NURSING ED ORGANIZZAZIONE AL TRIAGE

Topic: NURSING
Autore: FICI IGNAZIO ANTONIO
Affiliazione: AZIENDA OSPEDALIERA OSPEDALI RIUNITI VILLA SOFIA-CERVELLO, P.O. DI VILLA SOFIA, PALERMO, ITALIA
Co-autori: Ignazio Antonio Fici (1)

AUTORE PRESENTANTE: FICI IGNAZIO ANTONIO di anni > 35

La parola Triage è ormai entrata da tempo a far parte del “gergo medicale” del Pronto Soccorso e dell’ospedale in genere. Oggi tutti discettano di triage e tutti sono pronti a dare il loro parere sull’appropriatezza di un codice di priorità … com’è lo “status quo” dei Triage nei Pronto Soccorso Italiani e cosa ancora più importante, verso quale futuro si muove il triage? Per rispondere a queste domande è necessario, innanzitutto, dare un’occhiata alla situazione attuale dei triage in Italia, principalmente in Sicilia.
Oggigiorno si registrano un aumento del numero di accessi annui ospedalieri (circa 30.000.000 e forse più) ed un blocco per il ricovero, causato dalla mancata disponibilità e riduzione dei posti letto per i ricoveri.
Il sovraffollamento in entrata, con conseguente allungamento dei tempi di attesa per la visita medica per i pazienti con codici non prioritari ma soprattutto dei codici gialli. L’allungamento dei tempi di attesa alla visita medica, di solito, viene percepito, dagli utenti/pazienti, come uno dei principali problemi dei Pronto Soccorso e viene anche ripreso in modo ricorrente dai mass media; anche il sovraffollamento in uscita, risulta essere molto più critico in quanto molti dei pazienti/utenti con codici a bassa priorità non hanno la possibilità di uscire in tempi accettabili e lo stazionamento dei pazienti più critici (gialli e rossi) da ricoverare, in attesa di un posto letto libero, distraendo le risorse disponibili in P.S. per lo più umane, utilizzabili per smaltire le code dei pazienti con codici a bassa priorità. Alcune volte i codici verdi nascondono i casi più insidiosi in cui soltanto alla valutazione medica, consente di discriminare i veri dai falsi problemi e soprattutto di identificare eventuali patologie acute e gravi in evoluzione.
Altra causa di errori al triage sono “le interruzioni”: le interruzioni hanno dimostrato di influenzare negativamente la soddisfazione sul lavoro degli infermieri e può portare al Burnout. La natura del Dipartimento di Emergenza, dove l’imprevisto è sempre possibile, rende maggiore la probabilità che si verifichino delle interruzioni. (esempio: “scusi quante persone ho davanti?, quando tocca a me?”, “Scusi, hanno ricoverato mia zia, sa dirmi dov’è?” “Scusi, dov’è il bar?”). Quante volte sentiamo rivolgerci queste domande durante un turno di triage? Spesso domande non pertinenti che causano interruzioni nel triage provocando errori e ritardi nel trattamento metodologico dell’assistito. Il tempo di triage come “gold Standard” dovrebbe essere tra i 2 e 5 minuti, un maggior tempo può essere richiesto nel caso di pazienti anziani o pediatrici, soprattutto se è necessario rilevare un set completo di parametri vitali. Questa “intervista” può essere interrotta per una miriade di ragioni. Le interruzioni nel processo di triage causano distrazioni nel raccogliere dati importanti, compromettendo la decisione. Errori durante il triage possono influenzare negativamente i risultati del paziente e diminuire la qualità della cura, come il sentimento di sentirsi sottovalutati e vulnerabili con il loro stato di salute.
Altro punto nodale sulla criticità al triage sono le violenze e le aggressioni, agli infermieri di Pronto Soccorso, sono tra gli operatori professionisti sanitari i più esposti ad atti di di violenza nel corso della loro attività lavorativa. E’ ormai universalmente riconosciuta come un importante problema di salute pubblica nel mondo (World Health Organization, 2002). Per quanto riguarda la letteratura internazionale sull’argomento mette in evidenza preoccupanti dimensioni del fenomeno, anche se rimane comunque tendenzialmente sottostimato a causa della scarsa propensione a denunciare gli episodi di violenza da parte degli infermieri. A tal proposito è stato condotto uno studio nel Regno Unito dei Pronto Soccorso britannici (più del 68% degli intervistati riferisce di essere stato oggetto nel corso dell’anno precedente di aggressioni verbali, mentre più del 30% risulta di avere subito percosse). Altro studio, statunitense, che hanno coinvolto 3.465 infermieri di Dipartimenti di Emergenza, più della metà (69%) degli infermieri dei PS riportano fino a 20 violenze (calci, pugni, spinte, schiaffi) ed almeno 200 aggressioni verbali in un periodo di tre anni. Altri ricordano invece che molti di questi incidenti non vengono denunciati perché la violenza è in qualche modo considerata parte inevitabile dei contesti operativi dell’infermiere di PS, giustificata in quanto non consapevole voluta dal paziente che la commette o persino percepita come una perdita di performance. In Italia Becattini e collaboratori (2007), in uno studio condotto su 15 strutture di Pronto Soccorso di 14 regioni italiane, su tutto il territorio nazionale, documentano questo scenario: quasi tutti gli infermieri intervistati riferiscono di essere stati aggrediti verbalmente (90%) o di avere assistito ad aggressioni nei confronti di colleghi (95%); il 35% del campione ha subito atti di violenza fisica, più della metà (52%) ne è stata testimone; poco meno di un terzo (31%) ha avuto bisogno di cure mediche a causa di un’aggressione, con prognosi fino a 5 giorni (13%), da 5 a 15 giorni (11%) o superiore a 15 giorni(6%).
Quindi l’Infermiere di Triage si vedrebbe caricato di una forte responsabilità professionale per cui potrebbe applicare a scopo tutelativo di se stesso e del paziente un “overtriage” sottoutilizzando gli altri ambulatori dei codici bianchi e verdi. Rimane solo la “fatica” con conseguente aumento dello stress psico-fisico (lavorativo), una difficoltà nell’organizzazione dell’assistenza, difficoltà di tipo logistiche, conflittualità tra colleghi, con i pazienti e con l’equipe, aumentando il rischio dell’errore.
Ed infine, la mancanza di un Sistema Premiante, a livello nazionale (Legge Nazionale) per l’infermiere triagista, il non riconoscimento del “ruolo svolto” e del “ruolo formale”, rimane ancora oggi, vista l’evoluzione del Triage come obiettivo fondamentale “il Paziente”, una delle criticità maggiore, perché anche se l’infermiere triagista fa parte del Dipartimento di Emergenza, il suo ruolo è molto diverso dal resto degli altri reparti.
Conclusione: ogni soluzione per migliorare l’efficienza del P.S. e del servizio prestato al Triage vada cercata attraverso la SIMEU Nazionale, Sistemi Organizzativi, le Istituzioni, anche attraverso il riordino del Sistema Sanitario Nazionale per ottimizzare il funzionamento dei Dipartimenti di Emergenza e nello stesso tempo migliorare la percezione dello stesso da parte della cittadinanza.