IL BLOG DI SIMEU

 

Riflessioni di un medico d’urgenza a 24 mesi dall’inizio della pandemia

febbraio 23rd, 2022 | NO COMMENTS

di Emmanuele Tafuri

 

Il covid ha cambiato la medicina d’urgenza ma, prima ancora, ha cambiato noi tutti nel modo di relazionarci e questo inevitabilmente si è ripercosso sul nostro lavoro.

Noi professionisti MEU – da sempre in prima linea – abbiamo visto in diretta la trasformazione dello scenario. Repentinamente, in pochi giorni.

Esattamente due anni fa in maniera del tutto empirica organizzavamo i primi percorsi, i primi “protocolli” contro un nemico oscuro, fino a quel punto del tutto sconosciuto.

 

Noi dell’emergenza-urgenza avevamo, come sempre, il dovere di capire, di soccorrere e purtroppo nelle prime fasi ci siamo esposti anche in maniera non idonea fino a perdere anche la vita.

Per essere al servizio dei cittadini sempre e comunque. Per il nostro lavoro.

Il covid ha ribadito il ruolo cruciale, centrale addirittura essenziale della MEU nel mondo intero e in particolare nella nostra nazione.

Questa drammatica pandemia ha però avuto il vantaggio di aver finalmente reso pubbliche le carenze in termini di personale, di spazi, di strutture delle nostre unita’ operative di pronto soccorso. Nello stesso tempo – in un momento di difficolta’ unico e straordinario direi della storia recente – siamo stati capaci, pur con le scarse risorse umane e di mezzi, a fronteggiare qualcosa di inimmaginabile.

 

La pandemia inoltre ci ha fatto diventare improvvisamente “eroi” a nostra insaputa.

Non ci sentivamo tali ne’ prima ne tantomeno dopo;  in realta’ abbiamo sempre fatto cio’ che l’opinione pubblica ha “scoperto” solo recentemente. Ma attenzione … questi eroi potrebbero rapidamente trasformarsi di nuovo in carnefici! Osannati su tutti i media pensavamo che le aggressioni verbali e fisiche in PS potessero diventare solo un brutto e vecchio ricordo.

Purtroppo no. Sembra essere già tutto dimenticato: negli ultimi mesi si contano molti episodi di violenza e mancanza di rispetto delle nostre persone.

 

Eppure in questi 24 mesi le nostre competenze hanno davvero fatto la differenza!

Ci siamo trasformati in sub-intensive, abbiamo rimodulato percorsi, ambienti, conoscenze e comunque sempre garantito le urgenze di altra tipologia non legate a covid19.

In tutta Italia si e’ creata  tra le strutture MEU una rete virtuale dove ci siamo scambiati, notizie, informazioni, esperienze pratiche, protocolli per gestire “un qualcosa” che soprattutto nella prima ondata era tanto oscuro quanto insidioso.

 

La pandemia ci ha fatto anche capire come il pronto soccorso sia stato utilizzato in maniera erronea in passato. Il calo degli accessi – soprattutto nei periodi di picco pandemico – ne sono in parte testimonianza.

Per questo e molto altro la medicina d’urgenza non sara’ piu’ la stessa.

Il ruolo centrale acquisito e meritato sul campo, deve essere il nostro punto d’inizio per una nuova era della medicina d’emergenza-urgenza. Tutta l’esperienza degli ultimi 2 anni deve essere utilizzata per chiedere a gran voce di colmare le carenze di personale e di strutture, per rafforzare il concetto che la formazione di medici ed infermieri d’ urgenza e’ prerogativa fondamentale, perche’ oggi si chiama covid ma in un giorno qualunque del futuro potra’ essere una qualsiasi altra maxi emergenza alla quale noi tutti in prima linea, vogliamo e dobbiamo trovarci preparati.

 

Non abbiamo paura delle emergenze!

E’ come se il nostro dna fosse strutturato per questo; vogliamo solo essere accompagnati nella dignità del nostro lavoro con le stutture necessarie ed il rispetto delle necessità.

Detto questo sicuramente la responsabilita’ di essere in prima linea l’abbiamo sentita e la sentiamo costantemente; offrire risposte certe, chiare e rapide alla popolazione è un compito difficile che ci spetta e che dobbiamo e vogliamo onorare nel migliore dei modi.

 

Molti – tra noi operatori sanitari – hanno avuto in questi anni e ancora hanno momenti di sconforto… capita di pensare per un attimo che “non possiamo farcela” ma poi… nel momento in cui indossiamo la tuta e vediamo la sofferenza, capiamo che farcela per i pazienti è l’unica cosa che davvero desideriamo, per noi stessi e per il nostro team.

Purtroppo dopo ciascun picco epidemico non c’è stato mai un vero e proprio riposo… la nostra mente andava sempre a cio “che sarebbe potuto ancora accadere” e che puntualmente poi è arrivato. Il virus ancora non è morto e non morirà almeno per un altro pò attacca in maniera aggressiva e per sua natura, non volendo sparire muta.Le famose varianti.

Dobbiamo sconfiggere il virus anche con l’aiuto della popolazione, con dei comportamenti sani, di prevenzione insieme alla campagna vaccinale perché i comportamenti non adeguati hanno spesso compromesso l’attività di prevenzione e di cure che erano state messe in atto.

 

Ora siamo al calo di contagi della quarta ondata, ma non dobbiamo abbassare troppo la guardia:  non è ancora finita! Dobbiamo prepararci a cio’ che potra’ essere il prossimo autunno e auspichiamo che la popolazione comprenda. La vita deve riprendere e potrà accadere solo se attuiamo dei meccanismi sani e maturi di comune consapevolezza.

Il vaccino può salvarci da questo terribile virus, e’ l’unico presidio insieme alla prevenzione che può bloccare il progredire dei contagi.L’atteggiamento di chi nega il progresso della scienza, contestando e mettendo in dubbio la vaccinazione e tutta la medicina basata sull’evidenza è assolutamente pericoloso.

 

Noi medici d’urgenza ci siamo, con i nostri infermieri, e ci saremo sempre: forza e soprattutto coraggio non ci mancano. Vogliamo però anche essere protagonisti della rinascita di un modo nuovo di operare al meglio mettendo a disposizione di tutti le nostre competenze e la nostra passione, elementi cardine del nostro lavoro. Sappiamo che il nostro apporto al sistema nel suo insieme è enorme, anche se troppo spesso “invisibilmente essenziale”.

 

In questi 2 anni la pandemia ci ha messi a dura prova ma ancora resistiamo; ne usciamo stremati ma i fatti hanno davvero dimostrato che la disciplina di emergenza-urgenza rappresenta un pilastro unico e fondamentale del SSN e proprio da essa bisogna ripartire per un futuro migliore.

Il Boarding: tutti ne parlano, ma le soluzioni?

gennaio 25th, 2022 | NO COMMENTS

di Andrea Fabbri

Il fenomeno del boarding dei pazienti in Pronto Soccorso, diventato purtroppo assai diffuso nei Dipartimenti di Emergenza italiani, rappresenta un indicatore di “scarsa qualità” dell‘organizzazione ospedaliera relativamente ai percorsi dell’urgenza.

 

Nello specifico descrive quel ritardo di tempo che il percorso di cura in urgenza del paziente subisce, dopo la decisione del medico di assegnarlo ad una unità di degenza, in attesa di un’ accoglienza stabileA seguito di questo, purtroppo, i pazienti restano in aree molto spesso improvvisate in attesa del trasporto nel reparto di assegnazione definitiva.

 

È dimostrato che questi passaggi si associano frequentemente ad altri indicatori di difficoltà organizzativa; in particolare si cita il sovraffollamento nelle sale di attesa, degenza e osservazione del Pronto Soccorso.

Il contrasto a queste 2 condizioni, strettamente correlate fra di loro, rappresenta certamente una delle principali sfide del mondo dell’Emergenza Urgenza degli ultimi decenni.

 

In presenza del fenomeno boarding dei pazienti che aspettano in Pronto Soccorso di essere ricoverati, numerosi studi documentano un allungamento ingiustificato dei tempi di attesa alla visita medica, una marcata difficoltà di gestione dei percorsi di tutti gli altri pazienti, un incremento delle complicanze di malattia sia per i casi che verranno ospedalizzati sia per quelli che al termine dell’osservazione verranno dimessi al domicilio.

Ulteriori associazioni statistiche dimostrano il legame tra un maggior numero di giorni di degenza e una maggior incidenza di complicanze. In uno studio recente si è dimostrato che la mortalità dei pazienti in attesa di ricovero aumentava dal 2.5% al 4.5% nei casi in cui il tempo di boardingsuperava le 12 ore.

 

Si aggiungono inoltre le obiettive maggiori difficoltà a prendersi in carico ulteriori pazienti, fatto che determina come risultato tempi più lunghi per i percorsi di cura di tutti i casi presenti in PS, con riscontri e percezioni negative sia da parte dei pazienti (e dei loro parenti) che dei professionisti in servizio.

 

Molti osservatori hanno inoltre posto attenzione al fenomeno focalizzandosi invece sul prezzo pagato in termini di salute per i cittadini, risorse umane (impegno dello staff) e numero di conseguenti attività organizzative aggiuntive ma – nonostante tutte queste osservazioni e l’oggettiva gravità del problema – le soluzioni fino ad ora sono state nell’ordine di indicazioni generali.

