IL BLOG DI SIMEU

 

L’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nel mondo della Medicina d’Urgenza. Vantaggi, limiti e potenzialità.

settembre 7th, 2021 | NO COMMENTS

di Antonio Voza

Nel dicembre di 3 anni fa, partecipando ad un congresso organizzato dalla Fondazione Veronesi, vengo colpito da una affermazione, molto simile ad una sentenza, secondo cui alcuni esperti internazionali valutavano concreta la possibilità che entro il 2050, attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale (IA), le macchine sarebbero in grado di sostituire del tutto gli umani nello svolgere ogni genere di professione, compresa quella del medico.

La mia reazione è stata contrastante: preoccupazione e curiosità si sono alternate ma, quando parliamo di IA, di cosa si tratta?

 

In questi ultimi anni, nel cercare di definirne una dimensione ed una identità, mi sono imbattuto in diverse descrizioni.

Una su tutte ha contribuito a schiarirmi le idee. Nello specifico, asserisce che il concetto di IA viene usato in riferimento a “sistemi software che, ricevuto un obiettivo complesso, interagiscono nella dimensione fisica e digitale, percependo l’ambiente circostante attraverso l’acquisizione e l’interpretazione di dati raccolti, ragionando sulle conoscenze pregresse, elaborando le informazioni ottenute dai dati stessi e decidendo quale possa essere la migliore azione da compiere per raggiungere l’obiettivo prefissato”.’

“Questi sistemi possono inoltre apprendere modelli di calcolo numerico e sono in grado di adattare il proprio comportamento, analizzando come l’ambiente circostante sia stato influenzato dalle precedenti azioni”. (High-level Expert Group on Artificial Intelligence, definition of AI, Bruxelles, 2019, p. 6).

Definizione chiara, ma che personalmente ritengo possa far nascere più di una riflessione.

E’ oggettivo che tecnologia, innovazione e intelligenza artificiale siano progredite drasticamente negli ultimi decenni. Alcuni vedono questo progresso come una fonte di pericolo che potrebbe portare la tecnologia a surclassare l’umanità, altri leggono l’intelligenza artificiale e la robotica come un modo per migliorare la società, il lavoro e la qualità della vita quotidiana.

Come per qualsiasi cambiamento, sono convinto che il risultato dipenderà solo da come l’IA verrà di fatto utilizzata.

 

La crescente digitalizzazione dei sistemi sanitari, dei dati clinici, associata alle tecniche di apprendimento, rende l’IA una tecnologia particolarmente idonea ad essere applicata al settore sanitario. Anche nell’ambito della Medicina d’Emergenza-Urgenza la letteratura è sempre più completa in termini di esempi di applicazione di algoritmi di IA a supporto della pratica clinica, soprattutto nella gestione delle patologie tempo dipendenti, di nostra assoluta pertinenza.

Per la sua stessa natura, il mondo dell’Urgenza si presta alla più appropriata applicabilità dei sistemi di IA. Pensiamo ai flussi crescenti di presa in carico dei pazienti in un Pronto Soccorso e parallelamente al bisogno di prendere decisioni clinico-diagnostico-terapeutiche rapide ed accurate per pazienti critici: è intuitivo come la maggiore accuratezza e rapidità garantite dai sistemi di IA possano rapresentare la risposta più promettente a queste necessità.

Solo come esempio, sono molteplici le applicazioni dei sistemi di IA nella interpretazione degli esami di diagnostica per immagini, nel predire la prognosi del paziente in base alla presentazione clinica o nel monitoraggio dei parametri vitali.
Inoltre diverse aziende stanno cercando di ridurre il carico di documentazione in PS attraverso sistemi di IA, in grado di redigere una cartella clinica basata sulla registrazione dell’interazione medico-paziente nel momento in cui si verifica.

Ma a fronte della loro potenziale applicazione, queste tecnologie devono ancora essere implementate in maniera omogenea e diffusa a livello dei dipartimenti di Emergenza – Urgenza. Gli ostacoli principali finora riscontrati sono soprattutto tecnici e normativi.

 

Tornando ad esempi concreti, sono diversi gli studi che hanno dimostrato come l’IA possa migliorare e ottimizzare il trattamento dei pazienti con diagnosi di sepsi in Urgenza, evidenziando come algoritmi di IA – in base ai parametri ed alle condizioni cliniche del paziente – possano suggerire al medico d’Urgenza la corretta dose di liquidi e amine vasoattive da utilizzare – in maniera dinamica – mentre sta trattando il paziente. Si conclude andando ad oggettivare come l’utilizzo di questi modelli di IA potrebbero portare ad una prognosi decisamente migliore.

Sono diversi poi gli studi che hanno invece dimostrato come l’accuratezza della predittività della corretta indicazione al ricovero – indipendentemente dal modello di IA utilizzato – migliori in modo statisticamente significativo con l’utilizzo di alcune variabili e del testo libero compilato direttamente dagli infermieri di triage, mettendo a disposizione i risultati dell’algoritmo in ‘real time’ così da avere a disposizione del professionista preziose informazioni aggiuntive con tutti i vantaggi che ne conseguono in termini di velocità di assegnazione, di sicurezza di percorso scelto, di ottimizzazione delle risorse e di prevenzione dell’overcrowding.

Manna dal cielo, per una disciplina dove i professionisti coinvolti – tanto medici quanto infermieri – hanno troppo spesso a disposizione poche informazioni sulla storia clinica del paziente, a volte neanche le sue generalità, pochi dati in un contesto a volte di confusione oltre che di notevole stress e si trovano a dover prendere decisioni che possono comportare un ritardo diagnostico influenzandone la prognosi.

 

In tempo di pandemia da COVID-19, la letteratura è ricca di esempi di come l’utilizzo dell’ IA ne abbia aiutato non poco e a tutti i livelli la gestione sanitaria. In questo la Cina ha tracciato la via.

Due esempi. A partire dal mese di febbraio 2020 la società Alibaba Damo Academy ha dichiarato di aver sviluppato una piattaforma in grado di analizzare e individuare l’intero genoma del nuovo coronavirus, riducendo i tempi normalmente richiesti per questo esame a soli trenta minuti, attraverso l’uso di algoritmi dotati di IA. In questo modo è stato possibile ottenere la diagnosi in tempi notevolmente minori e soprattutto consentire una individuazione più accurata delle possibili mutazioni del virus.

