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Il ruolo strategico dell’infermiere nell’emergenza sanitaria territoriale

mercoledì, novembre 11th, 2015

Policy Statement condiviso da Simeu e Irc

Le due Società scientifiche italiane che rappresentano sia medici che infermieri dell’emergenza prendono posizione congiuntamente all’interno del dibattito che recentemente si è acceso sul ruolo dell’infermiere nell’ambito della gestione della emergenza territoriale. La Società italiana della medicina di emergenza-urgenza e l’Italian resuscitation council hanno elaborato un Policy statement comune sul ”Trattamento farmacologico da parte dell’infermiere nell’emergenza territoriale” nell’ottica della massima efficacia del servizio al paziente e nel rispetto dell’identità professionale delle figure che operano nell’emergenza sanitaria.

All’interno del documento in particolare si sottolinea che “La somministrazione, da parte degli infermieri, di terapie, anche farmacologiche, secondo protocolli condivisi ed emanati ufficialmente dal Direttore della Centrale Operativa 118 (concordati con il Responsabile Territoriale, nelle realtà nelle quali sussiste tale figura), si inquadra in un processo finalizzato alla tempestività del trattamento e spesso risulta essenziale per la salvaguardia della vita e/o della salute dei pazienti, come in caso di overdose da oppiacei, grave sindrome ipoglicemica, sindrome coronarica acuta, insufficienza respiratoria acuta, ecc“.

Il testo del documento è pubblicato sui siti internet delle due società scientifiche.

Gli infermieri, l’emergenza territoriale e la reale efficacia dei soccorsi

venerdì, ottobre 30th, 2015

di Gian Alfonso Cibinel

Presidente nazionale Simeu

 

Negli ultimi mesi si è riaperta una polemica, in particolare nella regione Emilia-Romagna, sul ruolo degli infermieri nei servizi di emergenza territoriale, con esposti all’autorità giudiziaria e avvio di procedimenti disciplinari nei confronti di dirigenti medici da parte di alcuni Ordini dei Medici provinciali. Gli esposti riguardano l’attività di assistenza e cura svolta dagli infermieri del sistema 118, contestando ai responsabili medici “la redazione di procedure e istruzioni operative” che attribuirebbero al personale infermieristico “compiti di diagnosi, prescrizione e somministrazione di farmaci soggetti a controllo medico”.

Al di là delle polemiche l’obiettivo dei sistemi di emergenza territoriale è di assicurare alla popolazione la migliore risposta possibile nelle urgenze ed emergenze, impiegando tutte le risorse disponibili, professionali (medici e infermieri) e non professionali (tecnici, volontari del soccorso e semplici cittadini), nell’ambito di un’organizzazione coerente integrata con la rete dei PS e degli ospedali. In alcuni paesi, con sistemi di emergenza molto efficaci (come gli USA), sulle ambulanze non ci sono medici o infermieri; in Europa e nelle diverse regioni italiane la presenza dei professionisti sanitari sui mezzi di soccorso è variabile. Il problema non è chi sta sulle ambulanze, ma la competenza di chi ci sta, in rapporto all’organizzazione e alle procedure da attuare.

La sopravvivenza dei pazienti più critici è garantita dai tempi di risposta brevi e dall’applicazione di protocolli con efficacia dimostrata, che includono a volte l’uso di strumenti o di farmaci, anche da parte di infermieri o di laici. La diagnosi è e resta una competenza medica, ma il rilevamento della perdita o alterazione delle funzioni vitali e gli interventi salvavita conseguenti non possono essere esclusività dei medici, pena l’inefficacia dei sistemi di emergenza e la perdita di molte vite umane. E’ da rilevare che gli strumenti più decisivi nelle emergenze sono le mani (per il massaggio cardiaco, che chiunque può fare) e i defibrillatori (disponibili attualmente in molti luoghi pubblici); e tra i farmaci che possono salvare una vita sono compresi l’acqua, il sale, lo zucchero, l’ossigeno e l’aspirina. Dobbiamo garantire a tutti i cittadini l’accesso rapido alle cure, la competenza degli operatori e la validità dei protocolli. L’attenzione dei professionisti e degli enti di governo deve essere centrata sull’efficacia e la sicurezza degli interventi e sulla funzionalità e sostenibilità dei sistemi di emergenza, non sugli interessi di questa o quella categoria professionale o sindacale.

