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RelazioneDolore toracico: strategie diagnostiche efficaciViviana Lantini
Dirigente Medico S. C. Pronto Soccorso - Dipartimento di Emergenza e Accettazione, Responsabile Struttura Semplice per la Gestione Primaria del Dolore Toracico - Azienda Ospedaliera Brotzu, Cagliari.
Premesse
Il dolore toracico rappresenta un sintomo molto frequente nei pazienti che si rivolgono al Pronto Soccorso. Da un esame della letteratura risulta che tale patologia rappresenta l’8-9% di tutte le richieste di visita in un DEA (Dipartimento Emergenza Accettazione). Nel Pronto Soccorso dell’Ospedale Brotzu, nell’anno 2005, su un totale di 34.546 visite, gli accessi per dolore toracico sono stati 3307, in linea con la media Nazionale (9.5%). Distinguiamo un dolore toracico da cause cardiache e da causenon cardiache. La patologia che e’ fontedi dolore toracicopuò essere banale e facilmente trattabile, ovvero rappresentare un pericolo immediato per la vita (tabella 1) SINDROMI CORONARICHE ACUTE
EMBOLIA POLMONARE DISSEZIONE AORTICA MIOCARDITE PNEUMOTORACE IPERTESO PERICARDITE (con versamento pericardicoimportante) SINDROME DI BOERHAAVE (perforazione esofagea) GASTROINTESTINALI
POLMONARI :
SINDROMI DELLA PARETE TORACICA:
PSICHIATRICHE:
ALTRE:
Compito fondamentale del Medico d’urgenza di fronte ad un paziente con dolore toracico è quello di identificare rapidamente le patologie che rappresentano un imminente pericolo per la vita e allo stesso tempo evitare ricoveri impropri e dimissioni inappropriate. Le patologie che il Medico di Medicina d’urgenza deve sempre avere presenti di fronte ad un dolore toracico sono: l’infarto del miocardio, la dissezione dell’aorta toracica, l’embolia polmonare ed il pneumotorace iperteso. La prima Unità Operativa per gestione del dolore toracico (Chest Pain Unit) nacque nel 1981 a Baltimora. Queste unità rappresentano ancora oggi la risposta più efficace ai quesiti posti da ogni caso di dolore toracico di origine cardiaca o non cardiaca che afferisce al Dipartimento di Emergenza. TABELLA 2 DATI ANAMNESTICI, CLINICI, ED ECG PER IL CALCOLO COMPUTERIZZATO DELLA PROBABILITA’ DI IMA ANAMNESI PATOLOGICA PROSSIMA
ELETTROCARDIOGRAMMA
Anche se questo algoritmo si è dimostrato sensibile e specifico per la diagnosi o l’esclusione di un I.M.A., non può costituire l’unico strumento su cui basare la decisione di ricoverare o dimettere un paziente affetto da dolore toracico. Infatti i pazienti a bassa probabilità di infarto costituiscono un sottogruppo per il quale le probabilità sono troppo basse per un ricovero in Unità Coronaria ma sempre troppo alte per una dimissione.
La mancata diagnosi si verifica infatti più facilmente tra pazienti giovani, di sesso femminile, con sintomatologia atipica ed è più frequente se i pazienti sono visitati da Medici con poca esperienza. Fra tutte le visite effettuate annualmente in un D.E.A. per dolore toracico non traumatico, si è visto che in oltre il 70% dei casi esso non è di origine cardiaca. Poiché le caratteristiche cliniche di un dolore toracico da sole, raramente consentono di dimettere un paziente senza ulteriori indagini, è necessario un largo impiego di esami diagnostici, guidati dalla sintomatologia: Elettrocardiogrammi, radiografia del torace, ecocardiogramma e marcatori biochimici cardiaci (mioglobina, troponina T e I, CKMB). Per tutti i pazienti con dolore toracico non traumatico non si può prescindere comunque da un’anamnesi attenta, un esame obiettivo accurato della valutazione dei parametri vitali (pressione arteriosa, frequenza cardiaca, pulsiossimetria, temperatura corporea). Dissezione aortica: si tratta più spesso di pazienti di sesso maschile (75% dei casi), di età superiore ai 60 anni, con storia di ipertensione arteriosa (70%). Altri fattori di rischio comprendono la sindrome di Marfan, l’aterosclerosi, un aneurisma aortico noto. Lamentano dolore toracico più frequentemente anteriore (60%) o posteriore (53%), ad esordio improvviso e, molto intenso, il peggiore mai avvertito (90%), talvolta migrante con l’estendersi della dissezione. Talvolta sono presenti alterazioni elettrocardiografiche di tipo ischemico, poiché è stato documentato con studi anatomopatologici un coinvolgimento delle arterie coronarie in circa 8% dei casi. Può essere presente inoltre insufficienza valvolare aortica di nuova insorgenza ed asimmetria dei polsi arteriosI. Nel sospetto di dissezione aortica, l’esame Tac del torace e l’ecocardiografia sono dirimenti. Pneumotorace: il dolore toracico si associa spesso a dispnea ed esordio acuto. L’esame clinico che documenta l’assenza del murmure vescicolare a carico di un