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COCHRANE CORNER: La terapia antibiotica combinata con aminoglicosidi nei pazienti con sepsi

martedì, gennaio 28th, 2014

 

Dott. Paolo Balzaretti, redazione Blog SIMEU

@P_Balzaretti

Nei pazienti con sepsi è necessario avviare tempestivamente una corretta terapia antibiotica, la quale sarà, nella maggior parte dei casi, empirica, a causa dell’impossibilità di sapere in tempi brevi quali siano i micro-organismi responsabili. La scelta degli antibiotici da impiegare deve basarsi sulla sospetta sede di infezione, l’ambito in cui si è sviluppata (per esempio a casa, in sede ospedaliera), l’anamnesi del paziente e i profili locali di sensibilità agli antibiotici dei micro-organismi isolati (1). Un terapia antibiotica empirica non corretta si correla con un incremento della mortalità.

Gli aminoglicosidi hanno fatto parte per lungo tempo delle terapie antibiotiche combinate per diverse sindromi infettive. Sono progressivamente emerse, però, evidenze di letteratura secondo cui la loro introduzione in schemi di terapia combinata non avrebbe alcuna utilità. Quest’ultimo tema è quello della revisione sistematica Cochrane di cui ci occuperemo in questo post.

Evidenze attuali

Proviamo a sintetizzare le indicazioni attuali all’impiego degli aminoglicosidi:

  • Polmonite: le lineeguida IDSA/ATS del 2007 riservano un ruolo agli aminoglicosidi unicamente come terza scelta in pazienti ricoverati in UTI con sospetta infezione da Pseudomonas Aeruginosa, in associazione a un beta lattamico e all’azitromicina o a un fluorochinolone respiratorio.
  • Infezione delle vie biliari: le lineeguida IDSA non prevedono l’impiego degli aminoglicosidi.
  • Infezione addominali escluse quelle delle vie biliari: per le già citate lineeguida IDSA, “gli aminoglicosidi non sono raccomandati per l’impiego di routine in adulti con infezioni intraddominali acquisite in comunità (B-II)”; lo stesso vale per le infezioni gravi, se non in casi selezionati (A-1).
  • Pielonefriti: secondo l’IDSA, gli aminoglicosidi hanno un ruolo nelle donne con pielonefrite che richiedono il ricovero ospedaliero come terapia di seconda scelta, in associazione a derivati beta-lattamici ad ampio spettro.
  • Endocardite: in questo caso, l’indicazione all’impiego di amino glicosidi nel trattamento empirico è confermata sia nelle linee guida ESC che in quelle della British Society of Antimicrobial Therapy.
  • Meningite: non indicazioni secondo le lineeguida IDSA del 2004.
  • Febbre nel paziente neutropenico: gli aminoglicosidi possono essere presi in considerazione in pazienti ricoverati, ad alto rischio, nel caso di insorgenza di complicanze (ipotensione, polmonite) o nel caso sia sospettata o accertata un resistenza a derivati beta-lattamici anti-pseudomonas (IDSA 2011).

Sintesi dello studio (2)

Obiettivo: Confrontare l’efficacia della monoterapia con beta-lattamico rispetto alla combinazione tra beta-lattamico e aminoglicoside in pazienti con sepsi e il rischio di eventi avversi, incluso lo sviluppo di resistenze batteriche.

Studi inclusi: RCT o trial quasi-randomizzati che confrontano i due regimi terapeutici; sono esclusi gli studi che includono neonati e bambini pre-termine.

Outcome primario: Mortalità al termine del follow up (durata media 30 giorni).

Outcome secondari: fallimento del trattamento, durata del ricovero, superinfezione, colonizzazione da parte di batteri resistenti, eventi avversi.

N°. di studi inclusi: 69

Qualità degli studi inclusi: la principale fonte di bias riguarda la mancanza cecità, sia per i pazienti che per il personale e gli aggiudicatori degli out come.