 

Un recente documento del Ministero della Salute dal titolo “Linee di indirizzo per lo sviluppo di un piano di gestione del sovraffollamento in Pronto Soccorso” indica una serie di azioni utili alla riduzione del fenomeno:

  1. Definizione di posti letto (area medica e chirurgica) quotidianamente a disposizione del Pronto Soccorso.
  2. Cruscotto in grado di rappresentare l’effettiva situazione dei posti letto disponibili o che si renderanno disponibili in tempi brevi.
  3. Pianificazione di un numero di dimissioni medio pari al bisogno quotidiano del Pronto Soccorso, anche attraverso il monitoraggio della durata di degenza dei pazienti.
  4. Modalità che garantiscano la possibilità di dimissione dai reparti anche nei giorni prefestivi e festivi, soprattutto a ridosso del fine settimana, almeno per quei pazienti che dispongano già o non richiedano un percorso di presa in carico a livello territoriale.
  5. Procedure che garantiscano il rapido back-transfer dei pazienti dai centri Hub di riferimento ai centri Spoke.
  6. Accordi di rete con i presidi ospedalieri e/o cliniche, che non hanno ruolo nella rete dell’emergenza-urgenza, per la disponibilità di posti letto per acuti e per post-acuti.
  7. Istituzione della stanza/area di ricovero (“Admission Room”), aree dell’ospedale ed esterne al Pronto Soccorso, dedicate ai pazienti in attesa di ricovero, come soluzione provvisoria da utilizzare nel caso di grave sovraffollamento.
  8. Definizione di percorsi che rendano operativa la possibilità di ricovero in altro presidio ospedaliero, previa verifica della reale disponibilità del Posto Letto, e senza interferire significativamente con l’attività di accettazione dell’altro Pronto Soccorso / Ospedale.
  9. Definizione di percorsi ambulatoriali post Pronto Soccorso per la presa in carico del paziente al fine di garantire una dimissione sicura e una minore percentuale di re-ingressi in Pronto Soccorso.
  10. Ove non presente, si ritiene funzionale procedere alla implementazione del programma informatico gestionale di Pronto Soccorso che consenta la visualizzazione in tempo reale di Posti Letto (ordinari e di terapia intensiva).
  11. Blocco temporaneo dei ricoveri programmati o non urgenti per un intervallo di tempo rapportato alla severità del sovraffollamento.

 

Tali indicazioni risultano essere però solo degli “orientamenti“ e, come tali ad oggi, non sono state tradotte in azioni precise.

 

Per queste ragioni riterrei molto interessante poter aprire una discussione sull’analisi del fenomeno ed i relativi indicatori da considerare come strategici con l’obiettivo di raccogliere proposte basate sulle differenti esperienze e contesti, utili per dare corso alle linee di indirizzo della società scientifica.

 

La domanda è:

Noi professionisti dell’emergenza-urgenza come vorremmo che venisse gestito il problema? Quali le concrete soluzioni?

 

La Storia nelle Stories

dicembre 27th, 2021 | NO COMMENTS

A cura dell’ ufficio stampa

 

A caratterizzare le festività di fine anno 2021 è purtroppo la “quarta ondata” dallo scoppio dell’emergenza COVID19.  E’ arrivata poco prima del secondo Natale di un mondo sconvolto da un microrganismo in circolazione con attitudini da villaggio globale.

 

Gli ospedali italiani, soprattutto i Pronto Soccorso, sono ancora fortemente coinvolti nel fronteggiare la pandemia. Contare, valutare, organizzare, ri-modulare, re-imparare la gestione e la cura dei pazienti – tutti i pazienti – sono diventati una sorta di periodica consuetudine.

 

Ogni ondata è diversa da quella precedente, una storia da riscrivere ex novo rispetto alle evoluzioni della conoscenza, del virus e dei contesti sempre diversi del suo intorno. Intanto mesi intensi, faticosi e sempre più complessi per molteplici ragioni, si sono sommati. Stanchezza e crisi strutturale sono ai massimi livelli: intanto che la politica chiacchiera, i pronto soccorso implodono.

 

La medicina di emergenza urgenza non è solo una disciplina è anche un modo di pensare, di vivere ed il Pronto Soccorso è prima di tutto le persone ed i professionisti che lo animano.

Si sono ormai accumulati quasi 10 milioni di ore di straordinario ma la stragrande maggioranza di medici ed infermieri sono al loro posto con un immutato senso di responsabilità e grande generosità. Ancora una volta, anche durante queste festività.

 

Abbiamo voluto omaggiare il loro lavoro con un ricordo, raccogliendo le testimonianze delle “SIMEU Stories” scritte quando tutto era sorprendentemente e drammaticamente nuovo. L’inizio della pandemia e la prima tragica ondata raccontata dalle voci dei professionisti dell’emergenza urgenza: da nord a sud Italia, direttamente dalla prima linea.

 

L’INIZIO DELLA PANDEMIA

Antonella Cocorocchio: ”leggendo i documenti ministeriali oppure guardando i giornali e la tv, ho l’impressione che la mia Italia sia divisa in due: una parte che soffre e un’altra che attende l’arrivo della sofferenza”. Racconta Roberto Cosentini: “la Lombardia ormai è l’epicentro di un terremoto che sembra non finire mai. Ogni pomeriggio arriva una scossa e gli ospedali scoppiano. Se non riusciamo a trovare subito altri letti, più medici e infermieri, in queste condizioni possiamo resistere ancora per poco”.

“Un sibilo, continuo, che non avevi mai sentito prima in oltre quindici anni di pronto soccorso”, lo descrive Alessandro Riccardi ed Eleonora Giorgini il 7 marzo 2020 osserva: “sembra una mattina uguale alle altre, ma non lo è”.

Francesca Cortellaro si sfoga con i giornalisti: “È uno tsunami” e anche Susanna de Pascalis lo descrive tale.

Claudia Cicchini sente di essere parte della Storia:“oggi noi, gli attori dell’emergenza urgenza stiamo vivendo i cento giorni di Napoleone rientrato in Francia, l’ingresso a Gerusalemme nella Domenica delle palme: gli osanna, i ringraziamenti per un lavoro che è lo stesso che abbiamo sempre fatto ogni giorno fino ad oggi e che continueremo a svolgere quando sarà finito il nostro momento”. Silvia Musci si chiede con preoccupazione: “chissà per quanto ancora…”.

Nicole Bosi Picchiotti soffre:“era iniziata come una notte tranquilla, solo un paziente…. Ciao Paolo”. Emanuela Cataudella:“quando ci è stato comunicato che ci saremmo dovuti preparare ad una maxi-emergenza sanitaria noi eravamo pronti”. Luisa Tammaro riflette sul nome del nuovo nemico: “Corona, non è una birra da bere fredda in riva al mare”.

 

LA PAURA

Nuovi sentimenti appaiono nelle parole di Concetta Pirozzi: “ansia per le famiglie, per sé stessi, per i pazienti. Ora ci siamo abituati e indossiamo i DPI, in automatico, come se questa fosse la nuova normalità. Ma non è la normalità”. Stefano Paglia:“la paura si vede nei volti degli operatori, a volte lieve velata a volte incontrollata” perché: “a parlare sono i nostri occhi”, scrive Emiliano Fanicchia.

Barbara Gabrielli confessa: “questa notte abbiamo curato la paura”. Mario Guarino: “abbiamo paura, certo che abbiamo paura. Ce lo diciamo con gli occhi incorniciati dalle mascherine e dalle visiereGaetano Diricatti scrive le parole pronunciate da un infermiere: “Doc, sono preoccupato! Dici che ce la faremo a non ammalarci? Ho paura per mia figlia… Anto’,  e risponde “anch’io sono preoccupato… Se sapremo essere una squadra, ce la faremo!”.

Christian Ramacciani Isemann: “la mia squadra adesso è fragile, impaurita dall’ignoto che gli si para davanti e stanca dei troppi giorni senza riposo. La mia squadra però è determinata”.

Daniela Grisanti invece è a casa in maternità:“ho paura, e me ne vergogno, non mi sento in diritto di provarla, non essendo in prima linea assieme a Voi. Sono fiera di Voi. Fabio De Iaco parla di quello che vede “immagini che non ci abbandoneranno mai: tutti ne abbiamo qualcuna nella testa”. Senza scordare la paura più angosciante: quella dei malati. “Era lì ben presente, sul lettino della shock-room ed ha capito, compreso” la testimonianza di Maria Felicia Di Corcia. “Ho questa fottutissima paura continua!” confessa l’infermiera Monica che si è infettata ad una coinvolta Francesca Mangiatordi.

 

Il VIRUS SCONOSCIUTO

Giuseppe Lauria:“si tratta di qualcosa che il nostro organismo non ha mai visto, soprattutto in una società come la nostra. Nel Medioevo era un conto, ma adesso siamo una società globale: il virus prende l’aereo, il treno, la macchina”. Per questo bisogna “decidere fuori dagli schemi”, ricorda Marco Barchetti.

“Ti trovi a lottare contro un nemico invisibile, infinitamente piccolo eppure tanto più grande di te. Da allora, pensieri orrendi abitano le notti insonni e pensi di non farcela” racconta impensierita Maria Antonietta Castellone.