A questo strumento, la stessa società cinese ha affiancato poi lo sviluppo di un sistema diagnostico basato sull’IA che si proponeva di rilevare nuovi casi di COVID-19 con un livello di accuratezza che arrivava fino al 96%. Infatti, attraverso l’analisi delle immagini tac, l’IA si è dimostrata in grado di identificare le differenze tra i pazienti affetti da polmonite dovuta a COVID-19 e i casi di polmonite virale ordinaria, abbassando radicalmente i tempi d’attesa richiesti per i tradizionali tamponi. Ancora riduzione dei tempi e accuratezza diagnostica: il mantra del medico d’Urgenza.

 

Ma lo scopo di questo articolo non vuole essere una metanalisi della letteratura pubblicata. In quanto strumento nelle mani dell’essere umano, l’utilizzo e l’applicazione dell’IA – soprattutto in ambito medico – può essere fonte di dilemmi etici e morali che non possono essere sottovalutati.

L’IA infatti non si presenta, dal punto di vista giuridico, priva di rischi che possono compromettere i principi, i diritti e le libertà tutelate dalla legge, anche con ripercussioni in termini di ‘diritto alla salute’.

E tutto questo rischia di portare a due conseguenze che non possiamo sottovalutare, con il sincero auspicio di riuscire ad evitarle. Da un lato, potrebbero portare ad un processo di disumanizzazione del rapporto terapeutico, negando spazio a quelle occasioni di dialogo, confronto e conforto di per sè parte integrante della cura, come riportato dall’ordinamento italiano. Dall’altro, potrebbero invece pregiudicare quello stesso diritto alla salute che proprio tramite l’uso dell’IA si vuole tutelare dal punto di vista collettivo e individuale evitando il possibile rischio di disomogenee opportunità.

E’ auspicabile quindi che, in parallelo ad Università che approntano Master di secondo livello, molto stimolanti sull’utilizzo dell’IA in ambito medico, si possano aprire dibattiti interdisciplinari, che ci possano vedere protagonisti, insieme alle altre figure professionali coinvolte, con l’obiettivo di individuare e bilanciare rischi e benefici.

 

La domanda ultima che ci si pone quindi è se l’IA permetterà in futuro di fare a meno del personale sanitario.

I più scettici consigliano di tenere conto della straordinaria abilità dell’essere umano di fare affidamento, soprattutto nel corso di circostanze estreme (quali quelle ad esempio vissute in pieno picco pandemico) sul proprio ingegno e caparbietà, ponendo l’intelletto al servizio del più primordiale degli istinti che può essere solo umano, la volontà di sopravvivere.

Altri, non da meno, sottolineano come la medicina sia una tecnologia complessa, fondata sulla scienza e nessun robot o algoritmo progettato da uomini al momento possa essere in grado di affrontare sfide cognitive e operative a più livelli, come riesce invece a fare la mente umana.

Ci sono poi i più “conservatori” che asseriscono come non si possa meccanizzare l’empatia. I pazienti non prenderebbero mai sul serio le raccomandazioni di un chatboat (Siri di Apple è un caso di chatboat). Altri autori, non distanti, sottolineano come la fiducia abbia bisogno di ascolto e risposte che implicano una relazione con il medico. A questo proposito mi chiedo: quale relazione è più difficile ed allo stesso tempo sfidante, se non quella tra noi specialisti dell’Urgenza e un paziente che non ha scelto di essere  in uno dei nostri Pronto Soccorso in quel momento, cosi come non ha scelto di essere preso in carico e trattato proprio da noi come professionisti in quella sua precisa condizione di necessità?

Allo stesso modo, va però sottolineato che sono diversi gli autori che argomentano in modo altrettanto ineccepibile sui vantaggi oggettivi di una sempre più costante presenza di algoritmi di IA durante la nostra pratica clinica. E’ infatti difficile non riconoscere come l’IA stia accelerando il processo diagnostico e riducendo gli errori. La macchina riesce a controllare, con maggiore accuratezza, una quantità di dati che impegnerebbero per mesi una equìpe di medici, per quanto esperti, preparati e con grande esperienza.

 

Infine l’IA potrebbe finalmente archiviare, anche nel mondo dell’Emergenza Urgenza, la medicina difensiva non solo riducendo drasticamente gli errori medici e le diagnosi errate ma, poiché gli algoritmi prodotti dall’IA sono sempre più precisi ed efficienti, seguendoli sarà sempre più difficile portare in giudizio un medico ed un infermiere che prendono in carico in Pronto Soccorso un paziente critico di cui a volte non conoscono proprio nulla, come si diceva, spesso neanche le generalità.

E’ importante sottolineare però che questi strumenti non ci potranno mai sostituire completamente.

Perché se è vero che queste tecnologie forniranno assistenza, aiutando gli operatori sanitari a cogliere elementi significativi difficilmente estraibili in altro modo, è altrettanto vero che i nostri livelli di comprensione del dato puro non sono e probabilmente non saranno mai replicabili dall’IA.

Raccogliere quindi una raccomandazione di trattamento fornitaci dall’IA e decidere se è giusta o meno per il paziente deve dipendere ancora interamente da un processo decisionale che può essere solo umano … solo nostro!

 

In conclusione, sono personalmente convinto che queste scelte di contesto sono difficili da immaginare interamente demandabili all’IA. Queste nuove consapevolezze dovrebbero portarci a vivere questa sfida non con timore e diffidenza, ma come opportunità da cogliere, modulandola sui nostri bisogni e ‘sartorializzandola’ su ogni singolo paziente dalla presa in carico al trattamento.

 

Dr Antonio Voza, 

Responsabile SC Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza IRCCS Humanitas Research Hospital, Rozzano (Milano)

Come Atlante, a fatica a sorreggere il peso

agosto 30th, 2021 | NO COMMENTS

di Mimosa Milocco – Rappresentante Giovani SIMEU Lazio

Riceviamo dal Presidente Regionale SIMEU Lazio dott. Giulio Maria Ricciuto e pubblichiamo

456 contratti di formazione NON assegnati per la specializzazione in medicina d’emergenza – urgenza. Chi si stupisce?

Di certo non noi giovani MEU.

Noi specializzandi che ogni giorno vediamo i nostri strutturati che, come Atlante, a fatica sorreggono il peso, abusato, dell’emergenza extra e intraospedaliera.

Noi neo specialisti che proviamo a fare del nostro meglio per prendere quel testimone, sapendo che la strada da percorrere è comunque solo in salita: notti, festivi e super festivi, monte ore al doppio del dovuto e, ancora, violenze verbali e aggressioni fisiche, rischi medico legali.

