IL BLOG DI SIMEU

 

Archive for ottobre, 2013

COCHRANE CORNER: New is better. Or not?

giovedì, ottobre 31st, 2013

 

di Primiano Iannone

Direttore SC Pronto Soccorso

ASL4 Chiavarese. Ospedali del Tigullio. Lavagna, GE

Contributor del Prehospital Emergency Care Field

Cochrane Collaboration

 

Nella grande maggioranza dei casi i trials clinici randomizzati e controllati sono considerati “la prova regina” per dimostrare (o confutare) l’efficacia di un trattamento, non solo farmacologico. Si dice che quando vi è reale incertezza sull’efficacia di un intervento sanitario rispetto ad un altro allora vi sono le condizioni per un trial clinico randomizzato e controllato. D’altra parte, l’arruolamento dei pazienti in trials di questo tipo è (o dovrebbe essere) etico solo se vi è incertezza reale su quale dei due sia migliore. Questo principio dell’incertezza (o “equipoise”) è un importante presupposto etico e scientifico che dovrebbe informare la ricerca clinica. E’ anche un metodo indiretto, ma molto sensibile, per valutare l’integrità della ricerca stessa (dell’altro requisito che contribuisce alla integrità, la rilevanza, ce ne occuperemo magari prossimamente). Infatti, se ogni ricercatore (o gruppo di ricercatori) si attenesse fedelmente al principio dell’incertezza, la probabilità di studi con risultati favorevoli al trattamento sperimentale (il “nuovo”) dovrebbe più o meno essere simile a quella del gruppo di controllo (il “vecchio”: standard of care, o placebo) e gli esiti finali dei trials dovrebbero pertanto rispettare questa distribuzione più o meno casuale.

Questo presupposto, non immediatamente intuitivo ma, se ci pensate bene, del tutto ineccepibile, è alla base della meta-analisi Cochrane di Djulbegovici, su quattro coorti di studi di superiorità, randomizzati e controllati, non sponsorizzati, condotti in contesto di ricerca governativa o di organizzazioni not for profit (743 studi, su 297.744 pazienti) riguardanti la ricerca sul cancro (2 coorti), quella in ambito neurologico (1 coorte) o in un ambito composito di malattie (1 coorte). Gli studi sono stati raccolti indipendentemente dal loro status di pubblicazione (da registri o dispositivi similari, per evitare il bias di pubblicazione). I risultati hanno evidenziato una lieve prevalenza degli effetti a favore dei trattamenti sperimentali per gli outcomes primari (hazard ratio (HR)/odds ratio (OR) 0.91, 99% intervalli di confidenza (CI) 0.88 to 0.95) e la mortalità complessiva (HR 0.95, 99% CI 0.92 to 0.98). In altri termini i trattamenti sperimentali sono – in media – associati ad un migliore esito rispetto al trattamento di controllo con un margine favorevole che va dal 5 al 10%. La quasi–simmetria di questi risultati si traduce nella assoluta imprevedibilità degli effetti dei nuovi trattamenti rispetto ai controlli – e nella conseguente impossibilità di prevedere, a priori, al momento della randomizzazione, il trattamento migliore. Questi effetti non risentono di trend temporali, nel senso che tale andamento si è mantenuto nel corso del tempo, né del tipo controllo (trattamento standard o placebo).

La meta analisi dimostra che il principio etico e scientifico dell’incertezza è stato sostanzialmente rispettato in un campione di studi randomizzati e controllati, in un ambito di ricerca pubblico e/o not for profit. Ciò è rassicurante per la società, i pazienti, i medici e i ricercatori, poiché giustifica la necessità e l’eticità, quantomeno, di questo tipo ricerca sperimentale. La meta-analisi indaga tuttavia solo un piccolissimo campione (1% di tutti gli studi randomizzati e controllati) e soprattutto solo trials not for profit.

E La ricerca a fini commerciali ?

La storia qui è molto diversa: i trials pubblicati della ricerca commerciale, for profit, mostrano un 70% circa di effetti favorevoli ai nuovi trattamenti rispetto ai vecchi (o al placebo), con un evidente sbilanciamento nei due bracci di allocazione (e seri dubbi, perciò, sulla eticità e validità dei risultati stessi). Questo accade per una serie di motivi: dal bias di pubblicazione (i trials con risultati favorevoli alle attese dei ricercatori – e dell’industria – hanno più probabilità di essere pubblicati, per cui viene sovrastimato l’effetto favorevole dei nuovi trattamenti) alla cattiva qualità metodologica (difetti di allocation concealment, attrition bias e così via); dalla enfatizzazione di risultati statisticamente – ma non clinicamente – rilevanti, all’abuso degli endpoints compositi e surrogati, per finire con la scelta di gruppi di controllo inadeguati (dosaggi troppo bassi, che aumentano i benefici apparenti del trattamento sperimentale; o troppo alti, che aumentano gli effetti indesiderati del trattamento di controllo; o la scelta del placebo, invece di un confronto testa a testa). I soliti trucchi… che magari sfuggono ad una lettura superficiale degli studi, e vengono sapientemente offuscati da campagne molto aggressive dell’industria, fino alla manipolazione delle stesse Linee Guida, che da strumento della Evidence Based Medicine sono in molti casi diventate raffinato strumento di marketing dell’industria stessa.