N° di pazienti: 7863

Risultati: i risultati sono sintetizzati nella tabella

Risk ratio

N° di pazienti

Qualità dell’evidenza

Mortalità (stesso derivato beta lattamico)

0,97 (0,73 – 1,3)

1431

Bassa

Mortalità (diverso derivato beta lattamico)

0,85 (0,71 – 1,01)

4146

Bassa

Fallimento clinico (stesso derivato beta lattamico)

1,11 (0,95 – 1,29)

1870

Molto bassa

Fallimento clinico (stesso derivato beta lattamico)

0,75 (0,67 – 0,84)

4933

Molto bassa

Tab. Risultati della meta-analisi. Sono stati separati i risultati degli studi in cui veniva impiegato lo stesso beta lattamico sia nel gruppo di controllo che in quello di trattamento da quelli in cui venivano impiegati due derivati beta lattamici diversi. Per fallimento clinico si intende: morte, persistenza, recidiva o peggioramento dei segni e dei sintomi dell’infezione; qualsiasi modificazione al trattamento antibiotico empirico assegnato; qualsiasi intervento terapeutico invasivo impiegato e non definito nel protocollo. RR < 1 sono a favore della monoterapia.

Commento

Questa revisione lascia aperti molti interrogativi. Nel complesso l’evidenza fornita per i due outcome è da considerarsi di bassa qualità, in particolare per l’assenza di blinding nella maggior parte degli studi, che, mentre potrebbe aver avuto un impatto tutto sommato modesto per quanto riguarda l’outcome mortalità, per il quale la determinazione non può essere troppo soggettiva, potrebbe aver avuto un peso più rilevante sull’outcome “fallimento clinico”, la cui interpretazione è maggiormente soggettiva. Anche l’elevata imprecisione dei risultati (l’intervallo di confidenza per i dati di mortalità oscilla tra 0,73 e 1,30), costituisce un motivo di scarsa rilevanza dei dati.

La revisione sistematica manca di una sinossi che sintetizzi quali siano le principali cause di sepsi dei pazienti arruolati. In particolare non è chiaro quale sia l’incidenza dei pazienti con endocardite infettiva. Nel complesso, per quanto riguarda questa patologia, l’indicazione a impiegare gli amino glicosidi, come consigliato nelle linee guida internazionali, non può essere messa in discussione.

La decisione se introdurre o meno gli amino glicosidi non può non prendere in considerazione i potenziali rischi ad essa correlati, in particolare quello della nefrotossicità: nei pazienti trattati con beta lattamici in monoterapia, questo sarebbe del 70% inferiore rispetto a quello dei pazienti trattati anche con l’aminoglicoside (2). Tale rischio potrebbe essere sovrastimato, tenendo conto che nella maggior parte degli studi la somministrazione di questi ultimi è in multiple dosi giornaliere e non in monosomministrazione, regime che si associa ad un minor rischio di nefrotossicità.

Infine, la mortalità dei pazienti inclusi negli studi analizzati oscilla tra l’8,5% dei pazienti con sepsi gravi, sospette sepsi da gram negativi e polmoniti e l’1,7% per la sepsi a partenza dalle vie biliari. Le conclusioni di questa meta-analisi non possono per tanto applicarsi ai pazienti più critici che vengono ricoverati nelle reparti di Terapia Intensiva o Subintensiva. Per questi pazienti bisogna probabilmente tenere maggiormente in considerazione le indicazioni provenienti dalle analisi di pazienti ricoverati in UTI per sepsi grave e shock settico di Kumar e colleghi e Diaz-Martin e colleghi secondo i quali l’avvio tempestivo di un terapia combinata ridurrebbee la mortalità. Tra le associazioni vagliate e dimostratesi efficaci da Kumar et al., anche quella di beta lattamici e aminoglicosidi.

Bibliografia

  1. Angus DC, Van der Poll T. Severe sepsis and septic shock. NEJM 2013; 369: 840-851. Link

  2. Paul M, Lador A, Grozinsky-Glasberg S, Leibovici L. Beta lactam antibiotic monotherapy versus beta lactam-aminoglycoside antibiotic combination therapy for sepsis. Cochrane Database of Systematic Reviews 2014, Issue 1. Art. No.: CD003344. DOI: 10.1002/14651858.CD007999.pub3. Link

MUBEE#10: Trip Database

martedì, gennaio 7th, 2014

di Paolo Balzaretti, redazione blog Simeu

@P_Balzaretti


Com’è noto, il secondo passaggio dei cinque che costituiscono il processo di miglioramento della pratica clinica secondo la classica definizione dell’EBM è quello di cercare le evidenze (CEBM). Abbiamo già parlato diffusamente di questo argomento in un post precedente. Tra le opzioni possibili abbiamo parlato di MEDLINE® e Google Scholar. Ma in Rete esiste anche un altro ottimo strumento di ricerca: TRIP (Turn Research into Practice) database, di cui ci occuperemo in questo post.