Noi che vediamo colleghi che scelgono una seconda specialità, o la libero professione, con il dubbio che, tutto sommato, forse la strada che abbiamo intrapreso non sia la più saggia.

Per quanto per noi rimanga la più bella.

Chi si stupisce? Di noi, NESSUNO.

Però basta!

Pretendiamo di essere ascoltati, di avere modo di valorizzare la nostra professionalità, di avere i diritti lavorativi che ci spettano, così come già ci prendiamo tutti i doveri.

Pretendiamo che l’emergenza-urgenza sia un servizio usato responsabilmente.

Altrimenti, nessuno si stupisca quando avrà necessità di un servizio di Emergenza e non troverà nessuno di noi che se ne prenderà cura.

Carenza di medici e cooperative

agosto 11th, 2021 | NO COMMENTS

di Beniamino Susi

Si valuta che oggi in Italia manchi circa il 30% dei medici di emergenza rispetto alle reali necessità.

Prima era un fenomeno evidente solo nelle Regioni in piano di rientro (taglio di posti letto e/o non sostituzione del personale dimesso o pensionato), poi si è manifestato in maniera drammatica dovunque con l’evidenza di concorsi per assunzioni a tempo indeterminato praticamente privi di candidati.

Tuttavia, pensare di risolvere il problema utilizzando le prestazioni di medici provenienti da Cooperative, coprendo completamente o in parte i turni dei Pronto Soccorso, è una soluzione apparente, percepita dai management delle ASL o delle aziende ospedaliere come efficace in tempi brevi e soprattutto in un certo senso “pratica” in quanto di facile attuazione.

Da molto tempo ho preso una posizione molto critica nei riguardi di questa “soluzione”in quanto, dal mio punto di vista, è purtroppo una scelta colma di negatività: economiche, organizzative, cliniche e soprattutto di sicurezza. Ne ho parlato anche su RAI 3 nella puntata del 31 gennaio 2021 di REPORT dedicata ad un inchiesta su questo delicato argomento.

Le cooperative di cui parliamo sono società di intermediazione o meglio di fornitura di servizi molto simili a quelle delle agenzie cui ci si rivolge per poter usufruire delle prestazioni professionali di baby sitter, domestiche o badanti. In questo caso si assicura la copertura del turno in PS ma con quale professionista, con quali competenze non sembra essere il centro dell’interesse della struttura economica che gestisce il servizio.

Risolvere la copertura del turno con questa modalità, può essere tranquillizzante negli uffici del management aziendale, ma certamente non lo è per il Direttore del Pronto Soccorso che, oltre ad avere la responsabilità diretta su quanto accade all’interno della sua unità operativa, non ha il controllo della qualità del servizio ai pazienti.

Ogni struttura ha una propria organizzazione interna (presenza o assenza di specialità e consulenti), funzionalità del laboratorio analisi e della radiologia, DEA di riferimento, modalità di trasferimento, presenza di eliporto, sistemi informatici diversi, determinate procedure e protocolli, etc.

La prima domanda molto semplice è: come è possibile trasferire questo insieme di conoscenze complesse ad un professionista – anche se molto valido – che presta servizio occasionalmente in una struttura, non ne conosce gli spazi, il team, le modalità di lavoro?

Da un punto di vista del rischio clinico inoltre và sottolineato che non è possibile in alcun modo prevedere e predisporre un percorso formativo o di affiancamento perché, proprio per caratteristica della modalità di impiego, non si ha la conoscenza del professionista di riferimento.

Allo stesso modo non è dato sapere da quali e quanti turni lavorativi il medico della cooperativa è reduce, da quante ore lavorative consecutive, se ha beneficiato del giusto tempo di recupero e riposo.

Essendo anche interregionali, spesso i professionisti sono costretti a pesanti trasferte che potrebbero aggravare il loro stato di lucidità. Se un medico della cooperativa fa un errore dovuto a stanchezza, non conoscenza dei percorsi o incompetenza, chi ne risponde?

Non dimentichiamo che un Primario ospedaliero è responsabile penalmente, in vigilando ed in eligendo, dei suoi collaboratori, quindi in punto di diritto in quel Pronto Soccorso è ”corresponsabile” delle azioni di quel medico (che non ha scelto, non conosce, non ha formato) in quel turno coperto da altri “a tavolino” da un ufficio con questa discutibile modalità.

Nella puntata di Report cui ho partecipato la giornalista dell’inchiesta si è presentata ad un colloquio presso una Cooperativa, ha ottenuto la credibilità dell’interlocutore che non ha verificato il suo CV ed è stata collocata in un turno di un Pronto Soccorso del Nord Italia. Questo fatto gravissimo dovrebbe far molto riflettere sulla pericolosità di questa modalità di risolvere un problema serio con cui dovremmo confrontarci ancora per anni a causa della cattiva programmazione del passato.

In un Pronto Soccorso dovrebbero esserci gli specialisti in medicina di Emergenza-Urgenza o equipollente (chirurgia, medicina interna, gastroenterologia, etc) ma, come è stato dimostrato durante l’inchiesta, questo non sempre succede. Non si valuta e certifica l’esperienza, i titoli, la competenza o l’esperienza sul campo del medico incaricato.

Il concetto che – visto che allo stato attuale mancano gli specialisti MEU – chiunque possa prestare servizio in PS è a mio avviso un errore molto pericoloso.

Credo che nessuno vorrebbe esser addormentato in sala operatoria da un neo laureato oppure operato al femore da un oculista o al cuore da un dermatologo per cui non si capisce perché si possa accettare che un politraumatizzato stradale o un infartuato in arresto cardiaco, un paziente in emergenza a rischio di vita possa essere gestito da un medico non specialista in MEU e privo di esperienza.

A questo riguardo mi duole constatare il silenzio assordante di sindacati, organismi di tutela dei cittadini e troppo spesso anche dei mezzi di comunicazione. Soprattutto in quest’ultimo anno, ma anche in passato, SIMEU si è fatta portavoce di questa istanza e non ha perso occasione per denunciare la propria posizione sui tavoli istituzionali e spesso anche attraverso gli organi di stampa.

Faccio un’altra riflessione.

Con i contratti di libero-professione la tipologia di medici è del tutto sovrapponibile: medici non specialisti che per scelta o per necessità o condizione non sono entrati in specialità oppure specialisti che preferiscono essere battitori liberi magari per guadagnare più denaro, per non essere dipendenti e/o potersi programmare la vita secondo le proprie necessità, senza gli obblighi del personale di reparto. E poi il costo.

