LA POSIZIONE DI SIMEU RISPETTO UTILIZZO DELLE COOPERATIVE PER COPRIRE LA CARENZA DI MEDICI IN PRONTO SOCCORSO

Lettera del Dr Salvatore Manca, Presidente nazionale SIMEU
9 giugno 2021
 
Ormai il tema è tristemente noto: si stima che in Italia manchi circa il 30% di medici d’urgenza rispetto alle reali necessità. Col tentativo di risolvere il problema, sempre con maggiore frequenza, si ricorre all’utilizzo di medici delle cooperative, spesso affidando loro la copertura completa, o in buona parte, dei turni di Pronto Soccorso.
Ai management delle ASL o delle aziende ospedaliere, questa appare come la soluzione più rapida, oseremmo dire la più “comoda” per ovviare ad un problema immediato e serio, ma è una scelta non scevra di criticità sia economiche che organizzative, oltre che cliniche e non ultime rispetto quanto legato alla sicurezza.
Le cooperative di cui parliamo sono purtroppo molto distanti dal concetto nobile del termine: sono esclusivamente società economiche di intermediazione o meglio di fornitura di servizi.
Non sono obiettivamente molto diverse dalle agenzie cui rivolgersi, ad esempio, per usufruire del servizio di badanti e/o baby sitter e assicurano in quelle ore e in quella struttura la copertura del turno, senza troppo badare al tipo di professionista disponibile. Che sia il dottor  X o il dottor Y, quale ne sia l’esperienza, la formazione e anche il livello di riposo, poco importa. Si rende un servizio nelle ore indicate.
I costi per le aziende si aggirano attorno i 100 euro ora per un medico, perché alla quota per la prestazione del professionista si somma il tornaconto che spetta alla cooperativa per il servizio reso.
Dati precisi, rispetto alla composizione del compenso, non sono a noi noti ma è facile, per comparazione, fare un ragionamento e immaginare che quest’ultima quota si attesti fra il 40 e il 60% del totale.
Il proliferare in tutta Italia di queste cooperative è sinonimo dell’alta richiesta e, dal momento che le tariffe pare non siano regolate da appalti o contratti nazionali ma orientati dalla “richiesta di mercato”, la contrattazione privata verosimilmente causa una corsa al rialzo delle tariffe, che le aziende sanitarie spesso devono accettare a causa della difficoltà nel reperimento di un numero di medici utili per poter coprire i turni previsti dal servizio di Pronto Soccorso.
Da un punto di vista organizzativo sapere che il turno sarà sì coperto (anche se spesso come dicevamo non si sa esattamente da quale professionista) può tranquillizzare il management aziendale rispetto a un compito svolto sulla carta, ma certamente non il Direttore dell’unità operativa di Pronto Soccorso, che del servizio ha la responsabilità diretta.
L’organizzazione del lavoro
Vogliamo far notare che ogni struttura ha un’organizzazione interna propria e spesso diversa dalle altre: presenza o assenza di specialità e consulenti, funzionalità del laboratorio analisi e della radiologia, DEA di riferimento, modalità di trasferimento, sistemi informatici diversi, procedure e protocolli interni, molto altro … anche solo i luoghi dove trovare le cose utili a svolgere il turno sono da conoscere.
Ci si deve, a questo punto, porre una domanda molto semplice, come trasferire tutto questo ”sapere” di procedure, tecniche, modalità, ruoli a chi viene a fare un turno ad ore una tantum (magari anche una volta sola) in un determinato Pronto Soccorso?
Da un punto di vista del rischio clinico va sottolineato che con questa modalità è del tutto esclusa la possibilità di predisporre un percorso formativo anche elementare perché, proprio per definizione, si tratta di copertura di mancanza personale e non di affiancamento, ossia viene garantita la copertura del turno, senza particolari attenzioni con chi e come.
Come anticipato altra problematica non secondaria è la totale non conoscenza dello stato di riposo del professionista preposto. Non è dato sapere da quali e quanti turni lavorativi il medico della cooperativa è reduce. La sua disponibilità non è infatti garanzia di un regolare flusso di gestione delle ore lavoro. Ci si domanda: viene da un periodo di riposo o da 12, 24, 36 ore consecutive di attività?
Capita inoltre che spesso i medici risiedano anche a notevole distanza dal luogo al quale vengono assegnati. Le cooperative possono infatti sottoscrivere appalti in Regioni diverse, anche molto lontane fra loro. Ciò purtroppo non esclude un'altra problematica, ossia che i professionisti possano arrivare alla copertura del turno magari dopo aver percorso viaggi massacranti. Se poi ipotizziamo che i fattori fin qui esposti si possano sommare è facile capire come possa essere esponenziale il risultato finale. Non certo a vantaggio del potenziale paziente!