emitorace e l’immediata esecuzione di una radiografia del torace chiariscono la diagnosi ed impongono un trattamento decompressivo pleurico immediato. Embolia polmonare: è una patologia insidiosa e troppo spesso misconosciuta, essendo i sintomi molto variabili (dispnea, tachipnea, astenia, dolore toracico, tachicardia, episodi sincopali, emottisi). Talvolta il paziente riferisce sintomi intermittenti da alcune settimane. L’esame obiettivo è spesso nella norma e di scarso aiuto risultano i parametri vitali. In questo caso un’anamnesi positiva per recenti fratture con immobilizzazione di arti, interventi chirurgici ortopedici sul bacino o ginecologici, neoplasie, devono orientare verso questa patologia. Uno studio sulla stratificazione del rischio per embolia polmonare è possibile grazie all’utilizzo dei criteri di Wells (tabella 3). PROBABILITA’ DI EMBOLIA POLMONARE Punteggio < 2 = bassa Punteggio fra 2 e 6 = intermedia Punteggio > 6 = alta L’emogasanalisi arteriosa evidenzia ipossia ed ipocapnia (quest’ultima secondaria alla tachipnea sempre presente). L’angioTC spirale si è dimostrata la metodica diagnostica di scelta per rilevare emboli nell’arteria polmonare principale e nelle sue branche segmentarie, con una sensibilità e specificità di oltre il 94%. Infarto del miocardio: il vero problema diagnostico di fronte ad un dolore toracico si pone nel caso dell’infarto del miocardio. Malgrado i progressi fatti in campo tecnologico non esistono, a tutt’oggi, esami che escludano l’infarto del miocardio in tempi sufficientemente brevi. E’noto però come il fattore tempo abbia un ruolo importantissimo in questo caso, poichè il risultato della riperfusione coronarica primaria (PTCA) ha maggiore probabilità di successo quanto prima venga effettuata. Infatti solo il 20-50% dei pazienti che si presentano con IMA nel Dipartimento di Emergenza hanno modificazioni diagnostiche all’ECG iniziale, e circa il 5% ha ECG negativo. Le pietre miliari della valutazione del paziente che lamenta dolore toracico sono: l’anamnesi, l’esame obiettivo e l’ECG basale. Queste informazioni, pur non essendo spesso sufficienti a fare diagnosi, rappresentano i dati subito disponibili per stratificare i pazienti in base al rischio. L’età, il sesso, l’esistenza di fattori predisponesti (familiarità, abitudini alimentari, diabete, ipercolesterolemia), l’uso di droghe e fumo, una storia di cardiopatia ischemica o precedente IMA , le caratteristiche del dolore (esordio, durata, irradiazione), precedenti cateterismi cardiaci, by-pass ecc., costituiscono le notizie irrinunciabili da acquisire. Le caratteristiche del dolore potrebbero essere fuorvianti. Infatti non sempre la gravità del sintomo e l’evoluzione finale sono correlate nei pazienti con sindrome coronarica acuta. Alcuni pazienti descrivono il dolore come il peggiore mai provato, più spesso diffuso su un’area estesa alla parete anteriore del torace, con irradiazione al braccio destro o sinistro, al collo e/o al dorso .Altri invece riferiscono soltanto un lieve fastidio toracico. Può essere presente anche pallore cutaneo, sudorazione algida e vomito. L’atipicità del dolore non deve tranquillizzare. Anche la durata del dolore può essere ingannevole. Numerosi studi hanno evidenziato che anche pazienti con dolore toracico di durata inferiore ai 5 minuti o superiore alle 6 ore possonoavere un IMA. Il primo accertamento diagnostico da porre in essere nel Dipartimento di Emergenza è l’elettrocardiogramma. Esso rappresenta ancora oggi la chiave per identificare i pazienti con sindrome coronarica acuta, è di facile esecuzione, poco costoso e rapidamente ripetibile. Rivela aritmie, segni di ipertrofia ventricolare sinistra, blocchi di branca, sopra o sottoslivellamento del tratto ST, comparsa di onde Q patologiche. Ma il solo ECG iniziale non è sufficiente per svelare tutte le sindromi coronariche acute. Infatti solo il 20-50% dei pazienti che si presentano con IMA hanno modificazioni diagnostiche all’ECG iniziale. E’ importante quindi la ripetizione dell’elettrocardiogramma se il paziente continua ad avere dolore o se ha variazione dei sintomi. E’ raccomandato pertanto eseguire un ECG ogni 15-30 minuti in un paziente ancora sintomatico. Se invece sono presenti alterazioni ECG diagnostiche,è necessario inviare il paziente in Unità Coronarica per le cure del caso. L’ecocardiogramma è anch’esso un esame che, se eseguito da un operatore esperto, è molto utile nella valutazione al letto del paziente. Riesce infatti ad evidenziare ipocinesie di parete in aree infartuate o ischemiche, disfunzioni valvolari, dissezione aortica e /o tamponamento pericardio. Nel caso dell’embolia polmonare