SIAMO PROFESSIONISTI, DOBBIAMO DECIDERE ANCHE FUORI DAGLI SCHEMI - Dott. Marco Barchetti

SIAMO PROFESSIONISTI, DOBBIAMO DECIDERE ANCHE FUORI DAGLI SCHEMI
Dott. Marco Barchetti _ Direttore FF MeCAU Ospedale Civile di Sassuolo
 
Sono stato nominato direttore facente funzione del pronto soccorso e della medicina d’urgenza il primo gennaio. Il passaggio di consegne aveva previsto le solite questioni burocratiche, d’altra parte gli anni di esperienza erano tanti. Il gruppo affiatato e coeso, con tanti avevamo condiviso l’esperienza del terremoto. Il lavoro quindi procedeva nella solita routine, sempre impegnativo, sempre con carenze di organico, ma nella “norma” con tanto di reclami a cui rispondere per un ticket o per un’attesa ritenuta esagerata. Avevo programmato una settimana di ferie i primi di marzo in occasione dei compleanni mio e di mia moglie. Poi iniziano ad arrivare i primi segnali che qualcosa sta succedendo, che si sta affacciando una situazione diversa, anomala, che non avevo mai incontrato. Questi segnali diventano sempre più preoccupanti, iniziano ad arrivare pazienti con sintomi non nuovi ma con una presentazione anomala, spesso grave. Città molto vicine iniziano a parlare di emergenza. Ed allora iniziano gli incontri, le riunioni, si cerca prima di comprendere cosa sta succedendo e poi di trovare soluzioni per affrontare i problemi. Problemi che sono tanti, che dal punto di vista strettamente teorico hanno soluzioni che però sono maledettamente difficili da conciliare con la realtà: con i muri, con i letti disponibili, con il personale presente, con le attrezzature che abbiamo. E poi bisogna trovare accordi, sinergie con i colleghi delle altre specialità, coinvolgerli per trovare un aiuto. Mentre ti trovi a cercare soluzioni, arrivano nuovi problemi più urgenti, come il giovane collega che ti chiama concitato, ansioso, preoccupato: si trova a gestire due insufficienze respiratorie gravi quasi contemporaneamente, un uomo di 65 anni iperteso ed uno di 45 diabetico, entrambi da intubare, ma c’è solo un posto in rianimazione e chiedono a noi di decidere, “Marco cosa faccio?”. Allora corri, vedi che è stato fatto tutto bene, che le valutazioni sulla gravità sono corrette, che non bisogna perdere tempo. Vedi anche che il collega sembra sollevato dalla tua presenza, come se i capelli bianchi ed il fatto di averlo accompagnato nel periodo di formazione subito dopo l’assunzione di qualche anno fa ti conferiscano il potere di risolvere la questione, di prendere una decisione. In fondo è quello che facciamo sempre, ogni giorno prendiamo tantissime decisioni dalle più banali a quelle davvero su questioni vitali. E lo fai, prendi una decisione, questa volta però metti in secondo piano gli aspetti tecnici, e fai quello che questo mestiere ti insegna a fare, a forzare, a volte, il sistema, ad andare oltre e trovare una soluzione alternativa. Così adatti un ventilatore, intubi entrambi i pazienti, mandi in rianimazione il più anziano, adatti un letto dell’OBI ed inizi a trattare il secondo paziente, poi ti attacchi al telefono e dopo quattro ore trovi il secondo posto in rianimazione. Lo stiamo dicendo in tanti, non siamo eroi ma professionisti dell’emergenza, professionisti pronti a prendere decisioni ragionando anche fuori dagli schemi.  

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