Cosa ci insegna questa meta-analisi? Innanzitutto, che i vantaggi dei nuovi trattamenti, quando ci sono, sono spesso marginali. Perciò, per distinguere i reali benefici degli interventi dalle speranze vane e dalle aspettative ottimistiche di pazienti, medici e ricercatori il trial clinico randomizzato e controllato, concepito e condotto a regola d’arte, è lo strumento migliore, quando fattibile, per dimostrarne l’efficacia. In medicina, purtroppo, la penicillina o l’insulina non si scoprono tutti i giorni, e trattamenti di successo così eclatante da rendere i trials eticamente non giustificabili e scientificamente futili sono molto rari. I migliori presupposti fisiopatologici, invece, non sono sufficienti per sostenere l’efficacia di un intervento ma, al massimo, per stimolare ulteriore ricerca, fino al trial clinico randomizzato e controllato. La storia della medicina è piena di costosi – e tragici – errori dell’approccio epistemologico “riduzionista” che ha voluto fare a meno dei trials, ne ha ignorato le conseguenze, o è stato clamorosamente smentito dagli stessi (dalla talidomide alla trombolisi dell’infarto miocardico, dalla mastectomia radicale estesa per il cancro della mammella agli antiaritmici di classe IC nel post infarto). Le vicende –allucinanti- del “metodo Stamina” confermano, peraltro, la bruciante attualità di quello che stiamo dicendo. Poi, che non bisogna essere aprioristicamente fiduciosi nel “nuovo” , che non è affatto sinonimo di “meglio”, soprattutto perché non è detto che i benefici di un nuovo trattamento, sbandierati dal trial (sponsorizzato) di turno sulla rivista con elevato impact factor, testato in condizioni ideali, in centri di eccellenza e su pazienti selezionati, sia riproducibile nella real life su pazienti complessi (la differenza che passa cioè fra efficacy teorica e effectiveness pratica), né in altri studi. Questo è il motivo per cui le meta-analisi sono utili e spesso necessarie per appurare la efficacy dei trattamenti, la loro consistenza (omogeneità di risultati fra studi diversi) e migliorare la precisione delle stime degli effetti degli stessi.

Lunga vita quindi al trial clinico randomizzato e controllato (e alle meta-analisi), se eseguito nel più assoluto rigore metodologico, in presenza di autentica incertezza scientifica, per quesiti clinicamente rilevanti, senza contaminazioni derivate da conflitti d’interesse, per dare ai pazienti, ai medici e alla società la migliore garanzia della integrità, pertinenza e validità delle scelte terapeutiche che vengono decise nella nuova, trasparente, esplicita e paritaria alleanza fra medico e paziente.

P.S. Per chi è interessato invito alla visita di due bei siti: www.testingtreatments.org, e www.jameslindlibrary.org , dove queste tematiche sono ampiamente dibattute.

i Djulbegovic B, Kumar A, Glasziou PP, Perera R, Reljic T, Dent L, Raftery J, Johansen M, Di Tanna GL, Miladinovic

B, Soares HP, Vist GE, Chalmers I. New treatments compared to established treatments in randomized trials. Cochrane Database of Systematic Reviews 2012, Issue 10. Art. No.: MR000024. DOI: 10.1002/14651858.MR000024.pub3.

 

Fare la scelta giusta in medicina d’urgenza

sabato, ottobre 26th, 2013

Dott. Paolo Balzaretti, redazione Blog SIMEU

Su Twitter: @P_Balzaretti


L’ACEP ha aderito a Choosing Wisely®

Avevamo già parlato della campagna “Choosing Wisely®” in un post alcuni mesi fa. In breve, si tratta di un’iniziativa, promossa dall’American Board of Internal Medicine, in cui tutte le principali Società Scientifiche americane sono invitate a redigere una lista di 5 procedure diagnostiche o terapeutiche per le quali vi è un rischio concreto di in appropriatezza e il cui impiego dovrebbe essere quindi preceduto da un adeguato confronto con i pazienti.

A febbraio l’ACEP (American College of Emergency Medicine) aveva dichiarato la propria adesione all’iniziativa e in questi giorni, in occasione della 13esima Scientific Assembly, la lista è stata presentata. L’elenco è stato creato attraverso un processo costituito da diversi passi: nel 2012 è stata creata la Task Force per la “Cost effective Care”, la quale ha raccolto i suggerimenti degli iscritti all’ACEP attraverso un sondaggio. Le oltre 200 proposte ricevute sono state valutate e classificate in base al contributo alla riduzione dei costi, al beneficio per i pazienti e alla praticabilità per il medico dell’urgenza. Dopo un ulteriore approfondimento bibliografico di tipo economico, una lista preliminare è stata è stata rifinita e sottoposta al Board of Directors per la scelta e l’approvazione definitiva.

Le cinque proposte avanzate dall’ACEP sono riportate in corsivo di seguito (in caratteri normali le mie osservazioni):

  1. Evitare la tomografia computerizzata dell’encefalo per pazienti in Pronto Soccorso con traumi cranici minori che sono a basso rischio di complicanze sulla base di score clinici validati.

