IL BLOG DI SIMEU

 

La Storia nelle Stories

A cura dell’ ufficio stampa

 

A caratterizzare le festività di fine anno 2021 è purtroppo la “quarta ondata” dallo scoppio dell’emergenza COVID19.  E’ arrivata poco prima del secondo Natale di un mondo sconvolto da un microrganismo in circolazione con attitudini da villaggio globale.

 

Gli ospedali italiani, soprattutto i Pronto Soccorso, sono ancora fortemente coinvolti nel fronteggiare la pandemia. Contare, valutare, organizzare, ri-modulare, re-imparare la gestione e la cura dei pazienti – tutti i pazienti – sono diventati una sorta di periodica consuetudine.

 

Ogni ondata è diversa da quella precedente, una storia da riscrivere ex novo rispetto alle evoluzioni della conoscenza, del virus e dei contesti sempre diversi del suo intorno. Intanto mesi intensi, faticosi e sempre più complessi per molteplici ragioni, si sono sommati. Stanchezza e crisi strutturale sono ai massimi livelli: intanto che la politica chiacchiera, i pronto soccorso implodono.

 

La medicina di emergenza urgenza non è solo una disciplina è anche un modo di pensare, di vivere ed il Pronto Soccorso è prima di tutto le persone ed i professionisti che lo animano.

Si sono ormai accumulati quasi 10 milioni di ore di straordinario ma la stragrande maggioranza di medici ed infermieri sono al loro posto con un immutato senso di responsabilità e grande generosità. Ancora una volta, anche durante queste festività.

 

Abbiamo voluto omaggiare il loro lavoro con un ricordo, raccogliendo le testimonianze delle “SIMEU Stories” scritte quando tutto era sorprendentemente e drammaticamente nuovo. L’inizio della pandemia e la prima tragica ondata raccontata dalle voci dei professionisti dell’emergenza urgenza: da nord a sud Italia, direttamente dalla prima linea.

 

L’INIZIO DELLA PANDEMIA

Antonella Cocorocchio: ”leggendo i documenti ministeriali oppure guardando i giornali e la tv, ho l’impressione che la mia Italia sia divisa in due: una parte che soffre e un’altra che attende l’arrivo della sofferenza”. Racconta Roberto Cosentini: “la Lombardia ormai è l’epicentro di un terremoto che sembra non finire mai. Ogni pomeriggio arriva una scossa e gli ospedali scoppiano. Se non riusciamo a trovare subito altri letti, più medici e infermieri, in queste condizioni possiamo resistere ancora per poco”.

“Un sibilo, continuo, che non avevi mai sentito prima in oltre quindici anni di pronto soccorso”, lo descrive Alessandro Riccardi ed Eleonora Giorgini il 7 marzo 2020 osserva: “sembra una mattina uguale alle altre, ma non lo è”.

Francesca Cortellaro si sfoga con i giornalisti: “È uno tsunami” e anche Susanna de Pascalis lo descrive tale.

Claudia Cicchini sente di essere parte della Storia:“oggi noi, gli attori dell’emergenza urgenza stiamo vivendo i cento giorni di Napoleone rientrato in Francia, l’ingresso a Gerusalemme nella Domenica delle palme: gli osanna, i ringraziamenti per un lavoro che è lo stesso che abbiamo sempre fatto ogni giorno fino ad oggi e che continueremo a svolgere quando sarà finito il nostro momento”. Silvia Musci si chiede con preoccupazione: “chissà per quanto ancora…”.

Nicole Bosi Picchiotti soffre:“era iniziata come una notte tranquilla, solo un paziente…. Ciao Paolo”. Emanuela Cataudella:“quando ci è stato comunicato che ci saremmo dovuti preparare ad una maxi-emergenza sanitaria noi eravamo pronti”. Luisa Tammaro riflette sul nome del nuovo nemico: “Corona, non è una birra da bere fredda in riva al mare”.

 

LA PAURA

Nuovi sentimenti appaiono nelle parole di Concetta Pirozzi: “ansia per le famiglie, per sé stessi, per i pazienti. Ora ci siamo abituati e indossiamo i DPI, in automatico, come se questa fosse la nuova normalità. Ma non è la normalità”. Stefano Paglia:“la paura si vede nei volti degli operatori, a volte lieve velata a volte incontrollata” perché: “a parlare sono i nostri occhi”, scrive Emiliano Fanicchia.

Barbara Gabrielli confessa: “questa notte abbiamo curato la paura”. Mario Guarino: “abbiamo paura, certo che abbiamo paura. Ce lo diciamo con gli occhi incorniciati dalle mascherine e dalle visiereGaetano Diricatti scrive le parole pronunciate da un infermiere: “Doc, sono preoccupato! Dici che ce la faremo a non ammalarci? Ho paura per mia figlia… Anto’,  e risponde “anch’io sono preoccupato… Se sapremo essere una squadra, ce la faremo!”.

