IL BLOG DI SIMEU

 

RIFLESSIONI DI FINE MANDATO

novembre 22nd, 2024 | NO COMMENTS

di Fabio De Iaco

Concludo in questi giorni il triennio di presidenza della Società Italiana di Medicina d’Emergenza Urgenza, e sento il dovere di trasmettere alcune riflessioni che spero possano essere utili in futuro.

 

La prima riflessione: sono stati tre anni entusiasmanti e impegnativi.

 

Essere il presidente significa vivere il peso della rappresentanza, ti impone il dovere dell’inclusività massima, della ricerca di sintesi: compiti normalmente onerosi ma davvero ardui in un tempo di problemi epocali.

 

Hai il dovere di interpretare le posizioni della comunità che rappresenti ma anche quello di elaborare tu stesso posizioni nuove, contando sul fatto che la tua comunità le faccia proprie. Ma soprattutto, se davvero vuoi agire nel concreto, hai il dovere e la difficoltà di non urlare inutili slogan in stanze vuote, ma di esprimerti in luoghi affollati di decisori e portatori d’interesse, i cui punti di vista sono spesso lontani dai tuoi.

 

È fondamentale mantenere l’indipendenza da istanze politiche e partitiche e distinguere con nettezza le nostre posizioni da quelle sindacali, senza mai derogare alla doverosa attività di tutela dei professionisti e del Servizio e all’affermazione di posizioni non sempre comode.

 

Ho speso, in tutto questo, il massimo impegno: saranno altri a decidere se ho risposto alle aspettative.

 

Il bilancio del triennio: credo giusto risalire a qualche settimana prima dell’insediamento del Consiglio Direttivo, al 17 novembre 2021 quando, Presidente Salvatore Manca, la presenza della SIMEU in Piazza Santi Apostoli, con un’iniziativa inedita e dalla forte risonanza mediatica, segnava uno dei momenti cardinali della nostra storia.

Era l’espressione pubblica di un ruolo sacrosanto della Società Scientifica: l’allarme e la difesa del Servizio e dei suoi professionisti, la difesa pubblica del diritto alla salute del cittadino. Le immagini e la rassegna stampa di quel giorno dimostrano quanto siamo stati preveggenti, quanto quell’iniziativa, per alcuni quasi scandalosa, sia oggi la posizione comune di tanti professionisti, non solo di Medicina d’Emergenza Urgenza.

La consigliatura che si chiude in questi giorni è nata in doverosa e preziosa continuità con la storia precedente, quasi che piazza Santi Apostoli sia stata il vero passaggio di consegne. Del resto qualunque consigliatura altro non è che un breve segmento di una linea continua ben più lunga:

è stato così e così dovrà essere per il futuro.

 

Le cose fatte in questi anni non sono poche.

 

Mi è difficile elencarle tutte, ma qualcosa va ricordato:

  • Il cambio del nome della disciplina (finalmente MEU!) e le equipollenze per i nostri specialisti sono il risultato inequivocabilmente ottenuto esclusivamente da SIMEU (esistono i documenti che lo dimostrano);
  • Una serie di provvedimenti ottenuti è il frutto anche di un’azione pressante della Società Scientifica sulle istituzioni: il sia pure parziale riconoscimento di un vantaggio pensionistico in quanto attività usurante, la libera professione per gli specializzandi, il recente riconoscimento di una prima differenziazione nel trattamento economico degli specializzandi, ecc.;
  • La partecipazione, tra le pochissime Società Scientifiche ammesse, al tavolo ministeriale sulla riforma dei Decreti Ministeriali 70 e 77 (ospedale e territorio): un lavoro purtroppo arenato nelle stanze del Ministero ma per noi comunque utile a meglio definire gli obiettivi prioritari;
  • L’istituzione di un “osservatorio SIMEU” che, seppure da meglio strutturare nel prossimo futuro, ha avuto il merito in questi anni di produrre dati sull’attività della Medicina d’Urgenza italiana che hanno suscitato amplissima eco, fino a giungere nei palazzi delle istituzioni, e soprattutto hanno illuminato il ruolo imprescindibile ma misconosciuto della nostra disciplina nel SSN;
  • L’ingresso, lo definirei stabile, in una serie di ambienti per noi indispensabili: il Ministero, le Commissioni Affari Sociali di Camera e Senato, AGENAS. Ricordo, a titolo di esempio, l’audizione in Commissione Camera per l’inchiesta nazionale sul Pronto Soccorso, culminata con la nostra presenza alla presentazione del relativo documento parlamentare, e l’audizione in Commissione sulla colpa medica al Ministero della Giustizia. Non cito, per doverosa riservatezza, altre attività tuttora in corso.
  • Internamente alla Società: la gestione di due congressi nazionali (Riccione e Genova) entrambi di grande successo, il varo del nuovo statuto societario e del relativo regolamento, l’istituzione del nuovo evento congressuale nazionale (la Biennale SIMEU) del quale avrete presto notizia, il lavoro incessante e finalmente strutturato con le Sezioni Regionali, la ristrutturazione del Centro Studi, l’attività continua (in linea con il passato) della Formazione SIMEU, la produzione di una quantità di linee guida in seno all’Istituto Superiore di Sanità in cooperazione con altre Società Scientifiche, l’istituzione di un gruppo di lavoro sulla Medicina delle Differenze, anche questa in stretta connessione con altre Società Scientifiche, la collaborazione con Federsanità sul tema delle aggressioni fino all’istituzione di un premio speciale per le aziende più meritevoli, la produzione di statement societaridi cruciale interesse per la nostra attività, la creazione di un evento di incontro con la Medicina Generale che proseguirà almeno per tutto l’anno prossimo, la prosecuzione dell’Accademia dei Direttori che, soprattutto nell’ultima edizione, ha mostrato un’altissima qualità di relatori e contenuti.
  • Un’attività particolare, alla quale tengo personalmente, iniziata con le raccomandazioni condivise sulla gestione in urgenza dei pazienti SMA (atrofia muscolare spinale), proseguita con la creazione di un prodotto formativo specifico molto apprezzato e che ci ha portato anche ai tavoli della Regione Puglia per la stesura di una delibera regionale sulla gestione in urgenza dei pazienti affetti da patologie neuromuscolari. Un’esperienza che si sta estendendo ad altre patologie neuromuscolari e che in questi mesi si sta allargando a tante patologie rare, anche non neurologiche. La concretizzazione dell’idea di una speciale alleanza non solo con altre Società Scientifiche, ma anche e forse soprattutto con le associazioni di pazienti.

C’è un altro risultato, inequivocabile, dell’ultimo triennio:

oggi SIMEU può vantare un livello di riconoscibilità e autorevolezza, nella pubblica opinione e in ambito istituzionale, mai raggiunto prima.

Siamo diventati un interlocutore tecnico privilegiato e autorevole, un soggetto pubblico ricercato e ascoltato, un attore riconosciuto e atteso nel panorama mediatico nazionale: ci siamo riusciti grazie al retaggio del nostro passato, che ci ha conferito la forza delle nostre affermazioni, e grazie all’impegno dell’intera struttura della SIMEU, che a questo scopo si era da tempo attrezzata, attraverso decisioni illuminate prese prima della mia presidenza.

Credo che questo sia un punto fondamentale per il futuro dell’intera Società Scientifica:

insieme all’entratura in ambito istituzionale consegniamo al prossimo direttivo i mezzi per poter portare avanti le nostre istanze con una risonanza nazionale e un’autorevolezza sulle quali non abbiamo mai potuto contare in precedenza.