Quali sono i traumi cranici minori (minor head injuries)? La terminologia in questo campo è piuttosto vaga: l’ACEP, per esempio, nella Clinical Policy del 2008 faceva riferimento a “mild traumatic brain injury”. In linea generale si tratta di pazienti con GCS 14-15 con perdita di coscienza dopo il trauma; rientrano però nella categoria anche pazienti che non sono andati incontro a perdita di coscienza ma presentano altri fattori di rischio quali il vomito, l’età > 65 anni, coagulopatia, etc (1). A mio avviso forse andava fatta una più precisa delimitazione del campo di applicazione.

Per quanto riguarda score, analizzando le citazioni risulterebbe che i due strumenti presi in considerazione sono la “Canadian Head CT Rule” e i “New Orleans Criteria”, per i quali vengono segnalati due confronti testa-a-testa (2, 3).

  1. Evitare di posizionare cateteri vescicali in Pronto Soccorso o per il monitoraggio della diuresi in pazienti stabili che possono urinare o per la comodità del pazienti e/o degli operatori.

Il riferimento principale è alle relative lineeguida CDC (4). Indicazioni per il posizionamento di cateteri vescicali in Pronto Soccorso potrebbero essere: il monitoraggio della diuresi in pazienti critici, la ritenzione urinaria, un intervento chirurgico e l’assistenza alla fine della vita.

  1. Non ritardare l’avvio di cure palliative o la presa in carico da parte di Servizi Hospice per pazienti di Pronto soccorso i quali probabilmente ne beneficeranno.

  1. Evitare gli antibiotici e l’esame colturale in pazienti di Pronto Soccorso in pazienti con ascessi non complicati sottocutanei o dei tessuti molli dopo un efficace incisione e drenaggio e con adeguato follow up.

  1. Evitare l’avvio di un’infusione endovenosa di liquidi prima di aver fatto un tentativo di reidratazione orale in casi non complicati di disidratazione lieve o moderata in età pediatrica in Pronto Soccorso.

Cosa ne pensate?

Less is more anche in Italia?

In questi giorni anche in Italia il dibattito sull’appropriatezza prescrittiva ha ripreso un po’ quota. Infatti, la SIRM, Società Italiana di Radiologia Medica, ha ufficializzato, in occasione del convegno organizzato per il suo centenario di fondazione, la propria adesione al progetto “Fare di più non significa fare meglio”, un’iniziativa lanciata da Slow Medicine sul modello di “Choosing Wisely”.

Fondata nel 2011 da professionisti che operano nel mondo della salute, Slow Medicine si propone un modello di cura che sia sobria, rispettosa e giusta: sobria, perché, appunto, fare di più non vuol dire fare meglio; rispettosa, perché i valori, le aspettative e i desideri sono diversi e inviolabili e giusta, per garantire cure appropriate e buona qualità per tutti.

L’iniziativa “Fare di più non significa fare meglio”, lanciata nel dicembre 2012, mantiene lo stesso impianto di Choosing Wisely, invitando le Società Scientifiche italiane a segnalare le 5 procedure diagnostiche o terapeutiche il cui impiego, essendo ad elevato rischio di inappropriatezza, andrebbe discusso con pazienti e cittadini. Ad oggi, tra le Società aderenti si segnalano l’ANMCO (Associazione Italiana Medici Cardiologi Ospedalieri), la FADOI (Federazione Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti), l’AINR (Associazione Italiana di Neuroradiologia) (per la lista completa clicca qui). Il progetto ha il sostegno anche di FNOM-CeO e IPASVI. Le prime “liste” saranno presentate al prossimo congresso nazionale di Slow Medicine che si terrà il 29-30 novembre a Torino.

 

Secondo me l’iniziativa è lodevole perché contribuisce ad avviare un dibattito sulla pratica clinica che coinvolge anche le Associazioni di pazienti e cittadini oltre a quelle mediche, ponendo in rilievo i temi della sostenibilità delle cure e della loro effettiva utilità. Ho però alcune perplessità: come già suggerito da Domenighetti e Vernero sul loro post per Salute Internazionale, purtroppo l’adesione delle rispettive Società Scientifiche non implica l’automatica accettazione anche da parte dei medici. Inoltre, l’attuale clima mediatico non aiuta a superare quegli atteggiamenti difensivi, soprattutto in ambito diagnostico, che sono la causa di buona parte degli accertamenti inappropriati. Dal punto di vista dei cittadini, si dovrà fare un grande lavoro per tentare di superare l’equazione, profondamente radicata, “+ esami = + salute”, per altro condivisa da molti professionisti.

