Sempre sul tema, a corredo di questo questo post, è disponibile online il video Maneuvers to Diagnosis and Treat Benign Paroxysmal Positional Vertigo su Nejm Video, il canale youtube del New England Journal of Medicine.

Bibliografia

  1. Kim J-S, Zee DS. Benign paroxysmal positional vertigo. New Engl J Med 2014; 370: 1138-1147. Link

  2. Hilton MP, Pinder DK. The Epley (canalith repositioning) manoeuvre for benign paroxysmal positional vertigo. Cochrane Database Syst Rev. 2014;12: CD003162. Link

  3. Navi BB, Kamel H, Shah MP, et al. Rate and Predictors of Serious Neurologic Causes of Dizziness in the Emergency Department. Mayo Clin Proc 2012; 87: 1080-1088. Link

  4. Bhattacharyya N, Baugh RF, Orvidas L, et al. Clinical practice guideline: Benign paroxysmal positional vertigo. Otolaryngol Head Neck Surg 2008; 139 (5 Suppl 4): S47-S81. Link

  5. Fife TD, Iverson DJ, Lempert T. Practice Parameter: Therapies for benign paroxysmal positional vertigo (an evidence-based review). Report of the Quality Standard Subcommittee of the American Academy of Neurology. Neurology 2008; 70: 2067-2074. Link

MUBEE#14. Leggere i risultati di un studio: number needed to treat

martedì, dicembre 9th, 2014

 

Dott. Paolo Balzaretti, redazione Blog SIMEU

Su Twitter: @P_Balzaretti

 

Internet, dandoci la possibilità di accedere più facilmente a studi scientifici originali, ci ha consentito di poggiare la nostra pratica clinica su basi più solide. Questi lavori, però, possono presentare l’efficacia del trattamento che esaminano in modi molto diversi, e ciò può influenzare la decisione del professionista di adottare il trattamento in questione o meno. In un precedente post abbiamo già parlato di riduzione relativa e assoluta del rischio, in questo post ci occuperemo del “number need to treat” (NNT).

Cos’è l’NNT e come si calcola

Proposto per la prima volta circa 25 anni fa’, l’NNT è una misura dell’efficacia di un intervento terapeutico e indica il numero di pazienti che devono essere trattati per prevenire un evento avverso aggiuntivo (1, 2). Dal punto di vista matematico è il reciproco della riduzione assoluta del rischio (1):

  • NNT = 1/ Riduzione Assoluta del Rischio = 1/ (tasso di eventi nel gruppo di controllo – tasso di eventi nel gruppo di trattamento);

nel caso il tasso di eventi sia presentato in forma percentuale:

  • NNT = 100/Riduzione Assoluta del Rischio = 100/(tasso di eventi nel gruppo di controllo – tasso di eventi nel gruppo di trattamento).

Maggiore è il valore dell’NNT, minore è l’efficacia dell’intervento terapeutico. Utilizziamo come esempio i dati di un recente trial sulla trombolisi nei pazienti con embolia polmonare, il PEITHO Trial, in cui la mortalità nei pazienti trattati è pari all’1,2% mentre nei controlli all’1,8%. Dunque: NNT = 100/(1,8 – 1,2) = 100/0,6 = 167. Ciò significa che è necessario sottoporre a trombolisi con tenectaplase 167 pazienti con embolia polmonare a rischio intermedio per prevenire un decesso (3).

Ecco alcuni esempi, giusto per avere un’idea del NNT di alcuni provvedimenti terapeutici che adottiamo abitualmente:

 

Tabella 1. Alcuni esempi di NNT.

 

Come si interpreta

Per interpretare correttamente l’NNT (soprattutto se si vogliono confrontare strategie terapeutiche diverse) bisogna tenere in considerazione quattro aspetti: il rischio nei pazienti non trattati (baseline risk), l’intervallo di tempo considerato, il trattamento di confronto e l’outcome.

Per quanto riguarda il primo, dato che la riduzione relativa del rischio tende ad essere costante per popolazioni con profili di rischio diversi, nelle popolazioni dove quest’ultimo è più alto, la riduzione assoluta del rischio è maggiore e dunque l’NNT minore. Per capire meglio riprendiamo nella tabella 2 l’esempio già utilizzato nel precedente post, riguardante l’impiego di antibiotici nella riacutizzazione di BPCO (4).

Tabella 2. Variazioni dell’NNT al variare del rischio di base (che corrisponde alla mortalità dei controlli). In UTI, dove la mortalità è maggiore, minore è il numero di pazienti da trattare per risparmiare un decesso. La riduzione relativa del rischio considerata è 5,7.

 

In altri termini, nei pazienti ricoverati in UTI, verosimilmente con rischio più alto di morte, il numero di pazienti da trattare per evitare un decesso è minore rispetto a ciò che succede in Medicina Interna e dunque si può ipotizzare che l’impatto del trattamento sia maggiore.

In secondo luogo, l’NNT tende a variare in base alla durata del follow up: per uno stesso farmaco e uno stesso outcome, l’NNT si riduce al prolungarsi della durata del periodo di osservazione (1). Ciò è più importante per le terapie croniche: spesso infatti si estrapolano i risultati di studi con 2-3 anni a periodi di trattamento molto più lunghi, come succede per esempio con gli anti-ipertensivi. Nel caso dell’Emergenza-Urgenza, i follow up sono più brevi e le differenze meno significative.

