IL BLOG DI SIMEU

 

12 ore

di Claudia Sara Cimmino

 

Simone ha paura. Si sente “sfigato”. Sembra il tipico “soggettone”, quello che solo a parlarci ti fa fare tutte quelle mosse scaramantiche così comuni dalle nostre parti.

 

Maria non si vuole ricoverare, non smette di parlare con quel suo accento provinciale, tipico di alcune zone qui vicino.

 

Rosario non apre nemmeno più gli occhi. L’Alzheimer si è portato via ogni briciolo della sua dignità ma “Non può tornare a casa se ha la polmonite, dovete assolutamente fare qualcosa”.

 

Dignità la chiamano dignità. Non c’è più in questa società, cerchiamo di insegnarla nel nostro mondo, facile non essere capiti.

 

Simone è venuto per uno pneumotorace. Ha 27 anni. Un pezzo di pera e tanti colpi di tosse hanno fatto si che arrivasse alla nostra attenzione. Effettivamente Murphy ci avrebbe scritto su più di una “legge”.

 

Maria non si cura, ha le mani di chi ha sempre lavorato la terra e dice di stare bene a casa sua. Nei suoi 83 anni c’è tutta la forza che le nostre generazioni non conoscono più.

 

Rosario non lo conosco, forse mai lo conoscerò. Forse nella mia testa non c’è nemmeno voglia di conoscerlo, perché tanto ora è solo un “pezzo di legno”. Eppure, la moglie non molla. Passiamo ore a parlare di sedazione palliativa ma lei non molla. Mi chiedo quanto abbia ragione lei e quanta io.

 

12 ore sono un turno lungo. Se di notte ancora di più. Perché Maria tanto forte e determinata seppure apparentemente lucida incontra il delirium.

 

12 ore. Simone lo sfortunato lo trovo con un tubo ben posizionato, ma che non drena più. Vaglielo a spiegare che è tutto da rifare.

Mi guarda e dice di essere allergico. Lo puntualizza mentre sono pronta ad addormentarlo e il suo collo diventa rosso e il mio cuore va a 200 all’ora.

 

Calogero, Pina e Francesca sono la mia forza, Fingo di voler insegnare a Ciro la procedura, ma in realtà anche lui mi calma quell’ansia che non puoi mostrare a Simone e ai tuoi.

 

Maria in ketadex apparentemente va meglio, ma mentre arrivano Maria Rosaria e Imma per un attimo la lingua va giù e si corre ad assisterla.

 

12 interminabili ore.

 

Di fronte a Rosario c’è Antonio. Arrivato anche lui come “pezzo di legno “per un maledetto shock settico mentre era in riabilitazione dopo un ictus.

 

Antonio ha riaperto gli occhi e parla. Rosario no. Antonio chiede sempre qualcosa. Stenti quasi a credere che stia parlando con te, ma se ti avvicini capisci che davvero sta parlando con te. Rosario no. Vaglielo a spiegare alla moglie che forse hai proprio ragione tu.

 

12 interminabili ore di un altro turno.

 

Simone torna. Torna per togliere i punti e salutarci. Devo trasferire una paziente e lo vedo di sfuggita. Era passato a dirmi grazie. Mi spiace solo non avere avuto il tempo, ma l’incrocio dei nostri sguardi penso sia stato più di tante parole.

 

“Antonio, insomma chiedi sempre qualcosa ma in tutti questi giorni non mi hai fatto nemmeno un sorriso”. Lui mi guarda. I muscoli facciali tentano di fare quel movimento così lontano nella loro memoria.

 

Maria è il mio tormento. Sta bene, ma mi dispiace che sia andata così. Lei non ci voleva nemmeno stare in quella fantastica storia che è la medicina d’urgenza.

 

Vaglielo a spiegare che si prova.

Vaglielo a spiegare che significa DIGNITA’.

 

 

 

 

 

 

 

 

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