 

Il futuro è denso di cose da fare:

progetti incompiuti di questo Direttivo, progetti mai intrapresi ma necessari e poi, naturalmente, risposte alle sollecitazioni che arriveranno da una situazione generale di estrema difficoltà e in costante evoluzione, che richiederà presenza continua a livello istituzionale e prontezza nelle conseguenti prese di posizione.

Sono certo che nel prossimo Consiglio Direttivo Nazionale ci saranno le forze e le intelligenze necessarie per portare avanti egregiamente il lavoro, sia dal punto di vista scientifico sia sotto il profilo pubblico e istituzionale.

 

Le parole chiave per il futuro non possono che essere PARTECIPAZIONE e UNITÀ:

non è uno slogan formale, ma una necessità cruciale per tutti noi.

 

In conclusione, il mio personale sentimento per questi tre anni è di vera gratitudine.

È stato un grande onore.

 

Un sincero grazie a tutti coloro che hanno partecipato:

Consiglio Direttivo, Ufficio di Presidenza, Segreteria nazionale, struttura della comunicazione, Sezioni Regionali, ecc …

Per gli anni che mi attendono da past-president intendo comportarmi secondo gli stessi valori di chi mi ha preceduto e ho avuto la fortuna di avere accanto:

offrirò il mio contributo attivo ma collaterale rispetto ai nuovi eletti, avendo ben chiaro che la linea continua della nostra attività esige un ricambio di persone che sostengo con forza.

 

In questi anni ho avuto il piacere di incontrare tanti di voi.

Custodirò molti bei ricordi, ma soprattutto una frase che mi è stata ripetuta molto spesso, il più grande riconoscimento che avrei potuto desiderare: “mi sento rappresentato”.

 

Voglio credere che questo significhi che siamo riusciti, senza mai nascondere le difficoltà, a trasmettere la nobiltà e la bellezza del nostro lavoro: anche solo questo sarebbe, ne sono certo, un grande risultato.

 

Un caloroso saluto e un augurio di buona fortuna per tutti noi.

Formazione, Confronto, Curiosità, Famiglia, Supporto

ottobre 31st, 2024 | NO COMMENTS

di Maria Pia Ruggieri

 

Con queste parole comincia la Sum School SIMEU 2024 a Bertinoro.

Sono le parole con cui 72 discenti, giovani medici e infermieri del mondo dell’urgenza, descrivono le aspettative rispetto alla scuola nella cerimonia di apertura. Sono parole pesanti, che chiedono sin da subito responsabilità e professionalità ai docenti ed agli organizzatori della Sum 2024.

 

Così inizia questa fantastica esperienza tutti insieme.

 

Nella cerimonia inaugurale si parla di Valorizzazione dei professionisti, di Ricerca e Formazione in medicina d’urgenza, di Intelligenza Artificiale in medicina d’urgenza, di Gestione delle maxiemergenze e di gestione del dolore nel setting dell’urgenza. Si affrontano sin da subito tematiche attuali emergenti, con entusiasmo e curiosità.

 

Nei giorni successivi presso il CEU di Bertinoro, suddivisi i discenti in 4 gruppi, si fa formazione pratica su postazioni, affrontando temi clinici fondamentali nel mondo dell‘urgenza, che vanno dall’arresto cardiaco, alla sepsi, all’ictus, alle urgenze pediatriche.

 

Il giorno successivo si affrontano in modo pratico le tecniche di procedure invasive in urgenza.

 

E si arriva al giorno del grande evento, la maxiemergenza all’aeroporto di Forlì: sirene, mezzi dei Vigili del Fuoco, ambulanze, Croce Rossa Italiana, 118 e tutti i discenti SIMEU, insieme a tutor SIMEU.

Dall’incendio domato dell’aereo, al soccorso con l’estrinsecazione delle vittime dall’aereo, al soccorso nei posti medici avanzati e poi nei pronto soccorso.

 

Ritmo, armonia, passione e professionalità di tanti professionisti, proprio come in un concerto di una grande orchestra, la metafora della Sum 2024.

 

Una novità di quest’anno sono stati i giochi di squadra serali – svolti dopo la cena – di team building dei discenti, dalla pittura relativa al tema ‘la musica dell’urgenza’ alla torre più alta di spaghetti e al lancio da 30 metri di un uovo senza che si rompesse.

 

Quanta creatività, quanta passione, quanto spirito di gruppo e quanta allegria.

Poi arriva il momento più bello e allo stesso tempo il più brutto:

le vostre parole,

i vostri commenti,

le vostre emozioni,

la vostra commozione per giorni vissuti come un sogno,

il bello …..

e il dispiacere di separarci,

che questa esperienza volga alla fine,

il ritorno pesante ad una quotidianità di un lavoro che entusiasma ma toglie anche serenità,

il brutto ….

 

Vi porterò nel cuore per tutta l’energia che avete dato alla Sum 2024, siete stati voi il valore aggiunto, siete stati il concerto più bello che potessimo ascoltare proprio come quello proposto all’apertura della Scuola:

dallo Spazio l’astronauta Sarah Gillis nella missione Polaris Dawn che ha suonato il violino per un’iniziativa di beneficienza, accompagnata sulla Terra – sulle note della colonna sonora di Star Wars «Il risveglio della forza» – dalle orchestre di Stati Uniti, Venezuela, Haiti, Svezia, Uganda e Brasile azzerando distanze e fusi orari.

 

Porterò nel cuore:

tutti i docenti della scuola, che hanno donato il loro sapere con il cuore oltre che con la competenza;

Enzo Mandola, organizzatore e pianificatore anche dell’imprevisto;

Andrea Fabbri e Antonella Cocorocchio sostegno nei momenti difficili e allegria pura in quelli di gioia, indispensabili per un confronto continuo per poter fare sempre meglio.

 

Un grazie a tutti, per sempre.

 

 

Alcuni momenti della Summer School SIMEU 2024. #fieridiMEU

Carenza di organico nei PS: una sindrome multisistemica.

ottobre 12th, 2024 | NO COMMENTS

di Paolo Groff

Il numero impressionante di borse di studio ministeriali non coperte per la specializzazione in Medicina d’Emergenza e Urgenza anche quest’anno lascia tutti gli operatori del settore in preda allo sgomento e all’amarezza. Si moltiplicano i contenuti, più o meno composti, di abbandono, rabbia e risentimento per un Servizio Sanitario Nazionale concretamente a rischio, amato e odiato al contempo, mai interamente capito per quello che vale, sostanzialmente sacrificato all’altare della “forza maggiore”.

Si ribadisce con forza che un settore dell’emergenza-urgenza umiliato ed indebolito compromette il funzionamento dell’intero sistema e che solo una politica fattiva di reclutamento e ritenzione degli operatori dell’emergenza potrebbe avere effetti frenanti in quella che sembra una inarrestabile parabola discendente. Tuttavia, solo un’analisi attenta della vastità del fenomeno a livello internazionale e della profondità e diversità delle sue radici potrebbe consentire l’efficacia di misure correttive giocoforza molteplici, dirette a più livelli, e tra loro anche differenti.

Il fatto è che in tutta Europa e in molte parti del mondo osserviamo un numero crescente di posti di formazione in Medicina d’Emergenza-Urgenza lasciati vacanti con un crescente abbandono dei programmi di formazione; allo stesso modo un numero crescente di posti per infermieri e medici d’urgenza di ruolo rimangono scoperti nei servizi sanitari nazionali; mentre c’è un esodo sempre crescente di operatori dai dipartimenti di emergenza tramite pensionamento anticipato. È d’altro canto vero che questa situazione può avere un impatto significativo sulla fornitura attuale e futura di cure di alta qualità ai pazienti e che la perdita di personale qualificato non rappresenta solo una perdita economica, ma anche una perdita di competenza ed esperienza.

