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Relazione

L’embolizzazione terapeutica nel paziente politraumatizzato

Antonio Rampoldi
Responsabile Struttura Semplice Radiologia Interventistica, Ospedale Niguarda Ca' Granda, Milano.


Il sanguinamento arterioso rappresenta una temibile complicanza della frattura pelvica maggiore ed è una delle principali cause di mortalità precoce nel paziente politraumatizzato, con un tasso di mortalità compreso tra il 10 e il 15%.
Il sanguinamento arterioso minore e quello venoso vengono generalmente controllati dal solo intervento di riduzione volumetrica del bacino con device ortopedico e si autolimitano.
L’emorragia arteriosa maggiore richiede invece terapie piu’aggressive.L’esplorazione chirurgica del retroperitoneo è una manovra difficoltosa anche in mani esperte; la legatura prossimale delle arterie iliache interne è spesso inefficace per la presenza di circoli collaterali di compenso ed inoltre l’evacuazione dell’ematoma rimuove il tamponamento spontaneo e puo’ innescare una emorragia infrenabile.
In questi pazienti l’angiografia e l’embolizzazione terapeutica hanno un ruolo chiave.
Viene utilizzato un approccio percutaneo; microcateteri sono avanzati nei focolai di frattura; si inietta materiale embolizzante particolato o si posizionano microspirali.
Nella nostra casistica il controllo clinico dell’emorragia da trauma di bacino con procedura di embolizzazione è stata ottenuta nell’88% dei casi, dato che è allineato con quelli riportati da altri centri.
Non sono state osservate complicanze periprocedurali, anche nelle embolizzazioni bilaterali delle arterie iliache interne.
Ruolo fondamentale nell’evidenziare il ramo arterioso tributario del focolaio emorragico è svolto dalla TC multifase che viene eseguita prima di tutte le procedure di angiografia ed embolizzazione.

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