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Relazione

Traumatologia minore: medicina dell’evidenza nella cura delle ferite

Giulio Floris
Dirigente Medico S. C. Pronto Soccorso - Dipartimento di Emergenza e Accettazione, Azienda Ospedaliera Brotzu, Cagliari.


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Metodiche di diagnostica per immagini più sofisticate come la TC sono sicuramente efficaci ma i costi e l’impegno richiesto limitano le indicazioni a corpi estranei radiotrasparenti in localizzazioni ad altro rischio, intra articolari o in prossimità di importanti strutture vascolo nervose. La RMN non sembra avere nessun ruolo.[3][5]
La identificazione di un corpo estraneo ritenuto non costituisce di per sé indicazione alla rimozione dello stesso.
Corpi estranei di piccole dimensioni e inerti, lontani da strutture importanti (articolazioni, vasi, nervi) possono essere lasciati in situ, a meno che non determinino una importante sintomatologia dolorosa.
Corpi estranei di origine vegetale o frammenti di tessuto causano importanti reazioni flogistiche, per cui ne è indicata la rimozione. Così pure vanno rimossi i corpi estranei che possono migrare sino a lesionare strutture importanti: tali sono per esempio i corpi estranei ritenuti nel palmo della mano e nella pianta del piede.

Tabella 6:Indicazioni per la rimozione dei corpi estranei[1]

La rimozione di materiale contaminante di piccole dimensioni si ottiene attraverso la irrigazione della ferita. Questa semplice tecnica è usata per la cura delle ferite fin dal 2200 a.c.; a tutt’oggi rimane il metodo migliore di detersione della ferita sia per efficacia sia per innocuità: è dimostrato che la irrigazione delle ferite con soluzione fisiologica sotto pressione (8 psi [413 mmHg, 562 cm H2O] che si ottengono da una siringa da 35 ml con ago 19G) riduce in maniera significativa la contaminazione da parte dei batteri piogeni.[2][5]
In sedi particolari, come le palpebre, è preferibile una irrigazione a bassa pressione per limitare la “idrodissezione” e la imbibizione dei tessuti. [2]
Durante la irrigazione è opportuno usare strumenti che limitino il rischio per l’operatore il rischio per l’operatore di sporcarsi. Esiste in commercio negli USA un dispositivo che consiste di una siringa che monta attorno al cono uno schermo emisferico [Zerowet Splash Shield] utile allo scopo. (vedi figura 1)

Figura 1: Zerowet Splashshield®
Elemento indiscusso è che la irrigazione deve essere fatta con soluzione fisiologica: altre sostanze utilizzate spesso nella pratica clinica si è dimostrato essere tossiche per i tessuti e ritardare il processo di guarigione. Così per il povidone ioduro al 10% (Betadine®), che risulta essere tossico per i fibroblasti e i leucociti [1][3][4], il perossido di idrogeno, tossico per i tessuti e scarsamente battericida[1][5], la clorexidina.[5]
La soluzione di povidone ioduro al 1% (diluizione del Betadine® 1:10 con soluzione fisiologica) risulta non tossica e determina una riduzione della contaminazione della ferita superiore rispetto alla soluzione fisiologica, anche se i risultati a distanza (infezione della ferita, guarigione) sono sovrapponibili. [1][5]Lo sbrigliamento chirurgico è una altra procedura che affonda le radici nella storia della medicina; è una tecnica sicuramente valida nel caso di evidente contaminazione e sofferenza tissutale, come nel caso di morso animale.[4] La escissione del tessuto sofferente in ferite di sedi anatomiche con abbondante tessuto libero (tronco) trasforma una ferita contaminata in una ferita pulita, che può essere chiusa per prima intenzione. Viceversa in sedi particolari, quali il viso o le mani, la tensione cutanea limita la possibilità di una ampia escissione.[4] Se nella escissione dei tessuti sorge qualche dubbio è preferibile minimizzare lo sbrigliamento e optare per la chiusura primaria dilazionata: nel corso delle ore i tessuti necrotici si demarcano consentendo una più accurata valutazione e corretta escissione successiva.[1]
Oltre alla preparazione della ferita, prima della sutura occorre preparare la cute circostante. Anche se è ormai uno standard imprescindibile nella cura delle ferite, così come i sala operatoria, non sono stati dimostrati effetti positivi della disinfezione con povidone ioduro della cute circostante le ferite prima della loro chiusura. [1]
La rasatura dei capelli, anche se facilita il lavoro di detersione e sutura della ferita, aumenta il rischio di infezione in rapporto al microtraumatismo indotto dalla lama del rasoio; tale aumentato rischio di infezione non ricorre nel caso dell’uso dei creme depilatorie o macchinette per la rasatura.[1][2] E’ preferibile non radere le sopracciglia per non produrre un danno estetico: i peli tendo a ricrescere curvati e ispessiti. [2]
Anestetizzata e detersa le ferita, rimossi gli eventuali corpi estranei, non resta che chiudere la ferita. La sintesi cutanea può essere eseguita fondamentalmente per sutura o con l’uso di colle.
Se i margini della ferita sono a bassa tensione sarà sufficiente una sutura cutanea; in caso di ferite ad alta tensione sarà necessario associare una sutura dei piani sottocutanei.
La sutura cutanea si esegue con materiali non riassorbibili preferendo in materiali di sintesi e monofilamento (polipropilene, nylon) rispetto ai materiali naturali intrecciati (seta) che sono associati a aumentato rischio di infezione.[3]
Possono essere usati anche materiali di sintesi riassorbibili, ma senza alcun evidente vantaggio: la loro resistenza tensile dura oltre 60 gg in media ed è pertanto richiesta la rimozione della sutura così come per i materiali non riassorbibili.
La sutura dei piani sottocutanei deve essere eseguita con materiale riassorbibile, anche in questo caso preferibilmente di sintesi (polidiossanone, poligalactina, acido poliglicolico). [3] Il tipo di punto cutaneo da realizzare è più spesso il punto semplice staccato; questo interessa derma ed epidermide: la distanza tra il punto di entrata e il margine della ferita è uguale alla profondità (regola del quadrato) (vd fig. 2)
In sedi con pannicolo sottocutaneo spesso e elevata tensione dei margini della ferita può essere utile una sutura con punti di Donati; la sutura è ischemizzante e quindi controindicata in sedi ad elevato valore estetico. (vd fig. 3)
In caso di ferita da taglio pulite ad elevato valore estetico può essere utilizzata la sutura continua intradermica (vd figg. 4 e 5).


