PRONTO SOCCORSO AZIENDA OSPEDALIERA DI PADOVA AI TEMPI DEL COV-2 - Dott.ssa Concetta Pirozzi

PRONTO SOCCORSO AZIENDA OSPEDALIERA DI PADOVA AI TEMPI DEL COV-2
Dott.ssa Concetta Pirozzi _ Dirigente medico del Pronto Soccorso della Azienda Ospedaliera di Padova
 
Il disagio di lavorare nel PS di un ospedale HUB che nella prima settimana dall’outbreak dell’infezione da coronavirus ha continuato a vivere la sua solita vita, mentre nel dipartimento di emergenza si intravedeva la battaglia all’orizzonte, ha determinato momenti di terribile concitazione e preoccupazione nel momento in cui si è venuti a contatto, con DPI di cui non si era ancora del tutto consapevoli e sicuri,  con i primi pazienti sospetti per SARS-COV2.
Ansia per le famiglie, per se stessi, per i pazienti.
Ora ci siamo abituati e indossiamo i DPI, adeguati a ciascuna area del PS, secondo le direttive regionali, in automatico, come se questa fosse la nuova normalità.
Ma con le mascherine e con i guanti sempre su (tutti), e peggio ancora con i camici monouso, gli occhiali protettivi e le cuffie (indossati da chi lavora nelle aree isolate) fa caldo, la pelle pizzica, le mani bruciano, l’odore dei disinfettanti irrita gli occhi, si lavora male.
Noi ci siamo, facciamo quello che bisogna fare, ma non è la normalità.
Con grande impegno e dedizione di chi decide e coordina, sono stati creati percorsi precisi per i pazienti sospetti: dal triage, all’area di visita, alla sede in cui effettuare gli esami radiologici e in cui attendere l’esito dei tamponi.
E’ presente un’area triage dedicata alle ambulanze in una tenda della Protezione Civile antistante il PS, con possibilità di visitare e inquadrare i pazienti con codice minore all’interno della stessa, se le aree isolate interne sono sature, come spesso accade, o per evitare di contaminare i “percorsi puliti”. Tali pazienti, valutazione iniziale permettendo, vengono destinati poi ad un reparto, gestito dal personale del PS, creato ad hoc per la situazione dove attendono il tampone, eseguono rx e diagnostica/terapia se necessario.  Talvolta la valutazione per decidere se il paziente possa essere direttamente indirizzato alle malattie infettive, secondo un protocollo interno condiviso, viene fatta da noi medici direttamente in ambulanza, sempre per sopperire alla mancanza di aree isolate adeguatamente capienti.
Il vero grande problema sono i codici a gravità maggiore: ci sono 2-3 posti di isolamento in Area Rossa, con la possibilità di usare l’OBI, non adiacente all’Area Rossa, in caso di bisogno. Quindi le difficoltà di visitare i pazienti “normali” e i sospetti SARS-COV2 quasi in contemporanea, perché tutti hanno bisogno di essere valutati subito, con i limiti derivanti dai tempi di vestizione e di decontaminazione poi, all’uscita dall’area isolata, con lo spazio che manca, i pazienti che aumentano e l’errore dietro l’angolo.
Poi il tempo di attesa degli esiti dei tamponi per i pazienti destinati alle UTI in Pronto Soccorso, per non contaminare i reparti...non proprio il massimo.
E a breve ci saranno pazienti SARS-COV2+ con altre patologie acute che richiederanno cure in emergenza/urgenza. Per ora abbiamo un apparecchio TC mobile dedicato, allestito dalla Protezione civile fuori dal PS.
Ma il dove, come, quando valutare e curare questi pazienti, senza farli venire a contatto con chi è negativo o solo sospetto, è in divenire.
TO BE CONTINUED.

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