 

Bibliografia

  1. Jagoda AS, Bazarian JJ, Bruns JJ Jr, Cantrill SV, Gean AD, Howard PK, Ghajar J, Riggio S, Wright DW, Wears RL, Bakshy A, Burgess P, Wald MM, Whitson RR; American College of Emergency Physicians; Centers for Disease Control and Prevention. Clinical policy: neuroimaging and decisionmaking in adult mild traumatic brain injury in the acute setting. Ann Emerg Med. 2008 Dec;52(6):714-48. Link

  2. Smits M, Dippel DW, de Haan GG, et al. Externalvalidation of the Canadian CT Head Rule and the New Orleans Criteria for CT scanning in patients with minor head injury. JAMA 2005; 294:1519-25. Link

  3. Stiell IG, Clement CM, Rowe BH, et al. Comparison of the Canadian CT Head Rule and the New Orleans Criteria in patients with minor head injury. JAMA. 2005; 294:1511-8. Link

  4. Gould CV, Umscheid CA, Agarwal RK, Kuntz G, Pegues DA; Healthcare Infection Control Practices Advisory Committee. Guideline for prevention of catheter-associated urinary tract infections 2009. Infect Control Hosp Epidemiol. 2010; 31(4):319-26. Link

Likelihood Ratio, un’arma contro esami inutili in pronto soccorso

lunedì, ottobre 21st, 2013

Cos’è la Likelihood Ratio e che applicazione può avere nei casi di emergenza? Ilenia Spallino e Ciro Paolillo si confrontano e guidano i fruitori del video a un approccio clinico utile a ridurre il numero di esami diagnostici sui casi di pronto per procedere solo ai più efficaci.
Il racconto di due esempi pratici, la contusione del gomito e la sospetta appendicite, due casi clinici molto comuni per chi lavora in pronto soccorso.

Ilenia Spallino e Ciro Paolillo, medici del Pronto soccorso e Medicina di urgenza dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine, sono ideatori e animatori del blog A Life at Risk

Il video è visibile anche su Youtube

COS’E’ LA LIKELIHOOD RATIO

Il rapporto di verosomiglianza (Likelihood Ratio, LR) di un segno obiettivo è la proporzione di pazienti malati che presentano questo reperto clinico diviso per la proporzione di soggetti non malati che presentano il medesimo reperto.
        proporzione di pazienti malati che presentano il segno obiettivo
LR = ——————————————————————————
        proporzione di soggetti non malati che presentano il segno obiettivo
L’aggettivo “positivo” o “negativo” indica se il rapporto di verosimiglianza si riferisce alla presenza (“risultato positivo”) o all’assenza del segno obiettivo (“risultato negativo”).
Il rapporto di verosimiglianza positivo si riferisce dunque alla proporzione di pazienti malati che presentano questo reperto clinico diviso per la proporzione di soggetti non malati che presentano il medesimo reperto. […]

Il rapporto di verosimiglianza negativo si riferisce analogamente alla proporzione di pazienti malati che NON presentano questo reperto clinico diviso per la proporzione di soggetti non malati che non presentano il medesimo reperto.

(FONTE: McGee S. Evidence-based clinical diagnosis. 3rd ed. Philadelphia: Elsevier Saunders; 2012. Chapter 2, Diagnostic accuracy of clinical findings; p. 9-21)

Violenza domestica: perché parlarne in Pronto Soccorso?

mercoledì, ottobre 16th, 2013
LA VIOLENZA DI GENERE IN PRONTO SOCCORSO
CONVEGNO SIMEU – PORDENONE, VENERDI’ 18 OTTOBRE

 

di Fabiana Nascimben
Segretario SIMEU FVG
Perché di Violenza domestica si muore. E in Italia si muore con il ritmo di una donna uccisa ogni 3 giorni.
Perché è una violazione dei diritti umani, come ha sancito il Consiglio d’Europa  con la Convenzione di Istanbul nel maggio 2011.
Perché la violenza domestica riguarda anche i bambini, sia quelli che la subiscono che quelli che ne sono testimoni, e lascia traumi profondi e spesso indelebili.
Perché la violenza domestica è un fattore di rischio a se stante per lo sviluppo di malattie: le donne che subiscono violenza incorrono più frequentemente in depressione, ansia, disturbi gastrointestinali, cardiovascolari, uso di droghe o abuso di farmaci, suicidi e tentati suicidi. Ed è qui che noi operatori sanitari, medici e  infermieri, dobbiamo mettere in campo la nostra competenza. Come, infatti, nell’affrontare il dolore toracico ci interroghiamo sull’assetto lipidico, il fumo e la familiarità, così nell’affrontare gli stati d’ansia, o gli attacchi di panico, o tutti i molteplici accessi in pronto soccorso per motivi minori ma ripetuti, è qui che dovremmo chiedere in merito alla violenza tra le mura domestiche.
Perché le donne aspettano solo che qualcuno glielo chieda. Altrimenti, come dice l’ISTAT nel 2006, per il 96% delle volte non ne parlano con nessuno, ma se ne parlano con un medico o un infermiere è molto più probabile che vadano avanti nel loro percorso e che sporgano denuncia.
Ma dopo che lo abbiamo chiesto, dobbiamo saper affrontare le conseguenze, sia le negazioni di fronte all’evidenza, sia la richiesta di aiuto. Dobbiamo conoscere la legislazione, i nostri doveri; conoscere i servizi presenti sul nostro territorio, sapere come operano, dove sono e come indirizzare la donna.
E’ ora di parlarne.
Noi della SIMEU FVG lo faremo venerdì 18 ottobre a Pordenone, in un convegno che vuole essere un inizio ma anche una promessa: continuare a parlarne e a formarci, perchè è un problema anche nostro.
IL PROGRAMMA DEL CONVEGNO SUL SITO SIMEU ALLA PAGINA CONVEGNI

 

Gli Hangout di Simeu: cosa offre il web sui temi della medicina di emergenza-urgenza

sabato, ottobre 12th, 2013

di @SilviaAlparone

 

Cosa si trova in rete per l’aggiornamento professionale di medici e infermieri dell’emergenza: è stato questo il tema del primo hangout organizzato da Simeu, che si è concentrato su Foam, Free open access meducation, la “nuvola” di informazioni e dati utili alla professione – tutti accessibili facilmente e gratuitamente – che sta crescendo su internet a livello internazionale, coinvolgendo sempre di più anche l’Italia.