Il calibro del filo di sutura varia in rapporto alla sede della ferita: giocano un ruolo sia la tensione ai margini della ferita sia il valore estetico. In linea di massima i calibri minori sono da riservare al volto (vd tab. 7)

Tabella 7: Scelta della sutura . Mod. da [1]

La colla è una valida alternativa alle sutura in caso di ferite ad alto valore estetico, senza significativo sanguinamento e con ridotta tensione dei margini. Il prodotto che si utilizza è il 2-octil-cianoacrilato [DERMABOND® - ETHICON].
L’adesivo dovrebbe essere considerato nel caso di ferite che si suturerebbero con fili di calibro 5/0 o minore.
Tra i vantaggi della colla vi sono la rapidità di esecuzione della “sutura” e la assenza di dolore; non è richiesta la rimozione della sutura: la colla si disgrega e dissolve in circa 5 –10 giorni in rapporto alla normale desquamazione dell’epitelio cheratinizzato.
La colla deve essere applicata sulla cute, non sulle mucose; non deve penetrare all’interno della ferita.
La polimerizzazione del cianoacrilato avviene per reazione esotermica: la applicazione di dosi eccessive può produrre dolore da calore, abolendo uno dei vantaggi di questo metodo soprattutto nei paziente pediatrici. L’applicazione deve quindi avvenire in più strati ma dopo la polimerizzazione dell’ultimo strato apposto, attendendo quindi circa 15-30 secondi.
L’eventuale contatto indesiderato con altre zone cutanee può essere prevenuto con una barriera di crema a base di olio minerale (vaselina): l’evento più problematico, cioè il contatto con la congiuntiva nel corso di “sutura” di una ferita perioculare, può essere trattato con unguento oftalmico (bacitracina oftalmica, unguento all’eritromicina, unguento alla gentamicina).L’uso di colla ad alta viscosità minimizza il rischio di contatto con aree indesiderate.[1]
La colla può essere usata in associazione alle suture con filo: la applicazione di alcuni punti distanti fra loro può servire a ridurre la tensione ai margini della ferita e la chiusura completa si otterrà con la colla. In presenza di una adeguata anestesia locale questa procedura non sembra offrire significativi vantaggi rispetto ad una sutura completa con filo.
L’uso profilattico degli antibiotici nelle ferita non è necessario né utile.[1][2][3][5]
Non esistono certezze riguardo alla indicazione alla profilassi per la endocardite batterica in paziente a rischio che hanno subito delle ferite, non contaminate.