Christian Ramacciani Isemann: “la mia squadra adesso è fragile, impaurita dall’ignoto che gli si para davanti e stanca dei troppi giorni senza riposo. La mia squadra però è determinata”.

Daniela Grisanti invece è a casa in maternità:“ho paura, e me ne vergogno, non mi sento in diritto di provarla, non essendo in prima linea assieme a Voi. Sono fiera di Voi. Fabio De Iaco parla di quello che vede “immagini che non ci abbandoneranno mai: tutti ne abbiamo qualcuna nella testa”. Senza scordare la paura più angosciante: quella dei malati. “Era lì ben presente, sul lettino della shock-room ed ha capito, compreso” la testimonianza di Maria Felicia Di Corcia. “Ho questa fottutissima paura continua!” confessa l’infermiera Monica che si è infettata ad una coinvolta Francesca Mangiatordi.

 

Il VIRUS SCONOSCIUTO

Giuseppe Lauria:“si tratta di qualcosa che il nostro organismo non ha mai visto, soprattutto in una società come la nostra. Nel Medioevo era un conto, ma adesso siamo una società globale: il virus prende l’aereo, il treno, la macchina”. Per questo bisogna “decidere fuori dagli schemi”, ricorda Marco Barchetti.

“Ti trovi a lottare contro un nemico invisibile, infinitamente piccolo eppure tanto più grande di te. Da allora, pensieri orrendi abitano le notti insonni e pensi di non farcela” racconta impensierita Maria Antonietta Castellone.

Francesca De Marco: “notte difficile, pazienti gravi ma io ho una speranza. Il virus potrebbe regalarci qualcosa, ammesso che una catastrofe non annunciata possa regalarci qualcosa, ovvero il senso di responsabilità per l’altro”. “Tante le calamità lontane dal mio mondo! Oggi il mio mondo è come quello lontano” è il sentimento di smarrimento per Maria Pia Ruggieri.

 

MEDICI, PERSONE E SENTIMENTI

Davide Bertoglio:“gli operatori sanitari prima di esser medici e infermieri sono donne e uomini che combattono questa guerra non solo con le armi che la medicina ci dà, ma anche con empatia e sensibilità”. Empatia, una parola che risuona. “Ho sentito come si sentono i miei malati”, racconta Roberta Petrino e Claudia Cicchini la comprensione la vive così:“chiamo la moglie, le parlo. Mi racconta del figlio, che deve laurearsi nei prossimi giorni, della figlia studentessa di infermieristica, che ha iniziato le manovre rianimatorie al padre; mi chiede come farà con i ragazzi, con la vita…” Mentre un pragmatico Giulio Maria Ricciuto ricorda quanto sia importante avere: “più protezioni per medici e infermieri”.

Michele Mitaritonno: “giorni di quarantena per qualcuno, giorni di reclusione forzata per altri e poi ci siamo noi … per noi operatori sanitari sono giorni di duro lavoro!” Senza mai fermarsi, senza le giuste pause “allora avanti con il turno successivo” è lo sfogo di Giacomo Magagnotti.

Alessio Gamboni e Tiziana Fancelli così si descrivono, con un’ironia forse salvifica: “siamo i DR.oni, portiamo l’Ospedale a casa e facciamo a casa ciò che ti aspetti dall’Ospedale, la parola giusta, il gesto umano”.

“Regalare un sorriso, un sostegno a tutti coloro che ne avevano bisogno” ecco cosa dà forza a Smeralda Giunta.

Giuseppe Ruocco condivide il suo pensiero:“proseguirò come tutti coloro che son sospesi in questo limbo in cui la vita sembra freezata e messa in pausa, a distanza di sicurezza dalla paura e con un cuore sdrucito e rattoppato da tutto questo peso a tratti insostenibile”. Nel frattempo Anna Castrovilli è sicura che la forza sta nelle persone: “uniti ce la faremo”.

 

L’ORGOGLIO DEL PROPRIO LAVORO

Paola De Carlo: “ci chiamano eroi, ma noi siamo i medici dell’emergenza, siamo abituati a lavorare in condizioni difficili, siamo sempre in allerta e ci adattiamo ai cambiamenti”. Anna Maria Ferrari:“abbiamo dimostrato di esserci!”. Antonio Cuzzoli riflette con orgoglio che: “la Medicina e le Persone dell’Emergenza – Urgenza stanno svolgendo un ruolo cruciale in questa crisi epidemiologica e anche l’opinione pubblica oggi ci è vicina”.

Anche Federica Stella rimarca che “la famiglia dell’emergenza-urgenza sta rispondendo benissimo a livello nazionale, e io più che mai sono orgogliosa di farne parte”.

Stefania Ferrero lancia la sua sfida al nemico: “beh, caro Sig. Corona, la partita fra noi due l’ho vinta io, e l’ho vinta anche perché al mio fianco ho avuto persone eccezionali”. Cristina Cena:“fremevamo per far ripartire i nostri pazienti e il nostro Paese, ci siamo uniti e sostenuti per combattere insieme e.…ci siamo riusciti”. Francesco Franceschi:gli infermieri di Triage sono eccezionali, hanno oramai acquisito quell’intuito clinico che solo il PS ti sa dare”. Franco Grilli medico guarito dal Covid: “la medicina d’urgenza rimane comunque la mia scelta di vita”.