Nel 2014 l’Ordine dei Medici di Bologna aveva già avviato procedure disciplinari dei confronti dirigenti medici per “istigazione all’abuso di professione medica” in relazione ad attività svolta dagli infermieri nei Pronto Soccorso sulla base di protocolli predefiniti; le procedure si erano concluse con l’archiviazione. La SIMEU, società scientifica dei medici e degli infermieri impegnati nell’emergenza e nell’urgenza, reputa che la questione risollevata da alcuni sindacati e da alcuni Ordini dei Medici abbia una priorità molto bassa rispetto ai problemi reali del SSN; oggi come allora la SIMEU identifica nella competenza degli operatori, nella validità dei protocolli e nella funzionalità dell’organizzazione i tre elementi critici per l’efficacia del sistema di emergenza.

Un’ultima nota personale: se fossi vittima di uno shock anafilattico vorrei essere soccorso subito da chi passa, vorrei che l’ambulanza arrivasse il prima possibile e vorrei essere trattato con il farmaco giusto (adrenalina) al più presto, non importa se da un medico o da un infermiere.

 

 

No al taglio dei posti della scuola di specializzazione in Medicina di emergenza-urgenza

lunedì, marzo 3rd, 2014

Mercoledì 5 marzo un flash mob degli specializzandi a Roma e una lettera/appello delle Società dell’emergenza al ministro dell’Istruzione in tutti i pronto soccorso e sedi 118 d’Italia

 

@SilviaAlparone

 

Su twitter è attivo l’hashatg #piuborseMEU e su facebook è aperto il gruppo Flash mob degli specializzandi in medicina di emergenza-urgenza.

Così i social si preparano a seguire l’iniziativa degli specializzandi MEU di mercoledì 5 marzo: alle 12 davanti al Miur, il ministero dell’Istruzione università e ricerca ci sarà un flash mob organizzato per sensibilizzare l’opinione pubblica sul pericolo di riduzione posti in specialità per la scuola di medicina di emergenza-urgenza che rischia di chiudere a soli quattro anni dalla sua creazione.

Sempre mercoledì 5 marzo in tutti i pronto soccorso e sedi dell’emergenza territoriale d’Italia verrà affissa una lettera/appello al ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, e al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin per una più equa distribuzione dei posti in specialità. L’appello è lanciato dalle società scientifiche Simeu, Sis-118, Acemc e Fimeuc e sarà firmato da medici e infermieri di ogni struttura sanitaria.

La situazione

In tutta Italia potrebbero essere meno di 50 i contratti di formazione per la specializzazione in Medicina d’urgenza finanziati dal Governo per l’anno 2013/2014, mentre la Conferenza Stato-Regioni denuncia un fabbisogno di circa 300nuovi contratti di specialità all’anno per l’emergenza sanitaria e a fronte di una richiesta di accesso alla scuola che, negli anni scorsi, ha quasi sempre superato le 400 domande di medici appena laureati.

Questo su un totale di 3.200/3.300 borse di specializzazione post lauream di discipline mediche previste per l’anno accademico 2013/2014, contro la richiesta della Conferenza Stato-Regioni di circa 7.000 posti complessivi.

In attesa del nuovo decreto che definirà la disponibilità totale di fondi ministeriali e il numero di posti per ciascuna specialità medica, il mondo dell’emergenza-urgenza si solleva contro il taglio previsto alla formazione specialistica che deve preparare nuovi medici ad affrontare la complessa attività di pronto soccorso, tanto spesso oggetto dell’attenzione dei media nazionali per le sue criticità.

In questo contesto, la Scuola di specializzazione in Medicina di Emergenza-Urgenza in Italia è nata solo nel 2009 e i primi specialisti in questa disciplina, in numero di 82, saranno diplomati nel prossimo giugno. Ma con i tagli previsti la Scuola ora rischia la chiusura.

 





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