Francesca De Marco: “notte difficile, pazienti gravi ma io ho una speranza. Il virus potrebbe regalarci qualcosa, ammesso che una catastrofe non annunciata possa regalarci qualcosa, ovvero il senso di responsabilità per l’altro”. “Tante le calamità lontane dal mio mondo! Oggi il mio mondo è come quello lontano” è il sentimento di smarrimento per Maria Pia Ruggieri.

 

MEDICI, PERSONE E SENTIMENTI

Davide Bertoglio:“gli operatori sanitari prima di esser medici e infermieri sono donne e uomini che combattono questa guerra non solo con le armi che la medicina ci dà, ma anche con empatia e sensibilità”. Empatia, una parola che risuona. “Ho sentito come si sentono i miei malati”, racconta Roberta Petrino e Claudia Cicchini la comprensione la vive così:“chiamo la moglie, le parlo. Mi racconta del figlio, che deve laurearsi nei prossimi giorni, della figlia studentessa di infermieristica, che ha iniziato le manovre rianimatorie al padre; mi chiede come farà con i ragazzi, con la vita…” Mentre un pragmatico Giulio Maria Ricciuto ricorda quanto sia importante avere: “più protezioni per medici e infermieri”.

Michele Mitaritonno: “giorni di quarantena per qualcuno, giorni di reclusione forzata per altri e poi ci siamo noi … per noi operatori sanitari sono giorni di duro lavoro!” Senza mai fermarsi, senza le giuste pause “allora avanti con il turno successivo” è lo sfogo di Giacomo Magagnotti.

Alessio Gamboni e Tiziana Fancelli così si descrivono, con un’ironia forse salvifica: “siamo i DR.oni, portiamo l’Ospedale a casa e facciamo a casa ciò che ti aspetti dall’Ospedale, la parola giusta, il gesto umano”.

“Regalare un sorriso, un sostegno a tutti coloro che ne avevano bisogno” ecco cosa dà forza a Smeralda Giunta.

Giuseppe Ruocco condivide il suo pensiero:“proseguirò come tutti coloro che son sospesi in questo limbo in cui la vita sembra freezata e messa in pausa, a distanza di sicurezza dalla paura e con un cuore sdrucito e rattoppato da tutto questo peso a tratti insostenibile”. Nel frattempo Anna Castrovilli è sicura che la forza sta nelle persone: “uniti ce la faremo”.

 

L’ORGOGLIO DEL PROPRIO LAVORO

Paola De Carlo: “ci chiamano eroi, ma noi siamo i medici dell’emergenza, siamo abituati a lavorare in condizioni difficili, siamo sempre in allerta e ci adattiamo ai cambiamenti”. Anna Maria Ferrari:“abbiamo dimostrato di esserci!”. Antonio Cuzzoli riflette con orgoglio che: “la Medicina e le Persone dell’Emergenza – Urgenza stanno svolgendo un ruolo cruciale in questa crisi epidemiologica e anche l’opinione pubblica oggi ci è vicina”.

Anche Federica Stella rimarca che “la famiglia dell’emergenza-urgenza sta rispondendo benissimo a livello nazionale, e io più che mai sono orgogliosa di farne parte”.

Stefania Ferrero lancia la sua sfida al nemico: “beh, caro Sig. Corona, la partita fra noi due l’ho vinta io, e l’ho vinta anche perché al mio fianco ho avuto persone eccezionali”. Cristina Cena:“fremevamo per far ripartire i nostri pazienti e il nostro Paese, ci siamo uniti e sostenuti per combattere insieme e.…ci siamo riusciti”. Francesco Franceschi:gli infermieri di Triage sono eccezionali, hanno oramai acquisito quell’intuito clinico che solo il PS ti sa dare”. Franco Grilli medico guarito dal Covid: “la medicina d’urgenza rimane comunque la mia scelta di vita”.

La MEU è qualcosa di più di una professione.

Marco Cortigiani: non lo facciamo per eroismo o temerarietà, non per gli onori e la gloria, che abbiamo imparato trovarsi molto distanti dagli ambulatori e le sale d’aspetto di un Pronto Soccorso o per le strade, lo facciamo per senso del dovere”. Lo ribadisce Orietta Petrignani: “so cosa si prova, a volte la paura di non farcela con i turni, la stanchezza, emozioni forti… Ma anche la gioia e la gratificazione per quello che alla fine del nostro lavoro riusciamo a fare”. Per non parlare del coinvolgimento dei più giovani come Marco de Cataldis: “essere specializzando in medicina d’emergenza e urgenza: ne sono fiero”.

Maria Rita Taliani:“non credo di essere sola…teniamo alto il nome di quell’Italia in cui nessuno più si riconosceva…e purtroppo ancora qualcuno non si riconosce”. E poi Emanuela Cataudella che confida nella buona riuscita delle cose: “il Sistema Sanitario Italiano ce la farà, perché nonostante tutto ha dato una grande lezione di efficacia ed efficienza”. Concetta Pirozzi:“la fiducia nelle capacità del sistema e dei singoli e nelle qualità di chi ci coordina, oltre che la speranza e l’ottimismo, devono continuare ad animare il nostro operato in questi e nei futuri momenti bui. A testa alta resistiamo”.

 

UN NUOVO VIRUS, UNA NUOVA VITA.

Nulla è come prima. Un essere invisibile, un granello che ha fatto saltare un meccanismo complesso. Quello che era normalità, banali abitudini quotidiane non esistono più. “Mi ricordo benissimo il giorno in cui sei arrivato in Italia” scrive in una lettera al Covid lo studente Jacques Camajori Tedeschi mentre secondo Nicola Placucci:“arriva lui, il virus. Che ci costringe ai turni infernali, ai presidi di protezione insopportabili, ai cambiamenti di abitudini sul lavoro e nella vita impensabili fino a qualche settimana fa. E anche correre, si, anche correre diventa illegale”. Luisa Borella si concentra  sulle voci degli altri, degli anziani: “c’è il sole oggi .. Si .. visto? .. Proprio primavera. Usciamo, è ora della camminata. No non possiamo. Siamo vecchi, dicono che siamo a rischio con il virus”. Silvia Fiumana: “scendo di corsa le scale al cambio. Prendo la radio, saluto il mio regolatore, un sorriso con gli equipaggi dietro le nostre mascherine e si parte. Di corsa al box”.  Patrizia Gherlinzoni: “vai a casa e ricaricati”. Lo staff del PS di Civitavecchia ASL Roma 4: “abbiamo per mesi combattuto contro un nemico subdolo e sconosciuto, qualcuno di noi è stato contagiato, ma nessuno è scappato; tutti sono rimasti al loro posto”. Gaetano Diricatti:“vorrei essere Omero o magari Lucio Dalla, ma anche Diodato”, per raccontare cos’è tutto l’amore di cui è stato testimone oppure le parole ascoltate dai pazienti ” … certo, mi piace di più qui: sono accanto alla finestra, fuori è primavera! Ecco, dai, apritele bene, ‘ste finestre, fatela entrare, questa primavera…il virus no, di qui non entra né esce…”. Antonio Del Prete: “ci hanno dedicato di tutto e abbiamo trovato persino posto sul presepe di San Gregorio Armeno a Napoli”.

Francesca Mazzella: “questa malattia ci ha reso fragili e, annichilendoci, ci ha portato via la cosa più importante, la condivisione, l’empatia della comunicazione e la comunicazione dell’empatia, a cui noi medici d’emergenza siamo molto legati”.

 

Il FUTURO

Quando tutto questo sarà finito dice Sonia Maurizi: “mi comprerò un fonendoscopio nuovo. Magari di colore verde. Come la speranza, che mai mi abbandona”. Fabiana Di Girolamo e Arianna Trabalzini:“quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo”. Emmanuele Tafuri: “quando questa situazione finirà, speriamo prima possibile, mi auguro che si comprenda che chi lavora in emergenza non è un martire, eroe o missionario quando c’è una pandemia o bersaglio di critiche ed aggressioni in tempo di pace”. Ma più di ogni altra cosa lo sguardo al futuro sono i bambini. Angelo Farese: “Clohe, la bimba che non si svegliava e poi ha aperto gli occhi”.

 

GRAZIE A TUTTI per continuare a fornire una change di sopravvivenza, aiuto, ascolto alle persone che a voi si rivolgono. SEMPRE, quale ne sia il costo.

 

 

 

UNA VITA DA ZOMBIE. La vera essenza della crisi della Medicina di Emergenza – Urgenza

dicembre 6th, 2021 | NO COMMENTS

di Claudio Poggioni

Medico “in estinzione” presso un Pronto Soccorso in Toscana, ci autorizza a pubblicare questi suoi pensieri maturati alla vigilia dello scorso 17 novembre: la crisi della medicina d’emergenza urgenza riassunta in poche righe.

 

La vita suona al ritmo dei turni, un loop inesorabile tra giorni e notti. Una musica che si ripete, silenziosa, senza interruzione. Non ci sono i fine-settimana che interrompono questa monotonia, non c’è uno stacco che ti riporta alle cose belle della vita; quelle vanno incastrate nei pochi momenti liberi, con fatica, consapevole che lo sforzo di farlo si esaurirà con l’energia della gioventù, ed a quel punto rimarrà solo una lagna deprimente.