Concettualmente, se definiamo la pianificazione della forza lavoro medica come il collocamento del personale giusto, con le giuste competenze nel posto giusto al momento giusto per garantire che l’assistenza sanitaria venga erogata (1), possiamo identificare specifiche criticità alla sua realizzazione sia nella fase di input, o reclutamento, che nella fase di output o mantenimento in organico. Entrambe queste categorie di problemi dipendono da fattori storici, ambientali, psicologici e generazionali o sociologici.

Considerando innanzitutto gli aspetti storici, tra il 2007 e il 2009, una crisi economica senza precedenti colpì i paesi occidentali, e conseguentemente molti governi furono costretti ad attuare misure specifiche per ridurre la spesa. Una di queste fu la cosiddetta “razionalizzazione” dell’assistenza sanitaria. Come si può derivare dai dati ufficiali, prendendo ad esempio la situazione italiana (cfr elaborazione OASI su dati del Ministero della Salute), ciò portò a una riduzione degli ospedali di comunità e a una riduzione del numero globale di posti letto ospedalieri con una concentrazione delle cure in ospedali più grandi. Poiché queste azioni non furono accompagnate da un corrispondente aumento dell’assistenza sanitaria extraospedaliera si osservò un aumento degli utenti che si rivolgevano ai PS e conseguenti problemi di blocco dei ricoveri, da cui, a loro volta, sorsero problemi di sovraffollamento, boarding e peggioramento delle condizioni di lavoro per gli operatori.

Tornando ad una visione più generale, l’importanza dello stress lavoro-correlato è emersa a partire dai lavori dedicati al tema dieci anni fa, che hanno evidenziato come la presenza di un flusso incontrollato di pazienti e l’impossibilità di far coincidere domanda e offerta possano essere fattori induttori di stress fisico e psicologico nei medici d’urgenza con conseguente calo dell’autostima e del senso di realizzazione. Uno studio in particolare ha esplorato anche i meccanismi di reazione in un gruppo di dirigenti di struttura d’emergenza-urgenza nel Regno Unito, evidenziando come, in questa situazione, lo sforzo per ripristinare a tutti i costi un funzionamento efficace del DEA e per mantenere la propria leadership ottenendo un miglioramento per pazienti e colleghi possa diventare un fattore di stress di per sé se non accompagnato da riconoscimento e rinforzo da parte del gruppo (2).

La correlazione tra qualità della vita sul lavoro e problemi di fidelizzazione e permanenza del personale è emersa ben presto, in vari studi, tra i medici che riferivano di apprezzare la continua varietà del lavoro in pronto soccorso, le dinamiche del team ad esso intrinseche, la possibilità di insegnare ai giovani, ma di non sapere per quanto tempo sarebbero stati in grado di mantenere questo ritmo data l’impossibilità di fornire cure di qualità ai pazienti (3). È interessante notare che i medici intervistati proponevano di promuovere la frequenza dei laureandi al pronto soccorso per aumentare l’attrattività del settore e facilitare quindi il reclutamento e il ricambio del personale. L’interesse deriva dal fatto che probabilmente, all’epoca, non risultavano del tutto evidenti gli effetti di quello che oggi potremmo tranquillamente definire “un cambio generazionale”.

Le giovani generazioni di medici, infatti, presentano caratteristiche e atteggiamenti che le differenziano notevolmente dalle precedenti. Se le caratteristiche dei cosiddetti “boomer” si possono compendiare nel termine “sposati con il lavoro”, con una tendenza ad accettare lunghi ed “antisociali” turni lavorativi, e una sostanziale fedeltà (o caparbia persistenza?) al posto di lavoro, le giovani generazioni sembrano concepire un rapporto più equilibrato tra lavoro e vita privata, un lavoro che sia soprattutto appagante, efficace, e consenta loro di sperimentare realtà lavorative diverse (4). Queste caratteristiche, in un contesto caratterizzato da un sistema sanitario vincolato dall’austerità, carichi di lavoro pesanti, elevata intensità del lavoro stesso con difficoltà a garantire una formazione e un supporto clinico adeguati ai medici in formazione e dalle crescenti richieste di una popolazione di  utenti anziana e comorbida, hanno portato a una crisi nel reclutamento e nella fidelizzazione dei giovani medici che,  a sua volta, in un circolo vizioso, peggiora le condizioni di lavoro e la possibilità di fornire formazione e supporto clinico.

In una revisione integrata di 47 articoli che miravano a determinare i fattori causali che contribuiscono alla crisi di fidelizzazione dei giovani medici al mondo dell’emergenza-urgenza utilizzando evidenze raccolte direttamente da loro (5), emergono tre temi chiave che caratterizzano il sistema attuale.

La presenza di condizioni di lavoro insoddisfacenti, scarso supporto e qualità delle relazioni sul posto di lavoro e scarse opportunità di apprendimento e sviluppo, insieme a un tema generale di mancanza di flessibilità nell’organizzazione del lavoro stesso.

Questi fattori sembrano portare ai seguenti risultati: non sentirsi valorizzati; mancanza di autonomia; scarso equilibrio tra lavoro e vita privata e compromissione dell’assistenza ai pazienti.

Non può stupire quindi che un numero crescente di giovani medici scelga di non intraprendere questa strada o di deviare da essa.

E arriviamo così a parlare di sindrome da burnout.

Si tratta di una specifica condizione clinica lavoro-correlata che non va confusa con le situazioni di insoddisfazione per l’ambiente lavorativo di cui abbiamo parlato finora e che si riassume nella compresenza di tre fattori singolarmente misurabili in senso quantitativo: esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotto senso di realizzazione personale. Deriva dall’esposizione prolungata a fattori stressanti che possono anche coincidere con fattori legati all’ambiente di lavoro già esposti. Tali fattori, tuttavia, si intersecano con il livello di ansia percepito dal paziente, eventuali contenuti depressivi, le modalità con cui l’individuo reagisce allo stress e alcune caratteristiche specifiche dell’individuo stesso.

Questa sindrome, di fatto, sembra essere più frequente negli operatori dell’emergenza-urgenza rispetto a quelli di altre specialità ed è stata segnalata in quest’ambito una prevalenza variabile tra il 25 e il 78% (6). In questo articolo ho evitato di parlare della pandemia da Covid-19 come causa diretta dei problemi di organico al pronto soccorso, poiché si ritiene comunemente che essa abbia avuto soprattutto il ruolo di esacerbare criticità preesistenti che già costituivano un problema globale. In ogni caso, un’indagine condotta da EUSEM (Società Europea di Medicina d’Urgenza) su 1925 operatori dell’emergenza-urgenza ha evidenziato una prevalenza di burnout tra essi che va dal 31% al 62%, a seconda che vengano utilizzati criteri diagnostici rigorosi o flessibili, nell’era post-pandemica, superiore a quella riportata nell’era precedente che era del 23-34% (7). Fatto interessante, l’analisi delle covariate evidenziava che il rischio di burnout era più alto nelle lavoratrici, negli infermieri, nei lavoratori impiegati esclusivamente nell’area del pronto soccorso (che non ruotano cioè sull’emergenza pre-ospedaliera e sulla Terapia semi-intensiva), in quelli con minore esperienza lavorativa e, per quanto riguarda l’argomento in questione, in coloro che lavorano in pronto soccorso sotto organico e in coloro che esprimono frequentemente l’intenzione di lasciare il pronto soccorso.

Quindi, il burnout, oltre ad avere conseguenze sulla sicurezza dell’organizzazione e del paziente, è causa di assenteismo e difficile ritenzione del personale.