I costi per le aziende ruotano all’incirca intorno ai  100 euro/ora/medico perché, oltre alla quota riconosciuta per la prestazione del professionista, c’è il tornaconto della cooperativa.

Ovviamente non sono in grado di fornire dati precisi ma dalle testimonianze raccolte in maniera informale, è possibile ipotizzare che quest’ultimo valore possa aggirarsi fra il 40 e il 60% dell’intera cifra.

Il proliferare in tutta Italia di queste organizzazioni economiche fa immaginare che la richiesta sia piuttosto alta e dal momento che le tariffe non sono regolate da appalti o contratti nazionali ma dal mercato stesso, è possibile che la libera contrattazione porti ad una corsa al rialzo delle tariffe (legge domanda-offerta) e che le aziende sanitarie prese dalla necessità accettano, non trovando altre soluzioni. Il risultato è che i costi sostenuti non possono che essere molto alti e le stesse cifre di spesa, investite con criterio e una visione costruttiva rispetto al problema, potrebbero generare risultati concreti di crescita.

Tutte queste riflessioni mi portano ad affermare convintamente che quella delle cooperative non può che essere una non soluzione costosa, pericolosa ed inefficace da un punto di vista del livello qualitativo del servizio e duole constatare come non ci si rivolga mai a chi in Pronto Soccorso ci lavora da anni con passione e dedizione per ascoltare quale potrebbe essere concretamente una possibile alternativa in salvaguardia della qualità e della sicurezza delle cure.

 

 

 

Spiegare l’Emergenza-Urgenza alle persone.

luglio 28th, 2021 | NO COMMENTS

La dott.ssa Paola Noto, attuale Consigliere Nazionale SIMEU, vive la professione di medico di Pronto Soccorso con palese entusiasmo e grande passione. Sempre molto concreta quando si tratta di prendere posizioni attive a favore della medicina di Emergenza-Urgenza, è stata un’ instancabile protagonista del gruppo di lavoro EmDAY2021 organizzato dal CDN SIMEU.

Ci ha raccontato il suo punto di vista sullo stato attuale della MEU con l’obiettivo di sensibilizzare l’audience dei pazienti.

 

“La medicina di Emergenza-Urgenza è una delle branche più entusiasmanti e travolgenti  della medicina. Il medico di urgenza in pochi minuti può fare la differenza rispetto all’esito del paziente. E’ il medico delle patologie “tempo dipendenti ” – infarto, ictus, sepsi politrauma etc –  quelle  che si  devono diagnosticare ed inquadrare rapidamente e altrettanto velocemente si devono gestire per contrastare il deterioramento del paziente.

Essendo una disciplina piuttosto giovane purtroppo è poco conosciuta dalle persone. Non siamo gli specialisti di un apparato ben specifico per questo risulta difficile identificarci.

La realtà è che noi trattiamo le acuzie presenti in tutte le branche della medicina.

C’è poi un motivo culturale. Un tempo il Pronto Soccorso era oggettivamente un luogo di passaggio: non vi era personale dedicato con uno specifico bagaglio formativo e vi erano talmente tanti posti letto nei reparti degli ospedali che il ruolo di quel medico era proprio “smistare” l’utenza.

Oggi non è più cosi e purtroppo negli anni passati questi cambiamenti non sono stati adeguatamente comunicati. Non si è fatta “formazione” ai pazienti rispetto l’evolversi della realtà deludendo quindi le loro aspettative. Col passare degli anni, con la progressiva riduzione dei posti letto in ospedale, i tempi di permanenza in PS si sono, per forza di cose, allungati tanto che a volte l’intero iter del paziente (diagnosi, terapia e dimissione) avviene direttamente in PS.

E questo è un grandissimo cambiamento non perfettamente recepito dagli utenti-pazienti.

 

A tutt’oggi il concetto di “golden hour”, cioè quei 60 minuti che se non gestiti correttamente possono portare a morte un soggetto, non sono per nulla entrati nella cultura italiana.

Facciamo una riflessione: tutti noi scegliamo l’oculista, il ginecologo, il dentista, l’ortopedico, lo specialista in generale. Ci informiamo, chiediamo consigli ad amici o conoscenti sulla qualità di prestazione, sulla disponibilità a comprendere, ci facciamo consigliare …

Il medico di Emergenza-Urgenza non possiamo sceglierlo, capita in funzione delle necessità e del luogo nel quale ci si trova in quel determinato momento.

Ma se è cosi, non vorremmo tutti il “top di gamma” il meglio del meglio ad accoglierci ovunque siamo e qualunque cosa di imprevedibile ci succeda?

Si dovrebbe auspicare una diffusa super specializzazione, medici ed infermieri capaci, competenti, formati, sensibili. Finchè la gente non comprenderà bene questo passaggio tutti gli approcci con il Pronto Soccorso saranno sbagliati o per lo meno non completamente corretti.

Oggi il Pronto Soccorso tende ad essere un reparto moderno composto da professionisti normalmente molto appassionati capaci di rispondere ai bisogno di salute dei cittadini nel momento in cui sono più indifesi e colpiti: cioè quando un evento avverso stravolge la loro vita ponendoli in un momento di vulnerabilità estrema, che va ben oltre alla soluzione degli acciacchi del quotidiano.

Questo dovrebbe essere inteso ed interpretato come il vero Pronto Soccorso.

 

Purtroppo ad oggi è spesso ancora soprattutto utilizzato come ricovero notturno per i casi sociali, sosta per anziani bisognosi, riferimento per problematiche che potrebbero essere risolte sul territorio, luogo dove poter accedere a servizi gratuitamente e senza obbligo della prenotazione …. ma questa è un’altra storia.

 

Il PS è un luogo speciale: permette  a medici ed infermieri di vivere l’esperienza diretta di quanto si può fare la differenza sull’evolvere di un caso clinico. Permette ai professionisti di tenere la mente dinamica e sempre in grande allenamento perché si passa da una patologia all’altra senza continuità. Ogni caso è diverso, a differenza degli altri specialisti non conosci il paziente, non sai la sua storia e magari in quel momento nessuno te la può spiegare. Sei solo davanti ad un bisogno grandissimo, con la responsabilità di salvare una vita, devi capire e decidere velocemente cosa è giusto fare per quello specifico paziente. E’ un lavoro mai uguale a se stesso.