Entrare, cambiarsi prendere le consegne e partire. Una sequenza infinita di pazienti ognuno con i suoi problemi. Ma le difficoltà si accatastano una sull’altra, ognuno vuole risposte, subito, anche per futili motivi.

Dentro quella stanza contemporaneamente vieni bombardato da una miriade di domande da parte dei pazienti, degli infermieri, degli Oss.

Il telefono squilla di continuo ma il tempo per ogni risposta, per ogni decisione è di pochi secondi. C’è confusione, un via vai continuo e fatichi a capire chi ti sta parlando. L’odore acre del vecchio paziente che ha defecato nella barella accanto ti penetra nel cervello. Impossibile concludere una visita senza essere interrotto più e più volte, ed ogni volta cercare di ripartire da capo.

Ma il signore cerca di raccontarti il suo problema. Per lui è il suo momento e vuole attenzione, almeno per 5 minuti, però non c’è tutto quel tempo. Lui vuole una risposta, ma l’unica che puoi dargli o almeno che ricerchi è quale destino affidargli. Deve essere ricoverato o può tornare a casa in relativa sicurezza?

La diagnosi diventa un optional, la terapia un lusso, non puoi perdere tutto quel tempo. Sei nel vortice e ne vieni trasportato.

 

L’anziana signora di 95 anni, ormai inconsapevole anche di essere al mondo, sta davanti a te: ma perché non è nel suo letto ad attendere il suo destino naturale? Perché il ragazzo ha avuto il coraggio di venire in Pronto soccorso per un banale mal di gola?

Il territorio non esiste, siamo noi il parafulmine in una tempesta infinita. Lo stress cresce, la rabbia e la consapevolezza dell’impossibilità di approfondire il perché di tutto questo pure.

 

Poi arriva l’emergenza, quella per cui vale la pena spendere tutto.

Ci si dedica anima e corpo ma un occhio va sempre alla lista di attesa che aumenta. Sai già che pagherai caro esserti dedicato a questo codice rosso. Agli altri pazienti non importa cosa stai facendo, quando tornerai da loro ti aggrediranno per il tempo di attesa troppo lungo. Troverai una montagna di lavoro da smaltire che trascinerai fino al cambio del turno ed anche dopo, per non lasciare al collega una situazione troppo drammatica. Torni a casa distrutto, ti aspetta un piatto di pasta fredda ed i tuoi figli sono già a letto.

 

Allora nella disperazione, quando il burn-out inizia a mangiarti l’anima, hai due possibilità. O inizi a chiedere consulenze inutili per situazioni che saresti perfettamente in grado di gestire da solo. Chiedi ecografie che non hai tempo di fare. Chiami l’anestesista per banali sedoanalgesie o il chirurgo per una sutura un po’ più lunga. Smetti di fare il medico di emergenza, ciò a cui hai dedicato la vita, ed inizi a fare il vigile indirizzando pazienti da una parte all’altra. Sei considerato dagli altri specialisti un poveraccio, si lamentano per le continue richieste perché anche loro hanno il loro lavoro da svolgere.

Non sanno cosa c’è dietro.

Oppure ignori la lista, dedichi il tempo che ogni paziente grave merita, fai il tuo lavoro come andrebbe fatto, paradossalmente lo fai con sentimento di protesta. È il modo migliore per essere disprezzato dal sistema. In Pronto Soccorso vogliono un medico “svuotatutto” non un medico bravo.

Rabbia, depressione, stress, lacrime, stanchezza sangue e sudore si mescolano in mix devastante.

 

Esci dal turno distrutto, ma non c’è riposo perché domani tutto ricomincia. I medici sono pochi, le persone scappano da questo massacro, e l’unica scelta che le amministrazioni sanno prendere è sfruttare ancora di più quelli che rimangono pur di tenere in piedi immutato questo sistema. Fino alla fine, finché uno rimane in piedi e non stramazza o decide, se ne ha la forza, di scappare prima.

La vita sociale è impossibile.

Il weekend in cui le persone normali condividono la vita per noi non esiste, le serate davanti alla TV neanche. O si lavora o siamo distrutti dal lavoro.

Tutto nella vita assume lo stesso sapore.

Tutto perde di importanza.

Tua mamma si sente sola ed è depressa, tuo figlio ha la febbre, deve andare dal dentista da 2 mesi ma non hai il tempo di portarlo. Ti chiede attenzione. Ma tutto questo passa in secondo piano. Finché il problema non è grave non può meritare attenzione, quella è catalizzata solo dal lavoro.

Non riesci più a concentrarti su una attività, non porti niente a termine. Affronti la vita solo quando si presenta un’urgenza, un problema grande.

Diventi progressivamente sempre più apatico, fino ad essere uno Zombie.

Ma non è così la vita e lo sai.

La vita è fatta di cose belle, grandi e piccole da godere, la vita è una sola e quando meno te lo aspetti può finire.

 

Quando questi pensieri escono fuori l’unica scelta è abbandonare questo lavoro. Se fortunatamente queste idee vengono fuori prima di sceglierlo la scelta migliore è non iniziarlo neanche.

Ecco l’essenza della crisi della medicina d’emergenza.

Caro ministro non ce ne frega niente di qualche euro in più al mese, non ce ne frega niente degli incarichi professionali o delle promesse di carriera. Rivogliamo prima di tutto la nostra vita, fatta di giorni liberi, di ferie e di diritti.

Vogliamo stare dietro ai nostri figli, vogliamo anche noi fare sport ed avere un hobby. Vogliamo la nostra dignità professionale e la possibilità di esercitare la nostra specialità ed il nostro lavoro con rispetto.

Riorganizzate il sistema, il territorio, gli ospedali.

Trovate un’altra destinazione per i codici minori.

Fate ciò che volete ma rendeteci la possibilità di vivere da esseri umani e non da schiavi, altrimenti la libertà saremo costretti a riprendercela da soli, ognuno per sé, e sarà la fine di questo servizio.

Firmato: uno (degli ultimi) medici di Emergenza/Urgenza.

 

Che aggiungiamo, alla fine a detta di tutti i professionisti MEU, continua comunque ad essere sentito come “il lavoro più bello del mondo” che occorre preservare dal rischio estinzione.

 

FORMARE NELLA TEMPESTA. DOPO IL COVID, VERSO UN FUTURO INCERTO PER LA NOSTRA IDENTITÀ

novembre 22nd, 2021 | NO COMMENTS

di Alessandro Riccardi

 

Due anni di formazione, ovvero l’esperienza stimolante che mi è stata offerta in SIMEU.

E due anni di pandemia, di blocco della formazione tradizionale, di problemi e di nuove necessità, di una malattia del tutto nuova da curare, da capire, da affrontare, da studiare.

Due anni trascorsi nell’occhio del ciclone, tra varie ondate e riflussi che erano quasi peggio delle ondate perché riportavano i problemi di sempre: due anni passati ad essere considerati eroi e poi di nuovo quelli di sempre, due anni che hanno però dimostrato una cosa con estrema chiarezza.

SIMEU non poteva, nonostante tutto, non essere presente con il suo programma di formazione, ma è stato subito evidente che non era possibile proseguire nel percorso già segnato da chi mi aveva preceduto. No, dovevamo fare i conti con un contesto tutto da sperimentare e per fortuna non ero solo.

Grazie allo sforzo di tutti i suoi formatori, alla sua solida organizzazione interna, la Società Scientifica è stata in grado di rispondere all’emergenza, si è adattata, a volte reinventata, ha continuato a formare, seppur in modo diverso e senza mai interrompere la sua attività.

Ecco, potrei usare un termine che non amo molto – usato, abusato – ma che talvolta è essenziale per spiegare la capacità di risposta e di reazione: resilienza. I medici e gli infermieri dell’emergenza-urgenza sono abituati a rispondere in modo rapido alle situazioni che cambiano, a volte in modo improvviso e inatteso, e di variare il proprio comportamento in reazione a quello che accade. Lo facciamo abitualmente, ogni qual volta dobbiamo affrontare un nuovo paziente, o si apre la porta del pronto soccorso e non sappiamo che cosa ci attenderà.

In questi due anni è capitato qualcosa di simile anche con la Formazione.

Già, la Formazione… una delle anime della SIMEU, e che rappresenta di per sè un concetto piuttosto ampio e variegato. Richiama naturalmente l’arte di “plasmare” la materia “informe” per donargli una struttura, ma questo non è il ruolo della nostra Formazione: questo compito spetta all’Università, ovviamente.

 

La nostra Formazione si occupa di qualcosa di differente, ed è qualcosa di meno definito e definibile, più impalpabile: riguarda le Competenze che ogni medico ed infermiere dell’emergenza-urgenza deve possedere e sviluppare. Rappresenta il complesso di elementi che dovremmo possedere per essere ciò che siamo.

In ultima analisi, dunque, riguarda la nostra Identità.

L’identità dei professionisti dell’emergenza-urgenza e del loro ruolo all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, un ruolo che oggi sta vivendo una profonda crisi, e che è sminuito da proposte e soluzioni che non tengono in considerazione proprio quelle competenze.

 

Le nostre competenze.

