Spiegare l’Emergenza-Urgenza alle persone.
La dott.ssa Paola Noto, attuale Consigliere Nazionale SIMEU, vive la professione di medico di Pronto Soccorso con palese entusiasmo e grande passione. Sempre molto concreta quando si tratta di prendere posizioni attive a favore della medicina di Emergenza-Urgenza, è stata un’ instancabile protagonista del gruppo di lavoro EmDAY2021 organizzato dal CDN SIMEU.
Ci ha raccontato il suo punto di vista sullo stato attuale della MEU con l’obiettivo di sensibilizzare l’audience dei pazienti.
“La medicina di Emergenza-Urgenza è una delle branche più entusiasmanti e travolgenti della medicina. Il medico di urgenza in pochi minuti può fare la differenza rispetto all’esito del paziente. E’ il medico delle patologie “tempo dipendenti ” – infarto, ictus, sepsi politrauma etc – quelle che si devono diagnosticare ed inquadrare rapidamente e altrettanto velocemente si devono gestire per contrastare il deterioramento del paziente.
Essendo una disciplina piuttosto giovane purtroppo è poco conosciuta dalle persone. Non siamo gli specialisti di un apparato ben specifico per questo risulta difficile identificarci.
La realtà è che noi trattiamo le acuzie presenti in tutte le branche della medicina.
C’è poi un motivo culturale. Un tempo il Pronto Soccorso era oggettivamente un luogo di passaggio: non vi era personale dedicato con uno specifico bagaglio formativo e vi erano talmente tanti posti letto nei reparti degli ospedali che il ruolo di quel medico era proprio “smistare” l’utenza.
Oggi non è più cosi e purtroppo negli anni passati questi cambiamenti non sono stati adeguatamente comunicati. Non si è fatta “formazione” ai pazienti rispetto l’evolversi della realtà deludendo quindi le loro aspettative. Col passare degli anni, con la progressiva riduzione dei posti letto in ospedale, i tempi di permanenza in PS si sono, per forza di cose, allungati tanto che a volte l’intero iter del paziente (diagnosi, terapia e dimissione) avviene direttamente in PS.
E questo è un grandissimo cambiamento non perfettamente recepito dagli utenti-pazienti.
A tutt’oggi il concetto di “golden hour”, cioè quei 60 minuti che se non gestiti correttamente possono portare a morte un soggetto, non sono per nulla entrati nella cultura italiana.
Facciamo una riflessione: tutti noi scegliamo l’oculista, il ginecologo, il dentista, l’ortopedico, lo specialista in generale. Ci informiamo, chiediamo consigli ad amici o conoscenti sulla qualità di prestazione, sulla disponibilità a comprendere, ci facciamo consigliare …
Il medico di Emergenza-Urgenza non possiamo sceglierlo, capita in funzione delle necessità e del luogo nel quale ci si trova in quel determinato momento.
Ma se è cosi, non vorremmo tutti il “top di gamma” il meglio del meglio ad accoglierci ovunque siamo e qualunque cosa di imprevedibile ci succeda?
Si dovrebbe auspicare una diffusa super specializzazione, medici ed infermieri capaci, competenti, formati, sensibili. Finchè la gente non comprenderà bene questo passaggio tutti gli approcci con il Pronto Soccorso saranno sbagliati o per lo meno non completamente corretti.
Oggi il Pronto Soccorso tende ad essere un reparto moderno composto da professionisti normalmente molto appassionati capaci di rispondere ai bisogno di salute dei cittadini nel momento in cui sono più indifesi e colpiti: cioè quando un evento avverso stravolge la loro vita ponendoli in un momento di vulnerabilità estrema, che va ben oltre alla soluzione degli acciacchi del quotidiano.
Questo dovrebbe essere inteso ed interpretato come il vero Pronto Soccorso.
Purtroppo ad oggi è spesso ancora soprattutto utilizzato come ricovero notturno per i casi sociali, sosta per anziani bisognosi, riferimento per problematiche che potrebbero essere risolte sul territorio, luogo dove poter accedere a servizi gratuitamente e senza obbligo della prenotazione …. ma questa è un’altra storia.
Il PS è un luogo speciale: permette a medici ed infermieri di vivere l’esperienza diretta di quanto si può fare la differenza sull’evolvere di un caso clinico. Permette ai professionisti di tenere la mente dinamica e sempre in grande allenamento perché si passa da una patologia all’altra senza continuità. Ogni caso è diverso, a differenza degli altri specialisti non conosci il paziente, non sai la sua storia e magari in quel momento nessuno te la può spiegare. Sei solo davanti ad un bisogno grandissimo, con la responsabilità di salvare una vita, devi capire e decidere velocemente cosa è giusto fare per quello specifico paziente. E’ un lavoro mai uguale a se stesso.
Il tempo in PS vola veloce, non c’è spazio per la noia, non guardi mai l’orologio.Aiuta a mantenere lo sguardo su quelle che sono le cose che davvero contano nella vita, su quanto sia un dono ogni giorno poter tornare a casa sani dalla propria famiglia.
Io personalmente soffro una sorta di “dipendenza”: non potrei mai smettere o fare altro.
Ci sono molte donne tra i professionisti dell’ emergenza-urgenza. Quello a cui abbiamo assistito in questi anni, credo un po’ come in tutti i settori, è l’abbandono da parte di alcune colleghe per l’ impossibilità di conciliare la vita personale con quella professionale. Una mamma medico di emergenza-urgenza non rispetta gli impegni del calendario: mancherà alla famiglia a Natale, a Pasqua, la domenica e la notte, magari al saggio di fine anno.
L’oggettiva carenza di personale acuisce tutto ciò!
La pandemia ha inoltre estremizzato le problematiche sovraccaricando ulteriormente di impegno le strutture.
Mentirei se non dicessi che tutto questo ha delle ripercussioni sulle famiglie. Si richiedono sacrifici che ovviamente alla lunga possono portare delle conseguenze. Alle nostre famiglie chiediamo molto, è importante che comprendano cosa significa prendersi cura dei pazienti, che i nostri cari siano in qualche modo complici rispetto l’importanza dell’impegno di una professione tanto cruciale per la vita delle persone.
Certo una visione evoluta con asili, nidi aziendali aiuterebbe moltissimo le madri, donne lavoratrici spesso in emergenza-urgenza anche nel privato.
Aggiungo anche che il medico di Pronto Soccorso è l’unico che non ha – per ovvi motivi – la possibilità della libera professione in ambulatorio che significa che il riconoscimento economico non può certo essere considerato una leva di coinvolgimento per la professione. Anche questo è un particolare sul quale la gente spesso non riflette quando esprime un giudizio.
Nonostante tutto, per me, rimane il mestiere più bello del mondo!”