DISSEZIONE AORTICA: DALLA RAPIDITA’ DI DIAGNOSI IN PS ALL’AUTODIMISSIONE DEL PAZIENTE
Topic: NURSING
Autore: TURITTO ENZO
Affiliazione: INFERMIERE, AZIENDA OSPEDALIERA-UNIVERSITARIA POLICLINICO DI BARI, BARI, ITALIA
Co-autori: Enzo Turitto (1) - Francesco Stea (2) - Rosa Melodia (3)
AUTORE PRESENTANTE: > 35 ANNI
La dissecazione acuta dell’aorta ha un’incidenza stimata di 3 casi/100.000 persone/anno.
Nei pazienti che si presentano al DEA con dolore lombare, toracico o addominale, saranno diagnosticati 3 casi/1000 soggetti visitati. Si stima che la mortalità nei pazienti non trattati aumenti dell’1% ogni ora successiva all’insorgenza dei sintomi, mentre la sopravvivenza a 30 giorni per i soggetti trattati è superiore all’80%.
CASO CLINICO: uomo di 62 anni giunge in PS sudato, tachicardico, pallido, dolore toracico irradiato posteriormente, P.A. 225/145. Eseguiti ECG ed Ecocardiogramma: aumentato diametro dell’aorta ascendente e dell’arco con presenza di modesto versamento pericardico. Richiesta TAC torace: dissezione dell’aorta toracica ascendente sino all’arco aortico con quota di versamento pericardico.
Il paziente, informato dei gravi rischi annessi al mancato intervento chirurgico risolutivo, alla presenza del personale sanitario e di un conoscente, nonostante il reiterato invito all’esecuzione dell’intervento chirurgico pena la possibilità di morte improvvisa, rifiuta di sottoporsi all’intervento e chiede di essere dimesso contro il parere dei sanitari per partecipare ad una riunione di condominio per spese straordinarie.
Il giorno dopo rientra in PS e viene ricoverato in Cardiochirurgia.
DISCUSSIONE: la valutazione di una dissecazione aortica richiede un impegno diagnostico mirato ed in tempi brevi. Tuttavia, malgrado gli sforzi degli operatori l’evoluzione di questa patologia, così come di affezioni potenzialmente letali, subisce notevolmente il peso del disagio socio-economico degli ultimi tempi. A tal punto che, è il paziente stesso in pericolo di vita a porre un freno nella gestione della patologia in emergenza anteponendo alla propria salute gli interessi economici. Stiamo assistendo inermi troppo spesso al sorpasso dei problemi sociali rispetto a quelli che coinvolgono la salute dell’individuo.
La relazione con il paziente è un esempio di fallimento della comunicazione: le persone che svolgono la professione di cura hanno la grande responsabilità di facilitare e mantenere la costruzione della relazione comunicativa con l’ammalato. Il fallimento o la buona riuscita è nelle loro mani, non è colpa o merito del paziente che si trova in una condizione di debolezza e fragilità.