La registrazione dell’hangout – video chiamata con più partecipanti e la possibilità di condividere materiale durante la conversazione – che si è tenuto venerdì 11 ottobre, è archiviato e visibile sul canale pubblico di Simeu di Youtube, sul profilo di Google+ della Società ed fruibile direttamente da questo post:

Hanno partecipato Ciro Paolillo, della Medicina di emergenza-urgenza dell’Azienda ospdaliera Santa Maria della Misericordia di Udine, ideatore e coordinatore di A Life at Risk, Carlo D’Apuzzo, della Medicina di emergenza-urgenza e pronto soccorso dell’Ospedale Mauriziano di Torino, coordinatore e ideatore di Em Pills, Pillole di medicina di emergenza, Paolo Balzaretti, della Medicina di emergenza-urgenza e pronto soccorso dell’Ospedale Mauriziano di Torino, della redazione del blog Simeu.

I loro interventi hanno riguardato, nell’ordine, una breve introduzione su cos’è e che radici ha Foam, cosa produce l’Italia in questa “corrente di informazioni” in termini di siti internet e blog, e come ci si può orientare nell’enorme flusso di dati e commenti riconoscendo le fonti attendibili da quelle che lo sono meno.

Nei prossimi appuntamenti in via di programmazione, e che verranno annunciati su questo blog, si approfondirà il tema della medicina di emergenza-urgenza sul web. Si parlerà in particolare di social network e dei criteri per ordinare il materiale che si trova in rete.

A corredo del video, per chi volesse approfondire, di seguito i link alle pagine web mostrate durante l’hangout, per ciascun intervento:

Ciro Paolillo

Profilo su Linkedin di Mike Cadogan

http://www.linkedin.com/profile/view?id=14421874&trk=treasury-social-owner&goback=

www.lifeinthefastline.com

La storia e i numeri della FOAM

http://lifeinthefastlane.com/foam/

Gli RSS della FOAM

www.foamem.com

Google FOAM

www.googlefoam.com

FOAM: the Internet, social media and medical education.

emj suppl Oct 2013, www.emj.bmj.com/content/suppl/2013/09/10/30.10.DC1/emjsupp-2013-S10.pdf

 

Carlo D’Apuzzo

http://www.medicinadurgenza.org/ (MedEmIt)
http://medest118.com/
http://www.ventilab.org/
http://www.emergencyroom.it/p/partner.html
http://www.medicinaurgenza.it/
http://www.areacritica.net/sito/
http://www.simonenavarra.net/
http://www.simeu.it/blog/
http://edgeem.blogspot.it/
http://diariodiunsoccorritore.blogspot.it/
http://www.malatocritico.com/
http://empills.com/

Paolo Balzaretti

http://academiclifeinem.com/is-foam-to-blame-when-a-medical-error-occurs/

 

Foam, l’aggiornamento professionale on line e gli hangout di Simeu

giovedì, ottobre 10th, 2013

@SilviaAlparone

Una vera e propria rivoluzione, un nuovo modo per studiare, aggiornarsi e comunicare: Foam, Free open access meducation nasce a Dublino nel 2012, a margine di un convegno sui temi della critical care. I fondatori sono Mike Cadogan e Chris Nickson, entrambi medici dell’emergenza in strutture sanitarie australiane. Si tratta di un vero movimento culturale, di cui abbiamo già parlato su questo blog, che inizia come tentativo di mettere ordine fra i siti e i blog internazionali che si occupano di medicina di emergenza. Tutte le realtà on line allora esistenti, circa 80, vengono raccolte e citate su Life in the fast lane, il blog di Cadogan e Nickson. Oggi, a distanza di poco più di un anno i blog sono diventati 150, e Foam ha avuto un enorme successo, diffondendosi rapidamente in tutti i Paesi anglosassoni e oltre, e trasformandosi in una vera e propria grande corrente di informazioni. Foamed si può seguire su twitter (#FOAMed), iscrivendosi al sito www.foamem.com, che invia quotidianamente agli iscritti gli aggiornamenti (rss) dei blog di Foam, oppure ancora tenendo d’occhio www.lifeinthefastlane.com, il blog dei fondatori.

ecco alcuni esempi di tweet della corrente #FOAMed

 

oppure ancora


Essere in questa rete internazionale on line, prendere parte alla discussione anche solo come fruitori se non come partecipanti attivi, è un modo completamente nuovo di aggiornarsi. I vantaggi sono la gratuità e l’accessibilità di informazioni e di contatti che prima per molti erano difficili da ottenere, mentre ora basta un click e in tempo reale ci si può confrontare con i maestri della disciplina nei diversi Paesi del mondo oppure ottenere un confronto professionale su argomenti specifici. Ventiquattr’ore su ventiquattro.

