IL BLOG DI SIMEU

 

Testardamente fiducioso

di Rodolfo Ferrari

 

Scrivere. Per SIMEU. A SIMEU.

 

Bellissima opportunità, mi sono detto.

 

A questo punto si è configurato l’imbarazzo della scelta.

Scegliere un argomento.

Nel cosmo della Medicina d’Emergenza – Urgenza.

Mica facile. Mica facile, soprattutto se devo parlare di quel che conosco (non so fare altro), e se devo partire dalla mia esperienza, e dalla mia storia passata e presente in SIMEU.

 

Potrei parlarvi di formazione.

Di quanto stia finalmente caratterizzando la nostra disciplina come specialistica, di come le stia dando quella dignità negletta che abbiamo orgogliosamente sostenuto e rivendicato, di quanto sia necessaria per i neo-specialisti ed ancor più per i più esperti.

 

Potrei parlarvi di NIV, di come abbia rivoluzionato il mondo della MEU cambiando la storia di malattia di un sacco di persone, di come sia una competenza elettiva ed imprescindibile della nostra disciplina, di come sia tecnica rappresentativa nella forma e nella sostanza del core della MEU stessa, nella filosofia della non-invasività, tra efficacia ed appropriatezza.

 

Potrei parlarvi dei Consigli Direttivi Regionali, di quanto l’impegno e l’entusiasmo siano vivi e presenti, non solo futuribili, di come la nostra competenza stia giorno dopo giorno ritagliandosi spazio ed avendo nuova voce, in modo credibile, serio e costruttivo, su tavoli nei quali sino al recente passato non eravamo presenti né rappresentati.

 

Potrei parlarvi dei Medici della MEU, dei Medici in Formazione specialistica MEU, e degli Infermieri della MEU, e degli Autisti Soccorritori, e degli Operatori Socio Sanitari, e di quanto sia straordinario il nostro lavoro nella sua essenza, che non ha eguali, e di quanto sia disperatamente frustrante non poterlo concretizzare, tra carenze di quella Sanità Pubblica che cerchiamo disperatamente di difendere ogni giorno, e boarding, ed aggressioni, e mancato riconoscimento dei più banali ed evidenti diritti negati.

 

Potrei parlarvi della vigliaccheria che sta dietro ogni aggressione verso chi indossa una divisa che ne testimonia l’essere lì, il non arretrare, per potersi prendere cura. Di ogni intossicato, di ogni codice minore, di ogni “no-qualcosa”, di ogni famigliare incattivito con “la società”.

E potrei parlarvi dei rapporti con le Forze dell’Ordine.

 

Potrei parlarvi dei Direttori della MEU, frustrati dal non riuscire a premiare a sufficienza tutti coloro che lo meriterebbero, e dal faticare a valorizzare e far crescere tutti coloro che meriterebbero un’occasione in più, un’opportunità in più, per poi far crescere tutti, tutta la nostra disciplina, in modo esemplare, tra dono ed impegno, e migliorare il servizio e l’assistenza che ogni giorno disperatamente garantiamo.

 

Potrei parlarvi della pandemia, delle decisioni serie, sicure e competenti che abbiamo preso, del coraggio, della responsabilità, del senso del dovere, del servizio e dell’assistenza che non abbiamo mai fatto mancare, della risposta pronta ed efficace che nel dramma della tragedia che abbiamo vissuto ci ha portato a casa di ogni malato, della quantità e della qualità di quel che abbiamo fatto per primi, spesso noi soli.  E delle vite che abbiamo salvato; proprio così: né più né meno di questo.

 

Potrei parlarvi dell’iperafflusso, e del sovraffollamento, e del boarding. E a chi parla di collo dell’imbuto ricordare che noi siamo nel punto più stretto di una clessidra, tra le carenze del territorio e quelle dell’Ospedale, senza filtri in entrata e pieni di muraglie in uscita, nel bel mezzo di una guerra tra poveri che mette i professionisti contro ad alzare barricate e compartimenti stagni, per far finta di non sapere e di non vedere quel che accade alla cosiddetta porta dell’Ospedale.

 

Potrei parlarvi dei professionisti tappabuchi che colmano last-minute carenze nei nostri organici, e che spessissimo non sono adeguati, generano frustrazione e disillusione nei veri professionisti e nell’utenza, abbassano il livello dell’assistenza come fosse una cosa normale, compromettono l’immagine della nostra disciplina ed il nostro servizio. A costi vergognosi, e con un rapporto costi – benefici inaccettabile.

 

E potrei parlarvi con la stessa rabbia di quei nostri colleghi, pari grado della nostra medesima disciplina, che abbassano il livello, che non ci rappresentano, che però prendono per primi la parola e ledono la nostra immagine e la nostra credibilità di fronte ai nostri interlocutori, compromettono la nostra professionalità perseguendo altri obiettivi personali o attuano comportamenti lamentosi e distruttivi come alibi del proprio aver deciso di tirare i remi in barca.

 

Potrei parlarvi di Università, Regioni e Ministeri nei quali andare a scovare una volta per tutte le soluzioni alla crisi del Sistema Sanitario Nazionale e Regionale e della Sanità Pubblica che ci sta schiacciando. Per primi. Vittime insieme agli utenti, quelli stessi che per noi non paiono provare alcuna comprensione… non pretendo solidarietà o empatia.

 

Potrei parlarvi di salario, di carichi di lavoro, di 6 ore e 20, di indennità, di pensione, di lavoro usurante, di depenalizzazione. E dovrei. E ne dovremmo parlare a tutti, strenuamente. E di questioni caratterizzanti profondamente la nostra disciplina come la gestione pre-ospedaliera ed ospedaliera delle maxi-emergenze, e le Aree semintensive nel contesto della Medicina d’Urgenza. E ne dovremmo parlare a tutti, orgogliosamente.

 

Potrei parlarvi di priorità, di criticità, di complessità, di fragilità. Di emergenze, di urgenze tempo-dipendenti e di risposte ai più improbabili bisogni di salute. E sociali.

 

E potrei parlarvi delle morti improvvise, della comunicazione delle cattive notizie, e degli arresti ripresi, e di quelle condizioni di peri-arresto nelle quali si riesce a fare la differenza, di quella romantica sensazione di soddisfazione che ogni tanto si prova diluita nella stanchezza quando giunge alla fine il turno di notte e vedi arrivare il tuo cambio.

E di quello che vedi, nel bene e nel male, quando il cambio che arriva sei tu.

 

Potrei parlarvi della vita fuori dall’ospedale, e delle nostre incredibili e straordinarie e disperate famiglie.

 

Volevo parlarvi di Medicina d’Emergenza – Urgenza. Ho scritto di getto, e mi accorgo che, forse, i termini che ho più spesso utilizzato sono stati “disciplina” e “disperazione”.

Ed in realtà credo che dietro alle mie parole stia un’incrollabile speranza ed un’indisciplina che penso mi e ci porterà a realizzare quella speranza.

 

Passo e chiudo, perché sono convinto che, se rileggessi, probabilmente cancellerei, e troverei altro da scrivere.

Ma, esattamente come voi, non ho tutto questo tempo.

 

Quindi: buona la prima.

Indisciplinatamente speranzoso.

 

 

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