LA PAZIENTE SILENTE - Prof. Francesco Franceschi

LA PAZIENTE SILENTE
Prof. Francesco Franceschi _ Direttore UOC Medicina D’Urgenza e Pronto Soccorso Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
 
Lunedì pomeriggio ore 15:41: giunge al triage del PS del Gemelli una signora di 70 anni, recentemente operata di protesi d’anca in un ospedale del bergamasco. Lamenta dolore nella sede dell’intervento, che appare tumefatta e con la ferita chirurgica chiaramente infetta. La paziente ha febbre. Sembra facile, no?
Eravamo solo agli inizi dell’epidemia, ciononostante venivamo fuori da una serie di interminabili riunioni nelle quali si ribadiva la necessità di intercettare i pazienti con possibile COVID19 al Triage, dirottandoli verso un apposito percorso allora ancora vuoto. Il tutto per evitare di contaminare gli ambienti “puliti” del PS con i conseguenti ed inevitabili contagi. Ecco che l’infermiera del Triage intuisce quel qualcosa che a mille altri operatori poteva tranquillamente sfuggire. Quella storia non la convince del tutto, probabilmente associa il sintomo febbre al fatto che fosse rientrata recentemente da Bergamo e nel dubbio invita la paziente ad indossare la mascherina chirurgica. Ed ecco che la paziente entra nella sala visita ortopedica: durante l’anamnesi, racconta che il giorno precedente aveva chiamato a casa il medico di medicina generale che le aveva diagnosticato una lieve bronchite per la quale aveva appena iniziato una terapia con levofloxacina.
La situazione diventa sempre più confusa: non è che la febbre può avere un’origine diversa dalla semplice protesi o ferita chirurgica infetta? Mi chiamano illustrandomi il quadro ed a quel punto faccio immediatamente trasferire la paziente nel percorso isolamento; fortunatamente era stata gestita dall’inizio da personale protetto e non ha mai avuto nessun contatto diretto con gli altri pazienti presenti nel PS. La paziente viene sottoposta a tutti gli accertamenti del caso. L’esito del tampone? Ovviamente positivo e la paziente è stata ricoverata in area COVID19.
Cosa ci ha insegnato questa storia? Che gli infermieri di Triage sono eccezionali, hanno oramai acquisito quell’intuito clinico che solo il PS ti sa dare. Senza quella scrupolosa infermiera, il caso sarebbe passato inosservato, con le relative conseguenze. Ma anche le continue ed incessanti riunioni sul tema “COVID19” hanno dato i loro frutti. Alla fine, tutto il personale dell’ospedale si è sentito sensibilizzato sul tema ed ecco come anche il collega ortopedico, che notoriamente non si occupa di questi problemi, ha saputo porre le giuste domande alla paziente e si è fatto cogliere dal dubbio; quel sano dubbio che ha salvato il PS da una pericolosissima fonte di contagio.
Casi simili a questo si sono ripetuti nei giorni seguenti; abbiamo intercettato diversi casi positivi tra pazienti con sintomi spesso embricati o fuorvianti; ecco perché il percorso che abbiamo messo in atto nel nostro PS non si chiama semplicemente “COVID” ma “Febbre e/o sintomi respiratori”. Non possiamo, infatti, affidarci esclusivamente all’intuito del singolo, come nel caso della nostra infermiera o dell’ortopedico, ma dobbiamo attuare un modello quanto più impermeabile. Dobbiamo, certamente salvaguardare la salute dei pazienti COVID19+ ma anche quella degli altri.
Oggi è un altro giorno di battaglia…la nostra battaglia.

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