È pertanto logico chiedersi se esistano interventi specifici in grado di ridurre lo stress occupazionale e/o il burnout in pronto soccorso. Una revisione di 14 articoli ha preso in considerazione l’efficacia in questo senso di interventi di tipo educativo (consapevolezza della propria salute e come preservarla, miglioramento della comunicazione in team ecc.), di interventi basati sulla mindfulness (intervento psicologico mirato ad aumentare la consapevolezza del presente e la capacità di accettazione) e di interventi diretti al miglioramento dell’organizzazione (8). Nonostante l’estrema eterogeneità dei lavori considerati, gli interventi di tipo educativo e quelli basati sulla mindfullness hanno dimostrato, in misura variabile, di essere efficaci nel ridurre lo stress e il burnout, mentre gli interventi diretti all’organizzazione hanno dato origine a risultati contrastanti. Ciò non dovrebbe sorprendere né scoraggiare gli sforzi in tal senso considerando che gli interventi organizzativi richiedono risorse aggiuntive per facilitare cambiamenti su larga scala e un periodo di valutazione più lungo e anche che esiste un grado diffuso di delusione tra gli operatori nei confronti della leadership, della gestione organizzativa, e una refrattarietà al cambiamento.

Ultimo ma non meno importante, c’è il problema emergente della violenza e della discriminazione di ogni genere sul posto di lavoro. Uno studio condotto in Svizzera ha mostrato come questi problemi colpiscano con frequenza non trascurabile le diverse categorie di lavoratori del settore sanitario.

Benchè i numeri assoluti possano sembrare irrisori rispetto a quanto usualmente riportato nel mondo dell’emergenza-urgenza, in particolare nel nostro paese e in tempi recenti (lo studio citato è stato condotto su una popolazione indifferenziata di operatori sanitari), ciò che è interessante è il fatto che la frequenza con cui questi eventi vengono segnalati è chiaramente correlata alla percezione di un cattivo clima lavorativo da un lato e dall’altro alla convinzione con cui gli operatori intendono cambiare o lasciare il proprio lavoro (9).

In conclusione, i problemi di personale nel PS sono il risultato di una sindrome multisistemica in cui giocano un ruolo fattori storici, ambientali, generazionali, psicologici e sociologici.

Pertanto, non è concepibile una soluzione univoca.

È necessario considerare interventi a livello di decisori politici, volti soprattutto a ridurre la pressione degli utenti sul PS (urgente promuovere un effettiva offerta di salute sul territorio); interventi a livello di organizzazione ospedaliera volti a promuovere il flusso dei pazienti e facilitare le dimissioni dal PS; interventi a livello di organizzazione del PS, volti a promuovere la flessibilità dei ruoli, il supporto clinico, l’adeguata rotazione dei turni; interventi a livello individuale volti al supporto educativo e psicologico alla costruzione del clima di squadra, ecc.(10).

Solo la piena comprensione della multidimensionalità del problema e della sua perversa natura di circolo vizioso in cui la carenza di personale e il cattivo clima di lavoro non possono che generare ulteriore carenza di personale e peggioramento del clima di lavoro potrà portare a soluzioni ragionate e plurali che non abbiano il carattere di aleatorietà, come aprire la finestra delle assunzioni o dei posti in specializzazione sul baratro di un vuoto assoluto.

  • Curson JA, Dell ME, Wilson RA et al. Who does workforce planning well? Team rapid review summary. International Journal Health Care Quality Assurance. 2010, 23 (10): 110-9
  • Fitzgerald K, Yates P, Benger J, Harris A. The psychological health and well-being of emergency medicine consultants in the UK. Emerg Med J. 2016; 0:1-6
  • James F, Gerrard F. Emergency medicine: what keeps me, what might lose me? A narrative study of consultant views in Wales. Emerg Med j. 2017; 0: 1-5
  • Humphries N, Crowe S, Brugha R. Failing to retain a new generation of doctors: qualitative insights from a high-income country. BMC Health Services Research. 2018; 18: 44
  • Lock FK, Carrieri D. Factors affecting the UK junior doctor workforce retention crisis: an integrative review. BMJ Open. 2022; 12: e059397. Doi: 10. 1136/bmjopen-2021-059397
  • Boutou A, Pitsiou G, Sourla E, Kioumis I. Burnout syndrome among emergency medicine physicians: an update of its prevalence and risk factors. Eur Rev Med Pharmacol Sci. 2019; 23: 9058-9065
  • Petrino R, Garcia-Castrillo Riesgo L, Basak Y. Burnout in emergency medicine professionals after 2 years of the Covid-19 pandemic: a threat to the healthcare system? Eur J Emerg Med. 2022; 29: 279-284
  • Xu HG, Kinoch K, Tuckett A, Eley R. Effectiveness of interventions to reduce emergency department staff occupational stress and/or burnout: a systematic review. JBI Evidence Synthesis. 2020. Doi: 10. 11124/JBISRIR-D-19-00252
  • Hammig O. Quitting one’s job or leaving one’s profession: unexplored consequences of workplace violence and discrimination against health professionals. BMC Health Services Research. 2023; 23: 1251
  • Wong ML, Chung AS. Strategies for provider well-being in the Emergency Department. Emerg Med Clin N Am. 2020. 38: 729-738

VIOLENZA OFF-LABEL

settembre 25th, 2024 | NO COMMENTS

di Gruppo Acqua _ SumSchool 2023

 

Venerdì sera, ore 22:15.

Suona il telefono della C.O. per un codice verde.

Partiamo e arriviamo al target.

Suono il campanello, ci apre un uomo, che scoprirò essere il cognato della persona A.

Trovo A su una sedia, con le braccia conserte, viso contratto. A sinistra invece la persona B, appoggiata alla porta della cucina, scuote la testa. A e B sono coniugi.

 

 

Chiedo cosa sia successo.

A racconta che B ha chiamato l’ambulanza senza motivo e che vorrebbe semplicemente che il coniuge si togliesse le ciabatte e si mettesse le scarpe così da poter andare a casa propria, in quanto la casa era quella del genitore di A.

 

 

Prendo da parte B che racconta di uno scontro acceso in casa con aggressione dal coniuge, non il primo episodio. A nega e accusa B di malattia mentale.

 

Chiedo come mai B non volesse andare a casa con il coniuge. B riferisce di non voler affrontare un viaggio in macchina di 50 km a quell’ora e di non volerlo fare con il coniuge.

 

 

La situazione è molto tesa, esco dalla casa e chiamo la Centrale Operativa per attivare i Carabinieri. Prendo da parte il cognato e gli chiedo di spiegarmi la situazione.

 

Mi riferisce che la situazione è diventata insostenibile, A vuole portare B via in una casa a 50 km di distanza per non lasciarlo nella stessa casa del genitore, in quanto sospetta una relazione extraconiugale tra i due.

 

Mi riferisce che i litigi sono costanti, che A e B sono sposati da molto. Mi racconta che ieri sua figlia ha assistito ad un litigio tra i due, nel quale A ha cercato di strangolare B con la cintura di sicurezza. Che per la rabbia ha sfondato il cancello di casa per portare via B da li.

Sta suggerendo a B di divorziare da tempo, ma B non lo fa perché ha paura della reazione del coniuge.

 

Rientro in casa, la situazione è invariata. A seduta che urla e B che non si sposta, ancora con le ciabatte.

 

Arrivano i Carabinieri, esco per spiegargli la situazione e chiarire i ruoli e riferire ciò che mi aveva raccontato il cognato.

 

I Carabinieri parlano con B e poi prendono A per raccogliere la sua versione dei fatti. Riesco finalmente a parlare con B senza che il coniuge ci interrompa.

 

Chiedo cosa vorrebbe fare e mi dice che vorrebbe semplicemente andare a dormire, chiudere questa giornata. Mi mostra il graffio sul braccio, dovuto all’aggressione di stasera.

