Medicina delle Differenze in Dipartimento di Emergenza: una gentile innovazione
“ll futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni”. Eleanor Roosevelt
di Elisa Pontoni
Per Medicina di Genere, oggi Medicina delle Differenze in una definizione piu’ inclusiva, si intende lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite dal sesso) e socio economiche e culturali (definite dal genere) sullo stato di salute e malattia della persona.
La richiesta di una maggiore attenzione al sesso e al genere sta diventando centrale nella discussione più ampia sulle tematiche di equità nel diritto alla salute: una crescente quantità di dati epidemiologici, clinici e sperimentali suggeriscono notevoli differenze nell’insorgenza, progressione e manifestazioni delle malattie comuni a uomini e donne, sia in acuto che in cronico.
In Italia, come in molti altri paesi occidentali, è evidente il “paradosso donna”: nonostante le donne vivano più a lungo degli uomini, l’aspettativa di vita sana risulta essere equivalente tra i due sessi; uomini e donne usano diversamente i farmaci e altri interventi sanitari, per motivazioni biologiche (si ammalano diversamente) e socioculturali (hanno diversa attitudine alla salute e alle cure).
Il nostro paese, con il Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere (in attuazione dell’articolo 3, comma 1, Legge 3/2018) ) si è dotato della prima legge in Europa sulla Medicina di Genere (legge Lorenzin); presso l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) è stato inoltre istituito un Osservatorio volto al controllo dell’applicazione del Piano stesso nei suoi quattro elementi fondanti: percorsi clinici di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione; ricerca e innovazione; formazione e aggiornamento professionale; comunicazione e informazione.
Il fine è l’equità, i mezzi sono la ricerca, la promozione della conoscenza e l’attuazione di soluzioni pratiche e concrete; in quest’ottica, nelle nostra società scientifica nel dicembre scorso è stato istituito un gruppo di studio per la Medicina di genere nelle patologie tempo dipendenti, che ho il piacere di coordinare e del quale fanno parte, oltre al presidente nazionale Fabio De Iaco, Claudia Sara Cimmino, Pierangela Con, Anna Maria Ferrari, Catia Morellato, Daniela Pierluigi, Maria Pia Ruggieri, Maria Luisa Ralli, Sonia Zoanetti, Irene Cara, Andrea Fabbri, Paolo Pinna Parpaglia, Antonio Voza, Cristiano Perani.
La prima patologia tempo-dipendente con la quale ci siamo confrontati è la sindrome coronarica acuta (ACS): le malattie cardiovascolari (CV) rappresentano la principale causa di mortalità nelle donne, che hanno ancora oggi una prognosi peggiore rispetto alla popolazione maschile.
Le donne tuttavia non ne sono consapevoli, talora tale consapevolezza è carente anche tra i professionisti del mondo sanitario; soprattutto nelle aree socio-economiche più svantaggiate, la popolazione femminile è spesso soggetta a discriminazione nell’accesso alle cure.
Esistono delle differenze di genere nei fattori di rischio cardiovascolari, con la recente definizione di fattori di rischio ginecardiologici, tra i quali annoveriamo l’ipertensione e il diabete gestazionale, la policistosi ovarica, la menopausa precoce; esistono delle differenze nella sintomatologia d’esordio della sindrome coronarica acuta, essendo squisitamente androcentrica la definizione di dolore toracico acuto (DTA) quale sintomatologia oppressiva retrosternale irradiata all’arto superiore sinistro.
Per migliorare la diagnosi differenziale del DTA in un’ottica di genere, l’8 marzo scorso, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, abbiamo promosso l’iniziativa “Diverse nel cuore”: nei Pronto Soccorso aderenti – che ringraziamo per lo sforzo compiuto nella partecipazione attiva – abbiamo valutato nel giorno indice dedicato alla popolazione femminile l’utilità del calcolo del Chest Pain Score, applicandolo alla popolazione non selezionata afferente al Dipartimento di Emergenza e ricercando la diversa espressione di genere nella rappresentazione del sintomo. I dati raccolti, presentati nel corso dell’ultimo Convegno Nazionale svoltosi a Genova dal 30 maggio al 1 giugno scorso, confermano come anche nel mondo reale vi sia una diversa rappresentazione sintomatologica nei due sessi: nella popolazione femminile di età superiore ai 50 anni, il dolore retro sternale epigastrico non irradiato è risultata la descrizione sintomatologica maggiormente rappresentata.
La survey “Diverse nel cuore” si è svolta con il patrocinio di Fondazione Onda, Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna, nello spirito fondante di cooperazione proprio della società.
La SIMEU è stata inoltre invitata a partecipare, sotto l’egida dell’Istituto Superiore di Sanità, alla stesura di un Documento Italiano di Consenso Intersocietario sulla prevenzione e gestione delle malattie cardiovascolari nelle donne, documento che vede coinvolte le principali società scientifiche non solo cardiologiche interessate alla definizione del percorso di prevenzione e cura delle malattie cardiovascolari femminili.
Alla nostra società è stato affidato il coordinamento della sezione dedicata alla cardiopatia ischemica acuta.
Studiare e riconoscere le differenze tra i sessi e i generi è solo il primo passo per garantire equità e appropriatezza della cura: il nostro gruppo di lavoro intende impegnarsi fattivamente in questa direzione.
Il tema della salute delle donne è cruciale nella discussione più generale sulla necessità di raggiungere una parità di genere. L’auspicio è che si faccia sempre di più per promuovere una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, sviluppando soluzioni di conciliazione vita-lavoro anche e soprattutto nel mondo dell’emergenza, nostro setting operativo.
La promozione di una gentile leadership al femminile e la crescente attenzione dedicata alle misure volte a contrastare la violenza contro le donne sono ulteriori elementi indispensabili per poter finalmente parlare di equità.