Cos’è Trip Database?

Trip Database, diversamente da quanto farebbe supporre il suo nome, non è un archivio di citazioni bibliografiche bensì un motore di ricerca clinico che permette di rintracciare documenti clinici direttamente su Internet a partire da molteplici fonti. Queste citazioni corrispondono sia ad articoli pubblicati su riviste biomediche sia materiale che rientra nell’ambito dellacosiddetta Grey Literature. Il servizio fornito da questo sito, che viene aggiornato mensilmente, è gratuito.

Fig. 1. L’home page di Trip database

Come effettuare le ricerche

Esistono 3 modi differenti per eseguire le ricerche: la prima, più immediata, consiste nell’inserire i termini liberi nel box di ricerca nella home page (Fig. 1). Esiste poi la possibilità di una ricerca avanzata, la quale permette di effettuare alcune rifiniture alla stringa di ricerca come la definizione dell’intervallo di tempo dove eseguire la ricerca, la limitazione della ricerca ad alcune parti dell’articolo (come ad esempio il titolo), la ricerca della stringa come frase intera, etc.

Infine, l’opportunità più innovativa riguarda la possibiltà di inserire il nostro quesito di ricerca rispettando il formato PICO (per approfondimenti si veda il post relativo) (Fig. 2). Come sempre, gli obiettivi modellano il quesito di ricerca: più termini verrano inseriti, maggiore sarà la specificità dei risultati e minore il numero di articoli ottenuti, con la possibilità però di perdere qualche articolo interessante.

Fig. 2. La maschera di ricerca basata sul formato PICO

Orientarsi tra i risultati

I risultati delle ricerche in Trip Database sono liste di citazioni bibliografiche, ognuna delle quali è essenzialmente costituita dal titolo del documento (cliccando sul quale è possibile accedere allo stesso), la fonte da cui proviene e l’anno di pubblicazione (fig. 3). Come succede per Google Scholar, in caso di articoli a pagamento, i link di Trip Database non permetteranno di visualizzare il lavoro, a patto che già non si possiedano le credenziali per potervi accedere.

I risultati vengono ordinati nella lista in base a un algoritmo che tiene conto di tre parametri: la presenza del termine di ricerca nel titolo dell’articolo, un “pubblication score”, basato sulla qualità della fonte, così come valutata dagli amministratori del sito, e la data di pubblicazione (il punteggio aumenta quanto più recente è l’articolo).

Fig. 3. Pagina dei risultati.

Solitamente, Trip Database fornisce molti risultati per ogni ricerca; fortunatamente garantisce anche alcuni strumenti per filtrare tutte queste citazioni. Innanzitutto permette di selezionare i risultati in base alla natura del lavoro, distinguendo tra revisioni sistematiche, lineeguida, sinossi, studi primari, capitoli di libri, etc. Per chi volesse approfondire le differenze tra gli uni e gli altri, ne abbiamo parlato in un vecchio post.

Nel caso delle linee guida, permette un’ulteriore selezione in base alla provenienza geografica, molto utile se si tiene conto del fatto che questi documenti sono più utili se fanno riferimento a contesti organizzativi simili a quello dove le applicheremo (come nel nostro caso potrebbe essere le linee guida prodotte in altri paesi europei o nel Regno Unito). Per quanto riguarda revisioni sistematiche e trial clinici, è possibile selezionare la fonte di provenienza (dato molto spesso correlato alla sua qualità).

Per mezzo di Trip Database è possibile reperire non solo documenti scritti ma anche altri tipi di materiale informativo quali immagini, video e informazioni per i pazienti semplicemente cliccando sulla barra sopra la lista dei risultati.