 

Mi viene in mente che possiamo inventarci una scusa per giustificare un trasporto in ospedale. Diremo che c’è la necessità di ripetere la vaccinazione antitetanica vista la mancata copertura e la ferita sul braccio.

B mi guarda finalmente con uno sguardo leggermente più sereno e alleggerito.

 

Faccio salire B in ambulanza e nonostante l’opposizione di A partiamo per il Pronto Soccorso. Prendiamo un ingresso secondario, ma A ci ha seguito in macchina e ci trova ugualmente. Impediamo l’entrata e indirizziamo A verso l’ingresso principale, da cui comunque non potrà entrare.

 

Entro in Pronto Soccorso, faccio accomodare B su un letto, dico che potrà rimanere con noi per la notte e per tutto il tempo necessario a garantirgli un rientro protetto a casa.

 

A sta già ripetutamente suonando al triage, chiedendo di entrare.

Mi metto al computer per inserire il paziente, trovo l’anagrafica.

Scelgo il codice 2 di triage per violenza altrui.

 

A si chiama Francesca, donna di 50 anni. B invece si chiama Roberto, uomo di 55 anni.

 

Francesca sta mostrando un atteggiamento violento, perpetrato da molto tempo e l’escalation della violenza è evidente. La causa degli scontri è la gelosia. Una situazione in cui solitamente i ruoli sono invertiti. Il protocollo della gestione delle vittime di violenza di genere parla di donne, bambini o anziani fragili.

 

Mi sono sentita in una situazione di violenza off-label.

 

Come sanitari siamo abituati a non applicare discriminazioni di genere, età, provenienza.

Dobbiamo fornire l’assistenza e le cure in modo indiscriminato.

 

I dati statistici sono chiari, la violenza sulle donne in quanto tali è frequente, pericolosa per le vittime, spesso sottovalutata e dobbiamo aumentare la nostra sensibilità al problema per migliorare la nostra capacità di riconoscimento delle situazioni suggestive.

 

Ma la violenza non conosce limiti e può avvenire in coppie omosessuali o eterosessuali, indifferentemente verso uomini o donne.

 

 

 

GRUPPO ACQUA SUMMER SCHOOL SIMEU 2023

Giusy Falsetti, Nicole Fari, Federica Ferla, Brenda Gagliardi, Marta Manuali, Valentina Marega, Valeria Carrieri, Giulia Cester, Valentina Ciarrocchi, Mario Corciulo, Guendalina De Nadai, Luca Di Franco, Roberto Facchino, Ilaria Florica, Valentina Gaifas, Laura Giordano, Daria Giudici, Maria Vittoria Govetosa.

 

World Sepsis Day, 13 settembre 2024

settembre 12th, 2024 | NO COMMENTS

di Fabio Causin _ Direttore Faculty Sepsi SIMEU

 

Da diversi anni SIMEU, in occasione del World Sepsis Day, introdotto dalla Global Sepsis Alliance nel 2012, organizza iniziative di informazione. rivolte ai cittadini e di sensibilizzazione sul tema rivolte al personale sanitario.

 

La sepsi è una patologia tempo-dipendente di difficile diagnosi e con incidenza in crescente aumento.

Definita come disfunzione d’organo potenzialmente letale causata da una risposta sregolata dell’ospite a un’infezione, è una condizione clinica acuta, a rapida evolutività, gravata da un’elevata mortalità se non riconosciuta e trattata adeguatamente.

E’ un’emergenza sanitaria che affligge globalmente sia i Paesi industrializzati che i Paesi in via di sviluppo, con una incidenza compresa tra i 47 e i 50 milioni di nuovi pazienti/anno; nel mondo una persona muore di sepsi ogni 2.8 secondi.

Il tasso di mortalità legato alla sepsi oscilla, a seconda delle aree interessate, tra il 15 e il 50% ed è destinata ad aumentare. Molti pazienti sopravvissuti alla sepsi sono inoltre destinati a subirne conseguenze invalidanti per il resto della loro vita.

 

Nelle precedenti edizioni del Sepsis Day abbiamo focalizzato il nostro messaggio sull’ importanza del riconoscimento precoce, quest’anno abbiamo aggiunto una sostanziale novità.

 

Negli ultimi periodi si è infatti raggiunta la consapevolezza della necessità di tenere conto del sesso e del genere nella pratica clinica con particolare riguardo alle patologie tempo-dipendenti e la sepsi rappresenta indubbiamente uno scenario sfidante.

Nella popolazione femminile si riscontrano infatti risposte immunitarie innate, umorali e cellulari allo stimolo infettivo maggiori rispetto alla popolazione maschile.

 

Questi dati costituiscono la base di una ipotesi di lavoro che intendiamo, come società scientifica e come Faculty, verificare con una specifica Survey titolata “Diversi nella Sepsi” (anche come proseguimento del lavoro di analisi della precedente “Diversi nel cuore”) da proporre  ai Pronto Soccorso del nostro Paese con lo scopo di valutare la possibilità di riconoscimento precoce del paziente potenzialmente settico.

 

L’obiettivo del progetto “Diversi nella Sepsi” è analizzare le caratteristiche di presentazione in Pronto Soccorso dei pazienti andando a ricercare possibili differenze in rapporto al sesso maschile o femminile. In particolare, si vorrebbe verificare se negli scores precoci (qSOFA, NEWS 2) e nella concentrazione dei lattati all’esordio vi possa essere un’accuratezza predittiva diversa nei due sessi.

 

La Survey riguarda i casi sospetti che si sono presentati in Pronto Soccorso durante la settimana dal 9 al 15 settembre 2024 con giorno indice il 13 settembre 2024, giornata mondiale di sensibilizzazione contro la Sepsi. Saranno considerati arruolabili tutti i pazienti di età >18 aa in assenza di gravidanza per la popolazione femminile. I criteri di inclusione/esclusione nell’indagine saranno valutati dal medico di emergenza urgenza che prenderà in carico il paziente.

 

La raccolta e l’analisi dei dati è una iniziativa SIMEU e SIMIT con il patrocinio di Fondazione Onda ETS. I dati saranno raccolti in modalità anonima e analizzati attraverso la piattaforma messa a disposizione da SIMEU.

 

Il progetto coinvolge la dott.ssa Elisa Pontoni, Coordinatrice del gruppo societario della Medicina delle Differenze nelle Patologie Tempo dipendenti.

 

#TOGETHERagainstSEPSIS

L’ottimismo della volontà, il pessimismo della ragione.

agosto 30th, 2024 | NO COMMENTS

di Antonella Cocorocchio

 

Essere un infermiere di emergenza urgenza: non ho ricordo del momento in cui ho deciso di intraprendere questa strada.

 

Ho scelto questa professione oppure sono stata scelta?

 

Dopo tanti anni, circa 27, credo di aver deciso di fare l’infermiere di emergenza “passivamente”: mi sono lasciata affascinare da una realtà, quella del Pronto Soccorso, che non conoscevo affatto.

 

Di fatto, sono sempre stata una persona curiosa, un’entusiasta.

Ricordo che avevo tanta paura, l’ansia da prestazione di non essere in grado, di non essere all’altezza di quel ruolo. Ogni giorno imparavo e acquisivo una nuova skills.

 

Qualcuno mi ha insegnato che il Pronto Soccorso rappresenta un osservatorio privilegiato sull’umanità. Non c’è cosa più vera di questa affermazione: i nostri occhi vedono, le nostre orecchie sentono, il nostro naso percepisce, le nostre mani toccano, il nostro senso del gusto assapora storie di vita di qualsiasi spaccato sociale.

 

Noi, quelli della Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso, abbiamo la fortuna (o la sfortuna?) di avvicinarci a qualsiasi stato di malattia.