Il tempo in PS vola veloce, non c’è spazio per la noia, non guardi mai l’orologio.Aiuta a mantenere lo sguardo su quelle che sono le cose che davvero contano nella vita, su quanto sia un dono ogni giorno poter tornare a casa sani dalla propria famiglia.

Io personalmente soffro una sorta di “dipendenza”: non potrei mai smettere o fare altro.

Ci sono molte donne tra i professionisti dell’ emergenza-urgenza. Quello a cui abbiamo assistito in questi anni, credo un po’ come in tutti i settori, è l’abbandono da parte di alcune colleghe per l’ impossibilità di conciliare la vita personale con quella professionale. Una mamma medico di emergenza-urgenza non rispetta gli impegni del calendario: mancherà alla famiglia a Natale, a Pasqua, la domenica e la notte, magari al saggio di fine anno.

L’oggettiva carenza di personale acuisce tutto ciò!

La pandemia ha inoltre estremizzato le problematiche sovraccaricando ulteriormente di impegno le strutture.

 

Mentirei se non dicessi che tutto questo ha delle ripercussioni sulle famiglie. Si richiedono sacrifici che ovviamente alla lunga possono portare delle conseguenze. Alle nostre famiglie chiediamo molto, è importante che comprendano cosa significa prendersi cura dei pazienti, che i nostri cari siano in qualche modo complici rispetto l’importanza dell’impegno di una professione tanto cruciale per la vita delle persone.

Certo una visione evoluta con asili, nidi aziendali aiuterebbe moltissimo le madri, donne lavoratrici spesso in emergenza-urgenza anche nel privato.

 

Aggiungo anche che il medico di Pronto Soccorso è l’unico che non ha – per ovvi motivi – la possibilità della libera professione in ambulatorio che significa che il riconoscimento economico non può certo essere considerato una leva di coinvolgimento per la professione. Anche questo è un particolare sul quale la gente spesso non riflette quando esprime un giudizio.

 

Nonostante tutto, per me, rimane il mestiere più bello del mondo!”

 

 

L’importanza dell’EMERGENCY MEDICINE DAY

luglio 19th, 2021 | NO COMMENTS

Da alcuni anni il 27 maggio si celebra nel mondo la Giornata Internazionale della Medicina di Emergenza e Urgenza: l’EMDay– Emergency Medicine Day. L’iniziativa è nata grazie al lavoro della Società Europea in Medicina di Emergenza (EuSEM) nella data corrispondente alla sua stessa fondazione avvenuta il 27 maggio 1995. Ha un’ ideatrice italiana, la dott.ssa Roberta Petrino, attuale Consigliere Nazionale SIMEU che lo ha fortemente voluto nel periodo della sua Presidenza EuSEM.

Lo scopo principale dell’EMDay è promuovere conoscenza e cultura della disciplina sottolineando l’importanza di avere servizi di Emergenza e Urgenza competenti e ben organizzati, del loro utilizzo consapevole e del grande valore che essi hanno in sé in termini di riduzione della morbilità e mortalità in casi di situazioni sanitarie di emergenza.

Con l’emergenza Covid è risultato evidente quanto l’attività di pronto Soccorso abbia fatto da argine ad un fiume in piena, pur con le note e croniche difficoltà di personale e di struttura.

Abbiamo intervistato la dott.sa Petrino.

Per capire occorre conoscere. Questa la grande sfida dell’ EMDay: sensibilizzare opinione pubblica e decisori.

Come spiega alle persone che cos’è la Medicina di Emergenza-Urgenza?

E’ la disciplina specialistica che garantisce la prima valutazione, la stabilizzazione e la cura  nelle prime fasi di ogni patologia acuta o trauma, sia nella fase pre-ospedaliera che intraospedaliera. Si occupa anche di risposta alla maxiemergenza in collaborazione con molti altri attori, incluse le pandemie. Le strutture di lavoro sono i mezzi di soccorso pre-ospedaliero (ambulanze, auto-mediche, elicottero), i Pronto Soccorso con l’Osservazione Breve Intensiva (OBI) e le terapie Subintensive.

Perché secondo Lei è cosi poco “riconoscibile” rispetto le altre specialità della medicina?

E’ un problema culturale della popolazione, perchè fino a 20-30 anni fa a seconda delle diverse regioni, il Pronto Soccorso era un luogo in cui i pazienti in condizioni di acuzie venivano accettati e poi smistati ad altri specialisti, e solo i pazienti in pericolo di vita venivano valutati dall’anestesista. Da molti anni la Medicina di Emergenza e Urgenza si sta sviluppando come disciplina specifica – in tutto il mondo – con le proprie competenze che sono uniche e che hanno permesso, dove ben sviluppate, di ridurre la mortalità e la disabilità dei pazienti.

Si sottovaluta la forza e l’importanza di ciò che medici e infermieri del Pronto Soccorso fanno, nel primissimo luogo di accesso agli ospedali?

In molti casi sì perchè purtroppo è ancora vivo il concetto che al Pronto Soccorso “si passa” e non si viene curati. Invece da tempo ormai il Pronto Soccorso è il luogo in cui si viene valutati e immediatamente classificati per gravità o rischio di evoluzione sfavorevole, si viene trattati in urgenza, viene quasi sempre fatta una diagnosi precisa, spesso si dimettono i pazienti dopo un periodo di trattamento o osservazione in OBI . Grazie allo sviluppo delle OBI si sono negli anni ridotti moltissimo i ricoveri aumentando l’appropriatezza.

Perchè si sceglie di lavorare in Pronto Soccorso?

Normalmente per passione, chi sceglie l’Emergenza-Urgenza la ritiene la disciplina in assoluto più interessante. Si vedono pazienti e patologie di ogni tipo, quindi se l’attività di medico ti appassiona per davvero è questo il posto più adatto. E’ sfidante, toglie ripetizione e continuità della cura perchè i pazienti passano e rimangono poche ore, al massimo pochi giorni e non si sa mai di cosa avrà bisogno il prossimo paziente. E poi è un grandissimo lavoro di squadra!

 

Nella foto di Lella Beretta da sinistra Michela Ghisio (Infermiera di Emergenza-Urgenza), Roberta Petrino (Direttore Unità di Emergenza-Urgenza Ospedale S. Andrea di Vercelli), Roberta Marino (Medico di Emergenza-Urgenza), Patrizia Vacca (Infermiera di Emergenza-Urgenza).