Nessuno potrebbe pensare di affidare un servizio di cardiologia, o gli ambulatori di una chirurgia a non specialisti, a neolaureati, o a specialisti di altri reparti – eppure spesso ciò accade con il pronto soccorso, e vediamo ogni giorno proposte tra le più disparate che hanno la funzione dichiarata di “salvare” un servizio ma che in realtà lo affossano, privandolo appunto delle competenze che dovrebbe possedere.

Eppure, lo abbiamo provato durante la pandemia, soprattutto durante la prima ondata: abbiamo utilizzato le nostre competenze in ecografia clinica per fare diagnosi precoci e monitoraggio dei pazienti. Abbiamo usato le nostre competenze nella ventilazione e nell’uso delle cpap per ventilare un numero enorme di pazienti. Abbiamo dimostrato le nostre competenze nella sedazione procedurale per permettere di tollerare giorni e giorni di caschi o maschere. Abbiamo fatto valutazioni etiche, abbiamo gestito una situazione prossima alla medicina delle catastrofi, abbiamo organizzato, riorganizzato, adattato e modificato la nostra struttura, più e più volte, anche all’interno di una stessa settimana, rispondendo alla realtà che cambiava velocemente.

Abbiamo usato le nostre degenze, che non sempre vengono chiamate in modo adeguato o appropriato, e ci siamo fatti carico di un grandissimo numero di ricoveri. Abbiamo valutato EGA, posizionato vie arteriose, drenato pneumotorace, abbiamo comunicato con i familiari, gestito i flussi di pazienti che transitavano per le nostre strutture, rispondendo ad ogni singola nuova esigenza.

 

Abbiamo risposto a quanto accadeva, e abbiamo aiutato i nostri pazienti. 

E abbiamo fatto squadra, noi medici con i nostri preziosi infermieri, perché di squadra si tratta, e ognuno ha portato un contributo costruendo un piccolo pezzo di questa grande storia.

Tutto questo necessita di Competenze, e  non può né deve essere affidato ad altri specialisti: il nostro lavoro di professionisti dell’emergenza-urgenza non può essere assegnato a chi è istruito per svolgere altre tipologie di attività.

 

L’impegno di SIMEU sarà sempre rivolto a Formare i veri professionisti MEU attraverso lo sviluppo di una identità chiara, forte, comune,con l’intento di poter fare quadrato, tutti insieme sempre, e soprattutto nei momentI di grande difficoltà come quello attuale.

Perché se il pronto soccorso e la medicina d’Emergenza non troveranno una strada, ed un aiuto da parte delle Istituzioni, chi ci rimetterà saranno soltanto i cittadini.

E dopo tutta questa dedizione, ne siamo convinti, proprio non lo meritiamo.

Ich hab’ kein Zuhause

ottobre 19th, 2021 | NO COMMENTS

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo racconto della dott.ssa Margherita Riccardi che si presenta in questo modo: “sono un medico italiano, lavoro come chirurgo in Germania e il mio lavoro si svolge principalmente tra sala operatoria e pronto soccorso. Sono molto legata alla medicina d’urgenza, talmente tanto che presto inizierò a lavorare e studiare per prendere la specializzazione in medicina d’urgenza. Ecco, anche se non lavoro in Italia, vi seguo, vi leggo e vi ringrazio per il lavoro che fate. Chissà, prima o poi tornerò in Italia a lavorare, in qualche Pronto Soccorso“.

Ringraziamo moltissimo questa collega e segnaliamo le sue molte storie, tutte vere, pubblicate sulla pagina Facebook “Salvo Complicazioni” https://www.facebook.com/salvocomplicazionidoc

Buon lavoro e buona vita Margherita!

 

 

Pronto soccorso, notte di guardia.

Il monitor appeso in sala medici lampeggia: profonda ferita al braccio, arrivo in 8 minuti.

Accanto la scritta “N +” mi fornisce l’informazione che sull’ambulanza è presente anche un medico d’urgenza (Notarzt/Notärtzin).

Questo vuol dire di solito che è qualcosa di relativamente grave. Poco dopo sento le sirene avvicinarsi, lascio la mia postazione e mi avvicino all’entrata del

pronto soccorso dove accedono le ambulanze. Infilo i guanti in lattice, guardo l’orologio e mentre mi rendo conto che sono già le 3 del mattino, vedo con la coda  dell’occhio il paziente scendere dall’ambulanza. Sui 40 anni, pantaloncini corti e una maglietta strappata completamente imbrattata di sangue.

Un’ infermiera mi aiuta a farlo stendere su un letto. Il medico d’urgenza mi presenta il paziente e snocciola velocemente le informazioni più importanti:

M.J, 41 anni, consumo abituale di droghe, diverse malattie croniche e alcuni problemi familiari che non riesce a gestire. Oggi la goccia che fa traboccare il vaso. Suizidversuch, scandisce il collega, imprimendo una certa solennità.

Tentativo di suicidio.

Il paziente è stato trovato dai parenti mentre si stava tagliando le vene.

Le ferite si trovano lungo buona parte dell’avambraccio sinistro, non sono molto profonde, ma vanno comunque suturate. M.J. spalanca gli occhi enormi e scuri,

quasi neri. È lucido. L’infermiera disinfetta le ferite mentre io preparo l’occorrente per medicare.Ecco ora annego nei tuoi occhi M.J, penso. Vorrei darti un

qualche tipo di conforto, dirti che andrà tutto bene, ma io e te veniamo da due pianeti diversi, e questo me lo spieghi tu, gentilmente. Ci sono pianeti e vite intere dove le cose non sono mai andate né potranno mai andare bene, e tu vieni da uno di questi. “Ich hab’ kein Zuhause”, io non ho una casa.

Lo dici tremando, e fai delle lunghe pause per cercare le parole giuste che alla fine comunque non vengono fuori. Accetti di parlare con me e il mio tedesco stentato, che è ancora più zoppicante ora che ormai si sono fatte le 4 del mattino. Io e te vicini, mentre inietto l’anestetico locale lungo tutta la ferita principale.

Ma i nostri pianeti sono sempre più distanti, e probabilmente invece vorresti sentirlo un po’ di dolore. Provare qualcosa.

Sentire, ancora una volta, tutto il male del mondo che dici di portare dentro. Non riesco a vederlo M.J., tutto questo male. Non ci riesco. Mi hanno cresciuto con l’idea che in ognuno di noi ci sta del buono, ma come dicevo i nostri pianeti sono sempre più distanti, e tu mi confessi che sei tutto da buttare. Sei un fiume di lacrime adesso e un po’ ti lasci andare, o forse è solo una farsa, o forse non lo so. Rimaniamo così, in silenzio nel cuore della notte.

Tu a piangere ferite che non vedo e io con i miei aghi e portaghi a chiudere tutte le altre

Finalmente la Summer School SIMEU di nuovo in presenza! Cronaca di un’esperienza condivisa tra generazioni di professionisti.

ottobre 5th, 2021 | NO COMMENTS

Nel magnifico centro residenziale universitario di Bertinoro (CEUB) si è da poco conclusa la nostra Summer School, in occasione della quale tutto il Board Scientifico si è prodigato per coinvolgere i giovani professionisti SIMEU nel rispetto dell’identità, confronto, formazione e del sapere, saper fare e saper essere.

 

La sessione di apertura – dopo l’introduzione del nostro Presidente Nazionale dott. Manca, gli interventi dei colleghi del Board e dei “padroni di casa” dott.ri Ferrari e Del Rio – è stata caratterizzata dalla travolgente presentazione del Prof. Sbrojavacca, che ha letteralmente affascinato i giovani parlando del valore della professione e del loro futuro.

Non sono mancate le relazioni sulla drammaticità e difficoltà che hanno visto protagonista l’emergenza-urgenza nella complessa gestione della crisi Covid-19, con le emozionanti relazioni del dott. Paglia, della “dinamica” dott.ssa Asrow, venuta direttamente da Chicago USA e della “spumeggiante” giovane dott.sa Ralli, che ha messo in risalto il fondamentale aiuto degli specializzandi MEU durante la pandemia.

La prima giornata si è conclusa con le relazioni sulla tematica della comunicazione in emergenza con il basilare apporto della dott.ssa Ruggieri già Presidente Nazionale SIMEU, sulla responsabilità professionale condotta dal past-President dott. Pugliese e il “dirompente” dott. Gelati.

 

La seconda giornata è cominciata con le tematiche dello shock e sepsi con il “magnifico” Prof. Schiraldi – anch’egli past-President della nostra Società Scientifica – che supportato dai colleghi Guiotto, Causin e Musci ha letteralmente ipnotizzato i giovani.

Ha avuto seguito un’eccellente sessione pratica interattiva, completamente dedicata alla eco messa a punto da un team eccezionale composto dai dott.ri Cibinel (già Presidente Nazionale), Magnacavallo, Paglia, Ricca Giustivi nonché da alcuni giovani MEU come Sembolini, Milione e Bastoni.

Le relazioni sulla difficile prospettiva dello stato emergenziale Covid-19 sono state ottimamente condotte dai “padroni di casa” dott.ri Ferrari e Del Rio, l’importante tematica del triage è stata discussa dal collaudato team composto dal dott. Susi e dalla dott.ssa Cocorocchio, in chiusura “l’esplosivo” dott. Montomoli che ha trattato una tematica cruciale: la Shock Room.