l’esame ecocardiografico rivela i segni di dilatazione-sovraccarico (setto paradosso) del ventricolo destro e dell’ipertensione polmonare e può evidenziare la presenza di un embolo. L’ecotransesofageo puo’ essere utile, in casi selezionati, per escludere o confermare la presenza di shunts dx-sx, in presenza di aneurisma del setto interatriale con forame ovale pervio . Il marcatore biochimico ideale dovrebbe possedere caratteristiche di elevata sensibilità e specificità per una diagnosi di danno cardiaco, nonché prolungato tempo di permanenza in circolo per consentire una diagnosi tardiva e retrospettiva. Inoltre dovrebbe essere di facile attuazione erapidamente dosabile. La mioglobina aumenta nel siero dopo appena 1-4 ore dall’insorgenza di un IMA, raggiunge il picco a 6-9 ore e scompare in 12-24 ore, ma non essendo cardiospecifica deve essere utilizzata con altri marcatori cardiaci oppure come marker di reinfarto nelle prime due settimane dall’infarto in cui si ha persistenza di troponine elevate. Le troponine sono un complesso di proteine dell’apparato muscolare striato che presiedono ai processi di contrattilità muscolare regolando l’interazione calcio mediata dell’actina con la miosina. Il complesso troponina è presente unicamente nel muscolo striato ed è costituito dalla troponina T ed I. Essendo la troponina Tun componente della muscolatura striata, il suo incremento sierico si ritrova anche dopo traumi muscolari. La troponinaI è presente invece solo nel tessuto miocardico, distribuita uniformemente nelle miofibrille atriali e ventricolari (in età fetale, neonatale e nell’adulto). La troponina I non è rilevabile invece nel muscolo scheletrico (nel feto e nell’adulto) e neppure dopo traumi. La concentrazione ematica delle troponine subisce un aumento dopo 4-6 ore dall’insorgenza dei sintomi cardiovascolari, raggiunge il picco dopo 18-24 ore e rimane più elevato della norma per 7-10 giorni dopo l’episodio acuto di necrosi miocardica. Le troponine T ed I sono positive in più del 95% dei pazienti con IMA, otto ore dopo l’inizio dei sintomi. Le linee guida della European Society of Cardiology ed American College of Cardiology definiscono l’infarto miocardico acuto come un incremento tipico ed una diminuzione graduale della troponina con almeno uno dei seguenti elementi:
Il loro dosaggio viene eseguito con kit specifici, è di facile esecuzione e il risultato è rapido (15-20 minuti). Falsi positivi di troponina si hanno nell’insufficienza renale cronica, nei pazienti in emodialisi , in coloro che fanno uso di cocaina e nella rabdomiolisi, nelle sepsi ed embolia polmonare. A causa della sua sensibilità e specificità, il dosaggio della troponina I rappresenta il gold standard per la diagnosi di IMA. Recenti studi hanno messo in evidenza che il BNP (neurormone sintetizzato e rilasciato dal ventricolo) è presente nel siero in risposta ad una distensione patologica delle fibre miocardiche all’ischemia e nella insufficienza ventricolare sinistra, ed è associato ad un alto rischio di mortalità cardiovascolare. GOLDMAN L. et al. A computer derived protocol to aid in the diagnosis of emergency room patients with acute chest pain. N Engl J Med 1982; 307 :588-596. GOLDMAN L. et al. A a computer protocol to predict myocardial infarction in emergency department patients with chest pain. N Engl j Med 1988;318: 797-803. LEE Th et al. Clinical characteristics and natural history of patients with acute myocardial infarction sent home from the emergency room. Am j cardiol 1987;60:219-224- Emergency Medicine practice. IL Dolore toracico. Settembre 2003 Eur Hearth j 2002; 23:1153-1176. Task force sulla gestione del dolore toracico. Hagan P.G.et al. The International registry of acute Aortic Dissection. Jama 2000 feb 16;283 (7):897-903. Hirst Ae jr, et al. Dissecting aneurysm of the aorta ; a review of 505 cases. Medicine (Balt) 1958. Amsterdam E.A.et al.Evaluation of low riskpatiens with chest pain in the emergency department:value and limitations of recent methods. Cardiol Rev 1999 Jan-Feb;7(1):17-26 (REVIEW) Siu Fai Li M.D. et al. The prevalence of false –positive cardiac troponin I in ED patients with rhabdomyolysis. AM J of Emergency Medicine. 2005. 23. 860-863. Fred S. Apple,Ranka Ler, et al. Point- of –Care i STAT Cardiac Troponin I for Assessment of patiens with symptoms suggestive of acute coronary syndrome. Clinical Chemistry .2006;52: 322-325. Hofgren C, Karlson BW, et al.Word descriptors in suspected acute myocardial infarction . Acomparison between patients with and without confirmed myocardial infarction. Heart Lung 1994;40:397-403. |
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