 

C’è stato un momento in cui ho pensato di non pronunciare più la parola “io”.

In Pronto Soccorso non si è mai da soli, sia nei momenti di gioia, sia nei momenti di sconfitta.

 

La condivisione del lavoro, dello stato d’animo, dei progetti è fondamentale nel nostro lavoro. Noi del Pronto Soccorso siamo una vera squadra. Arriva la persona in arresto cardiocircolatorio che riprende coscienza, la persona con l’ictus che riarticola la parola, il politraumatizzato che si risveglia, la persona vittima di violenza che si lascia accompagnare in un percorso di cambiamento:

quanti esempi si potrebbero fare per descrivere l’emozione e la soddisfazione che si prova alcuni momenti!

 

In altre occasioni è lo sconforto a prendere il sopravvento: le aggressioni verbali e fisiche, gli insulti gratuiti, la carenza di risorse professionali, la mancanza di fiducia da parte del cittadino!

 

Di fatto, il vero valore aggiunto del Servizio Sanitario Nazionale è il Pronto Soccorso: noi ci siamo sempre, siamo davvero il servizio pubblico. Ci siamo per scelta, per senso di dovere e di responsabilità.

 

Oggi ho capito di aver acquisito un’altra consapevolezza:

possedere la volontà che, pur davanti alle difficoltà che si presentano, quando si tratta di analizzare i problemi e trovare una soluzione razionale, non dobbiamo mai cedere il passo alla rassegnazione o smettere di lottare condannandoci al pessimismo.

 

CARTONE CANTA

agosto 4th, 2024 | NO COMMENTS

di Giovanni Noto

Presidente Regionale SIMEU Sicilia

 

Tra Primari che fanno notti, Dirigenti che non vanno in ferie rinunciando anche ai riposi, tra operatori dell’emergenza-urgenza stremati da turni sempre più pesanti ed utenti che, affollando le nostre sale d’attesa, richiedono continuamente aiuto, a fare notizia è un tutore di cartone confezionato da personale che pur di fornire un servizio improvvisa una medicazione che farebbe (fa!) scandalo se non fosse che è lo specchio di una sanità siciliana (italiana?) che fa acqua da tutte le parti; e con l’acqua il cartone si è sciolto.

 

Con chi prendersela? Con chi è in prima linea.

Con chi fa di tutto pur di non chiudere.

Con chi difende il Servizio Sanitario Nazionale rinunciando a tanto pur di garantire ciò che altri dovrebbero.

 

E così nei TG, subito dopo le notizie delle varie guerre e vittorie alle Olimpiadi passa la notizia di una “gamba ingessata col cartone”.

E dei colpevoli che saranno rimossi.

 

Bene. Va tutto bene. E ce la faremo.

Così come ce l’ha fatta l’utente che reinventandosi reporter e denunziando la vicenda sui social ha ottenuto l’obiettivo di alzare il (giusto) polverone su una notizia che ormai è una “routinaria emergenza”:

la Sanità Pubblica sta morendo.

E non certo per colpa di chi confeziona stecche di cartone. Anzi.

È proprio grazie a loro che il giornalista facebookiano (così come ogni utente che accede nei nostri Dipartimenti d’Emergenza) ha comunque potuto avere un’assistenza alla problematica del suo congiunto.

 

E ce l’ha fatta anche chi, invece di chiedersi quali siano le reali necessità del personale che tra mille difficoltà opera nei Pronto Soccorso della Sicilia, ha risolto un problema: ha attivato la caccia alle lepri!

Ma succede che invece di sparare alla preda si colpisca il cane.

 

Noi cani siamo stanchi. Di fare da guardia ad un sistema sanitario in caduta libera. Di abbaiare richieste d’aiuto che non vengono ascoltate dai nostri rappresentanti istituzionali. E di drizzare le orecchie alle finte dichiarazioni di solidarietà dei politici di turno o peggio al j’accuse bipartisan che in vicende come questa è solidale nell’indicarci come i colpevoli.

 

Alla responsabile del PS di Patti, al Coordinatore, a tutto il Personale (Medici, Infermieri, OSS e Ausiliari) il sostegno della SIMEU Sicilia per aver dato risposta alle domande di aiuto degli utenti; ed un ringraziamento altresì a tutti i professionisti dell’Emergenza-Urgenza che nella nostra isola tra mille fatiche, rinunce personali e facendo da parafulmine a tutte quelle “scariche” di disapprovazione che da più parti stanno piovendo sulla nostra categoria, manterranno comunque standard adeguati alle richieste di salute della popolazione.

 

Chi deve pagare veramente? Noi un’idea ce l’abbiamo.

Ma vi spoileriamo il finale: tra qualche anno pagheremo tutti.

E la pagheremo cara.

Ben più cara della prestazione privata offerta successivamente all’utente.

E quel cartone ce lo sogneremo.

 

NOTA DI SIMEU NAZIONALE

 

Non vogliamo entrare nello specifico di quanto accaduto a Patti, perché non conosciamo i dettagli. E comunque non ci siamo mai sottratti alle nostre responsabilità.

 

Ma alcune considerazioni generali si impongono:

 

– È singolare che si possa “rimuovere dall’incarico” una Collega che quell’incarico non l’ha mai ricevuto: le è stata affidata di fatto la responsabilità di un Pronto Soccorso senza alcun riconoscimento o valorizzazione, lasciandola comunque nei turni diurni e notturni e facendone il parafulmine per gli eventuali problemi.

 

Situazione che molti, in Pronto Soccorso, conoscono fin troppo bene.

 

– È altrettanto singolare che il Presidente della Regione telefoni al paziente per scusarsi dell’accaduto: noi passiamo il tempo a scusarci con tutti quelli che non fanno notizia ma che subiscono una situazione che denunciamo da anni.

 

– È ancora più singolare che la politica, punta nel vivo della propria visibilità mediatica, annunci ispezioni a tappeto. Non ci spaventano le ispezioni: anzi, le aspettiamo da tempo, da quando abbiamo iniziato a farci sentire.

 

Ci piacerebbe sapere se nella commissione di esperti annunciata dalla Regione ci saremo anche noi: c’è qualcuno più esperto di noi?

 

Lo ripetiamo: siamo la faccia di un sistema che non funziona.

 

Ed è la faccia che prende gli schiaffi. Spesso dagli utenti.

Altre volte, come oggi, dalle Istituzioni.

*STORIA GRUPPO ARIA*

luglio 30th, 2024 | NO COMMENTS

Qualcuno dal suo PS vede il mare, il sole che colpisce gli occhi e che scalda il cuore; qualcuno una grande città, tante persone, la nebbia. Qualcuno le montagne, e sogna la pace.

 

Un pronto soccorso qualunque.

Un giorno di pioggia.

Il pensiero che va alla fine del turno.

Un codice rosa.

 

 

R.

Fammi scrivere bene, non devo dimenticarmi nemmeno un dettaglio. C’è voluto un po’ per tirarle fuori dai denti quella violenza. “avevo paura che avrebbe continuato ad ammazzarmi di botte se non ci fossi stata, quindi in realtà ero consenziente”. Ho accompagnato la paziente in tutto il suo percorso, in ginecologia, le ho scattato 40 foto mentre era nuda, inerme, davanti ai sanitari. Non volevo essere lì, era una violenza nella violenza.

 

F.

La tentazione di ignorare, di non scrivere, far finta di niente e minimizzare è tanta. Ma poi ti rendi conto che ti ha reso custode della sua sofferenza. È cosa da MEU anche questa purtroppo, e aggiungerei anche … per fortuna.

 

A.