Le responsabilità del Primario
Sulle responsabilità il Primario ospedaliero è coinvolto penalmente in vigilando ed in eligendo, dei suoi collaboratori, quindi di fatto rischia di essere ”corresponsabile” dell’utilizzo di quel medico in quel Pronto Soccorso, in quel turno, con quelle modalità, anche se non le ha scelte.
Se un medico della cooperativa dovesse incorrere in un errore, magari anche solo dovuto alla stanchezza o alla scarsa conoscenza dei percorsi e delle procedure interne o perché no, per preparazione specialistica inadeguata per il ruolo,  chi risponderebbe?
Il management aziendale o il Direttore della struttura? La risposta dovrebbe essere ovvia!
L’altra grande questione è la modalità di arruolamento di questi colleghi. Questo punto è stato ben analizzato e si è fatta chiarezza in una puntata di REPORT su Rai3 del 31/01/2021.
L’emergenza - urgenza è una specialità! Non si improvvisa!
Per poter ben espletare l’attività professionale nei Pronto Soccorso è necessaria la specializzazione in medicina di emergenza-urgenza o una disciplina equipollente - secondo quanto stabilito dalle tabelle ministeriali - ma raramente nella realtà delle cooperative ciò succede.
Da chi vengano valutate e certificate l’esperienza, i titoli, le competenze del medico inviato a coprire il turno in PS non è chiaro. E’ lecito porsi anche questa domanda, alla quale sarebbe opportuno dare chiare risposte.
Molto pericoloso è il concetto, che sempre più aziende o Regioni stanno facendo proprio, che chiunque possa lavorare nei Pronto Soccorso. Questo accadeva moltissimi anni fa con un sistema molto diverso da quello attuale. Oggi i Pronto Soccorso sono evoluti e sono diventati particolarissimi luoghi di degenza e cura che abbisognano di una formazione continua e complessa. La scorciatoia che, visto che di fatto mancano gli specialisti a causa del clamoroso errore di programmazione del Ministero della Salute e dell’Università, qualunque medico vada bene è uno sbaglio clamoroso.
A questo riguardo sorge una domanda semplice: quale paziente vorrebbe esser addormentato in sala operatoria da un neo laureato non specialista in Anestesia e Rianimazione? Oppure chi vorrebbe essere operato al femore da un oculista? Andreste da un ortopedico a farvi cavare un dente? Per le stesse ragioni non si capisce perché un politraumatizzato o un infartuato o un arresto cardiaco possano essere considerati gestibili da un medico non specialista in urgenza, e quindi non esperto in quella disciplina.
È a nostro parere una strada molto pericolosa, costosa e inefficace e dispiace constatare il silenzio assordante delle organizzazioni sindacali, della politica, degli organismi di tutela dei  cittadini, che in pochissime occasioni hanno affrontato e analizzato il problema, come se ciò non riguardasse tutti in prima persona.
Spiace anche che la stampa ed i mezzi di informazione spesso non vadano a fondo nei problemi, si limitino a titoli scandalistici spesso senza approfondire le reali situazioni e senza farsi domande sulle ragioni o senza analizzare bene i contesti, utilizzando spesso le parole Pronto Soccorso in maniera sufficiente solo per indicare inefficienze e solo in rare occasioni abbiano cercato alleanze costruttive con i suoi professionisti a favore dei pazienti per denunciare difficoltà e carenze.
Non dobbiamo mai dimenticare che tutti noi, senza alcuna esclusione di ceto sociale, età, condizione economica, professione, provenienza, siamo potenziali pazienti di Pronto Soccorso e nel momento della necessità abbiamo diritto a essere assistiti e curati in strutture adeguate da medici e infermieri formati con il giusto mix di competenze.
Non siamo certamente noi, come Società Scientifica, dell’emergenza-urgenza, l’organismo preposto ad attuare soluzioni, però vorrei sottolineare che la SIMEU da anni denuncia – inascoltata - la grave carenza di medici specialisti per i nostri Pronto Soccorso, richiedendo a gran voce anche una programmazione ragionata dei posti nelle Scuole di Specialità e l’adeguamento strutturale degli spazi al fine di ottenere un ambito lavorativo equo, al passo con i tempi, che possa invogliare i giovani medici a dedicarsi con impegno nella nostra splendida specialità per andare a colmare quel vuoto che oggi è un cosi grave problema.
Più che con le cooperative occorre lavorare per costruire il futuro.
Salvatore Manca _ Presidente Nazionale SIMEU

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