VAI A CASA E RICARICATI - Dott.ssa Patrizia Gherlinzoni

VAI A CASA E RICARICATI
Dott.ssa Patrizia Gherlinzoni _ Medico presso la Medicina e Chirurgia d'accettazione e d'urgenza dell’Istituto Ospedaliero C. Poma, Mantova
 
La mia storia non ha niente di speciale, è la storia di tutti i medici di urgenza di questi giorni. In questo strano tempo sospeso, nei nostri giorni di lavoro che da tre settimane a questa parte è profondamente modificato. Mi sono trovata ad attraversare diversi stati d'animo nello scorrere delle settimane.  Il primo è stato la negazione della situazione sostenendo che tanto non stava capitando a noi, che era la solita influenza più "strong" del solito, che sarebbero aumentato gli accessi e i decessi degli anziani e chissà se avremmo finito i letti in medicina subito o dopo qualche mese. Poi i primi casi, l'aspettativa del referto del tampone, si fa solo a chi è stato in Cina, ma chi c'è stato poi... Ricordo ancora il primo positivo, l'ansia, fate il tampone voi che l'avete incrociato. Sollecitiamo la tenda? La portano loro quando decidono che sarà il momento, e intanto altri positivi. Poi la paura, i dispositivi a tutti e al massimo della protezione, la paura di portare a casa alla famiglia la bestia virus. Ho letto, ho studiato, mi tengo aggiornata il più possibile, ma i dati sono in divenire, i protocolli cambiano, ci si deve adattare giorno per giorno ed ora per ora. Una settimana fa l'ospedale viene stravolto, i reparti scompaiono e diventano tutti posti letto per covid con forme più o meno gravi di polmonite. Allora come facciamo, chi ventiliamo, stiamo facendo bene o meglio siamo all'altezza di tutto ciò? No, non lo siamo, io non lo sono. Almeno come penso io sia il lavoro di un medico... accurato, scientifico, ordinato, pulito. Adesso il sentimento è terrore, sensazione di inadeguatezza, malessere, voglia di piangere. A casa porto il disagio ecco cosa porto, e la dose quotidiana di adrenalina che mi fa dormire poco. Mi sono chiesta cosa posso fare per combattere questa situazione insostenibile, come posso essere un medico migliore in questa guerra impari e straziante? Una cosa posso fare: rimanere umana. Proteggermi il più possibile per non ammalarmi (non servirei più a nulla da ammalata) e soprattutto restare umana, empatica, anche se questo comporta enorme sofferenza. Tenere una mano guastata stretta a chi soffre, scrivere il nome sul camice di carta per farmi riconoscere, chiedere della famiglia a casa, segnare un numero di telefono e sollecitare che venga usato in reparto per contattare la famiglia del malato. Chiamare per nome, ascoltare le lacrime di chi saluta il figlio o del figlio che saluta il genitore anziano che non vedrà più. Confortare per quanto possibile, fare una battuta con chi se la sente. Che strazio è il silenzio di questi malati, consapevoli della gravità della loro condizione. Non mi sono mai capitati malati così silenziosi.  Allora prima di andartene a casa considera tre cose che sono andate bene: sei viva, hai fatto quello che dovevi fare, hai lasciato un pezzetto di cuore per qualcuno che è passato. Cos'altro potrei mai fare d meglio?

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