 

Anche la terza giornata ha avuto relatori d’eccezione come ad esempio i dott.ri Conti, Cosi e Tamarin che hanno letteralmente conquistato i giovani sulle tematiche cardiologiche in emergenza. Le relazioni sono state incentrate anche sulla gestione degli squilibri elettrolitici ed in particolare dell’ iponatremia in emergenza con la collaborazione della MEU Latini e Fanicchia. I giovani colleghi sono stati coinvolti anche in una dinamica gestione della insufficienza respiratoria acuta con una impeccabile sessione pratica interattiva che ha visto coinvolti esperti di grande rilievo nazionale: i colleghi Ferrari, Cosentini, Brambilla, Fantauzzi e Mattiazzo, ma anche giovani MEU come Ingrassia, Nori, Ralli e Schettini.

Un “futuristico” dott. Voza ha spinto in avanti le prospettive dei giovani grazie ad un’entusiasmante relazione sull’Intelligenza Artificiale nell’Emergenza.

 

La seconda e terza serata si sono concluse con attività diversificate di challenge che hanno visto i giovani professionisti cimentarsi in Quiz e Best Case Report condotti dai dott.ri Del Prete, Ralli, Frigo, Ruggieri e Cocorocchio.

 

La quarta giornata è stata dedicata alla gestione del dolore con relatori d’eccezione come gli “inossidabili” De Iaco, Guarino, Riccardi, Fanicchia, ma anche giovani MEU come Cimmino (Presidente Regionale) e Lison.

 

La vera novità di questa Summer School è stata però la simulazione sul trauma pre e intra – ospedaliero che ha coinvolto i giovani professionisti, per la prima volta, in una performance realizzata dal team dei dott.ri Geminiano, Rugna, Del Prete e Fabbri – con il coinvolgimento e la partecipazione del suo eccezionale gruppo del 118 di Forlì – ed il supporto attivo dei giovani colleghi MEU Ralli, Schettini e Bottone.

La serata, infine, ci ha regalato emozionanti sorprese come l’attribuzione del Premio Commemorativo in onore di Gino Strada “Urgenza… per Strada”, assegnato al medico dott. Capecchi e all’Infermiere dott. Sartori, l’ EM Story Contest – che ha ospitato come giudice il famoso scrittore e sceneggiatore Maurizio de Giovanni presente on-air – coordinato dall’appassionato Segretario Nazionale dott. Guarino. E’ stata giudicata vincitrice la storia della sensibilissima infermiera dott.ssa Tesei. Il Photo Contest, curato dai colleghi Riccardi e Guarino con il coinvolgimento delle esperte competenze di Mangiatordi e Farese, è stato assegnato al Gruppo Pain. Infine i Challenge Quiz e Best Case Report che sono stati attribuiti rispettivamente ai gruppi Pain e Stroke.

 

La quinta ed ultima giornata di Summer School si è svolta con le discussioni di scenari clinici sul drenaggio toracico presentate dal team Pepe, Del Rio e con la rappresentante MEU dott.sa Ralli. Non sono mancate le esercitazioni sulle vie aeree, gestite dal team dei dott.ri Rugna e Del Prete con la partecipazione del MEU Bottone.

Un’attualissima relazione sul crowding in PS, presentata dal dott. Savioli, ha infine chiuso questa esperienza che ha visto più di 50 docenti alternarsi in una full immersion davvero senza sosta.

 

Questo particolare evento di formazione è stato reso possibile grazie a SIMEU, in particolare al Presidente Nazionale, ai ben 4 past-President coinvolti, alle Faculty oltre che al lavoro della Segreteria Nazionale e di tutti i componenti del Board della Summer School 2021 che voglio ringraziare con rinnovata stima anche per impegno, entusiasmo e creatività!

 

Che altro dire? Giovani Professionisti dell’ Emergenza-Urgenza italiana il futuro ha bisogno di voi, della vostra energia, passione, idee e competenza.

Un caro saluto a tutti accompagnato da un grandissimo in bocca al lupo!

 

Prof. Mauro Giordano, Direttore Summer School SIMEU

Con il Board Scientifico 11 edizione 2021

Dr. Salvatore Manca, Presidente Nazionale SIMEU

Dr. Alessandro Riccardi, Responsabile Nazionale della Formazione SIMEU

Dr.ssa Maria Pia Ruggieri, past-President SIMEU

Dr.ssa Lucia Frigo, Coordinatrice Nazionale Giovani Medici SIMEU

Dr. Antonio Del Prete, Coordinatore Nazionale Nursing

Dr.ssa Antonella Cocorocchio, Segretario Nazionale Nursing

Dr.ssa Maria Luisa Ralli, past-President Cosmeu – Rappresentante Specializzandi

 

Dopo Anita.

settembre 29th, 2021 | NO COMMENTS

Direttamente dall’ EM STORY CONTEST della SUM.SCHOOL SIMEU appena conclusa, la testimonianza nominata vincitrice “per aver utilizzato le immagini, i rumori e gli sguardi come strumento di narrazione. L’uso dei nomi propri per indicare le persone come stile di approccio e cura. Il ricorso alle canzoni come rievocazione del proprio vissuto messo al servizio della persona nel percorso di cura”. Da un’idea del Segretario Nazionale dott. Mario Guarino, giuria presieduta dallo scrittore Maurizio De Giovanni

Mara Tesei ne è l’autrice. Originaria di Perugia, presta servizio presso il PS di Montepulciano dopo aver partecipato a tre missioni in Africa con una ONG.

 

Piccoli pezzi di vetro cadono come polvere dai vestitini che piano piano le togliamo.

È vigile, piange.

Non ha evidenti segni di contusione e non notiamo ferite una volta rimasta solo con il pannolino.

Si chiama Anita, un anno di età.

 

Un’infermiera del centodiciotto entra nella stanza e ci consegna le borse che erano vicino a lei nell’auto. Sono delle buste di carta di negozi per bambini, dentro dei vestitini con ancora il cartellino del prezzo attaccato. Chissà Anita come può averti immaginato bella con questi addosso la tua mamma. Invece ora sei quasi nuda con una dottoressa e due infermiere che immaginano cosa possa averti lasciato addosso l’impatto dell’auto. Ecografia ed esami di sangue negativi. Nulla, addosso non ti ha lasciato nulla. E sulla tua mamma? Cosa lascerà sulla tua mamma questo pomeriggio in cui siete uscite insieme e tornando la vostra auto ha avuto un impatto frontale con un’altra auto? Ora siete divise dalle porte scorrevoli della sala rossa: ogni volta che si aprono è come se la sala respirasse. Con lo stesso ritmo con cui le porte scorrevoli si aprono e si chiudono penso a quello che gli infermieri stanno facendo sulla mamma. Gestione delle vie aeree, accesso venoso. Io però non sono dentro con loro, sono dall’altra parte del corridoio eppure: elettrocardiogramma, esami di sangue, ecografia.

 

Io però ho in carico Anita, i familiari a casa non rispondono, né i nonni né il papà.

Eppure: emogasanalisi, tac. Questo ritmo di pensieri non la tranquillizza. “Marinella cosa facciamo con il paziente per la cardiologia?”, domanda che riecheggia dall’altro corridoio dove altri medici ed infermieri continuano a lavorare, mentre io sono lì ferma con in braccio Anita. “Marinella, va a reparto?”. Ma certo, Marinella. Tutto diventa un po’ più chiaro, tutto diventa sequenziale, come l’abcde che mentalmente avevo fatto sulla mamma di Anita.

“Questa di Marinella è la storia vera, che scivolò sul fiume a primavera, ma il vento che la vide così bella, dal fiume la portò sopra una stella”.

Entro nella stanzina di ristoro del Pronto Soccorso.

Inizio a cullarla e a cantarle piano la canzone di Marinella. Ricordo solo quella strofa e gliela canto di continuo, così come di continuo stiamo camminando in su e in giù in quella stanzina dove gli infermieri cercano un minuto di tranquillità tra un triage e l’altro, tra un’urgenza ed un’emergenza.

 

Anche io cerco in quel posto un po’ di tranquillità per Anita.

Ora lì non piange più, ha in bocca il suo ditino che ogni tanto prende ogni tanto lascia.

“Ma il vento che la vide così bella …” Anita si addormenta.

 

Entra in stanza il direttore. È in questo ospedale da poco, non mi ha conosciuto quando pochi mesi prima arrivai in pronto soccorso con la testa piena di lunghe treccine africane per l’ultimo tirocinio di infermieristica. Ero tornata da due giorni dalla mia seconda missione in Africa: già sull’aereo avevo pensato “sarà difficile? Sarò all’altezza?”. Qualche mese dopo sarei tornata lì come dipendente: ogni turno mentre percorrevo il corridoio che dallo spogliatoio portava al pronto soccorso mi chiedevo: “sarò oggi all’altezza di quel posto?”.

La domanda è rimasta sempre la stessa. Il direttore invece non fece alcuna domanda sul perché nel suo pronto soccorso si ritrovava un’infermiera al primo incarico che cantava De Andrè con in braccio una bambina. Sorrise, uscì, mentre entrarono nella stanza le novità sulla mamma: tamponamento cardiaco, trasferimento in sala operatoria di cardiochirurgia.

Con la notizia arrivarono anche i familiari di Anita. Riconsegno Anita al suo papà.

