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Ecografia toracica in urgenza per lo scompenso cardiaco acuto

mercoledì, gennaio 28th, 2015

Dott. Paolo Balzaretti, redazione Blog SIMEU

Su Twitter: @P_Balzaretti

L’impiego dell’ecografia toracica nella valutazione del paziente con dispnea acuta è uno dei progressi più significativi e “caratterizzanti” a cui si è assistito negli ultimi anni nella Medicina d’Emergenza–Urgenza.

Come sappiamo, l’ecografia toracica permette di rilevare la presenza di liquidi in sede interstiziale in modo indiretto, per mezzo della comparsa di specifici artefatti, le cosiddette linee B o “code di cometa”, la cui genesi, a tutt’oggi, non è del tutto chiarita, sebbene sembri essere legata all’alterazione del rapporto tra il contenuto di liquidi e di ossigeno nel parenchima polmonare (Soldati 2009). La presenza di linee B bilaterali, nel corretto contesto clinico, è indicativa di edema polmonare (Volpicelli 2012).

Nel corso degli anni le evidenze a supporto hanno incominciato ad accumularsi e oggi possiamo iniziare a trarre le prime conclusioni, che nel vocabolario dell’Evidence-based Medicine significa pubblicare una revisione sistematica, cosa effettivamente avvenuta nel fascicolo di agosto di Academic Emergency Medicine.

Al Deeb e colleghi hanno eseguito una ricerca esaustiva degli studi volti a quantificare il potenziale diagnostico delle linee B nella diagnosi di scompenso cardiaco acuto. Complessivamente hanno identificato 7 studi originali (per un totale di 1075 pazienti) la cui qualità è risultata essere per lo più media o buona. Due studi hanno avuto luogo in Terapia Intensiva, due in Pronto soccorso, due in reparti ospedalieri e uno ha arruolato pazienti sia in Pronto soccorso che in sede pre-ospedaliera.

La sensibilità cumulativa risultava pari al 94,1% (C.I. 95% 81,3 – 98,3%) e la specificità al 92,4% (CI 95% 84,2 – 96,4%); il rapporto di verosomiglianza positivo era pari a 12,4 (CI 95% 5,7 – 26,8) mentre quello negativo a 0,06 (C.I. 95% 0,02 – 022).

Per capire meglio questi numeri, proviamo ad utilizzare l’approccio bayesiano partendo dalle stime di prevalenza di scompenso cardiaco nei pazienti che giungono in P.S. lamentando dispnea riportate da Burri e colleghi. In caso di esame positivo, la probabilità di malattia passa dal 39% all’88%: in altri termini, in un contesto clinico adeguato, quando vediamo le linee B siamo quasi certi che il paziente presenti uno scompenso cardiaco. In caso di esame negativo, la probabilità si riduce fino al 3,7%, un valore sufficientemente basso da spingere a cercare eventuali cause alternative del disturbo.

Questi dati confermano ulteriormente l’opinione di molti di noi sulla grande importanza che questo strumento diagnostico riveste nella diagnosi differenziale della dispnea. Per chi volesse approfondire, vi segnaliamo i corsi SIMEU di Ecografia clinica di base, nei quali si parla anche di ecografia toracica. Per informazioni, cliccate qui.

Ecografia al letto del paziente: un altro passo avanti verso il pieno riconoscimento

giovedì, aprile 24th, 2014

di Bartolomeo Lorenzati, medico d’urgenza Aso S.Croce e Carle di Cuneo

@BatoLorenzati

Nel 2011 è uscito sul numero del 24 Febbraio del New England Journal of Medicine una review dal titolo “Point-of-Care Ultrasonography” che ha sancito l’utilizzo, da parte di medici non-radiologi, dell’ecografia come complemento dell’esame obiettivo e come supporto a procedure invasive. In tale articolo l’ecografia point-of-care veniva definita comel’ecografia portata al letto del paziente ed eseguita dal medico come complemento all’esame obiettivo utilizzando delle immagini in real-time.