Tabella 8: Indicazione alla profilassi antibiotica in pazienti con ferite [1]

La indicazione sulla antibiotico terapia si basa sul rischio di infezione della ferita: ferita delle mani, degli arti inferiori, presenza di necrosi, contaminazione evidente, lesine di articolazioni o tendini o ossa, morsi animali o umani, o fattori di rischio legati a patologie preesistenti (diabete, IRC, imunodepressione) costituiscono indicazione alla antibiotico terapia. [1][2][3][5]
La maggior parte delle infezioni di ferita sono dovute a stafilococchi e/o streptococchi; se le ferite sono dovute a morso animale spesso è in gioco il germe Pasteurella Multocida, se sono dovute a morso umano è in gioco la Eikenella Corrodens. In linea di massima questi germi sono sensibili alla amoxicillina + acido clavulanico o ad una cefalosporina di prima generazione.[1][4][5]

L’uso della claritromicina garantisce buona copertura dello spettro di germi in causa e ha il vantaggio della monosomministrazione giornaliera.
Nel caso di profilassi la somministrazione deve proseguire per 5-7 gg, mentre in caso di terapia di ferite evidentemente infette deve protrarsi per 10-14 gg; nel caso di paziente in una condizione di immunocompromissione può essere presa in considerazione la terapia parenterale e la ospedalizzazione. [1][4][5]
Nel caso di ferite altamente contaminate e con significativa necrosi tissutale, ad elevato rischio di infezione, può essere utile procedere alla chiusura primaria dilazionata. Essa consiste nel lasciare la ferita aperta per 24-48 ore, sotto adeguata copertura antibiotica per procedere successivamente a nuova detersione chirurgica e quindi alla sutura.
La medicazione con pomate antibiotiche è stata oggetto di studi prospettici con risultati discordanti: in uno studio di Dire del 1995 la antibiotico-terapia topica è stata in grado di ridurre la incidenza di infezione rispetto ad un placebo; un altro studio di Smack del 1996 non ha confermato il vantaggio; la assenza di controindicazioni particolari induce però a consigliare l’uso di antibiotici topici nella medicazione delle ferite.[1] Occorre evitare di usare pomate a base di olii minerali su ferite trattate con octil-cianoacrilato.

La rimozione della sutura, anche se spesso affidata ad altri che non il personale del DEA deve rispettare tempi corretti in rapporto alla corretta guarigione della ferita e al buon risultato estetico: se in linea di massima tutte le sutura possono essere rimosse dopo 7 gg, tale intervallo dovrà essere ridotto in caso di ferite del volto, in rapporto al vantaggio estetico di una minore visibilità dei segni delle suture; viceversa una sutura sottoposta a elevata tensione come quella su una articolazione verrà rimossa anche dopo 14 gg (vd tab. 9)

Tabella 9: Intervalli di rimozione delle suture nelle diverse sedi [1]

Riassunto

Le ferite sono una patologia di riscontro estremamente frequente nel Dipartimento di Emergenza: la loro cura è spesso affidata alla esperienza dei singoli operatori, come si può evincere dallo scarso numero di lavori scientifici centrati sul problema. Appare quindi opportuno rivedere quanto deve essere fatto alla luce della letteratura scientifica e in accordo con i moderni criteri della medicina dell’evidenza.
In questa relazione vengono affrontate le varie tappe della assistenza medica al paziente con ferite traumatiche. Alla sistematica analisi degli elementi anamnestici e clinici delle ferite segue la trattazione degli aspetti terapeutici - disinfezione, analgesia, sintesi cutanea, antibioticoterapia – rivedendo aspetti sicuramente consolidati, ma soprattutto evidenziando gli elementi di novità emersi negli ultimi anni. Tra questi ultimi soprattutto importa valutare l’utilizzo degli anestetici topici e delle “colle biocompatibili” per la sintesi cutanea, presidi di particolare valore nella assistenza al paziente pediatrico, ma anche la rivalutazione di vecchie tecniche, quali la irrigazione delle ferite che rappresenta un presidio insuperato per la sua efficacia nella cura delle ferite.
Obiettivo finale della relazione è quello di fornire elementi aggiornati di conoscenza sul trattamento delle ferite, sulla loro detersione, sulla identificazione dei fattori prognostici sistemici e locali che consentono la sutura primaria, nonché di comprendere gli usi appropriati della sutura dilazionata, delle tecniche di anestesia locale, delle tecniche di identificazione e rimozione dei corpi estranei.


Bibliografia
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    La cura delle ferite: moderne evidenze nel trattamento di lesioni antiche dell’uomo
    Emergency Medicine Practice – Edizione Italiana 2005; 6:1-20

  2. Hollander J.E., Singer A.J.
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    Emerg Med Clin N Am
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  4. Elibert W.P.
    Morsi di cani, di gatti e morsi umani: fornire un trattamento sicuro ed economicamente efficace nel DEA
    Emergency Medicine Practice – Edizione Italiana 2003;11:1-20

  5. American College of Emergency Physicians
    Clinical policy for the initial approach to patients presenting with penetrating extremity trauma
    Ann Emerg Med 1999;33:612-636

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    A systematic approach to laceration repair
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  7. Ministero della Sanità , circolare n° 16 del 11.11.1996

  8. Achar S., Kundu S.
    Principles of office anesthesia: Part I. Infiltrative anesthesia
    Am Fam Physician 2002; 66:91-94

  9. Achar S., Kundu S.
    Principles of office anesthesia: Part II. Topical anesthesia
    Am Fam Physician 2002; 66:99-102


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