 

Non ci diciamo nulla, ma in quel passaggio da un abbraccio all’altro, ho capito il vero obiettivo del pronto soccorso: riconsegnare una vita.

Prima di lavorarci, come la maggior parte delle persone, pensavo che gli operatori cercassero di perseguire tale obiettivo tra il caos e la fretta. Da infermiera ho compreso che quando tutto si focalizza nel riconsegnare questa vita vige straordinaria disciplina: in una situazione di emergenza, ogni individuo si sente responsabilizzato, “si forma una solidarietà diffusa, cala il livello di litigiosità, insomma per quanto possa sembrare assurdo, l’auto smette di perdere i pezzi quando supera i duecento chilometri orari”

 

Dopo Anita scelsi di non scendere più dall’auto chiamata pronto soccorso.

 

L’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nel mondo della Medicina d’Urgenza. Vantaggi, limiti e potenzialità.

settembre 7th, 2021 | NO COMMENTS

di Antonio Voza

Nel dicembre di 3 anni fa, partecipando ad un congresso organizzato dalla Fondazione Veronesi, vengo colpito da una affermazione, molto simile ad una sentenza, secondo cui alcuni esperti internazionali valutavano concreta la possibilità che entro il 2050, attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale (IA), le macchine sarebbero in grado di sostituire del tutto gli umani nello svolgere ogni genere di professione, compresa quella del medico.

La mia reazione è stata contrastante: preoccupazione e curiosità si sono alternate ma, quando parliamo di IA, di cosa si tratta?

 

In questi ultimi anni, nel cercare di definirne una dimensione ed una identità, mi sono imbattuto in diverse descrizioni.

Una su tutte ha contribuito a schiarirmi le idee. Nello specifico, asserisce che il concetto di IA viene usato in riferimento a “sistemi software che, ricevuto un obiettivo complesso, interagiscono nella dimensione fisica e digitale, percependo l’ambiente circostante attraverso l’acquisizione e l’interpretazione di dati raccolti, ragionando sulle conoscenze pregresse, elaborando le informazioni ottenute dai dati stessi e decidendo quale possa essere la migliore azione da compiere per raggiungere l’obiettivo prefissato”.’

“Questi sistemi possono inoltre apprendere modelli di calcolo numerico e sono in grado di adattare il proprio comportamento, analizzando come l’ambiente circostante sia stato influenzato dalle precedenti azioni”. (High-level Expert Group on Artificial Intelligence, definition of AI, Bruxelles, 2019, p. 6).

Definizione chiara, ma che personalmente ritengo possa far nascere più di una riflessione.

E’ oggettivo che tecnologia, innovazione e intelligenza artificiale siano progredite drasticamente negli ultimi decenni. Alcuni vedono questo progresso come una fonte di pericolo che potrebbe portare la tecnologia a surclassare l’umanità, altri leggono l’intelligenza artificiale e la robotica come un modo per migliorare la società, il lavoro e la qualità della vita quotidiana.

Come per qualsiasi cambiamento, sono convinto che il risultato dipenderà solo da come l’IA verrà di fatto utilizzata.

 

La crescente digitalizzazione dei sistemi sanitari, dei dati clinici, associata alle tecniche di apprendimento, rende l’IA una tecnologia particolarmente idonea ad essere applicata al settore sanitario. Anche nell’ambito della Medicina d’Emergenza-Urgenza la letteratura è sempre più completa in termini di esempi di applicazione di algoritmi di IA a supporto della pratica clinica, soprattutto nella gestione delle patologie tempo dipendenti, di nostra assoluta pertinenza.

Per la sua stessa natura, il mondo dell’Urgenza si presta alla più appropriata applicabilità dei sistemi di IA. Pensiamo ai flussi crescenti di presa in carico dei pazienti in un Pronto Soccorso e parallelamente al bisogno di prendere decisioni clinico-diagnostico-terapeutiche rapide ed accurate per pazienti critici: è intuitivo come la maggiore accuratezza e rapidità garantite dai sistemi di IA possano rapresentare la risposta più promettente a queste necessità.

Solo come esempio, sono molteplici le applicazioni dei sistemi di IA nella interpretazione degli esami di diagnostica per immagini, nel predire la prognosi del paziente in base alla presentazione clinica o nel monitoraggio dei parametri vitali.
Inoltre diverse aziende stanno cercando di ridurre il carico di documentazione in PS attraverso sistemi di IA, in grado di redigere una cartella clinica basata sulla registrazione dell’interazione medico-paziente nel momento in cui si verifica.

Ma a fronte della loro potenziale applicazione, queste tecnologie devono ancora essere implementate in maniera omogenea e diffusa a livello dei dipartimenti di Emergenza – Urgenza. Gli ostacoli principali finora riscontrati sono soprattutto tecnici e normativi.

 

Tornando ad esempi concreti, sono diversi gli studi che hanno dimostrato come l’IA possa migliorare e ottimizzare il trattamento dei pazienti con diagnosi di sepsi in Urgenza, evidenziando come algoritmi di IA – in base ai parametri ed alle condizioni cliniche del paziente – possano suggerire al medico d’Urgenza la corretta dose di liquidi e amine vasoattive da utilizzare – in maniera dinamica – mentre sta trattando il paziente. Si conclude andando ad oggettivare come l’utilizzo di questi modelli di IA potrebbero portare ad una prognosi decisamente migliore.

Sono diversi poi gli studi che hanno invece dimostrato come l’accuratezza della predittività della corretta indicazione al ricovero – indipendentemente dal modello di IA utilizzato – migliori in modo statisticamente significativo con l’utilizzo di alcune variabili e del testo libero compilato direttamente dagli infermieri di triage, mettendo a disposizione i risultati dell’algoritmo in ‘real time’ così da avere a disposizione del professionista preziose informazioni aggiuntive con tutti i vantaggi che ne conseguono in termini di velocità di assegnazione, di sicurezza di percorso scelto, di ottimizzazione delle risorse e di prevenzione dell’overcrowding.

Manna dal cielo, per una disciplina dove i professionisti coinvolti – tanto medici quanto infermieri – hanno troppo spesso a disposizione poche informazioni sulla storia clinica del paziente, a volte neanche le sue generalità, pochi dati in un contesto a volte di confusione oltre che di notevole stress e si trovano a dover prendere decisioni che possono comportare un ritardo diagnostico influenzandone la prognosi.

 

In tempo di pandemia da COVID-19, la letteratura è ricca di esempi di come l’utilizzo dell’ IA ne abbia aiutato non poco e a tutti i livelli la gestione sanitaria. In questo la Cina ha tracciato la via.

Due esempi. A partire dal mese di febbraio 2020 la società Alibaba Damo Academy ha dichiarato di aver sviluppato una piattaforma in grado di analizzare e individuare l’intero genoma del nuovo coronavirus, riducendo i tempi normalmente richiesti per questo esame a soli trenta minuti, attraverso l’uso di algoritmi dotati di IA. In questo modo è stato possibile ottenere la diagnosi in tempi notevolmente minori e soprattutto consentire una individuazione più accurata delle possibili mutazioni del virus.

A questo strumento, la stessa società cinese ha affiancato poi lo sviluppo di un sistema diagnostico basato sull’IA che si proponeva di rilevare nuovi casi di COVID-19 con un livello di accuratezza che arrivava fino al 96%. Infatti, attraverso l’analisi delle immagini tac, l’IA si è dimostrata in grado di identificare le differenze tra i pazienti affetti da polmonite dovuta a COVID-19 e i casi di polmonite virale ordinaria, abbassando radicalmente i tempi d’attesa richiesti per i tradizionali tamponi. Ancora riduzione dei tempi e accuratezza diagnostica: il mantra del medico d’Urgenza.

 

Ma lo scopo di questo articolo non vuole essere una metanalisi della letteratura pubblicata. In quanto strumento nelle mani dell’essere umano, l’utilizzo e l’applicazione dell’IA – soprattutto in ambito medico – può essere fonte di dilemmi etici e morali che non possono essere sottovalutati.

L’IA infatti non si presenta, dal punto di vista giuridico, priva di rischi che possono compromettere i principi, i diritti e le libertà tutelate dalla legge, anche con ripercussioni in termini di ‘diritto alla salute’.

E tutto questo rischia di portare a due conseguenze che non possiamo sottovalutare, con il sincero auspicio di riuscire ad evitarle. Da un lato, potrebbero portare ad un processo di disumanizzazione del rapporto terapeutico, negando spazio a quelle occasioni di dialogo, confronto e conforto di per sè parte integrante della cura, come riportato dall’ordinamento italiano. Dall’altro, potrebbero invece pregiudicare quello stesso diritto alla salute che proprio tramite l’uso dell’IA si vuole tutelare dal punto di vista collettivo e individuale evitando il possibile rischio di disomogenee opportunità.

E’ auspicabile quindi che, in parallelo ad Università che approntano Master di secondo livello, molto stimolanti sull’utilizzo dell’IA in ambito medico, si possano aprire dibattiti interdisciplinari, che ci possano vedere protagonisti, insieme alle altre figure professionali coinvolte, con l’obiettivo di individuare e bilanciare rischi e benefici.

 

La domanda ultima che ci si pone quindi è se l’IA permetterà in futuro di fare a meno del personale sanitario.