Quella sera ho dovuto mettere insieme tutti i pezzi di quel triage, la ricorderò per tutta la vita. Era una turista accompagnata dalla polizia. La mattina successiva ho letto che il suo demone era stato fermato. Ricordo di aver pianto.

 

R.

Speriamo che non ci sia un trauma così la posso subito mandare al pronto soccorso ginecologico. In fondo dove posso metterla qui? In mezzo agli altri codici rossi? Tra il vecchietto con la niv che suona e il tossico che urla?

 

C.

Di fronte a quella donna provai un senso di tristezza profonda, di impotenza. Mi sentivo così piccola di fronte a tutto quello. Avevo nel cuore la consapevolezza che nonostante l’ascolto, non sarei mai stata in grado di lenire la sua sofferenza.

 

M.

Minchia che palle, ma questa perché ha continuato a stare con questo tipo nonostante tutto? Io non sono maschilista però…

 

F.

Alcune strutture ospedaliere potrebbero non avere risorse o personale adeguatamente addestrato per affrontare un caso di violenza di genere, come la mia.

Non la potevano portare da un’altra parte?

 

S.

Ok, adesso devo dimenticare il caos che ho intorno, del paziente che urla perché in attesa da 4h, della paziente sulla spinale che si lamenta per il dolore, del codice bianco che ripete che siamo incompetenti e non funziona la sanità.

Ora devo pensare a lei.

 

M.

Meno male che non è capitato a me…poraccia

 

A.

Pensava di essere al sicuro e invece è stata tradita proprio da chi le sembrava essere più vicino.

 

L.

Decide di affidarsi a noi per aprire gli occhi. Lei è stata fortunata. Non si sa come, dove e perché ma l’ha fatto. Da sola, voleva la libertà e noi abbiamo esaudito il suo desiderio. Almeno ci abbiamo provato.

 

Smettiamo di pensare, smettiamo di parlare, ora tocca a LEI…in fondo l’unico punto di vista che conta è il suo.

 

 

*STORIA GRUPPO ARIA* >>> definita di “coralità unica”

di Debora Martinelli, Roberta Molle, Daniela Mutti, Rossella Nocerino, Angelo Picciano, Serena Rispoli, Chiara Maffei, Arianna Magistro, Andrei Magri Piccinini, Francesco Notari, Francesca Ortu, Lucrezia Pagliuca, Roberto Palmisano, Francesca Palumbo, Matteo Pani, Stefano Pasqualin, Alessandra Pastorelli, Martina Polimeno

 

Specialisti e specialità: gli infermieri della MEU

luglio 15th, 2024 | NO COMMENTS

di Alessio Luzi

Ci richiedono sempre più competenze per poter fare ciò che sappiamo fare meglio: il nostro lavoro.

 

Ci ritroviamo oggi, tra obblighi di legge o direttive aziendali, a dover formare il nostro profilo e ampliare i nostri curricula in modo impeccabile, quasi avessimo una data di scadenza sulle divise.

A volte è cosi, tante altre non lo è.

 

Fare l’infermiere della MEU sembra essere davvero divertente:

quando racconti agli altri che lavori al DEA, che provieni da oltre 15 anni di emergenza territoriale, che sei stato in terapia intensiva, ti vedono quasi come un super eroe. Ti chiedono: “Oh ma chissà quante ne hai viste! Raccontaci qualcosa, dai!”.

 

Nessuno, però, ti chiede mai: “Come ci si arriva? Come si diventa infermiere di Area critica?”  

E di conseguenza nessuno sa quanto si sacrifica e quanto si studia per arrivare fin dove sei ora.

Che poi magari per molti non è nemmeno il luogo ideale il pronto soccorso, magari per altri è la storia della propria vita.

Ci sono colleghi che al di fuori della sala rossa non respirano, si spengono,“muoiono”.

 

Ma per stare li come avrà fatto? Partiamo dal presupposto che oggi c’è la malsana abitudine, da parte di tutte le aziende, di prendere personale con zero esperienza (e non parlo solo di esperienza in Area critica ma proprio di neo laureati) e muoverli come pedine all’interno delle sale dei PS, dei DEA, sulle ambulanze.

 

Nel lontano 2017 è stata fatta una proposta di legge che mai è stata varata che prevedeva l’obbligo di avere quantomeno la specializzazione in area critica post formazione di base per poter lavorare nella MEU.

 

Ad oggi, difatti, non è cosi.

 

Parliamo poi degli obblighi (personali) di formarsi per essere sempre pronti a qualsiasi emergenza: BLSD, ALS, PBLSD, PALS, ATLS, PATLS, ECG, PICC, eFast … A questi aggiungiamo le letture, continue, sulla farmacologia, le nuove linee guida, i protocolli interni, gli aggiornamenti su presidi e procedure.

 

E ancora: gli ECM, obbligatori.

E poi i farmaci generici, i LASA, che ci portano sempre in confusione e dobbiamo rimanere lucidi, perché in urgenza quel farmaco può fare la differenza e non puoi permetterti di sbagliare.

Quindi leggi i bugiardini, installi applicazioni per conoscere l’emivita, la farmacodinamica, le interazioni. Compri manuali sulla ventilazione non invasiva e i nuovi ventilatori. Imposti la PEEP, i flussi, il tipo di ventilazione.

Nel mentre è arrivato un altro codice rosso e tu, che hai due mani, ti sdoppi e improvvisamente ti ritrovi con 4 braccia, due cervelli, 4 gambe. Ma un unico cuore.

 

A questo aggiungiamo il fatto che, oggi, non si è più solo esecutori ma veri e propri professionisti autonomi. Ne consegue che la regola: “ma a me l’ha detto il medico!” non va più bene.

Quindi se somministro un farmaco lesivo per il paziente (sbagliando diluizione, tempo, modo) ne pago le conseguenze in modo diretto. Ed ecco che qui subentra, per obblighi di legge, l’assicurazione professionale da stipulare di anno in anno.

 

“Bello fare lo specialista.”

 

E fin qui tutto bene, direte voi. Ma quando dici agli amici che lavori in pronto soccorso e loro si immaginano che la laurea dia diritto a tale posto non credono minimamente che  quel posto te lo sia sudato e guadagnato e che ogni giorno combatti contro il mondo intero per fare la differenza.

E già, il mondo intero.

 

Lo stesso mondo che ci gridava “eroi” ora ci urla “bestie!” quando vogliono essere gentili.

Siamo continuamente sotto attacco, sotto scacco, sotto pressione.

E nonostante questo non smettiamo mai di mostrare un sorriso e professionalità.

 

Siamo specializzati in questo. Siamo specializzati in Sanità pubblica, in pediatria, in geriatria, in psichiatria e in area critica.

Siamo liberi professionisti, stipendiati a contratto o lavoriamo in cooperative.

 

Ma queste cose non le raccontiamo in giro. Nemmeno quando stiamo massaggiando un paziente. Non diciamo ai parenti: “Ho due lauree, due master, una magistrale.” Tanto, per loro, saremo sempre e solo “giovanotto o signorina”, quelli a cui dare del “TU”.

 

E nonostante le parolacce che ci tirate dietro, le aggressioni che continuamente subiamo, rimaniamo nel nostro e mostriamo con orgoglio la divisa (a volte lacerata, consumata, sgualcita, scolorita) e ciò che sappiamo fare meglio: il nostro lavoro.

 

Quindi, cari amici, quello che sapete di noi, quello che decidiamo di raccontarvi, è solo una parte di quello che realmente succede.

 

Non soffermatevi solo sul “ wow, chissà quanta adrenalina in pronto soccorso!” ma anche sulla quantità di sacrifici che facciamo ogni giorno per poter stare dove stiamo: al nostro posto sudato e guadagnato.