Terzo: l’NNT non è una proprietà intrinseca di un intervento terapeutico ma dipende dal trattamento adottato nel gruppo di controllo, sia in modo esplicito sia sotto l’etichetta di “usual care”. Per esempio, è possibile che l’NNT dell’aspirina nei pazienti con STEMI che abbiamo riportato prima, se misurato oggi in cui la terapia farmacologica è molto più ampia e comprende tra l’altro eparina e beta-bloccanti, sarebbe probabilmente più alto.

Infine, l’outcome: un farmaco ha un impatto su più esiti differenti (per es., mortalità, necessità di ricovero, etc.) e chiaramente l’NNT è diverso: per questo è necessario fare attenzione a confrontare trattamenti diversi facendo riferimento al medesimo outcome.

Come utilizzare l’NNT

Leggendo la tabella 1 vi sareste chiesti: “quando un NNT è sufficientemente piccolo per poter essere considerato interessante?”. Chiaramente non ci sono risposte univoche. Tra gli aspetti da tenere in considerazione, innanzitutto, la natura dell’outcome: per esiti particolarmente rilevanti, come la morte, è possibile prendere in considerazione NNT più alti. La rilevanza, se possibile, dovrebbe essere stabilita con il paziente.

In secondo luogo, dato che la decisione di somministrare un trattamento dovrebbe scaturire sempre da un bilancio tra rischi e benefici, oltre che l’NNT sarebbe opportuno tenere conto anche del Number Needed to Harm (NNH), ovvero il numero di pazienti che è necessario trattare per ottenere un effetto avverso. L’NNH permette di una avere una rappresentazione sintetica dei potenziali rischi cui la terapia espone, in modo tale da permettere di semplificare la valutazione dei “pro e contro” nel processo decisionale.

Limiti dell’NNT

Un limite importante dell’NNT riguarda l’intervallo di confidenza. In caso di risultati non statisticamente significativi, l’intervallo di confidenza della riduzione assoluta del rischio comprende anche il valore 0; in base alla nostra formula, l’NNT in questo caso sarebbe pari a “infinito” (∞), un risultato chiaramente inutilizzabile. Per questo, spesso l’intervallo di confidenza dell’NNT, soprattutto per risultati non significativi, non viene riportato: per questo è opportuno non accontentarsi ed è meglio sempre valutare anche il Rischio relativo, alla riduzione relativo del rischio e a quella assoluta da cui l’NNT è derivato e i relativi intervalli di confidenza.

Nonostante in origine si pensasse che la possibilità di racchiudere una stima di efficacia terapeutica in un singolo numero potesse semplificare la condivisione della informazioni con i pazienti, ciò purtroppo non si è rilevato vero. I pazienti (5), e probabilmente anche alcuni medici e infermieri, hanno difficoltà a comprendere l’NNT e ciò ne limita l’impiego.

NNT.com

Se siete rimasti positivamente impressionati da questa misura statistica, un fonte affidabile di risultati è il sito www.NNT.com, amministrato dal dott. David Newman (figura sempre più nota in America) e da alcuni colleghi. Vi sono raccolti numerosi NNT, principalmente inerenti alla Medicina d’Urgenza, organizzati in rapporto alla disciplina e all’utilità (in termini di rapporto rischio-beneficio), simboleggiata da simpatici “semafori”, di immediata comprensione.

 

Bibliografia

  1. McAlister FA. The “number needed to treat” turns 20 – and continues to be used and misused. Can Med Ass J 2008; 179: 549 – 553. Link to free ful text

  2. Barratt A, Wyer PC, Hatala R, McGinn T, Dans AL, Keitz S, Moyer V, Guyatt G, for the Evidence-based Medicine teaching Tips Working Group. Tips for learners of evidence-based medicine: 1. Relative risk reduction, absolute risk reduction and number needed to treat. Can Med Ass J 2004; 171: 353-358. Link to free full text

  3. Meyer G, Vicaut E, Danays T, et al for the PEITHO Investigators. Thrombolysis for patients with intermediate-risk pulmonary embolism. New Engl J Med 2014; 370: 1402-1411. Link

  4. Vollenweider DJ, Jarrett H, Steurer-Stey CA, Garcia-AimerichJ, Puhan MA. Antibiotics for exacerbations of chronic obstructive pulmonary disease. Cochrane Database of Systematic Reviews 2012; 12: CD010257. Link

  5. Zipkin DA, Umscheid CA, Keating NL, et al. Evidence-based risk communication: a systematic review. Ann Intern Med. 2014 Aug 19;161(4):270-80. Link

 





SIMEU - SOCIETA' ITALIANA di MEDICINA D'EMERGENZA-URGENZA

Segreteria Nazionale:
Via Valprato 68 - 10155 Torino
c.f. 91206690371 - p.i. 2272091204

E-mail: segreteria@simeu.it
pec: simeu@pec.simeu.org
Tel. 02 67077483 - Fax 02 89959799
SIMEU SRL a Socio Unico

Via Valprato 68 - 10155 Torino
p.i./c.f. 11274490017
pec: simeusrl@legalmail.it