I più scettici consigliano di tenere conto della straordinaria abilità dell’essere umano di fare affidamento, soprattutto nel corso di circostanze estreme (quali quelle ad esempio vissute in pieno picco pandemico) sul proprio ingegno e caparbietà, ponendo l’intelletto al servizio del più primordiale degli istinti che può essere solo umano, la volontà di sopravvivere.

Altri, non da meno, sottolineano come la medicina sia una tecnologia complessa, fondata sulla scienza e nessun robot o algoritmo progettato da uomini al momento possa essere in grado di affrontare sfide cognitive e operative a più livelli, come riesce invece a fare la mente umana.

Ci sono poi i più “conservatori” che asseriscono come non si possa meccanizzare l’empatia. I pazienti non prenderebbero mai sul serio le raccomandazioni di un chatboat (Siri di Apple è un caso di chatboat). Altri autori, non distanti, sottolineano come la fiducia abbia bisogno di ascolto e risposte che implicano una relazione con il medico. A questo proposito mi chiedo: quale relazione è più difficile ed allo stesso tempo sfidante, se non quella tra noi specialisti dell’Urgenza e un paziente che non ha scelto di essere  in uno dei nostri Pronto Soccorso in quel momento, cosi come non ha scelto di essere preso in carico e trattato proprio da noi come professionisti in quella sua precisa condizione di necessità?

Allo stesso modo, va però sottolineato che sono diversi gli autori che argomentano in modo altrettanto ineccepibile sui vantaggi oggettivi di una sempre più costante presenza di algoritmi di IA durante la nostra pratica clinica. E’ infatti difficile non riconoscere come l’IA stia accelerando il processo diagnostico e riducendo gli errori. La macchina riesce a controllare, con maggiore accuratezza, una quantità di dati che impegnerebbero per mesi una equìpe di medici, per quanto esperti, preparati e con grande esperienza.

 

Infine l’IA potrebbe finalmente archiviare, anche nel mondo dell’Emergenza Urgenza, la medicina difensiva non solo riducendo drasticamente gli errori medici e le diagnosi errate ma, poiché gli algoritmi prodotti dall’IA sono sempre più precisi ed efficienti, seguendoli sarà sempre più difficile portare in giudizio un medico ed un infermiere che prendono in carico in Pronto Soccorso un paziente critico di cui a volte non conoscono proprio nulla, come si diceva, spesso neanche le generalità.

E’ importante sottolineare però che questi strumenti non ci potranno mai sostituire completamente.

Perché se è vero che queste tecnologie forniranno assistenza, aiutando gli operatori sanitari a cogliere elementi significativi difficilmente estraibili in altro modo, è altrettanto vero che i nostri livelli di comprensione del dato puro non sono e probabilmente non saranno mai replicabili dall’IA.

Raccogliere quindi una raccomandazione di trattamento fornitaci dall’IA e decidere se è giusta o meno per il paziente deve dipendere ancora interamente da un processo decisionale che può essere solo umano … solo nostro!

 

In conclusione, sono personalmente convinto che queste scelte di contesto sono difficili da immaginare interamente demandabili all’IA. Queste nuove consapevolezze dovrebbero portarci a vivere questa sfida non con timore e diffidenza, ma come opportunità da cogliere, modulandola sui nostri bisogni e ‘sartorializzandola’ su ogni singolo paziente dalla presa in carico al trattamento.

 

Dr Antonio Voza, 

Responsabile SC Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza IRCCS Humanitas Research Hospital, Rozzano (Milano)

Come Atlante, a fatica a sorreggere il peso

agosto 30th, 2021 | NO COMMENTS

di Mimosa Milocco – Rappresentante Giovani SIMEU Lazio

Riceviamo dal Presidente Regionale SIMEU Lazio dott. Giulio Maria Ricciuto e pubblichiamo

456 contratti di formazione NON assegnati per la specializzazione in medicina d’emergenza – urgenza. Chi si stupisce?

Di certo non noi giovani MEU.

Noi specializzandi che ogni giorno vediamo i nostri strutturati che, come Atlante, a fatica sorreggono il peso, abusato, dell’emergenza extra e intraospedaliera.

Noi neo specialisti che proviamo a fare del nostro meglio per prendere quel testimone, sapendo che la strada da percorrere è comunque solo in salita: notti, festivi e super festivi, monte ore al doppio del dovuto e, ancora, violenze verbali e aggressioni fisiche, rischi medico legali.

Noi che vediamo colleghi che scelgono una seconda specialità, o la libero professione, con il dubbio che, tutto sommato, forse la strada che abbiamo intrapreso non sia la più saggia.

Per quanto per noi rimanga la più bella.

Chi si stupisce? Di noi, NESSUNO.

Però basta!

Pretendiamo di essere ascoltati, di avere modo di valorizzare la nostra professionalità, di avere i diritti lavorativi che ci spettano, così come già ci prendiamo tutti i doveri.

Pretendiamo che l’emergenza-urgenza sia un servizio usato responsabilmente.

Altrimenti, nessuno si stupisca quando avrà necessità di un servizio di Emergenza e non troverà nessuno di noi che se ne prenderà cura.


Post di Facebook

🔴 Massimo Cirri e Paolo Labati hanno recentemente ospitato a Caterpillar Radio2 la dott.ssa Marina Civita, #medico d’#emergenza #urgenza e Direttore di Unità Complessa a Pinerolo in Piemonte, nella Rubrica settimanale da loro pensata per poter idealmente entrare nei #prontosoccorso italiani attraverso il quotidiano vissuto dei #professionisti #SIMEU.❗️ “Sono un medico di pronto soccorso nell’anima. Il #PS è il cuore dell’ospedale, si accoglie ogni genere di problematica, anche la solitudine”. La salute in #Italia è per tutti dal 1978 ma “non bisogna dare per scontata la #sanitàpubblica, occorre difenderla e averne rispetto, se la perdessimo non ci sarebbe più una porta sempre aperta per tutti.” #fieridiMEU📌 Il nuovo appuntamento è anticipato a questa sera, alle 18:20/18:30. Sintonizzatevi! #MEU #GOLDENdoctors #GOLDENmedicine #infermieri #specializzandi #prontosoccorsoinprimalinea #fieridivoi ... Vedi altroVedi meno
Visualizza su Facebook
LA PRIMA GIORNATA DI STUDI IN EMERGENZA URGENZA è "un evento totalmente nuovo dedicato alle maggiori novità in ambito #scientifico". Lo ribadisce il dott. Beniamino Susi che riferirà su una patologia tempodipendente ad alta mortalità e ancora più alta disabilità: l’emorragia cerebrale.Mancano pochi giorni allo scadere dell’EARLY BIRD (fino al 30 aprile 2025).PROGRAMMA COMPLETO #biennaleSIMEU e ISCRIZIONI👉🏼 www.simeu.it/w/congresso2025/booking_box#fieridivoi #fieridiMEU #prontosoccorso #medici #infermieri #specializzandi #GOLDENdoctors #GOLDENmedicine #MEU #primalinea ... Vedi altroVedi meno
Visualizza su Facebook
È il dott. Francesco Quaglia da Pietra Ligure l’ospite di "Codice Rosso #prontosoccorso" la rubrica settimanale di Caterpillar Radio2 della scorsa settimana.❗️ Un #medico di #emergenza #urgenza in turno nonostante il braccio ingessato a causa di un incidente in scooter! "Ho avuto una radiografia a km zero. 😅 La mia condizione attuale crea empatia nei pazienti con trauma! Alla fine funziona!" l’ironico commento! 🔵 Vi invitiamo ad ascoltare tutta la testimonianza e a collegarvi stasera attorno alle 19 per scoprire il "nuovo pezzo di mondo’" raccontato con curiosità da Massimo Cirri, Sara Zambotti e Paolo Labati. #fieridivoi#fieridiMEU #infermieri #spacializzandi #GOLDENdoctors #GOLDENmedicine #piusiamomegliofacciamo #primalinea #MEU #SIMEU ... Vedi altroVedi meno
Visualizza su Facebook
BIENNALE SIMEU, Prima Giornata di Studi in Emergenza Urgenza.Un nuovo evento guida alla #formazione, sostegno alla comunità #professionale di #medici #infermieri #specializzandi #meu, un programma scientifico di valore ma anche incontro. Lo spirito è bene interpretato dal Vicepresidente nazionale dott. Mario Guarino.Evento accreditato ECM.LE ISCRIZIONI CONTINUANO: EARLY BIRD fino al 30 Aprile.Bari, 28 e 29 maggio 2025, Hotel Nicolaus#fieridivoi #fieridimeu #prontosoccorso #GOLDENdoctors #Goldenmedicine #piusiamomegliofacciamo #biennalesimeu #emergenza #urgenza #PrimaLinea ... Vedi altroVedi meno
Visualizza su Facebook



SIMEU - SOCIETA' ITALIANA di MEDICINA D'EMERGENZA-URGENZA

Segreteria Nazionale:
Via Valprato 68 - 10155 Torino
c.f. 91206690371 - p.i. 2272091204

E-mail: segreteria@simeu.it
pec: simeu@pec.simeu.org
Tel. 02 67077483 - Fax 02 89959799
SIMEU SRL a Socio Unico

Via Valprato 68 - 10155 Torino
p.i./c.f. 11274490017
pec: simeusrl@legalmail.it