L’iscrizione al sito garantisce alcuni servizi aggiuntivi: aggiornamenti mensili via mail riguardanti nuove evidenze nel proprio ambito di interesse, possibilità di mantenere traccia dei documenti che abbiamo cercato sul database in passato, in modo tale da poterli consultare più facilmente in seguito.

Quale impatto?

Viene spontaneo chiedersi se l’impiego di uno strumento come Trip Database garantisca effettivamente un vantaggio nel reperire le informazioni di cui abbiamo bisogno. Sembrerebbe di sì, come risulta da uno studio canadese (1). In una piccola popolazione di specializzandi in Medicina di Famiglia, l’impiego di Trip Database permetteva di incrementare la probabilità di risposta corretta a un quesito clinico dal 24% al 63%.

In conclusione, la prossima volta che avete bisogno di trovare rapidamente la risposta ad un quesito clinico, ricordatevi anche di Trip Database quale alternativa a Google Scholar e Clinical Queries di PubMed.

Bibliografia

  1. Labrecque M, Ratté S, Frémont P, et al. Decision making in family medicine: randomized trial of the effects of the InfoClinique and Trip database search engines. Can Fam Physician. 2013; 59(10):1084-94.

COCHRANE CORNER: l’attacco acuto di emicrania in pronto soccorso

martedì, dicembre 10th, 2013

Dott. Paolo Balzaretti, redazione Blog SIMEU

@P_Balzaretti


La cefalea è un disturbo che causa una quota non indifferente di accessi in Pronto Soccorso. Nell’iter diagnostico, il primo passo è quello di escludere che si tratti di una forma secondaria a una patologia sistemica o primitiva del sistema nervoso centrale; quando queste possibilità sono state escluse con un sufficiente grado di sicurezza, si deve prendere in considerazione la possibilità di una cefalea primaria: tra queste quella di più frequente riscontro è l’emicrania.

Secondo le linee guida per la classificazione dei disturbi cefalalgici dell’International Headache Society, l’emicrania è un “disturbo cefalalgico ricorrente con attacchi della durata di 4-72 ore, tipicamente caratterizzati da dolore pulsante a localizzazione unilaterale, di intensità media o forte, peggiorato da attività fisica di routine e associato a nausea e/o fotofobia e fonofobia”. Un aspetto rilevante, per l’approccio in P.S., è la cronicità del disturbo: sono richiesti infatti almeno 5 episodi analoghi nella storia clinica del paziente per poter confermare la diagnosi. In uno studio del 2007, circa il 39% dei pazienti giunti in P.S. lamentando cefalea presentava i criteri per la diagnosi di emicrania dell’International Headache Society; la percentuale saliva al 60% dei pazienti con cefalea primaria (1).

Secondo l’americana Agency for Healthcare Research and Quality, negli Stati Uniti vi è una ampia difformità nella gestione della cefalea emicranica in urgenza e credo che questa considerazione sia valida anche per la realtà italiana. Farmaci ampiamente utilizzati per il trattamento di questo disturbo in urgenza sono gli anti-infiammatori e il paracetamolo. Nel corso del 2013 la Cochrane Collaboration ha pubblicato diverse revisioni sistematiche volte a valutare l’efficacia di questi farmaci, da soli o in associazione con un antiemetico, per il trattamento dell’emicrania.

Sintesi dei risultati

Sono stati presi in considerazione 5 studi che rispondevano a questo quesito: “in pazienti con un attacco acuto di emicrania l’impiego del farmaco x, associato o meno ad anti-emetici, è più efficace del placebo per controllare il dolore?”. In alcuni studi il confronto non avveniva con il placebo bensì con un triptano, ma di questi non tratteremo.

In tutti gli studi si fa riferimento a formulazioni somministrabili per via orale: ciò si adatta solo in parte alla realtà del Pronto Soccorso, dove spesso ricorriamo alla somministrazione di farmaci per via endovenosa. Tuttavia ritengo i risultati comunque rilevanti sia perchè si può ipotizzare che la somministrazione per via endovenosa sia quantomeno ugualmente efficace rispetto a quella per os, sia perchè questi risultati ci garantiscono la possibilità di fornire delle indicazioni ai pazienti su quali farmaci impiegare al domicilio per situazioni analoghe.