E un posto al sole ancora ci sarà!

giugno 25th, 2021 | NO COMMENTS
di Mario Guarino

I tatuaggi, disseminati sul corpo emaciato, sono o tanti. Tutti monocromatici tranne quello sul collo che rappresenta una specie di diamante. Ma la scritta sull’avambraccio di sinistra spicca più di tutti. Sembra risaltare tra le macchie della pelle dovute alla terribile malattia. “Vichinga Vichi”, in un pessimo corsivo e di un bluastro sbiadito  che denuncia una qualità per nulla eccellente.

Aveva fatto capolino, nel pronto soccorso, un freddo giorno di febbraio. Il centodiciotto era stato allertato dalla responsabile del centro di accoglienza presso il quale aveva trovato un letto da qualche giorno. Il braccio e la gamba non le muoveva più e le parole erano meno comprensibili del solito. Certo, neanche prima Vichi si esprimeva bene, colpa dell’assenza di gran parte dei denti e del fatto che era straniera, ma si faceva capire eccome. Quella mattina no. Anche lei avvertiva che era accaduto qualcosa di grave.

“Donna, quarantasei anni senza documenti, viene trasportata in pronto soccorso per emiplegia brachio-crurale sinistra non databile.  Parametri vitali nella norma, Cincinnati positivo, codice giallo”.

La valutazione di Valerio al triage era stata tanto fredda quanto perfetta e l’accesso in sala gialla avvenne dopo pochi minuti. “E’ fuori finestra”. Le parole uscirono di getto dalla bocca di Natja come a voler sottolineare la perdita dell’unica opportunità. Andava a puttane la possibilità di fare la trombolisi nel tentativo di liberare l’arteria cerebrale occlusa e recuperare il danno motorio. Il senso di frustrazione, si palesava con una frase dal sapore romantico che faceva riferimento al tempo trascorso dall’inizio dell’evento. Le linee guida erano chiare, passate quelle ore dall’insorgenza dei sintomi, il rischio emorragico era nettamente superiore alla possibilità di successo di sciogliere il trombo.

Ma la storia di Vichi era ben più complessa.

AIDS, diagnosi conclamata e non solo sieropositività. Fino a qualche mese prima andava con l’autobus all’ospedale di malattie infettive per fare i controlli e le terapie necessarie. La pandemia aveva complicato tutto, l’ospedale era stato trasformato in Covid e gli ambulatori chiusi. Anche tra i virus c’è chi vince e chi perde.

La strada era stata la sua casa fino alla malattia. Poi aveva trovato un letto in quel centro. L’AIDS le aveva tolto l’immunità e le aveva donato la priorità. Ma proprio ora che aveva trovato un tetto era “fuori finestra”. La vita è bizzara come i capelli di Vichi, esili di natura e scolpiti da sforbiciate improvvisate. Da allora nessuno la vuole. Vichi non esiste per il mondo dei diritti. In quanto senza fissa dimora non può andare nelle strutture di riabilitazione. Siccome ha bisogno della fisioterapia nessun centro di accoglienza la prende. Poi l’AIDS peggiora il tutto. Le lungodegenze rifiutano la richiesta di trasferimento perché, a dir loro, “non attrezzate a gestire i pazienti con AIDS” e le residenza per anziani non accettano persone che hanno meno di sessantacinque anni.

Gina impazzisce, ma non si arrende. “Embè fosse l’ultima cosa che faccio prima di andare in pensione tra un mese, io un posto glielo trovo”. E’ l’assistente sociale dell’ospedale. Con la naturale eleganza e bellezza dei suoi anni portati splendidamente, Gina è feroce con le carte e la burocrazia, e che non si arrenderà lui ne è certo.

L’altro avambraccio di Vichi ospita un tatuaggio con il nome di Fabri Fibra. “Mi piace assaje”, risponde alla domanda fatta solo con gli occhi dal medico curioso durante il giro. Quell’assaje è il segno di un’altra infezione fatta di inflessioni dialettali trasmesse a dallla sua nuova città. “Perché no piace a te Fabri Fibra?” Chiede di tutto punto al medico curioso, relegandolo all’angolo della risposta. “A me no ma…” “e Clementino? A me piace assaje pure Clementino, è forte lui dai…”, “beh si Clementino piace anche a me”. ”Azz tenevamo il primario rap e non lo sapevamo”, aggiunge sottovoce Gennaro l’operatore socio-sanitario dal giallo dei suoi baffi intrisi di nicotina e catrame.

Il tempo di finire il giro, organizzare gli esami da fare secondo le diverse priorità, ed i bicchierini di plastica, ripieni a metà con il caffè appena fatto da Gennaro, riuniscono il gruppo in una breve pausa. Appena un sorso e, preso da un’illuminazione, lui telefona alla sua amica Francesca, giornalista e molto conosciuta nell’ambito musicale. La richiesta è semplice, far sentire meno sola Vichi. Lei conosce cantanti ed attori grazie alla sua professione, hai visto mai?

Napoli ti sorprende per la rete. Ne ha discusso tante volte con il suo amico scrittore. I rapporti, tra le persone che hanno i piedi nel mare, hanno un peso specifico diverso. Come se Partenope tenesse uniti i suoi figli attraverso i lunghi e folti capelli.

Basta poco”, ripete al telefono, “magari un saluto” e dopo qualche ora arrivano il video dell’attore Ciro Giustiniani e della cantante Monica Sarnelli.

Vichi è felicissima. Chiama accanto a se Maurizio, il suo infermiere preferito, per vedere e condividere quei video. Sorride a gengive esposte. Monica Sarnelli le dedica la canzone che fa da sigla ad una famosa fiction da ben venticinque anni e che le ha portato fortuna con l’augurio che ne porti un po’ anche a Vichi, la vichinga.

Ah a proposito…”, chiede il medico curioso, “i vichinghi sono forti, quindi anche Vichi lo è”. “Si”, risponde certa e precisa, “i vichinghi sono forti, ma muoiono presto!

Il display del telefonino lascia andare il refrain della canzone di Monica, lasciando ammutoliti ed attoniti tutti nella stanza di ospedale che fa da casa a Vichi, “…se questa vita siamo noi, lascia le cose che non vuoi. E’ così poco il tempo per amare, e un posto al sole ancora ci sarà!

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giugno 16th, 2021 | NO COMMENTS

Cari Associati
nell’ambito del progetto di ristrutturazione dell’ecosistema social, abbiamo deciso di ripristinare anche il BLOG DI SIMEU la cui attività si è fermata all’ 8 novembre 2018.
L’idea è di mantenere, per ora, la forma visuale sobria che ha caratterizzato lo strumento sin dagli inizi introducendo però indici di novità sulla gestione dei contenuti.