Il concetto di “focused ultrasound” è un concetto fondamentale per l’ecografia point of care. I medici provenienti da diverse specialità possono utilizzare questa metodica per esaminare un organo in particolare, una malattia, o eseguire una procedura che è direttamente rilevante per la loro area di competenza. L’ecografia point-of-care permette di valutare i pazienti secondo un approccio focalizzato sul problema quali l’ipotensione, il dolore toracico, la dispnea, lo shock o il trauma.

Negli ultimi anni è stata sempre più utilizzata, anche in contesti a risorse limitate come in Paesi in Via di Sviluppo, in guerra, nel pre-ospedaliero o durante catastrofi naturali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) afferma che l’ecografia e la radiografia, singolarmente o in combinazione, risponderanno ai due terzi di tutte le esigenze di imaging nei Paesi in Via di Sviluppo nel prossimo futuro.

Solamente tre anni dopo, il 20 marzo 2014, è stato pubblicato sul NEJM da parte di Scott D. Solomon, della Harvard Medical School, un perspective da titolo “Point-of-Care Ultrasound in Medical Education — Stop Listening and Look”.

L’articolo sottolinea nuovamente l’importanza dell’ecografia bedside ed introduce la novità, almeno per la realtà accademica italiana, dell’insegnamento di tale metodica a complemento dell’esame obiettivo durante il Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia da affiancare all’insegnamento dell’Anatomia e della Fisiologia.

L’articolo afferma ciò che tutti noi appassionati di bedside and focused ultrasonography abbiamo potuto sperimentare negli anni sul campo: la visualizzazione ecografica degli organi, associata all’anatomia classica su cadavere e sugli atlanti anatomici, risulta essere un forte valore aggiunto all’insegnamento dell’anatomia, della fisiologia e della semeiotica medica.

Attualmente alcune Facoltà di Medicina negli Stati Uniti, come quella dell’Università della South Carolina, dell’Università della California, dell’Università di Harvard e l’Ichan School del Mt Sinai di New York hanno riconosciuto il potenziale valore di tale metodica di insegnamento ed l’hanno integrata nel consueto percorso formativo di laurea. Il suo insegnamento consentirà agli studenti di effettuare valutazioni crude, come ad esempio la valutazione della funzione del ventricolo sinistro, del diametro della vena cava, della presenza o meno di calcoli nella colecisti e della presenza o meno di una trombosi venosa profonda, non di effettuare un ecografia diagnostica di II° livello.

I detrattori dell’ecografia bedside affermano che tutto ciò comporterà solamente l’incremento dell’errore diagnostico (esami effettuati da personale non esperto), l’incremento degli esami inutili richiesti (falsi positivi) e che questa tecnologia distoglierà l’attenzione degli studenti dagli elementi cardine dell’esame obbiettivo e dei percorsi di diagnosi.

L’articolo termina citando la prefazione all’edizione inglese del libro “A treatise on the Disease of the Chest and on Mediate Auscultation” scritto da Leannec nel 1829 successivamente all’introduzione nella pratica clinica dello stetoscopio nel 1816.

Notwithstanding its value, I am extremely doubtful, because its beneficial application requires much time, and gives a good deal of trouble both to the patient and the practitioner.”

Circa 200 anni dopo la sua introduzione, lo stetoscopio o fonendoscopio è cambiato assai poco sia dal punto di vista stilistico che da quello tecnico, rimanendo l’unico strumento ed indistinguibile segno della nostra professione.

Voi cosa ne pensate? Sareste favorevoli all’introduzione nel programma di Laurea in Medicina e Chirurgia l’insegnamento dell’ecografia come complemento della semeiotica classica, dell’anatomia e della fisiologia?

Siete anche voi concordi che è più facile e comprensibile vedere oltre che sentire i rumori respiratori, il versamento pleurico, i soffi cardiaci, etc?

A proposito, anche SIMEU è impegnata nella formazione dell’ecografia bedside con la “Rete Formativa in Ecografia Clinica in Emergenza-Urgenza” (Link), per mezzo della quale eroga il Corso Avanzato di Ecografia Clinica in Emergenza-Urgenza, i Corsi monotematici in Ecografia toraco-polmonare, in Ecografia nell’arresto e peri-arresto e in Ecografia per gli accessi venosi, e di Ecografia applicata per infermieri (link). Per il calendario completo, clicca qui.





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