Nella tabella 1 sono riassunte le caratteristiche salienti delle revisioni sistematiche.

 

Studio

Confronto

Dosaggio

Studi

Pazienti

Derry 2013 (2)

Diclofenac vs. placebo 50 mg

5

1356

Kirthi 2013 (3)

Aspirina vs. placebo 900 o 1000 mg

13

4222

Aspirina + metoclopramide vs. placebo 900 mg + 10 mg

3

765

Derry 2013 (4)

Paracetamolo vs. placebo 1000 mg

11

2942

Rabbie 2013 (5)

Ibuprofene vs. placebo 400 mg

9

4373

Law 2013 (6)

Naprossene vs. placebo 500 mg o 825 mg*

6

2735

 

Tab.1 Caratteristiche delle revisioni sistematiche prese in considerazione. * non si sono registrate differenze significative tra i diversi dosaggi di naprossene.

Risultati

Per renderli confrontabili, i risultati sono stati presentati come number needed to treat (NNT). Questo parametro statistico indica il numero di pazienti cui è necessario somministrare un farmaco per ottenere un evento nell’ intervallo di tempo preso in esame. Si calcola con la seguente formula:

100

NTT =

|(Rischio nel gruppo di trattamento – Rischio nel gruppo sperimentale)| (in %)

 

Prendendo un esempio da i nostri dati, potremo dire che è necessario trattare circa 7 pazienti con ibuprofene affinchè un paziente risulti asintomatico per cefalea emicranica a due ore. Chiaramente, minore è il NNT, maggiore è l’efficacia del farmaco. Simmetricamente, il “number needed to harm” (NNH) indica il numero di pazienti cui è necessario somministrare il trattamento perché si verifichi un evento avverso; in questo caso, maggiore è il numero, maggiore è la sicurezza del farmaco. Per interpretare e confrontare gli NNT è necessario tenere conto che questi sono specifici per le caratteristiche di gravità del paziente e per il tempo di osservazione. Per esempio, non è possibile confrontare l’NNT dei beta-bloccanti per prevenire l’infarto miocardico tra pazienti in prevenzione primaria e pazienti che hanno già avuto una sindrome coronarica acuta, perché quest’ultimi presenteranno verosimilmente una situazione coronarica di base più compromessa. Allo stesso modo, non è corretto confrontare l’NNT di una statina per prevenire l’ictus in prevenzione primaria calcolato per un follow up di 5 anni e uno calcolato su un follow up di 10 anni. Per chi volesse approfondire, suggerisco due letture (qui e qui).

Come si può vedere nella tabella 2, il farmaco più efficace in acuto sembrerebbe essere l’ibuprofene, seguito dall’aspirina.

 

 

Confronto

Assenza di cefalea a 2 h (NNT)

Riduzione del dolore a 2 h (NNT)

Qualità dell’evidenza*

Ibuprofene vs. placebo

7,2 (5,9 – 9,2)

3,2 (2,8 – 3,7)

Moderata

Aspirina vs. placebo

8,1 (6,4 – 11)

4,9 (4,1 – 6,2)

Moderata

Aspirina + metoclopramide vs. placebo

8,8 (5,9 – 17)

3,3 (2,7 – 4,2)

?

Diclofenac vs. placebo

8,9 (6,7 – 13)

6,2 (4,7 – 9,1)

Moderata

Naprossene vs placebo

11 (8,7 – 17)

6 (4,8 – 7,9)

Moderata

Paracetamolo vs. placebo

12 (7,5 – 32)

5 (3,7 – 7,7)

Bassa

 

Tab.2 Risultati a breve termine del trattamento. * per entrambe gli outcome.Tra parentesi, gli intervalli di confidenza al 95%.

La perfomance risulterebbe simile anche per l’efficacia a 24 ore, come sintetizzato della tabella 3.