Vorremmo infatti che diventasse una piattaforma espressiva comune, aperta a tutti i soci SIMEU dell’anno di riferimento, offrendo una opportunità di pubblicazione dei propri articoli che devono essere consegnati alla redazione utilizzando la mail ufficio.stampa@simeu.it inserendo in oggetto la dicitura “BLOG DI SIMEU”.

I contenuti verranno vagliati applicando i principi etici della società scientifica ma si garantisce che libero pensiero, creatività, diritti e responsabilità su quanto affermato saranno riconosciuti esclusivamente al firmatario. La redazione avrà cura di inserirli all’interno del piano editoriale in funzione del materiale ricevuto.

il BLOG si rinnova quindi nella modalità di gestione degli articoli con l’intento di ampliare tipologia e categoria di argomenti. La nostra speranza è che si evolva in un prezioso strumento di comunicazione, un open magazine a tema emergenza-urgenza per tutti coloro che desiderano divulgare i propri studi, pensieri, esperienze, proposte, posizioni, racconti..

Ogni mese IL BLOG DI SIMEU sarà aperto da uno scritto di un componente del CDN e/o dell’Ufficio di Presidenza per creare vicinanza con gli iscritti ma non sarà mai utilizzato come strumento politico o di propaganda dei singoli consiglieri e/o del gruppo.

Il lancio è stato affidato al Segretario Nazionale dott. Mario Guarino che, come è noto, è un vero appassionato di storie e di scrittura. A breve un suo racconto.

Auspicando un ampio coinvolgimento da parte di tutti voi, non mi resta che augurare buona navigazione e buona lettura!
Dott. Salvatore Manca _ Presidente Nazionale SIMEU

Simeu fra le società scientifiche accreditate dal ministero per produrre Linee guida

novembre 8th, 2018 | NO COMMENTS

La Società italiana della medicina di emergenza-urgenza è nell’elenco dei soggetti accreditati per produrre e diffondere linee guida su temi sanitari di interesse nel proprio ambito di attività.

Si tratta di un importante risultato nel consolidamento dell’identità della società scientifica, che si conferma così punto di riferimento per la disciplina della medicina di emergenza urgenza nazionale.

L’elenco, che comprende 293 fra tra società scientifiche e associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie, è stato pubblicato sul sito del ministero della Salute. Ne fanno parte coloro che hanno superato la valutazione amministrativa basata sulla presentazione di uno statuto che rispondesse ai requisiti richiesti dal ministero, fra cui, di fondamentale importanza, l’assenza di finalità di lucro e l’esplicita dichiarazione di attività non sindacale. Quest’ultimo requisito ha comportato necessariamente la decisione di Simeu di uscire da aggregazioni di settore, che avessero fra i loro scopi anche un’attività di tipo sindacale.

La necessità dell’accreditamento ministeriale per la produzione di linee guida deriva dalla Legge Gelli sulla Responsabilità professionale, che  in merito recita: «qualora l’evento avverso si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto» e dal successivo decreto ministeriale del 2 agosto 2017 che definisce requisiti per l’accreditamento.

L’elenco sarà aggiornato ogni due anni.

Qui l’elenco completo delle società accreditate.

A chi giova?

ottobre 18th, 2018 | NO COMMENTS

La posizione Simeu sul procedimento disciplinare Omceo in Emilia Romagna

 

La Società Italiana di Medicina d’Emergenza-urgenza assiste con preoccupazione e stupore ai fatti riportati dagli organi di stampa, relativi ai provvedimenti assunti dal Presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Bologna nei confronti dell’Assessore alla Salute della Regione Emilia Romagna. 

Ciò che più stupisce è che una questione che era già stata affrontata nel merito al momento della pubblicazione dei protocolli oggetto di discussione, sui quali la posizione della Società Scientifica era già stata chiaramente espressa, riemerga oggi, ad anni di distanza, con l’avvio di un provvedimento disciplinare relativo non già alla condotta professionale di un collega, ma alla sua attività in campo politico e amministrativo.

L’integrazione operativa tra le professioni medica e infermieristica finalizzata a garantire la miglior assistenza possibile al cittadino, rappresenta da sempre non solo un obiettivo fondamentale per SIMEU ma anche un modello di riferimento per tutto il sistema di emergenza urgenza. 

Quanto accade oggi a Bologna nulla aggiunge al doveroso e impegnativo dibattito sull’argomento, assumendo esclusivamente la connotazione di un’azione politica dettata da esigenze che appaiono del tutto indipendenti dall’obiettivo ultimo della Società Scientifica e di tutti i professionisti coinvolti: il miglioramento dell’assistenza in condizioni di emergenza urgenza. 

Al contrario rischia di spostare attenzione ed energie dai temi veramente importanti che sono rappresentati appunto dallo sforzo comune di un approccio multiprofessionale, nel rispetto delle reciproche competenze,  integrato ma anche proporzionato alle specifiche necessità dei pazienti, equo e sostenibile.

Di certo non giova a noi professionisti e tantomeno ai nostri pazienti.

 

L’Ufficio di Presidenza Simeu

Gli anziani, pazienti di serie A degli ospedali

ottobre 10th, 2018 | NO COMMENTS

La necessità di percorsi ad hoc dal Pronto Soccorso alla Geriatria, una collaborazione fra SIMEU e SIGOT

 

I pazienti ultra ottantenni in Pronto Soccorso nel 2005 erano l’8% del totale degli accessi, nel 2015 avevano raggiunto il 12% e negli ultimi anni il trend si conferma in aumento. Il dato risulta dal monitoraggio del fenomeno condotto da SIMEU, Società della Medicina di Emergenza Urgenza, che insieme a SIGOT, Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio, presta al problema un’attenzione particolare.

SIMEU e SIGOT stigmatizzano eventuali tentazioni di confezionare, per le persone anziane, una sanità a diversa velocità che preveda, per esempio, strani “filtri” di accesso al Pronto Soccorso, del tutto diversi da quelli dedicati alla generalità della popolazione.