Il debutto di Foam nel mondo reale è stato Smacc, il Congresso internazionale di medicina di area critica che si è tenuto a Sidney, lo scorso marzo, di cui abbiamo già parlato su queste pagine in un precedente articolo (prossima edizione, Smacc Gold, sulla gold coast australiana nel marzo del 2014). Al congresso parteciparono circa 800 persone, e sviluppò un traffico di circa tre milioni di tweet, in un confronto continuo via web fra partecipanti da molti Paesi del mondo collegati in streaming ai diversi panel o workshop, tutti disponibili on line.

Da allora, nonostante sia trascorsa solo una manciata di mesi, molte cose sono cambiate, e anche in Italia il movimento stra pendendo piede. Nell’ottica delle occasioni di confronto professionale on line, Simeu promuove una serie di appuntamenti in hangout, incontri in videochat, che possono essere seguiti in diretta oppure in differita tramite il blog della società e il suo canale youtube.

La Società vanta al suo interno la presenza di diversi blogger e autori di siti di successo sui temi della professione, tra gli altri MedEmIt di Gemma Morabito, a EM Pills di Carlo d’Apuzzo a A life at Risk di Ciro Paolillo e Ilenia Spallino, in un panorama nazionale sempre più vivace che annovera molti altri casi fra cui ad esempio Medest118, sull’emergenza extraospedaliera, e EM on the edge blog di medicina militare, solo per citarne alcuni. Alcune di queste esperienze a confronto con la redazione del blog Simeu e con eventuali altri partecipanti, nello spirito di Foam, saranno l’anima della discussione che verterà sui temi dei nuovi strumenti per l’aggiornamento professionale via internet, ambito ancora recente in cui si cercherà di fare un po’ d’ordine. Iniziando proprio dall’offerta Italiana sul web a proposito della medicina di emergenza.

Appuntamento con il primo hangout sul canale Google+ di Simeu domani, venerdì 11 ottobre, ore 16.30. La registrazione dell’hangout sarà poi disponibile sul canale Youtube della società. All’appuntamento di domani parteciperanno Carlo D’Apuzzo, della Medicina di emergenza-urgenza e pronto soccorso dell’Ospedale Mauriziano di Torino, coordinatore e ideatore di Em Pills, Pillole di medicina di emergenza, Ciro Paolillo, della Medicina di emergenza-urgenza dell’Azienda ospdaliera Santa Maria della Misericordia di Udine, ideatore e coordinatore di A Life at Risk, Paolo Balzaretti, della Medicina di emergenza-urgenza e pronto soccorso dell’Ospedale Mauriziano di Torino, della redazione del blog Simeu.

COCHRANE CORNER – Corticosteroidi come terapia aggiuntiva nella meningite batterica

mercoledì, ottobre 9th, 2013

Dott. Paolo Balzaretti, redazione Blog SIMEU

Su Twitter: @P_Balzaretti

 

La meningite batterica, sebbene sia andata incontro a una riduzione dell’incidenza grazie all’introduzione di vaccini efficaci contro i principali agenti etiologici, presenta ancora oggi un’elevata mortalità, anche nei Paesi Occidentali. Per questo dobbiamo sempre tenerla ben presente tra le ipotesi diagnostiche differenziali dell’alterazione della stato di coscienza in Pronto Soccorso.

In Italia l’incidenza è pari a 3,67 casi/100.000 abitanti/anno, l’82% dei quali è acquisito in comunità. Per le meningiti comunitarie il Pneumococco rappresenta la causa più frequente, seguito dal meningococco (24,6% e 18% dei casi rispettivamente); l’H. Influenzae è responsabile del 5,1% dei casi. Infine, la mortalità delle meningiti acquisite in comunità è pari al 12,1% (1).

Una delle questioni che a tutt’oggi costituisce motivo di dibattito riguarda l’efficacia della somministrazione di corticosteroidi. Fin’ora, infatti, i risultati dei trial randomizzati pubblicati sono eterogenei e contrastanti.

Conoscenze attuali

Le lineeguida IDSA sulla meningite del 2004 (2) raccomandavano la somministrazione di desametasone nei bambini nel caso di infezione da H. Influenzae tipo B (racc. A-I). Qualora la meningite sia sostenuta dallo pneumococco, non vi erano raccomandazioni definitive e l’impiego era da considerarsi opzionale (racc. C-II). Comunque, non era indicata la somministrazione di desametasone dopo l’avvio della terapia antibiotica (racc. A-I).

Negli adulti l’uso era raccomandato nei pazienti con sospetta meningite pneumococcica (racc. A-I), continuando solo se questa era confermata microbiologicamente. Dato che non sempre è chiaro all’inizio quale sia il micro-organismo coinvolto, veniva consigliato di considerare la somministrazione per ogni paziente adulto con meningite (Racc. B-III). Di nuovo, non vi era indicazione alla somministrazione di desametasone dopo l’avvio della terapia antibiotica (racc. A-I).