 

Confronto

Assenza di cefalea a 24 h (NNT)

Riduzione della cefalea a 24 h (NNT)

Qualità dell’evidenza*

Ibuprofene vs. placebo

No dati

4,0 (3,2 – 5,2)

Moderata

Aspirina vs. placebo

No dati

6,6 (4,9 – 10)

Moderata

Diclofenac vs. placebo

9,5 (7,2 – 14)

No dati

Moderata

Naprossene vs placebo

19 (13 – 34)

8,3 (6,4 – 12)

Moderata

 

Tab. 3. Risultati a lungo termine del trattamento. Non ci sono dati riguardanti l’associazione aspirina + metoclopramide e paracetamolo vs. placebo per gli outcome considerati. * per entrambe gli outcome.

Contrariamente a quanto ci si potrebbe attendere, il paracetamolo sembrerebbe correlarsi a un maggior rischio di eventi avversi, sebbene la qualità dei dati per questa analisi sia bassa.

 

Confronto

Almeno un evento avverso (NNH)

Qualità dell’evidenza*

Aspirina vs. placebo

34 (18 – 340)

Bassa

Ibuprofene vs. placebo

26 (15 – 100)

Moderata

Naprossene vs placebo

28 (15 – 130)

Bassa

Paracetamolo vs. placebo

21 (11 – 300)

Bassa

 

Tab. 4. Eventi avversi. NNH = number needed to harm. Per il diclofenac non era disponibile il NNH ma solo l’odds ratio. * per entrambe gli outcome.

Note: il ruolo della metoclopramide

L’impiego della metoclopramide per via endovenosa è stato introdotto da lungo tempo; il razionale risiederebbe nel trattamento sintomatico della nausea e del vomito (con relativo miglioramento della motilità gastro-intestinale, l’aumento dell’assorbimento e dunque della biodisponibilità del farmaco) (6). L’unica revisione sistematica che ho trovato sull’argomento risale al 2004 (7): per quanto riguarda il confronto con il placebo, venivano presi in considerazione 3 studi per un totale di 207 pazienti. L’odds ratio era pari a 2,84 (95% CI 1,05 – 7,68), favorendo il trattamento rispetto al placebo; la mia stima del NNT è 4,5 (95% CI non calcolabile)..

Conclusione

In conclusione, vi sono evidenze di moderata qualità che gli anti-infiammatori per via orale siano abbastanza efficaci per il controllo del dolore in corso di attacco emicranico acuto; si può supporre che le formulazioni per via endovenosa siano quanto meno altrettanto efficaci. L’associazione con metoclopramide per via endovenosa potrebbe ulteriormente potenziare questo effetto.

Bibliografia

  1. Friedman BW, Hochberg ML, Esses D, Grosberg B, Corbo J, Toosi B, Meyer RH, Bijur PE, Lipton RB, Gallagher EJ. Applying the International Classification of Headache Disorders to the Emergency Department: An Assessment of Reproducibility and the Frequency With Which a Unique Diagnosis Can Be Assigned to Every Acute Headache Presentation. Ann Emerg Med 2007; 49: 409-419. Link

  2. Derry S, Rabbie R, Moore RA. Diclofenac with or without an antiemetic for acute migraine headaches in adults. Cochrane Database of Systematic Reviews 2013; Issue 4. Art. N°: CD008783. Link

  3. Kirthi V, Derry S, Moore RA. Aspirin with or without an antiemetic for acute migraine headaches in adults. Cochrane Database of Systematic Reviews 2013; Issue 4. Art. N°: CD008041. Link

  4. Derry S, Moore RA. Paracetamol (acetaminophen) with or without an antiemetic for acute migraine headaches in adults. Cochrane Database of Systematic Reviews 2013; Issue 4. Art. N°: CD008040. Link

  5. Rabbie R, Derry S, Moore RA. Ibuprofen with or without an antiemetic for acute migraine headaches in adults. Cochrane Database of Systematic Reviews 2013; Issue 4. Art. N°: CD008039. Link

  6. Law S, Derry S, Moore RA. Naproxen with or without an antiemetic for acute migraine headaches in adults. Cochrane Database of Systematic Reviews 2013; Issue 10. Art. N°: CD009455. Link

  7. Colman I, Brown MD, Innes GD, Grafstein E, Roberts TE, Rowe BH. Parenteral metoclopramide for acute migraine: meta-analysis of randomized controlled trials. BMJ 2004; 329 (7479): 1369-73. Link





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