Nella stragrande maggioranza dei casi gli accessi in Pronto Soccorso delle persone anziane non sono accessi inappropriati (che sono molto più frequenti nei giovani-adulti), ma richieste di salute a cui il Pronto Soccorso prima e i reparti di Geriatria poi dovrebbero dare la risposta più adeguata, nel più breve tempo possibile: dall’analisi dei codici di accesso emerge chiaramente che gli anziani in genere si rivolgono al Pronto Soccorso per patologie gravi, complesse e urgenti, le quali nella maggior parte dei casi giustificano il ricovero. Nel corso della successiva degenza ospedaliera, una metodologia assistenziale “dedicata”, come quella che viene operata nei reparti di Geriatria, è in grado di migliorare gli esiti clinici alla dimissione, come dimostrato da fortissime evidenze scientifiche internazionali. È necessario poi che alle cure del caso acuto in ospedale faccia seguito un percorso di cura sul territorio, che quindi deve attrezzarsi per facilitare la dimissione dagli ospedali di pazienti stabilizzati ma ancora bisognosi di cure.

 L’ Italia è uno dei paesi più vecchi del mondo  – dichiara Filippo Fimognari, presidente SIGOT  e con la crescita del numero assoluto di over 80, aumentano anche gli anziani malati e ‘fragili’, affetti da molteplici malattie croniche. Sono proprio questi i pazienti più a rischio di sviluppare peggioramenti acuti e imprevedibili, che spesso rendono indispensabile il ricorso a Ospedali moderni e attrezzati“. 

Gli anziani – sottolinea Francesco Rocco Pugliese, presidente SIMEUmeritano sempre un’attenta osservazione di Pronto Soccorso, che consenta ai medici dell’emergenza di assumere decisioni cliniche ben ponderate, spesso molto impegnative”.

Le due società scientifiche hanno costituito un gruppo di lavoro congiunto SIGOT-SIMEU, che sta lavorando da alcuni mesi con l’obiettivo di produrre un documento di indirizzo che, partendo da chiare evidenze scientifiche, declini i punti qualificanti che dovrebbero caratterizzare il percorso del paziente anziano dall’ingresso in Pronto Soccorso e in Ospedale fino alla dimissione, con il presupposto che il ricorso dei pazienti anziani ai servizi di emergenza-urgenza è quasi sempre appropriato e legittimo.


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🔴 DEFINITE LE DATE DELLA SUM_SCHOOL #SIMEU 2025. 📌 Bertinoro 20-24 settembre > SAVE THE DATE! 🔵 È firmato da un #infermiere, il dott. Matteo De Giorgi, direttamente dall’ultima edizione della #SumSchool lo scritto appena pubblicato sul #BLOGdiSIMEU. Emozioni intense vissute in prima persona:“Arrivo, sono stanco, la notte in #PS è andata male e il viaggio è stato stancante, eppure inizia subito il mio entusiasmo e come in una magia il mio corpo si rivitalizza e mi rispecchio nel volto di tanti giovani ragazzi sorridenti e curiosi. Non conosco nessuno, eppure, mi sembra di conoscerli tutti” #fieridiMEU👉 Il racconto di una bella esperienza da leggere qui www.simeu.it/blog/GRAZIE MATTEO❣️#sumschoolsimeu #emergenza #urgenza #piusiamomegliofacciamo #primalinea #formazioneSIMEU #medici #specializzandi #GOLDENdoctors #GOLDENmedicine #fieridivoi ... Vedi altroVedi meno
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🔴 In una recente intervista a Giovanni Ierfone de #L_Identità il Presidente nazionale #SIMEU dott. Alessandro Riccardi affronta nuovamente il tema della violenza nei #prontosoccorso. “Non militari, ma cultura, formazione e tutele concrete: serve un piano nazionale” la sintesi della posizione della #società #scientifica. Molti #professionisti #medici #infermieri dell’#emergenza #urgenza troppo spesso scelgono di non denunciare, spesso per timore di ritorsioni o sfiducia nella tutela legale, purtroppo "l’attuale legge non viene applicata in modo efficace e la cosa gravissima è che il 73% delle #aggressioni avviene contro le #donne”. #PrimaLinea#GOLDENmedicine #GOLDENdoctors #specializzandi #prontosoccorsoinprimalinea #fieridivoi #fieridiMEU ... Vedi altroVedi meno
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🔵 “#Prontosoccorso come snodo della cura e pezzo del mondo” le parole di Massimo Cirri Caterpillar Radio2 che ogni settimana ci accompagna, con Sara Zambotti e Paolo Labati, in un viaggio nel mondo dell’#emergenza #urgenza italiana.In attesa della nuova tappa rimandata a domani sera, venerdì 13 giugno, ascoltiamo le parole della Dott.ssa Laura Montanari #infermiera a Padova.🔴“I #professionistiMEU sono spesso vittima di violenza fisica e verbale ma vivono quotidianamente anche un genere di violenza che non viene raccontato sui media e che riguarda la difficoltà emotiva di affrontare eventi spesso molto provanti”. “Non siamo una divisa, un ruolo, un camice ma, prima di tutto, siamo esseri umani”❗️ #fieridivoi#GOLDENmedicine #GOLDENdoctors #medici #specializzandi #primalinea #fieridiMEU #MEU ... Vedi altroVedi meno
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🔴 #SIMEU lo denuncia da anni❗️ Il #BOARDING è tra i principali problemi che #medici, #infermieri e #specializzandi #MEU si trovano a gestire in #PS. Il fenomeno del boarding incrementa le probabilità di decesso in una proporzione variabile tra il 2,5 e il 4,5%. Ogni persona ferma in #prontosoccorso in attesa di ricovero in #reparto causa un ritardo medio di 12 minuti sugli accessi successivi. Si accumulano le ore di ritardo e il numero dei #pazienti in attesa, bisognosi di assistenza, si moltiplica all’interno di spazi che non prevedono questa attività.🔵 Ribadiamo che il fenomeno non è imputabile ai #professionisti dell’#emergenza #urgenza che si spendono ogni giorno a colmare le falle di un sistema in crisi: siamo certi che le “ispezioni” cui si fa riferimento nell'ampio servizio curato da Giulio Valesini e Cataldo Ciccolella nell’ultima puntata di Report non sono rivolte al #personale che del fenomeno è vittima tanto quanto i pazienti.⚫️ La crisi di “vocazione" nei giovani medici di fatto non sarebbe cosi profonda se gli #specialistiMEU potessero svolgere il loro lavoro nelle corrette, e dovute, condizioni di lavoro❗️👉 L’intera puntata diretta da Sigfrido Ranucci, cui hanno partecipato anche rappresentanti della #SocietàScientifica, è fruibile su RaiPlay.#GOLDENmedicine #GOLDENdoctors #prontosoccorsoinprimalinea #fieridivoi #fieridiMEU #piusiamomegliofacciamo #primalinea ... Vedi altroVedi meno
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