Medicina delle Differenze in Dipartimento di Emergenza: una gentile innovazione

giugno 23rd, 2024 | NO COMMENTS

 

“ll futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni”. Eleanor Roosevelt

 

di Elisa Pontoni

 

Per Medicina di Genere, oggi Medicina delle Differenze in una definizione piu’ inclusiva, si intende lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite dal sesso) e socio economiche e culturali (definite dal genere) sullo stato di salute e malattia della persona.

 

La richiesta di una maggiore attenzione al sesso e al genere sta diventando centrale nella discussione più ampia sulle tematiche di equità nel diritto alla salute: una crescente quantità di dati epidemiologici, clinici e sperimentali suggeriscono notevoli differenze nell’insorgenza, progressione e manifestazioni delle malattie comuni a uomini e donne, sia in acuto che in cronico.

 

In Italia, come in molti altri paesi occidentali, è evidente il “paradosso donna”: nonostante le donne vivano più a lungo degli uomini, l’aspettativa di vita sana risulta essere equivalente tra i due sessi; uomini e donne usano diversamente i farmaci e altri interventi sanitari, per motivazioni biologiche (si ammalano diversamente) e socioculturali (hanno diversa attitudine alla salute e alle cure).

 

Il nostro paese, con il Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere (in attuazione dell’articolo 3, comma 1, Legge 3/2018) ) si è dotato della prima legge in Europa sulla Medicina di Genere (legge Lorenzin); presso l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) è stato inoltre istituito un Osservatorio volto al controllo dell’applicazione del Piano stesso nei  suoi quattro elementi fondanti: percorsi clinici di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione; ricerca e innovazione; formazione e aggiornamento professionale; comunicazione e informazione.

 

Il fine è l’equità, i mezzi sono la ricerca, la promozione della conoscenza e l’attuazione di soluzioni pratiche e concrete; in quest’ottica, nelle nostra società scientifica nel dicembre scorso è stato istituito un gruppo di studio per la Medicina di genere nelle patologie tempo dipendenti, che ho il piacere di coordinare e del quale fanno parte, oltre al presidente nazionale Fabio De Iaco, Claudia Sara Cimmino, Pierangela Con, Anna Maria Ferrari, Catia Morellato, Daniela Pierluigi, Maria Pia Ruggieri, Maria Luisa Ralli, Sonia Zoanetti, Irene Cara, Andrea Fabbri, Paolo Pinna Parpaglia, Antonio Voza, Cristiano Perani.

 

La prima patologia tempo-dipendente con la quale ci siamo confrontati è la  sindrome coronarica acuta (ACS): le malattie cardiovascolari (CV) rappresentano la principale causa di mortalità nelle donne, che hanno ancora oggi una prognosi peggiore rispetto alla popolazione maschile.

 

Le donne tuttavia non ne sono consapevoli, talora tale consapevolezza è carente anche tra i professionisti del mondo sanitario; soprattutto nelle aree socio-economiche più svantaggiate, la popolazione femminile è spesso soggetta a discriminazione nell’accesso alle cure.

 

Esistono delle differenze di genere nei fattori di rischio cardiovascolari, con la recente definizione di fattori di rischio ginecardiologici, tra i quali annoveriamo l’ipertensione e il diabete gestazionale, la policistosi ovarica, la menopausa precoce; esistono delle differenze nella sintomatologia d’esordio della sindrome coronarica acuta, essendo squisitamente androcentrica la definizione di dolore toracico acuto (DTA) quale sintomatologia oppressiva retrosternale irradiata all’arto superiore sinistro.

 

Per migliorare la diagnosi differenziale del DTA in un’ottica di genere, l’8 marzo scorso, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, abbiamo promosso l’iniziativa “Diverse nel cuore”: nei Pronto Soccorso aderenti – che ringraziamo per lo sforzo compiuto nella partecipazione attiva – abbiamo valutato nel giorno indice dedicato alla popolazione femminile l’utilità del calcolo del Chest Pain Score, applicandolo alla popolazione non selezionata afferente al  Dipartimento di Emergenza e ricercando la diversa espressione di genere nella rappresentazione del sintomo. I dati raccolti, presentati nel corso dell’ultimo Convegno Nazionale svoltosi a Genova dal 30 maggio al 1 giugno scorso, confermano come anche nel mondo reale vi sia una diversa rappresentazione sintomatologica nei due sessi: nella popolazione femminile di età superiore ai 50 anni, il dolore retro sternale epigastrico non irradiato è risultata la descrizione sintomatologica maggiormente rappresentata.

 

La survey “Diverse nel cuore” si è svolta con il patrocinio di Fondazione Onda, Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna, nello spirito fondante di cooperazione proprio della società.

La SIMEU è stata inoltre invitata a partecipare, sotto l’egida dell’Istituto Superiore di Sanità, alla stesura di un Documento Italiano di Consenso Intersocietario sulla prevenzione e gestione delle malattie cardiovascolari nelle donne, documento che vede coinvolte le principali società scientifiche non solo cardiologiche interessate alla definizione del  percorso di prevenzione e cura delle malattie cardiovascolari femminili.

Alla nostra società è stato affidato il coordinamento della sezione dedicata alla cardiopatia ischemica acuta.

 

Studiare e riconoscere le differenze tra i sessi e i generi è solo il primo passo per garantire equità e appropriatezza della cura: il nostro gruppo di lavoro intende impegnarsi fattivamente in questa direzione.

 

Il tema della salute delle donne è cruciale nella discussione più generale sulla necessità di raggiungere una parità di genere. L’auspicio è che si faccia sempre di più per promuovere una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, sviluppando soluzioni di conciliazione vita-lavoro anche e soprattutto nel mondo dell’emergenza, nostro setting operativo.

 

La promozione di una gentile leadership al femminile e la crescente attenzione dedicata alle misure volte a contrastare la violenza contro le donne sono ulteriori elementi indispensabili per poter finalmente parlare di equità.


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Sono due #infermieri i protagonisti della nuova clip #SIMEUcomunica.👉 Il dott. Luca Gelati chiarisce in una articolata talk “La responsabilità professionale dell’infermiere” mentre, dal minuto 17 della registrazione, 👉 il dott. Alberto Grosso esprime il suo punto di vista nel definire “L’infermiere di #Medicina di #Emergenza #Urgenza”. #fieridivoi#prontosoccorso #MEU #GOLDENdoctors #GOLDENmedicine #medici #specializzandi #fieridiMEU #piusiamomegliofacciamo ... Vedi altroVedi meno
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La fotografia dei #prontosoccorso nel servizio di Michela Pagano a #studioaperto #italia1. #SIMEU#emergenza #urgenza #Goldenmedicine #GOLDENdoctors #medici #infermieri #specializzandi #fieridivoi ... Vedi altroVedi meno
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“Tempi duri per #cittadini e #medici”. Il presidente dott. Fabio De Iaco, accompagnato da un gruppo di #specializzandi impiegati nel suo #prontosoccorso, è a #Restart Rai3 ospite di Annalisa Bruchi. “Il dibattito sui numeri ha un'utilità politica, non un'utilità concreta. È evidente che - a prescindere da come vengano calcolate - le risorse non bastano”. Secondo un rapporto redatto dall’Università Bocconi e pubblicato ieri su #Salute24 alla #sanità italiana servono 40 miliardi per raggiungere i livelli europei. A lato di queste valutazioni “c’è bisogno di un progetto di riforma del #SSN che coinvolga i tecnici nella sua realizzazione. Di questo progetto incredibilmente non si comincia a parlare” #piusiamomegliofacciamo#emergenza #urgenza #MEU #GOLDENdoctors #GOLDENmedicine #infermieri #fieridivoi #SOSprontosoccorso ... Vedi altroVedi meno
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