Più recentemente, una revisione sistematica basata sui dati individuali di 2029 pazienti arruolati in 5 trial non rilevava alcuna efficacia del desametasone nel ridurre mortalità. Contemporaneamente segnalava una riduzione del rischio di perdita dell’udito nei pazienti trattati e sopravvissuti (OR 0,77; 95% C.I. 0,60 – 0,99). L’analisi per sottogruppi non individuava alcuna caratteristica del paziente che permettesse di predire una maggiore efficacia del farmaco, a parte l’età superiore a 55 anni. Tra gli effetti avversi, solo l’iperglicemia risultava più frequente nei pazienti nel gruppo di trattamento (3).

Il farmaco di scelta è il desametasone, il quale presenta una maggiore penetrazione attraverso la barriera emato-encefalica e una più lunga durata d’azione rispetto agli altri corticosteroidi. La posologia proposta nella maggior parte degli studi è di 0,15 mg/Kg ogni 6 per 2-4 giorni (2) (nella maggior parte degli studi la durata era di 4 giorni, alla quale non sia associava una maggiore frequenza di eventi avversi rispetto a cicli più brevi) (4).

La Revisione Cochrane

In questo post ci occuperemo della revisione dal titolo “Corticosteroids for acute bacterial meningitis” (4) che analizza i risultati di 25 studi (in 22 dei quali veniva impiegato il desametasone) per un totale di 4121 pazienti. L’obiettivo principale è quello di valutare l’effetto dell’impiego dei corticosteroidi rispetto al placebo come terapia aggiuntiva rispetto a quella antibiotica sulla mortalità, la perdita dell’udito e altre sequele neurologiche. Tra gli studi inclusi, 4 risultavano essere di alta, 14 di media e 7 di bassa qualità.

I risultati sono riassunti nelle tabella seguente.

 

Mortalità (RR, 95% I.C) Perdita dell’udito (RR, 95% I.C)
Corticosteroidi vs. placebo 0,90 (0,80 – 1,01) 0,74 (0,63 – 0,87)
Sequele neurologiche a breve termine (RR, 95% I.C) Sequele neurologiche a lungo termine(RR, 95% I.C)
Corticosteroidi vs. placebo 0,83 (0,69 – 1,00) 0,90 (0,74 – 1,10)

 

Tab. 1 Risultati complessivi. RR < 1 indicano la superiorità del trattamento con corticosteroidi.

Tra gli eventi avversi, solo la febbre ricorrente risultava essere più frequente nei pazienti trattati con desametasone.

I risultati dell’analisi per sottogruppi è riassunta nella tabella 2.

 

Mortalità (RR, 95% I.C) Perdita dell’udito (RR, 95% I.C)

Fasce d’età

Età < 16 anni

0,89 (0,74 – 1,07)

0,73 (0,61 – 0,86)

Età ≥ 16 anni

0,74 (0,53 – 1,05)

0,74 (0,56 – 0,98)

Agenti etiologici

H. Influenzae

0,76 (0,53 – 1,09)

S. Pneumoniae

0,84 (0,72 – 0,98)

N. Meningitidis

0,71 (0,35 – 1,46)

Quadro socio-economico

Nazioni con basso reddito medio

0,87 (0,67 – 1,15)

0,89 (0,76 – 1,04)

Nazione con elevato reddito medio

0,81 (0,63 – 1,05)

0,58 (0,45 – 0,73)

Tempo di somministrazione del farmaco

Prima o insieme alla prima dose di antibiotico

0,87 (0,69 – 1,09)

0,80 (0,70 – 0,92)

Dopo la prima dose di antibiotico

0,83 (0,55 – 1,26)

0,62 (0,43 – 0,89)

Qualità degli studi

Alta qualità

1,00 (0,88 – 1,14)

0,90 (0,73 – 1,12)

 

Tab. 2 Analisi per sottogruppi pre-definiti. RR < 1 indicano la superiorità del trattamento con corticosteroidi.

Interpretazione – conclusioni

Complessivamente, la somministrazione di desametasone si correla con una riduzione dell’incidenza di calo dell’udito. L’impatto sulla mortalità sarebbe limitato ai casi sostenuti dallo pneumococco. La tendenza, non statisticamente significativa, alla riduzione della mortalità nei pazienti residenti in paesi con reddito pro-capite alto si spiegherebbe con il fatto che in queste nazioni è proprio lo S. Pneumoniae l’agente etiologico di più frequente riscontro. Nell’interpretare le differenze tra i paesi a basso e alto reddito pro-capite, è necessario tenere conto della più alta incidenza di malnutrizione, di AIDS e di presentazione ritardata in Ospedale nei primi.

Non vi sono dati definitivi riguardo al momento migliore per avviare il trattamento. I risultati più favorevoli sulla riduzione del calo dell’udito in caso di somministrazione successiva alla prima dose di antibiotico non sono sufficienti a mio avviso a sostenere una modifica delle indicazioni IDSA di somministrare il farmaco prima o insieme alla prima dose di antibiotico (2).

La somministrazione di desametasone sembrerebbe complessivamente sicura, sebbene la valutazione degli effetti avversi è in parte inficiata dalle diverse definizioni fornite nei singoli studi. Sono stati avanzate preoccupazioni riguardo alla possibilità che l’effetto anti-infiammatorio del desametasone riduca la permeabilità della barriera emato-encefalica limitando la penetrazione degli antibiotici nel liquor cefalo-rachidiano, in particolare della vancomicina. Sebbene dati di laboratorio sembrerebbero ridimensionare questo allarme, è comunque necessario monitorizzare con ulteriore attenzione i pazienti cui vengono somministrati entrambe i farmaci contemporaneamente.