La MEU è qualcosa di più di una professione.

Marco Cortigiani: non lo facciamo per eroismo o temerarietà, non per gli onori e la gloria, che abbiamo imparato trovarsi molto distanti dagli ambulatori e le sale d’aspetto di un Pronto Soccorso o per le strade, lo facciamo per senso del dovere”. Lo ribadisce Orietta Petrignani: “so cosa si prova, a volte la paura di non farcela con i turni, la stanchezza, emozioni forti… Ma anche la gioia e la gratificazione per quello che alla fine del nostro lavoro riusciamo a fare”. Per non parlare del coinvolgimento dei più giovani come Marco de Cataldis: “essere specializzando in medicina d’emergenza e urgenza: ne sono fiero”.

Maria Rita Taliani:“non credo di essere sola…teniamo alto il nome di quell’Italia in cui nessuno più si riconosceva…e purtroppo ancora qualcuno non si riconosce”. E poi Emanuela Cataudella che confida nella buona riuscita delle cose: “il Sistema Sanitario Italiano ce la farà, perché nonostante tutto ha dato una grande lezione di efficacia ed efficienza”. Concetta Pirozzi:“la fiducia nelle capacità del sistema e dei singoli e nelle qualità di chi ci coordina, oltre che la speranza e l’ottimismo, devono continuare ad animare il nostro operato in questi e nei futuri momenti bui. A testa alta resistiamo”.

 

UN NUOVO VIRUS, UNA NUOVA VITA.

Nulla è come prima. Un essere invisibile, un granello che ha fatto saltare un meccanismo complesso. Quello che era normalità, banali abitudini quotidiane non esistono più. “Mi ricordo benissimo il giorno in cui sei arrivato in Italia” scrive in una lettera al Covid lo studente Jacques Camajori Tedeschi mentre secondo Nicola Placucci:“arriva lui, il virus. Che ci costringe ai turni infernali, ai presidi di protezione insopportabili, ai cambiamenti di abitudini sul lavoro e nella vita impensabili fino a qualche settimana fa. E anche correre, si, anche correre diventa illegale”. Luisa Borella si concentra  sulle voci degli altri, degli anziani: “c’è il sole oggi .. Si .. visto? .. Proprio primavera. Usciamo, è ora della camminata. No non possiamo. Siamo vecchi, dicono che siamo a rischio con il virus”. Silvia Fiumana: “scendo di corsa le scale al cambio. Prendo la radio, saluto il mio regolatore, un sorriso con gli equipaggi dietro le nostre mascherine e si parte. Di corsa al box”.  Patrizia Gherlinzoni: “vai a casa e ricaricati”. Lo staff del PS di Civitavecchia ASL Roma 4: “abbiamo per mesi combattuto contro un nemico subdolo e sconosciuto, qualcuno di noi è stato contagiato, ma nessuno è scappato; tutti sono rimasti al loro posto”. Gaetano Diricatti:“vorrei essere Omero o magari Lucio Dalla, ma anche Diodato”, per raccontare cos’è tutto l’amore di cui è stato testimone oppure le parole ascoltate dai pazienti ” … certo, mi piace di più qui: sono accanto alla finestra, fuori è primavera! Ecco, dai, apritele bene, ‘ste finestre, fatela entrare, questa primavera…il virus no, di qui non entra né esce…”. Antonio Del Prete: “ci hanno dedicato di tutto e abbiamo trovato persino posto sul presepe di San Gregorio Armeno a Napoli”.

Francesca Mazzella: “questa malattia ci ha reso fragili e, annichilendoci, ci ha portato via la cosa più importante, la condivisione, l’empatia della comunicazione e la comunicazione dell’empatia, a cui noi medici d’emergenza siamo molto legati”.

 

Il FUTURO

Quando tutto questo sarà finito dice Sonia Maurizi: “mi comprerò un fonendoscopio nuovo. Magari di colore verde. Come la speranza, che mai mi abbandona”. Fabiana Di Girolamo e Arianna Trabalzini:“quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo”. Emmanuele Tafuri: “quando questa situazione finirà, speriamo prima possibile, mi auguro che si comprenda che chi lavora in emergenza non è un martire, eroe o missionario quando c’è una pandemia o bersaglio di critiche ed aggressioni in tempo di pace”. Ma più di ogni altra cosa lo sguardo al futuro sono i bambini. Angelo Farese: “Clohe, la bimba che non si svegliava e poi ha aperto gli occhi”.

 

GRAZIE A TUTTI per continuare a fornire una change di sopravvivenza, aiuto, ascolto alle persone che a voi si rivolgono. SEMPRE, quale ne sia il costo.

 

 

 

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