Bibliografia

  1. Giorgi Rossi P, Mantovani J, Ferroni E, Forcina A, Stanghellini E, Curtale F, Borgia P. Incidence of bacterial meningitis (2001-2005) in Lazio, Italy: the results of an integrated survelliance system. BMC Infect Dis 2009; 9: 13. Link

  2. Tunkel AR, Hartman BJ, Kaplan SL, Kaufman BA, Roos KL, Scheld WM, Whitley RJ. Practical guidelines for the management of bacterial meningitis. Clin Infect Dis 2004;39: 1267-1284. Link

  3. van de Beek D, Farrar JJ, de Gans J, Mai NTH, Molyneux EM, Peltola H, Peto TE, Roine I, Scarborough M, Schultsz C, Thwaites GE, Tuan PQ, Zwinderman AH. Adjunctive dexamethasone in bacterial meningitis. A meta-analysis of individual patient data. Lancet Neurol 2010; 9: 254-263. Link

  4. Brouwer MC, McIntyre P, Prasad K, van de Beek D. Corticosteroids for acute bacterial meningitis. Cochrane Database of systematic Reviews 2013; Issue 6. Art. No: CD004405. Link

Le performance degli ospedali italiani: il nuovo rapporto di Agenas

giovedì, ottobre 3rd, 2013

@SilviaAlparone

 

Buoni risultati per gli ospedali del Nord, voti negativi invece per le strutture del sud. È la fotografia dell’assistenza ospedaliera che emerge dal Programma Nazionale Valutazione Esiti (PNE) versione 2013, gestito da Agenas per conto del Ministero della Salute.

Il dettaglio della valutazione – che, ribadisce il ministero della Salute, in nessun modo costituisce una graduatoria – è consultabile on line, sul sito dedicato, dopo la registrazione che garantisce le credenziali per l’accesso.

La nuova edizione di PNE valuta gli esiti dell’assistenza ospedaliera, per tutte le strutture ospedaliere, sia dal punto di vista dei produttori di servizi, che da quello delle Asl, titolari delle funzioni di tutela della salute della popolazione.

Il rapporto confronta i risultati di ciascun ospedale in base a 47 indicatori comuni, dalla mortalità a 30 giorni per ictus a quella per infarto, dalla proporzione dei parti con taglio cesareo alle complicanze a 30 giorni per colecistectomia.

Scopo della pubblicazione, sottolinea l’Agenas, è ottenere la massima trasparenza sui dati sanitari e i migliori strumenti per la futura programmazione sanitaria.

Una campagna in Puglia contro le aggressioni a medici e infermieri

martedì, ottobre 1st, 2013

@SilviaAlparone

 

Un manifesto per denunciare le violenze sempre più frequenti di cui sono oggetto medici e infermieri che lavorano negli ospedali italiani. E’ comparso al Policlinico di Bari in questi giorni dopo i recenti casi di cronaca accaduti in Puglia, il più grave dei quali ha provocato la morte di Paola Labriola, psichiatra, aggredita da un paziente. Il tragico evento, all’inizio di settembre, era stato seguito dopo pochissimi giorni dall’aggressione questa volta di un infermiere del triage del Policlinico che, colpito a calci e pugni da un paziente in attesa, aveva riportato lesioni con prognosi di trenta giorni.

Il manifesto è solo l’ultimo strumento di denuncia dei sanitari pugliesi, che da tempo lamentano aggressioni e violenze ormai quotidiane negli ospedali e nelle altre strutture pubbliche della regione. Ma non si tratta di un caso isolato in Italia. In particolare, a segnalare più spesso episodi di violenza è il personale di pronto soccorso: medici e infermieri a più diretto contatto con il pubblico e che quotidianamente affrontano situazioni di maggior tensione per l’emergenza dei casi trattati. Sul problema alcune sigle sindacali dei medici ospedalieri si sono spinte fino a proporre il coinvolgimento di forze di polizia o di società private di sicurezza a tutela del personale ospedaliero.

Già un anno fa il presidente nazionale Simeu, Giorgio Carbone, si era rivolto all’allora ministro della Salute Renato Balduzzi, lamentando l’escalation di violenza nei pronto soccorso italiani e segnalando che i problemi cronici dell’emergenza ospedaliera erano ancora – e restano oggi – senza soluzione e senza una vera attenzione politica. In quell’occasione si era trattato dell’aggressione al direttore del dipartimento di emergenza dell’ospedale di Foggia e di un medico di turno, entrambi colpiti a calci dai familiari di un paziente. Era il 2012. I fatti del settembre 2013 sono quelli già ricordati.

Un problema spesso sottovalutato quello delle aggressioni ai sanitari italiani, sia nelle cause, tra cui le associazioni dei pazienti indicano la crescente esasperazione del pubblico per le conseguenze dei tagli sulle prestazioni sanitarie, che nelle conseguenze su cui la cronaca, nei casi più gravi, accende i riflettori.





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